Estratto del documento

TEORIA

Per quanto riguarda la psicopatologia, i bianchi pensano che i farmaci agiscano e affermano di conoscerne il

funzionamento:

1. Gli psicofarmaci sono molecole di sintesi, molecole “accolte” dall’organismo per mezzo dei recettori. I

recettori sono, in qualche modo, gli “organi di senso” dei neuroni, i quali partecipano alla struttura generale di

un organo (il cervello) che è proprietà esclusiva della persona. L’utilizzazione di uno psicofarmaco presuppone

dunque la concezione che il sintomo presentato da una persona proviene da una disfunzione di quest’organo, o

almeno, che l’azione sull’organo darà un qualche effetto sul sintomo. Lei sarà d’accordo che tutto questo è una

semplice descrizione.

2. Descriviamo adesso la psicoanalisi. Questa volta, però, procederemo in senso inverso, a partire dal sintomo. La

psicoanalisi si è sempre battuta perché si riconoscesse che il sintomo è di esclusiva proprietà della persona,

arrivando fino ad affermare che esso ne costituisce una sorta di marchio di fabbrica; come se l’intera persona

fosse contenuta, in forma condensata, nel suo sintomo.

Oggi sembrano ammettere concordemente che la nozione di soggetto è quella che riesce a definire meglio lo statuto

della persona. Questo soggetto è una sintesi di elementi strutturali che insieme costituiscono una sorta di organo:

l’apparato psichico. Quest’organo, proprio come il cervello, possiede delle appendici sensoriali: gli affetti. Lo strumento

destinato a stabilire delle interazioni con quest’organo, il transfert, passa sempre attraverso gli affetti.

La conseguenza di questa operazione alquanto complessa è sempre di saldare il sintomo alla persona.

Le due conseguenze catastrofiche del funzionamento del pensiero scientifico:

1. La prima è che, saldando il sintomo alla persona, la si separa dai suoi simili. Quando la persona è tutt’uno col

suo sintomo diventa diversa dai suoi congiunti perdendo le sue appartenenze familiari, etniche e linguistiche.

Diventa “oggetto di esperti” i quali talvolta ne rivendicano il possesso.

2. La seconda è del tutto evidente: farmacologi e psicoterapeuti possono dialogare all’infinito, anche solo per

criticarsi reciprocamente. Riescono a dialogare perché si intendono sull’essenziale, il sintomo deve saldarsi

alla persona, mentre divergono sulla ripartizione delle parti elementari che rendono possibile il meccanismo di

assegnazione del sintomo alla persona. Facendo funzionare questo sistema, ritengono di non fare altro che

pensare, e ciò facendo squalificano ogni altro tipo di pensiero.

I bianchi pensano di pensare. Pensano anche che l’unico modo di pensare sia il loro, gli altri credono. A parere dei

bianchi, i neri credono:

• che il mondo è popolato da esseri umani e non umani, che possiedono anch’essi un’intenzionalità;

• la natura è animata;

• utilizzando queste forze si può agire a distanza;

• non si è responsabili del proprio destino;

• si possono allacciare relazioni di scambio con i non umani allo scopo di influenzarli, rispettandoli.

IL PENSIERO È NEGLI OGGETTI

Per quanto riguarda la psicopatologia, è questa la posizione del pensiero occidentale, cosiddetto “scientifico”.

GLI OGGETTI CONCETTUALI

Il sistema “selvaggio” si colloca all’estremo opposto del sistema scientifico. La conseguenza dell’applicazione di un

“pensiero selvaggio”, nella presa in carico di un disturbo, è sempre quella di dissociare il sintomo dalla persona. E per

raggiungere questo obiettivo tutti i pensieri selvaggi da me conosciuti concorrono a un medesimo grande principio:

l’attribuzione di intenzionalità all’invisibile.

Non si tratta di discutere il grado di “verità” delle interpretazioni, ma di osservare le conseguenze della loro messa in

atto.

Se si ammette che ogni evento generatore di disturbi è provocato da un’intenzione invisibile, allora nessuna morte può

essere considerata “naturale”. Questo corrisponde proprio alla costatazione esatta di ciò che gli africani sembrano

pensare. Il 95% delle morti che si verificano tra di loro sono attribuite alla malevolenza di un essere invisibile, e forse

solo il 5% all’autonoma volontà del defunto: la morte dei “saggi”, cioè di coloro che hanno trascorso la vita affinando

ogni giorno di più la propria iniziazione e preparandosi all’incontro con il proprio doppio.

Non trova strano che i due esempi che le sono venuti in mente, la sterilità e la morte, riguardino più la medicina

somatica che la psicopatologia?

Li ho scelti volontariamente per dimostrarle che le separazione tra medicina del corpo e medicina dell’anima hanno

interesse solo perché partecipano alla costruzione di una disciplina. Preferisco di gran lunga il concetto di “disturbo”,

che lascia aperte le possibilità di inscrivere la sofferenza del malato all’interno di diversi paradigmi.

Ogni fenomeno che riguarda la “cura” può entrare nella categoria da me definita con la parola “disturbo”. Posso

enunciare adesso tre costatazioni che, credo, sono state ormai stabilite con chiarezza:

1. il principio secondo cui ogni evento che produce un disturbo rivela un’intenzione invisibile è, in verità, un

principio tecnico.

2. Esso è destinato a generare delle azioni. Ciò implica che questo principio non è una teoria falsa, ma una specie

di interfaccia tra il pensiero e il mondo. È uno strumento.

3. Ora, lo strumento non è il pensiero! Quest’ultimo resta nascosto, condensato, nei modi di fare gli atti tecnici

messi in opera in quel momento e mai, malgrado le apparenze, in quegli enunciati che le sembrano così

esoterici.

L’applicazione di questo principio innesca sempre sequenze complesse che associano quattro elementi:

1. Constatazione del disturbo;

2. Postulato sull’intenzione dell’invisibile.

3. Esplicitazione di questa intenzione.

4. Risposta adeguata, sempre diretta all’invisibile

Questa è la sequenza più importante.

Per comprendere meglio la successone di queste sequenze supponiamo che la coppia sterile, davanti alla costatazione

della sterilità, sarebbe finita a consultare un indovino. Immaginiamo che questo indovino abbia interrogato la sabbia,

una tecnica di interrogazione dell’invisibile. Che abbia risposto che la donna era già sposata, fin da quando aveva 5

anni, con un djidjinna. A causa di ciò non dà figli agli umani.

L’indovino non si preoccuperà di spiegare questo racconto, si accontenterà di enunciare la sua prescrizione che potrà

chiedere alla donna di dormire da sola, tutti i lunedì e giovedì, vestita di bianco, potrà anche ordinare il sacrificio di un

agnello di colore bianco.

Possiamo adesso ricostruire concretamente le varie sequenze:

1. Constatazione del disturbo; accoglimento del problema.

2. Postulato dell’intenzione dell’invisibile: è, in verità, l’esistenza stessa dell’indovino.

3. Spiegazione di questa intenzione: interrogazione divinatoria della sabbia.

4. Risposta adeguata indirizzata all’invisibile: prescrizioni dell’indovino.

MEDICINA POPOLARE E MEDICINA DI ESPERTI

Se si interroga il visibile, si otterrà sempre una medicina di esperti. Gli esperti, accomunati dalla condivisione di una

stessa teoria, si costituiranno necessariamente in un gruppo solidale. Il processo di interrogazione del visibile favorisce

la formazione di gruppi di medici che si strutturano rapidamente come gruppi di pressione.

Le propongo allora questa equazione: interrogare il visibile = medicina di esperti = costituzione di un clero laico o di un

clero religioso.

Se invece si interroga l’invisibile, si finirà sempre con l’attribuire al malato una nuova affiliazione. La donna finità di

certo con l’aderire a una congregazione di donne possedute dagli spiriti dell’acqua. Si incontrano almeno una volta

all’anno nel corso di cerimonie di evocazione degli spiriti. Queste cerimonie sono, una specie di rituale religioso.

In ogni caso l’applicazione del principio tecnico dell’intenzionalità dell’invisibile ha sempre come ultima conseguenza

la costituzione di gruppi di malati, o l’affiliazione del malato a un gruppo preesistente. In psicopatologia, c’è una prima

medicina, quella dei bianchi, che finisce sempre con l’isolare il malato. La medicina altra, invece, rafforza i gruppi di

malati.

Nel primo caso si arriva a istituire una medicina di esperti, imposta da gruppi di pressione. È dunque lui che si unisce a

un gruppo.

Nel secondo caso si arriva a fondare una medicina popolare, sottile e sempre paradossale.

La si chiama “paradossale” perché non si rivolge mai al visibile, che viene sempre ridotto alla funzione di segno.

MODALITA’ DI INTERROGAZIONE DELL’INVISIBILE

Come forse ha potuto notare ascoltando i miei brevi racconti, l’interrogazione dell’invisibile può svolgersi solo secondo

meccanismi complessi, metà ludici e metà sacrali.

Da noi, invece, l’invisibile si trova: nella distribuzione casuale delle carte, o nei riflessi cangianti di una palla di vetro.

Le propongo a questo punto una prima formulazione provvisoria. La divinazione non ha lo scopo di illuminare un

visibile nascosto, la sua funzione è quella di instaurare il luogo stesso dell’invisibile. Se procedo a una divinazione, la

tecnica che utilizzo presuppone l’esistenza di un secondo universo. Tra i Wolof del Senegal una frase come “non siamo

soli al mondo”? sarebbe pressappoco: “il mondo non è popolato soltanto da esseri umani”.

Tutti questi esseri non umani esistono, anche se gli umani non riescono a vederli.

Alcuni di noi riescono a vederli e talvolta riescono anche a negoziare con loro.

I non umani esistono, il loro luogo è definito, così come le regole attraverso le quali si può stabilire uno scambio con

loro.

Se ci si interroga sulla conseguenza del funzionamento di un sistema terapeutico orientato verso i non umani e verso la

scoperta delle loro intenzioni, si può constatare che esso, al contrario del nostro, produce terapeuti solitari e malati

riuniti in gruppi. Ecco adesso una seconda formulazione:

la singolarità di colui che interroga l’invisibile esercita la funzione di impedire la creazione di un “clero” di interroganti

dell’invisibile.

Le società africane sembrano considerare possibile l’esistenza di questi gruppi, malgrado ogni vigilanza. Vengono allora

braccati senza pietà da certe specie di “società se

Anteprima
Vedrai una selezione di 4 pagine su 14
Sunto Antropologia culturale, docente Zola, libro consigliato Medici e stregoni, Nathan Pag. 1 Sunto Antropologia culturale, docente Zola, libro consigliato Medici e stregoni, Nathan Pag. 2
Anteprima di 4 pagg. su 14.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sunto Antropologia culturale, docente Zola, libro consigliato Medici e stregoni, Nathan Pag. 6
Anteprima di 4 pagg. su 14.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sunto Antropologia culturale, docente Zola, libro consigliato Medici e stregoni, Nathan Pag. 11
1 su 14
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Acquista con carta o PayPal
Scarica i documenti tutte le volte che vuoi
Dettagli
SSD
Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Arianna21 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Zola Lia.
Appunti correlati Invia appunti e guadagna

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community