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1. CARATTERI GENERALI DELLʼOSSERVAZIONE STORICA
I fatti che studia, lo storico è nella assoluta impossibilità di constatarli egli stesso.
Allʼopposto della conoscenza del presenta, quella del passato sarebbe necessariamente
indiretta. Qualunque conoscenza dellʼumanità attingerà sempre alle testimonianze altrui
per una gran parte della sua sostanza.
Ma lʼosservazione del passato è proprio certo che sia sempre così indiretta? Lo storico si
sente, in confronto al buon testimone dʼun fatto presente, in una posizione un pò umiliante.
Tuttavia cʼè da dire che nel semplice ragionamento che ci permette di passare dallʼoggetto
effettivamente constatato al fatto di cui questi oggetto apporta la prova, non cʼè nulla che
abbia richiesto, fra la cosa e noi, lʼinterposizione di un altro osservatore.
Parecchie altre vestigia del passato ci offrono un accesso del genere. Eʼ il caso
dellʼimmensa massa di testimonianze non scritte, e anche i buona parte di quelle scritte.
Anche un tratto del linguaggio, una regole del diritto inserita in un testo, sono realtà che
cogliamo noi stessi e che mettiamo a frutto con uno sforzo di intelligenza personale.
Come prima caratteristica dellʼosservazione storica, la conoscenza di tutti i fatti umani nel
passato, della maggior parte di essi nel presente, ha quella di essere una conoscenza per
tracce. Quando i fenomeni studiati appartengono al presente o al passato più prossimo, lo
storico può, letteralmente, richiamare alcune di esse allʼesistenza. Si tratta dei rapporti dei
testimoni.
2. LE TESTIMONIANZE
Quel che i testi ci dicono espressamente ha smesso oggi di essere lʼoggetto preferito della
nostra attenzione. Ci interessiamo di più a quel che si lascia intendere, senza averlo voluto
dire espressamente. Dal momento che non siamo più rassegnati a registrare puramente le
informazioni dei nostri testimoni, dal momento che intendiamo farli parlare, magari loro
malgrado, si impone un questionario.
Ogni ricerca storica suppone che lʼinchiesta abbia già una direzione. In principio è lo
spirito. Mai lʼosservazione passiva ha prodotto alcunchè di fecondo. Supponendo pure che
sia possibile. Lʼitinerario che lʼesploratore stabilisce in partenza, egli stesso sa bene in
anticipo che non lo seguirà passo passo. Ma, a non averne uno, rischierebbe di errare a
caso per lʼeternità.
La varietà delle testimonianze storiche è infinita. Da questo carattere disparato dei nostri
materiali nasce una difficoltà: abbastanza grave, per contare tra i paradossi de mestiere di
storico.
Sarebbe una grande illusione immaginare che a ogni problema storico corrisponda un
unico tipo di documenti, specializzato in questʼuso. Poche scienze sono costrette ad usare
simultaneamente tanti strumenti diversi. I fatti umani sono i più complessi, e lʼuomo si
colloca alla punta estrema della natura.
Eʼ indispensabile che lo storico possegga unʼinfarinatura di tutte le principali tecniche del
suo mestiere, per poter valutare in partenza la potenza dello strumento e le difficoltà del
suo uso. Ma ci sono dei limiti. Lʼunico rimedio è sostituire alla molteplicità delle
competenze in un solo uomo unʼalleanza di tecniche praticate da diversi studiosi ma rivolte
ad un unico tema. Questo metodo esige la definizione preliminare di alcuni grandi
problemi dominanti. Sono, queste, delle conquiste da cui ci troviamo ancora fin troppo
distanti.
3. LA TRASMISSIONE DELLE TESTIMONIANZE
Eʼ uno dei compiti più difficili dello storico, quello di raccogliere i documenti di cui ritiene di
aver bisogno. Ciò che è giusto rimpiangere è che essi non siano ancora abbastanza
numerosi, soprattutto per le epoche meno lontane da noi; che la loro redazione non segua
se non eccezionalmente un piano dʼinsieme razionalmente concepito; che la loro
pubblicazione sia troppo spesso lasciata al capriccio dei singoli o alla parsimonia mal
informata di qualche casa editrice.
La presenza o lʼassenza dei documenti dipende da cause umane che non sfuggono
allʼanalisi. In gioco cʼè il passaggio del ricordo attraverso le generazioni.
I grandi disastri dellʼumanità hanno cancellato monumenti e depositi dʼarchivio. Tuttavia, a
sua volta, la placida continuità di una vita sociale senza accessi febbrili si mostra assai
meno favorevole di quanto talvolta si creda alla trasmissione del ricordo. Lʼinformazione
poi mal si distingue dalla chiacchiera, e spesso un cataclisma gioverebbe di più.
Le cose andranno così finchè le società non consentiranno a organizzare razionalmente,
con la loro memoria, la loro conoscenza di sè. Non riusciranno a farlo se non impegnano
una lotta contro i due responsabili dellʼoblio o dellʼignoranza: la negligenza, che smarrisce
i documenti, e la passione del segreto, che li cela o li distrugge. Certo, la sorte dei
documenti non è sempre prevedibile. Il risultato finale dipende dallʼincontro di un sì grande
numero di catene causali, del tutto indipendenti fra loro, che qualunque previsione si rivela
impossibile.
Capitolo Terzo
La critica
1. ABBOZZO DI UNA STORIA DEL METODO CRITICO
Eʼ molto tempo che ci si è resi conto che non si possono accettare ciecamente tutte le
testimonianze storiche. Tuttavia, lo scetticismo di principio non è un atteggiamento
intellettuale più apprezzabile nè più fecondo della credulità. Il vero progresso è venuto
quando si sono via via elaborate delle regole oggettive che, tra la menzogna e la verità,
permettono di effettuare una scelta. Con il De re diplomatica del 1681, la critica dei
documenti dʼarchivio fu definitivamente fondata. Gli uomini di quellʼepoca ne ebbero essi
stessi coscienza. Lo stesso vocabolo “critica” assume allora il senso di prova di veridicità. I
più avvertiti non si sbagliano: ciò che questo nome annuncia, è proprio la scoperta di un
metodo. Si tratta della generazione che vide la luce nel momento in cui appariva il
“Discorso sul metodo”. Come la scienza cartesiana, la critica della testimonianza storica fa
tabula rasa della credenza. Essa non procede in questo implacabile sovvertimento di tutti
gli antichi puntelli se non al fine di giungere a nuove certezze. Lʼidea che la ispira suppone
un capovolgimento quasi totale delle antiche concezioni del dubbio. Da allora le regole
essenziali del metodo critico erano stabilite.
Queste tecniche furono praticate da una minoranza. Molti scrittori non si curavano affatto
di famigliarizzarsi con quelle ricette di laboratorio fin troppo minuziose.
Troppo spesso allora il lavoro di ricerca continua a procedere a casaccio.
Tra la ricerca storica e il pubblico che legge sussiste, fra lʼaltro, un malinteso e la grande
disputa delle note è un sintomo significativo.
La storia non ha più potuto poi limitarsi a pesare le affermazioni esplicita dei documenti. Le
è divenuto necessario estorcer loro le informazioni che non avevano alcuna intenzione di
fornire. Ora, le regole critiche, che avevano dato buona prova di sè nel primo caso, si
mostrarono ugualmente efficaci nel secondo.
La cattiva testimonianza non è stata solo lʼincentivo che ha provocato i primi sforzi di una
tecnica della verità. Essa resta il caso elementare da cui questa deve necessariamente
partire per sviluppare le proprie analisi.
2. ALLA CACCIA DELLA MENZOGNA E DELLʼERRORE
Fra tutti i veleni capaci di viziare la testimonianza, il più potente è lʼimpostura. Questa può
assumere due aspetti. Può essere anzitutto lʼinganno sullʼautore e la data: il falso nel
senso giuridico della parola. Viene poi lʼinganno sul contenuto.
Certamente, la maggior parte degli scritti posti sotto falso nome mentono anche nel
contenuto. Le testimonianze più insospettabili nella loro dichiarata provenienza, non sono
necessariamente testimonianze veritiere.
Ma constatare lʼinganno non basta. Occorre anche svelarne i motivi. Finchè potrà
sussistere un dubbio sulle sue origini rimarrà provato solo a metà. Soprattutto, una
menzogna, in quanto tale, è a suo modo una testimonianza. Ecco dunque la critica volta a
cercare, dietro lʼimpostura, lʼimpostore, in conformità al motto stesso della storia, lʼuomo.
Il Medioevo, il romanticismo: i periodi più legati alla tradizione sono stati anche quelli che
si presero le maggiore libertà con la sua vera eredità. Come se a forza di venerare il
passato, si fosse portati a inventarlo.
Cʼè infine una forma più insidiosa di inganno. Invece del contrario della verità, cʼè il
rimaneggiamento sornione: interpolazioni di carte autentiche, abbellimenti con dettagli
inventati su uno sfondo tutto sommato veritiero.
Tra la finzione pura e semplice e lʼerrore del tutto involontario, vi sono molti gradi. Di tutti i
tipi di menzogna, quella che si fa a se stessi non è davvero fra le meno frequenti.
Vero è che molti testimoni si ingannano in buona fede e lo storico deve servirsi della
psicologia della testimonianza. Nella testimonianza, i primi errori della percezione
rischiano sempre di complicarsi con errori di memoria. Due ordini di cause alterano la
veracità delle immagini mentali: le une derivano dalla condizione momentanea
dellʼosservatore, le altre dallʼintensità della sua attenzione. Salvo poche eccezioni, non si
capisce se non ciò che ci si aspettava di percepire.
Le cause prossime non solo sfuggono spesso allʼosservazione dei nostri testimoni, ma
costituiscono di per sè la parte privilegiata dellʼimprevedibile, del caso.
Variabile da individuo a individuo, la facoltà di osservazione non è neppure una costante
sociale. Certe epoche ne sono state sprovviste più di altre.
Quasi sempre lʼerrore nella testimonianza è orientato in anticipo, si diffonde solo se si
accorda con le convinzione preconcette dellʼopinione comune. Tuttavia, perchè lʼerrore di
un testimone divenga quello di molti uomini, occorre anche che lo stato della società
favorisca questa diffusione.
Società come quella dellʼAlto Medioevo sono sempre state, per le false notizie, un
eccellente terreno di coltura (tradizione orale la sola efficace, collegamenti tramite
intermediari specializzati, incontri in mercati o in occasioni specifiche). Relazioni frequenti
fra gli uomini rendono agevole il paragone tra i diversi racconti. Eccitano il senso critico. Al
contrario, si crede fermamente al narratore che porta, attraverso percorsi difficili, le dicerie
di terre lontane.
3. SAGGIO DI UNA LOGICA DEL METODO CRITICO
La critica della testimonianza è arte di finezza ma anche arte di razionalità. Essa possiede
una propria dialettica.
A seconda dei casi, la concordanza di una testimonianza con testimonianze vicin