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Estratto del documento

Eveno per istruire i figli.

Socrate sostiene di non far parte di coloro che istruiscono per poi ricevere

denaro, perchè non ne è in grado.

Socrate si è procacciato questo nome "...per una certa sua sapienza..",

sapienza che lui definisce umana. Questa consapevolezza gli deriva dall' 3

oracolo di Delfi: infatti, un giorno, Cherefonte domandò all' oracolo se vi

era qualcuno più sapiente di Socrate e la Pizia rispose di no. Saputolo,

iniziò per Socrate la ricerca della sapienza tra gli uomini e di ciò che

intendeva significare l' oracolo; i primi da cui si recò furono gli uomini

politici. Si accorse che lui era il più sapiente tra tutti, perché riconosceva di

non sapere, a differenza invece, degli uomini politici, che sostenevano di

conoscere, anche se in realtà non era così. Poi si recò dai poeti e anche qui

ottenne lo stesso risultato, perché questi, interrogati sulle loro poesie, non

sapevano rispondere; infine andò dagli artisti, ma il fatto che questi

presumessero di essere sapientissimi sia nel loro mestiere che in quello

altrui li rendeva più ignoranti di Socrate. Egli infatti sostiene che il vero

sapiente è quello che, come lui, riconosce di non sapere: così egli si era

procurato diversi nemici, che, volendolo accusare, ma non sapendo di cosa,

gli muovono le accuse che si è soliti fare a tutti i filosofi, cioè "...che

specula su le cose del cielo e di sotto terra, e che insegna a non

riconoscere gli dèi, e che fa apparire migliore la ragione peggiore".... 4

Segue poi la difesa di Socrate contro Melèto, uno degli accusatori più

recenti: Socrate dice di essere stato portato dal suo avversario in tribunale

solo perché costui non sapeva chi accusare. Melèto sostiene che tutti

cercano di far migliori i giovani, al di fuori di Socrate e che egli fa ciò

volontariamente. Socrate risponde che Melèto non si è mai curato dei

giovani e che, visto che chi sta con coloro che fanno del bene può farne

anche lui e che chi sta con coloro che fanno del male potrebbe diventare

anche lui malvagio, allora lui non trarrebbe vantaggio dall' insegnare ai

giovani il male, perché stando con loro potrebbe farne anche lui. Poi Melèto

accusa Socrate di essere ateo, ma si contraddice, perché afferma che

Socrate crede in dèmoni, considerando anche questi degli dei e

ammettendo, così, che Socrate non è ateo, come invece egli sostiene. dice

che potrebbe discolparsi salvando così la propria vita e che se gli venisse

chiesto di smettere di insegnare ciò che insegna in cambio della vita, egli

potrebbe accettare. Ma non vuole farlo: se non verrà condannato,

continuerà a svolgere il suo compito e ad ammonire le persone che si

credono sapienti. Si paragona, ad esempio, ad Achille, che preferì rischiare, 5

sapendo che sarebbe andato incontro alla morte, piuttosto che non

vendicare la morte dell' amico Pàtroclo. Socrate dice che non si sta

difendendo per sé stesso, ma per i cittadini che dalla sua morte trarranno

molti più svantaggi di quanti ne possa trarre lui stesso.

Socrate dice che non ha mai voluto far parte della vita politica perché, se lo

avesse fatto, di sicuro non sarebbe rimasto al mondo per molto tempo, in

quanto, combattendo per la giustizia, avrebbe sicuramente rischiato di

essere condannato. Infatti, egli aveva fatto parte della vita politica una sola

volta, quando fece parte del Consiglio.

Proprio il giorno in cui si dovevano giudicare i dieci capitani che non

avevano raccolto in mare i naufraghi e i morti dopo la battaglia delle

Arginuse, capitò che esercitassero ufficio i suoi concittadini della tribù di

Antiòchide; egli chiese che nulla venisse fatto contro la legge e già vi erano

persone che volevano mandarlo in prigione. Quando venne l' oligarchia, i

Trenta lo chiamarono, affinché insieme ad altri quattro si recasse a

Salamina per condurre via Leonte di Salamina, per poi farlo morire, ma egli

si rifiutò, perché ciò era contrario alla legge. Egli è lo stesso sia negli affari 6

pubblici che in quelli privati, non è stato mai maestro di nessuno, ma se

alcuni vogliono ascoltarlo, egli cerca sempre di insegnare loro: che questi

ne traggano dei vantaggi oppure no, lui non deve essere né biasimato né

lodato. Egli quindi non ha mai corrotto i giovani, anzi, questi sono sempre

stati felici di stare in sua compagnia e se essi, ora o quando avranno

raggiunto

l'età adulta, penseranno di essere stati influenzati negativamente, allora

siano essi stessi ad accusarlo in tribunale. Socrate sostiene che Melèto, nell'

accusarlo, avrebbe dovuto chiamare alcuni dei giovani a cui egli aveva

insegnato, questi avrebbero detto il contrario delle accuse che gli erano

state mosse. Se questi fossero stati corrotti da Socrate, allora potrebbero

trarne qualche vantaggio, ma se così non fosse o se testimoniassero i

parenti per loro, allora non ci sarebbe alcun motivo di dire il falso per

difenderlo.

Socrate continua il proprio discorso dicendo che molte altre persone, per

meglio difendersi, avrebbero potuto portare in tribunale i propri figli e

anche i parenti, per destare più commiserazione e pregare i giudici di non 7

condannarlo. Questo è per Socrate un atto vergognoso, che non giova né ai

cittadini né a coloro che cercano di difendersi in un tale modo, ma che

porta solo vergogna all' intera Atene.

Infatti anche Socrate è sposato ed ha tre figli, di cui uno ancora

piccolissimo, avrebbe potuto portali in tribunale e persuadere i giudici con

lacrime e preghiere, ma si rifiuta, perché il giudice siede per giudicare con

le leggi e non per essere convinto. Inoltre, se Socrate si comportasse così,

costringerebbe i giudici a violare il giuramento e insegnerebbe alle persone

a credere che non esistono dei.

Socrate, dopo la votazione, apprende che 280 votarono contro, mentre i

restanti 230 in suo favore e che quindi era condannato a morte. Egli dice

che un uomo come lui ".....io che nella vita rinunciai sempre a ogni quiete,

e trascurando quel che curano i più non badai ad arricchire né a governare

la mia casa, non aspirai a comandi militari né a favori di popolo, né ad

altri pubblici onori, non m' immischiai in congiure né in sedizioni

cittadine, ritenendo me stesso troppo sinceramente onesto perché potessi

salvarmi se mi ci fossi immischiato...." non deve ricevere nessuna condanna, 8

ma anzi dovrebbe andare a vivere nel Pritanèo, luogo dove vivevano a spese

dello stato i cittadini benemeriti della patria.

Egli non vuole andare in esilio per risparmiare la propria vita perché,

finché sarà in vita, non cesserà mai di indagare sulle questioni proprie e

altrui in qualsiasi luogo si trovi poiché "...una vita senza ricerca non è

degna di essere vissuta...." !

Dopo la seconda votazione in cui si doveva decidere se accettare l' offerta di

Socrate, cioè che la pena fosse il pagamento di una somma di denaro e non

la sua morte, si vide che la maggioranza aveva votato a favore della sua

morte. A coloro che avevano votato contro di lui dice che se avessero

aspettato poco più tempo, avrebbero potuto incolpare i veri colpevoli e che,

per averlo condannato, subiranno una pena ancora peggiore della morte.

A coloro che invece votarono in suo favore dice che tutte le volte che in vita

stava per fare o per dire qualcosa di errato, il demone che sente dentro di sé

si è sempre opposto e fatto sentire. Ma quella mattina, durante la sua difesa,

non si era mai opposto, pur sapendo che ciò che stava dicendo lo avrebbe

portato alla morte, questo perché la morte non è un male per il demone. 9

Infatti, una persona che dopo la morte non provi più sentimenti, è come una

notte in cui una persona né sogna né prova altri sentimenti, preferibile di

gran lunga alle notti in cui si sogna ed alle giornate.

Nel caso invece ci fosse un' altra dimensione, dove regnano le anime del

passato, sarebbe davvero una grandissima felicità per Socrate poter

conoscere le anime "magnae" del passato come Omero oppure Odisseo,

essere giudicato giustamente da giudici come Minos e poter continuare a

fare ciò che faceva in vita. Conclude dicendo che ad un uomo dabbene è

impossibile venga fatto del male e che tutto ciò che gli accade è per volontà

degli dei. Inoltre prega i suoi concittadini di ammonire i suoi figli se, un

giorno, quando saranno adulti, non si cureranno dell' anima ma delle cose

materiali. 10

COMMENTO

Meleto fu l' accusatore d' ufficio, colui che propose la pena di morte e che

presentò l' accusa presumibilmente nel gennaio del 399; si sa, infatti, che il

processo avvenne in febbraio, per legge il trentesimo giorno dopo l' accusa.

Altri accusatori furono Anito, il vero e proprio accusatore e Licone.

Al processo furono presenti cinquecento giudici, molto pubblico ed amici e

testimoni da entrambe le parti.

Il processo fu presieduto dall' arconte re e la votazione avvenne per mezzo

di gettoni, ogni giudice ne possedeva due, uno bianco ed uno nero, quello 11

bianco indicava assoluzione, quello nero condanna e la votazione era

segreta.

Gli accusatori lo accusarono di non praticare il culto degli dei di Atene, di

credere in dei estranei a quelli ateniesi e infine di corrompere i giovani;

quindi, dimostrate le prime due tesi, lo era di conseguenza anche la terza.

Ma di fatto questi furono solo dei pretesti, perché il vero motivo delle

avversità contro Socrate era di natura politica: Socrate era oligarchico, gli

accusatori sostenitori della democrazia.

I punti fondamentali della difesa di Socrate furono:

La rivelazione delle diverse calunnie. Socrate non fu mai né filosofo né

sofista e non lo si udì mai parlare di tali argomenti.

L' oracolo di Delfo: Socrate scoprì che la sua sapienza derivava dall'

ignoranza altrui.

Meleto accusò Socrate di corrompere i giovani, ma non sapeva cosa

significassero educare e corrompere. Socrate ha con lui un tono ironico e

giocoso e non gli dedica molto tempo, non considerandolo meritevole: Socrate 12

mostra qui di sapere che l' accusa vera e propria non è quella che gli muove

Meleto.

La divina missione. Socrate ha sempre seguito la voce che sente

internamente, ha sempre rispettato la legge, anche a costo della vita, pur di

essere giusto.

Durante il discorso, Socrate si rivolge ai giudici chiamandoli sempre "...o

cittadini di Atene..."

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
17 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/01 Filosofia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elenaaaa83 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Vaiana Leonarda.