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DOPO IL 404: LISANDRO E L’IMPERIALISMO SPARTANO
Fino al 479 Sparta era stata la prostates del mondo greco: il re Cleomene I (520-488 ca.) aveva
sostenuto questo ruolo egemonico con una politica assai attiva nella difesa del Peloponneso e nel
settore dell’egemonia continentale. Con la fine della seconda guerra persiana, Sparta aveva
manifestato chiaramente la sua riluttanza ad assumersi le responsabilità connesse con l’egemonia
panellenica; di fatto essa aveva ceduto ad Atene l’egemonia sul mare, inaugurando la stagione del
bipolarismo in cui l’equilibrio del mondo greco veniva fatto dipendere dalla divisione in sfere di
influenza. Con la spedizione in Tracia del 424 e la guerra deceleica gli orizzonti spartani si
ampliarono notevolmente, anche per impulso di personalità come Brasida e Lisandro. Con la
vittoria del 404 Sparta si trovò al centro del sistema egemonico il cui mantenimento imponeva, in
contrasto con le sue tradizioni, un deciso interventismo, la disponibilità di ingenti risorse e
l’abbandono di quegli ideali di autonomia di cui essa si era fatta portavoce nel 432/31. Il mondo
greco del IV secolo non è più un mondo bipolare, ma un mondo policentrico, caratterizzato dalla
ricerca di equilibrio.
LA QUESTIONE DELLA AUTONOMIA
Divenuta egemone della Grecia, Sparta dovette fare i conti con il problema dell’autonomia dei
Greci d’Asia, da difendere contro il Re, e di tutte le poleis greche, da tutelare contro ogni tentativo
di prevaricazione.
Per quanto riguarda i GRECI D’ASIA, Sparta (che pure aveva vinto la guerra con l’appoggio della
Persia) fu costretta ad assumersi il ruolo difensivo che era stato di Atene. A ciò essa era condotta
da una questione di carattere etico-politico, ma anche dal fatto che, dopo la morte di Dario II, la
ribellione di Ciro (fortemente legato a Sparta e in particolare a Lisandro) contro il legittimo erede al
trono, il fratello Artaserse II, fece sì che gli Spartani si trovassero schierati contro il Re. Su richiesta
delle città greche d’Asia Minore, gli Spartani condussero tre spedizioni contro Tissaferne, satrapo
di Caria, Farnabazo, satrapo di Frigia, e infine contro Titrauste, chiliarco di Artaserse.
Per quanto riguarda le POLEIS GRECHE, subito dopo la vittoria di Sparta di impegnarono ad
applicare rigorosamente il principio dell’autonomia, a partire dall’area peloponnesiaca: l’intento era
in realtà quello di mantenere la frammentazione del mondo greco, per poterlo controllare più
facilmente. Il criterio dell’autonomia venne così imposto da Sparta come principio di
organizzazione panellenica senza distinguere tra stati cittadini e stati federali. L’imposizione
avvenne con sistematici interventi militari che denunciarono il carattere pretestuoso della posizione
spartana. La questione dell’autonomia veniva utilizzata da Sparta in chiave di politica di potenza,
per bloccare l’espansione di altri popoli peloponnesiaci e favorirne il mantenimento dell’area di
influenza spartana.
Sparta però si trovava a dover gestire un IMPERO ENORME e molto articolato. La difesa a
oltranza dell’autonomia, che impediva la costituzione di entità statali forti, e l’appoggio ai gruppi
filospartani costituivano modalità tradizionali di gestione dell’egemonia, non pienamente adeguate
alla nuova situazione. Sparta dovette far ricorso a metodi nuovi: tra questi la trasformazione dei
trattati bilaterali che la legavano ai suoi alleati in alleanze di carattere offensivo e difensivo. Inoltre
la necessità del tutto nuova di controllare efficacemente l’impero marittimo ereditato da Atene
indusse gli Spartani a imporre alle città guarnigioni comandate da capi detti armosti, a esigere un
tributo e a insediarvi governi oligarchici di sicura fede filospartana: l’imperialismo ateniese si
riproponeva così nei suoi aspetti peggiori, aggravato dall’imposizione di governi protetti dalle armi
dell’egemone.
Si trattava di una politica contraria alle tradizioni spartane, sia perché impegnava Sparta lontano
dal Peloponneso, sia perché alterava la compagine interna dello stato, creando sperequazioni di
prestigio e di ricchezza e aumentando la massa dei malcontenti.
LISANDRO E L’IMPERIALISMO SPARTANO
Nei cambiamenti introdotti nel sistema egemonico spartano le responsabilità di LISANDRO furono
determinanti. Fu lui a imprimere alla politica spartana la spregiudicatezza necessaria a imporre alle
città greche una presenza politica e militare, in aperto contrasto con l’ideale di libertà e autonomia
che Sparta aveva proclamato a partire dal 432/1; fu lui a garantire a Sparta, attraverso il rapporto
con la Persia e l’introduzione della moneta, le risorse necessarie per gestire un impero terrestre e
navale. Ma egli fu anche responsabile delle scelte che alienarono a Sparta le simpatie dei suoi
alleati (a cominciare da Tebe e Corinto).
Lisandro suscitava critiche negli ambienti conservatori di Sparta: erano mal sopportati il suo
personalismo, le sue ambizioni di potere, la sua indifferenza per i valori tradizionali, il rapporto con
la Persia e il disprezzo delle autonomie cittadine. Egli stesso contribuì ad accentuare la
DIFFIDENZA nei suoi confronti, curando molto la promozione della propria immagine, con iniziative
autocelebrative (come il monumento dei navarchi eretto a Delfi per celebrare la vittoria su Atene).
Lisandro costruì un vero e proprio culto della personalità, che gli assicurò persino onori eroici da
vivo.
Per la sua natura di Spartano anomalo, Lisandro fu oggetto in patria di sospetti che si tradussero
nel richiamo dall’Ellesponto nel 404 e poi nel temporaneo allontanamento da Sparta. Dopo il suo
rientro, comunque, il re Pausania II e gli efori provvidero a smantellare il sistema che Lisandro
aveva imposto, cercando di restaurare la tradizionale politica spartana.
I COLPI DI STATO AD ATENE
Dopo la pace con Sparta, ad Atene furono abbattute le lunghe mura che la collegavano al Pireo
(ad opera di Lisandro). Subito dopo si riunì un’assemblea per discutere sulla POLITEIA, e cioè
sulla costituzione che Atene avrebbe dovuto darsi in vista delle clausole del trattato di pace. Il
confronto delle fonti mette in rilievo l’importante ruolo che nell’assemblea assunse Teramene, su
iniziativa del quale si procedette con l’abbattimento della democrazia e l’affidamento del governo a
un collegio di trenta membri.
I TRENTA tuttavia trascurarono il mandato ricevuto e instaurarono un’oligarchia, la cui durezza
procurò ai suoi esponenti il nome di “Trenta Tiranni”. Dopo una breve fase di iniziale consenso
(durante la quale furono colpiti solo i sicofanti), i Trenta diedero inizio a un clima di terrore che
ebbe pesanti ripercussioni sui cittadini democratici noti per nascita, ricchezza e reputazione e sui
ricchi meteci, con lo scopo non soltanto di reprimere eventuali forme di opposizione, ma anche di
impadronirsi delle loro ricchezze.
Il governo dei Trenta Tiranni durò un anno circa. La crisi fu avviata da una frattura interna, il cui
protagonista fu ancora una volta Teramene che si dissociò dai comportamenti tirannici di Crizia,
affermando che non era ammissibile condannare a morte cittadini democratici innocenti.
Chiaramente l’opposizione non nasceva da ragioni umanitarie, ma dalla paura che atteggiamenti
troppo estremistici impedissero il mantenimento dell’oligarchia. TERAMENE e CRIZIA si
affrontarono davanti alla boulé, ma Crizia con una procedura irregolare, cancellò Teramene dalla
lista dei Trenta e lo condannò a bere la cicuta. Nel maggio del 403 l’esercito di Trasibulo affrontò e
sconfisse i Trenta a Munichia. Nella battaglia morì anche Crizia e il potere passò a un consiglio di
Dieci, che chiese l’aiuto di Sparta.
Lisandro si apprestò a intervenire per terra e per mare contro i democratici ateniesi. Ma il re
Pausania II, in odio a Lisandro, di cui non condivideva le ambizioni di potere, non si impegnò a
fondo sul piano militare e mise in atto un’opera di mediazione tra quelli del Pireo, i democratici di
Trasibulo, e quelli della città, i Tremila. TRASIBULO riuscì così a rientrare in città e a restaurare la
democrazia, impegnandosi a mantenere l’alleanza con Sparta e a concedere l’amnistia a tutti i
cittadini compromessi con i Trenta.
Dopo la restaurazione della democrazia ad Atene, negli anni dell’ARCONTATO DI EUCLIDE
(403/2) si procedette alla ricostruzione dello stato sul piano della convivenza civile,
dell’organizzazione politico-amministrativa, del ripristino della situazione economica e finanziaria e
della revisione delle leggi.
LA GUERRA CORINZIA
Dopo la vittoria spartana e l’inizio dell’imperialismo promosso da Lisandro, BEOTI e CORINZI (che
erano stati tra i più fedeli alleati di Atene) manifestarono un MALCONTENTO che si espresse nel
rifiuto di partecipare alla spedizione contro i democratici, richiesta dai Dieci, e nell’aiuto fornito dai
Beoti a Trasibulo e alla resistenza ateniese. Di questo malcontento volle approfittare la Persia nel
395 per distogliere gli Spartani dalla guerra in Asia.
In occasione della GUERRA BEOTICA, in cui si scontravano Focesi e Locresi (appoggiati dai
Tebani), gli Spartani attaccarono la Beozia e i Tebani chiesero e ottennero l’aiuto di Atene. Atene e
Tebe stipularono dunque un’alleanza difensiva. Nella battaglia di Aliarto i Tebani sconfissero gli
Spartani e lo stesso Lisandro vi trovò la morte.
Le città coalizzate contro Sparta (Atene, Argo, Tebe e Corinto) costituirono un sinedrio comune,
con sede a Corinto. Iniziò così la cosiddetta GUERRA CORINZIA, che vide in un primo momento
due sconfitte della coalizione antispartana, a Nemea e a Coronea. Un terzo scontro, con esito
opposto si verificò negli stessi giorni a Cnido in Asia Minore: qui l’Ateniese Conone, a capo della
flotta persiana, sconfisse quella spartana. Dopo questa vittoria, che segnò la fine della
talassocrazia spartana, Conone tornò in Atene con il denaro necessario per la ricostruzione della
flotta e delle mura.
Gli Spartani tentarono di cercare un accordo con la Persia. Lo spartano ANTALCIDA incontrò a
Sardi il satrapo persiano TIRIBAZO. Antalcida promise che le rivendicazioni persiane sulle città
greche d’Asia sarebbero state riconosciute, in cambio della concessione dell’autonomia di tutte le
altre città e isole. Le trattative fallirono, per l’opposizione dei membri della coalizione antispartana
che si rendevano conto che il riconoscimento dell’autonomia a Sparta avrebbe costituito per essa
un eccezionale strumento di potere. Ma Tiribazo iniziò a finanziare segretamente Sparta. Con il
richiamo di Tiribazo a Susa e l’arrivo di Strusa,