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Riassunto esame Diritto, testo consigliato Diritto dell'Unione Europea, Tesauro: parte 3 Pag. 1
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8. LA TUTELA DEI DIRITTI E LA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UNIONE EUROPEA

La corte ha affermato, nei primi anni 60, l'irrilevanza sul piano del diritto dell'Unione dei diritti

fondamentali tutelati dalla Costituzione degli Stati membri e la propria incompetenza a garantire il

rispetto di norme interne, anche costituzionali, in vigore nell'uno o nell'altro Stato. Il suo principale

interesse era evidentemente quello di assicurare l'autonomia ed il primato del diritto dell'Unione sul

diritto interno. Un decennio più tardi la corte di giustizia volta pagina. L'affermazione incondizionata

del principio del primato e l'inevitabile interferenza della normativa dell'Unione con i diritti umani,

che la prassi aveva evidenziato, avevano infatti indotto le Corti costituzionali, in particolare italiana e

tedesca, a rivendicare un controllo giudiziale residuo sulla normativa dell'Unione. Ciò ha portato la

Corte di giustizia ad affermare a sua volta che i diritti fondamentali, quali risultano dalle tradizioni

costituzionali comuni agli Stati membri e dalla Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti

dell'uomo (CEDU), fanno parte dei principi giuridici generali di cui essa garantisce l'osservanza.

Il controllo della Corte, rispetto al parametro di diritti fondamentali, investe:

a) gli atti dell'Unione, compresi quelli adottati in attuazione di risoluzione di Organizzazioni

Internazionali;

b) gli atti o comportamenti nazionali che danno attuazione al diritto dell'Unione;

c) le giustificazioni fondate sulla tutela di un diritto fondamentale adottate da uno Stato membro

per una misura nazionale altrimenti incompatibile con il diritto dell'Unione. Rimangono pertanto

fuori dall'ambito del controllo solo le norme nazionali prive di qualsiasi legame con il diritto

dell'Unione.

La giurisprudenza ha sviluppato il principio dell'effettività della tutela giurisdizionale soprattutto in

vista dell'esigenza di uniformità del livello di tutela dell'Unione. Ne è derivato, da una parte, il criterio

secondo cui la tutela dei diritti attribuiti da norme dell'Unione deve essere almeno pari a quella

prevista per i diritti conferiti da norme nazionali (principio di equivalenza); dall'altra, il principio che il

sistema nazionale di rimedi giurisdizionali deve essere tale da non rendere praticamente

impossibile o eccessivamente gravoso l'esercizio dei diritti attribuiti al singolo da norme dell'Unione

(principio di effettività). La conseguenza è stata una progressiva comunitarizzazione del livello di

adeguatezza della tutela giurisdizionale ed anche l'introduzione nei sistemi nazionali di rimedi nuovi

o comunque più favorevoli al singolo. Il riconoscimento dei diritti fondamentali del diritto dell'Unione

si è affermato, grazie alla Corte di giustizia, coinvolgendo solo con la Dichiarazione comune del 5

aprile 1977, il Consiglio e la Commissione. Un punto di riferimento di maggiore rilievo è stato

l'articolo 6, numero 2, del Trattato di Maastricht sull'Unione europea, in base al quale l'Unione

rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e

delle libertà

fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. Nel 1999 è il Consiglio europeo di Colonia a

deliberare la predisposizione di una "Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione europea",

affidandone la redazione ad un apposito organismo, la Convenzione, composto da rappresentanti

dei Parlamenti nazionali, del Parlamento europeo, della Commissione e dei capi di Stato e di

governo. In occasione del Consiglio europeo di Nizza del 7 dicembre 2000, la Carta, articolata in 54

articoli più un breve preambolo, è stata dunque solennemente proclamata ad opera del Parlamento,

della Commissione e del Consiglio. Nella carta si ritrovano tutti i diritti che la Corte di giustizia aveva

fino a quel momento garantito in via giurisprudenziale. Lo scopo dell'iniziativa enunciata dal

Consiglio europeo di Colonia, d'altra parte, non era quello di innovare, ma rendere esplicita e

solenne l'affermazione di una serie di valori, nei limiti e secondo il quadro di competenze già

delineato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. In seguito all’entrata in vigore del Trattato di

Lisbona, il meccanismo di tutela dei diritti fondamentali trova oggi nella Carta il principale parametro

di riferimento. Nella nuova formulazione dell’art. 6 TUE, infatti, la Carta rappresenta la prima fonte,

mentre il riferimento ai principi generali e alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri

appare complementare.

9.IL DIRITTO DERIVATO DELL’UNIONE

Il sistema normativo dell’Unione comprende un ventaglio di atti giuridici adottati dalle istituzioni

dell’Unione, nei limiti delle competenze e con gli effetti che i Trattati sanciscono. Si tratta di atti che

vengono posti in essere attraverso procedimenti deliberativi che si svolgono e si esauriscono in

modo del tutto indipendente da quelli –legislativi e amministrativi- nazionali. Sono atti destinati ad

incidere in modo rilevante sugli ordinamenti giuridici interni e sulle posizioni giuridiche dei singoli,

talvolta senza che occorra un intervento formale del legislatore e/o dell’amministrazione nazionale,

altre volte imponendo all’uno e/o all’altra un’attività normativa, allo scopo di riversare sui singoli gli

impegni stabiliti dal legislatore dell’Unione ovvero di precisare o integrare obbligazioni solo

delineate dall’atto dell’Unione ma lasciate alla discrezionalità degli Stati membri quanto alla

determinazione definitiva del suo contenuto.

È l'insieme degli atti che si definisce comunemente diritto derivato dell'Unione, espressione che ne

coglie, da un lato, la purezza dell'origine, appunto quella dell'Unione in senso proprio e non

convenzionale, del tutto estranea ai procedimenti nazionali di formazione delle norme; dall'altro lato,

la forza derivata dei Trattati istitutivi, in applicazione e per l'attuazione dei quali gli atti dell'Unione

vengono adottati. Ed è appena il caso di precisare che gli atti in questione non possono avere

l'effetto di restringere o modificare la portata di una norma dei Trattati ovvero della giurisprudenza

relativa a quella stessa norma.

Il Trattato di Lisbona introduce, all’art. 289 TFUE, per regolamenti, direttive e decisioni, una

distinzione formale tra atti legislativi e atti non legislativi, che dipende esclusivamente dalla

procedura con la quale sono stati adottati.

Nella prima ipotesi i regolamenti, le direttive e le decisioni vengono adottati con procedura

legislativa, ordinaria ovvero speciale, muovendo, in principio, da una proposta della Commissione

ed essendo soggetti al controllo di sussidiarietà ad opera dei Parlamenti nazionali; nella seconda

ipotesi, invece, gli stessi atti sono adottati senza il ricorso alla procedura legislativa, ordinaria o

speciale.

Il Trattato non fornisce una definizione compiuta e precisa di atto non legislativo ma si limita a

precisare che tali atti sono firmati dal presidente dell’istituzione che li ha emanati. Rientrano in

questa categoria gli atti adottati da una singola istituzione. È possibile distinguere tra atti non

legislativi di secondo grado e quelli di terzo grado. Nella prima categoria rientrano gli atti adottati da

un’istituzione sulla base di una specifica disposizione del Trattato (es. gli atti adottati dalla

Commissione nell’ambito del suo potere autonomo di decisione). Nella seconda categoria vanno

ricondotti quelli volti a rendere operative norme secondarie, restando a queste subordinate, ossia gli

atti delegati e gli atti di esecuzione che la Commissione ha il potere di adottare sulla base di una

delega contenuta in un atto legislativo.

L’atto esecutivo può essere qualificato come atto amministrativo vero e proprio, attraverso il quale si

procede all’adozione di norme di esecuzione uniformi, seguendo procedure semplificate. Esso

contiene misure necessarie a rendere operativi gli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione.

10.GLI ATTI VINCOLANTI: REGOLAMENTI, DECISIONI E DIRETTIVE

Tra gli atti vincolanti, viene anzitutto in rilievo il regolamento che nel sistema giuridico dell’Unione

normalmente rappresenta l’equivalente della legge negli ordinamenti statali.

Il regolamento ha portata generale nel senso che si rivolge a soggetti non determinati e limitati.

La portata generale del regolamento è spesso sottoposta alla verifica della Corte di giustizia

dell’Unione sotto il profilo della sua impugnabilità da parte dei singoli (persona fisica o giuridica), in

quanto questi ultimi, in virtù dell’art. 263, 4° comma, TFUE, possono impugnare solo gli atti

regolamentari che li riguardino direttamente e individualmente, sempreché non comportino alcuna

misura di esecuzione, e ciò indipendentemente dalla specifica denominazione che ad essi abbia

dato l’istituzione che li ha adottati. La natura dell’atto deve essere individuata in relazione alla sua

sostanza e non alla sua forma, con riguardo agli effetti che mira a produrre ed effettivamente

produce. Altra caratteristica del regolamento è data dall’obbligatorietà del medesimo in tutti i suoi

elementi. Il regolamento è «direttamente applicabile in ciascuno degli altri membri».

Il regolamento, infine, deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea ai sensi

dell'articolo 297, n. 1, terzo comma, TFUE. La mancata pubblicazione non influisce sulla validità

dell'atto, ma ne impedisce la produzione di effetti obbligatori sino a quando non venga pubblicato. Il

regolamento entra in vigore alla data che esso stesso prevede ovvero, in mancanza, il 20º giorno

successivo alla pubblicazione.

La decisione è atto obbligatorio in tutti i suoi elementi. Dal regolamento essa si differenzia per il

fatto che il più delle volte si rivolge a specifici destinatari ed è dunque priva di quella portata

generale e astratta che è tipica degli atti legislativi.

In questi casi, la decisione corrisponde, in sostanza, all'atto amministrativo di sistemi giuridici

nazionali. È un atto che crea, modifica o estingue situazioni giuridiche soggettive in capo ai

destinatari. Questi ultimi possono essere tanto gli Stati quanto persone fisiche o giuridiche.

Talvolta, le decisioni non sono indirizzate né a Stati membri, né a persone fisiche o giuridiche, ma

hanno una valenza generale; in particolare, si tratta di decisioni con le quali il Consiglio autorizza

l’avvio dei negoziati di accordi internazionali e designa, in funzione della materia di cui trattasi, il

negoziatore o il capo della squadra di negoziato dell’Unione o con le quali ne approva la

conclusione.

Quando impone obblighi di pagamen

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
47 pagine
1 download
SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ilaaa! di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto comunitario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Strazzari Davide.