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Riassunto esame Tossicologia, prof. Esposito/Campolongo, libro consigliato Casarett Pag. 1
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CANCEROGENESI

Per cancerogenesi si intende il fenomeno che porta alla formazione di cancerogeni. Il

cancerogeno è un agente chimico o fisico che causa o induce una neoplasia e se viene

somministrato ad animali non precedentemente trattati provoca un incremento delle possibilità di

sviluppare un tumore (benigno o maligno). La cancerogenesi è un processo che avviene attraverso

tre stadi definiti : iniziazione, promozione, progressione. Vediamoli nel dettaglio :

INIZIAZIONE : stadio rapido e irreversibile che termina in seguito ad una mutazione nel DNA

indotta da cancerogeni. Gli agenti chimici o fisici che agiscono in questa fase sono detti agenti

inizianti e sono in grado di causare alterazioni genetiche quali mutazioni o delezioni. Tutti i

cancerogeni chimici sono considerati inizianti quando si legano covalentemente al DNA formando

degli addotti che portano a mutazioni (idrocarburi policiclici, nitrosamine, virus, raggi X, radiazioni

UV). La maggior parte degli agenti chimici cancerogeni sono genotossici ad azione indiretta perché

necessitano di un processo di attivazione nella cellula bersaglio per poter indurre un danno al

DNA. L’iniziazione di per sé non è sufficiente per indurre neoplasia; il destino delle cellule iniziate,

infatti, può seguire diverse strade : le cellula iniziata può rimanere in uno stadio di non divisione

grazie a meccanismi di controllo della crescita ; la cellula iniziata, in seguito a mutazioni

incompatibili con la sopravvivenza, viene rimossa per apoptosi ; la cellula può subire una divisione

cellulare con conseguente sviluppo proliferativo. Riepilogando, i punti focali dell’iniziazione sono :

genotossicità con mutazione in seguito ad alterazione del DNA, necessità di una divisione cellulare

per fissare la mutazione, processo irreversibile, mutazione indotta in seguito ad una singola

esposizione. Solo in alcuni casi (generalmente in seguito ad alte dosi e a ripetute esposizioni) un

cancerogeno chimico può diventare un cancerogeno completo, ovvero, in grado di indurre tutti e

tre gli stadi della cancerogenesi.

PROMOZIONE : è lo stadio caratterizzato dalla selettiva espansione proliferativa delle cellule

iniziate che evolve in una lesione pre-neoplastica. Gli agenti che agiscono in questa fase sono detti

promotori tumorali e, generalmente, non inducono tumori da soli ma provocano semplicemente

una proliferazione cellulare sostenuta anche tramite l’inibizione del meccanismo apoptotico. La

crescita di lesioni pre-neoplastiche richiede esposizioni continue all’agente promotore. La

promozione è uno stadio reversibile poiché, in seguito alla rimozione dell’agente promotore, le

cellule tornano alla fase precedente di iniziazione. Altra caratteristica dei promotori tumorali è

quella di possedere una dose-soglia evidente, al di sotto della quale essi non inducono la

proliferazione delle cellule. Infine, gli agenti promotori sono organo specifici (un agente

promotore del fegato come il fenobarbitale non funzionerà come promotore per pelle o altri

organi). Riepilogando, i punti focali della promozione sono : assenza di alterazioni dirette al DNA,

assenza di genotossicità e mutazioni dirette, espansione proliferativa delle cellule iniziate,

processo reversibile, presenza di dose soglia, necessità di esposizione prolungata.

PROGRESSIONE : è lo stadio caratterizzato dalla trasformazione delle lesioni pre-neoplastiche in

lesioni neoplastiche. Infatti, in questa fase, durante la progressione delle lesioni pre-neoplastiche

per il continuo aumento del processo di sintesi del DNA, alcuni eventi genotossici possono alterare

la struttura dell’acido nucleico generando il fenotipo neoplastico. Tutti gli agenti di progressione

sono, dunque, genotossici e tale stadio risulta irreversibile sia per tumori benigni che per quelli

maligni. Anche l’accumulo di aberrazioni cromosomiche contribuisce a promuovere la

progressione. Riepilogando, i punti focali della progressione sono : alterazione del DNA con

genotossicità in seguito a mutazioni o aberrazioni cromosomiche, trasformazione da lesione pre-

neoplastica a tumore benigno o maligno, processo irreversibile, può essere necessario anche un

solo trattamento con un agente di progressione per innescare tale stadio.

I cancerogeni chimici possono essere classificati in due categorie : genotossici e non genotossici.

I cancerogeni si definiscono genotossici quando interagiscono fisicamente con il DNA

danneggiandolo o modificandone la struttura (sono efficaci dopo una singola dose e agiscono

sinergicamente con altri cancerogeni aventi lo stesso organotropismo) mentre i cancerogeni non

genotossici possono interferire con l’espressione dell’informazione presente nel DNA cellulare

senza modificare la struttura dell’acido nucleico. Dunque i cancerogeni genotossici sono:

mutageni, causano tumori in relazione alla dose, non presentano una dose-soglia mentre i

cancerogeni non genotossici sono : non mutageni, instaurano un processo reversibile, sono dotati

di una dose soglia, causano tumori in relazione alla dose, possono agire nello stadio di

promozione, non interagiscono direttamente con DNA, sono specie e tessuto-specifici.

I cancerogeni genotossici agiscono in modo diretto o indiretto. Nel primo caso, tali cancerogeni

non necessitano di attivazione metabolica (attivazione indipendenti) e sono di natura elettrofila, in

grado quindi di interagire con gruppi nucleofili presenti nel DNA. Di questa categoria fanno parte :

metalli e ioni metallici (As, Cr, Cd, Co, Be… anche se non sembrano agire come elettrofili) ;

complessi di coordinazione del platino (cis-platino) ; Alo-eteri (bis-clorometil-etere prodotto

dall’industria chimica induce cancro nel tratto respiratorio dell’uomo anche a bassissimi livelli ) ;

Esteri dell’acido solforico (dimetil o dietil-solfato, da maneggiare esclusivamente sotto cappa) ;

nitrosamidi; etilenimmine

Nel secondo caso, tali cancerogeni necessitano di attivazione metabolica (attivazione dipendenti)

per poter esplicare i propri effetti (prima dell’attivazione, sono detti pro-cancerogeni genotossici)

Di questa categoria fanno parte gli idrocarburi policiclici aromatici (benzopirene, dimetil-

benzantracene, dibenzantracene ) che si trovano in diversi prodotti ambientali, quali catrame,

fumo di tabacco, petrolio, e in diversi alimenti come cibi affumicati, carne alla griglia, olii… ;

Nitrosamine ; Safrolo (presente in canfora, anice, pepe nero, cannella) ; Aflatossina B 1 ; Dialchil-

idrazine

Inoltre, i cancerogeni genotossici ad azione indiretta inducono il loro effetto neoplastico non nel

sito di esposizione bensì nel tessuto bersaglio dove avviene l’attivazione metabolica.

Le aflatossine sono tossine di origine fungina (micotossine ) prodotte da alcune specie di funghi tra

cui l’Aspergillus flavus . Le aflatossine possono essere di diverse tipologie tra cui le B1, B2, G1 e G2

sono considerate le più pericolose (B 1 è la più tossica) insieme ai loro prodotti metabolici M1 e

M2. Le aflatossine sono tossine potenti, cancerogene, mutagene e immunosoppressive.

L’Aspergillus flavus si può trovare nei cereali cresciuti in condizioni di siccità e la presenza di

aflatossine nei vegetali non deve sorprendere perché, dopo il raccolto, la crescita fungina è

supportata dall’umidità.

Gli effetti tossici delle dialchil-idrazine furono confermati anche dal consumo di farina,

proveniente dalle noci delle palme Cycas, contenente cicasina la quale viene metabolizzata nel

tratto digerente grazie ad enzimi batterici, detti glucosidasi, dando vita ad un composto alchilante

induttore di tumori intestinali. La dimetil-idrazina viene, invece, metabolizzata nel canale

digerente del topo con formazione di formaldeide tossica.

I cancerogeni non genotossici sono detti anche epigenetici poiché, nonostante non siano in grado

di interagire con il materiale genetico, possono indurre la cancerogenesi (a volte intensificando

l’azione di un cancerogeno genotossico) . I meccanismi sfruttati dai cancerogeni non genotossici

sono: citotossicità (morte cellulare sostenuta, accompagnata da costante crescita rigenerativa,

può sfociare nell’acquisizione da parte del DNA cellulare di mutazioni spontanee da cui originano

lesioni pre-neoplastiche) danno tissutale cronico (è spesso necessaria un’esposizione prolungata

ad alte dosi di tali sostanze) , produzione radicali liberi, sbilanciamento ormonale ,

immunosoppressione, aumento della proliferazione (la proliferazione dei perossisomi potrebbe

essere ricollegata alla produzione del surplus di radicali liberi)

Tra i fattori ambientali ed agenti industriali implicati nella cancerogenesi umana troviamo anche :

radiazioni ionizzanti, radiazioni ultraviolette, Benzene, CCl4, cloruro di vinile…

Il cloruro di vinile induce tumore al sistema ematopoietico e al cervello nell’uomo poiché viene

metabolizzato dal CYP450 ad ossido di cloro-etilene il quale è in grado di alchilare il DNA.

L’esposizione umana al benzene è dovuta al fumo di sigaretta, alla benzina, e alla lavorazione del

petrolio; esso si accumula nei tessuti ricchi di grassi e nel cervello, surreni, midollo osseo. Nella

prima ora, viene eliminato il benzolo ed i suoi metaboliti contenuti nel sangue o nei tessuti molto

vascolarizzati; nelle ore successive vi è l’espulsione da cute e muscoli e infine, dopo alcuni giorni, si

elimina il benzolo presente in lipidi e tessuti meno vascolarizzati. Il benzene è principalmente

metabolizzato nel sistema reticolo-endoteliale del fegato tramite la sua trasformazione, ad opera

di ossidasi, in epossido . Quest’ultimo viene modificato in fenolo e coniugato con solfati o acido

glucuronico prima di essere eliminato con le urine , oppure , per azione del glutatione e di una

transferasi viene trasformato in acido pre-mercapturico con successiva escrezione urinaria .

Sempre l’epossido, per azione di una deidrasi, viene trasformato in catecolo per poi essere

coniugato con solfati o acido glucuronico ed essere eliminato con le urine. A volte l’epossido può

semplicemente frammentarsi e dare muconaldeide. Il benzene inibisce la proliferazione di cellule

staminali, soprattutto nelle fasi iniziali, in modo da provocare un calo del numero degli eritrociti

nel sangue con successiva anemia aplastica. Quest’azione è da attribuire principalmente a

metaboliti del benzene (chinoni, acido muconico…) che, mediante legame covalente con DNA,

inibiscono la sintesi dell’acido nucleico, la sintesi dell’RNA (quindi delle proteine) bloccando la

proliferazione cellulare nel midollo.

ONCOGENI E GENI ONCOSOPPRESSORI : un oncogene è un gene che codifica per una proteina

capace di trasformare le cellule in coltura e di indurre tumore negli animali. La maggior parte degli

oncogeni noti sembra derivare da alterazioni a livello di geni normali, detti proto-oncoge

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
70 pagine
13 download
SSD Scienze chimiche CHIM/08 Chimica farmaceutica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Fabrizio925 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tossicologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Campolongo Patrizia.