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VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Il processo di valutazione del rischio si divide in tre fasi: 1. Fase di identificazione del pericolo: la sostanza chimica prova effetti avversi? 2. Valutazione curva-dose risposta: a che dosi si vedono e a quali non si vedono effetti? 3. Valutazione dell'esposizione: quali tipi, livelli e durate dell'esposizione causano un effetto? 1. IDENTIFICAZIONE DEL PERICOLO L'identificazione può essere fatta tramite: - ANALISI STRUTTURA/ATTIVITÀ DELLA SOSTANZA CHIMICA: dato il costo elevato in termini economici e di tempo per saggiare una singola molecola chimica in un esperimento di cancerogenesi condotto su roditori, la decisione iniziale riguardo l'opportunità di continuare o meno il processo di sviluppo di una sostanza chimica o la necessità di compiere ulteriori prove tossicologiche possono essere in parte basate sull'analisi della relazione struttura-attività e sui risultati dei saggi in vitro e i saggi breve termine.Lastruttura chimica, la sua solubilità, il pH, l'elettrofilicità e la reattività chimica possono essere importanti informazioni per l'identificazione del pericolo. - SAGGI IN VITRO E SAGGI A BREVE TERMINE: lo step successivo per l'identificazione del pericolo comprende prove che vanno dai saggi in vitro di mutazione batterica a più elaborate prove a breve termine, quali studi di applicazione cutanea su topi e altre prove per valutare la tossicità dello sviluppo, gli effetti sulla riproduzione, la neurotossicità e l'immunotossicità. I metodi a breve termine sono in grado di fornire informazioni sui meccanismi di azione e sono più veloci e meno costosi delle prove a lungo termine. - ESPERIMENTI SUGLI ANIMALI: sono una componente chiave del processo di identificazione del pericolo, questi si basano sulla premessa che le sostanze che causano tumore negli animali possono causarne anche negli esseri umani.EPIDEMIOLOGIA: le prove più convincenti riguardanti il rischio tossicologico per l'uomo derivano dai dati contenuti negli studi epidemiologici. 2. VALUTAZIONE CURVA DOSE-RISPOSTA La caratterizzazione del pericolo comporta la quantificazione dell'effetto avverso (identificato durante la prima fase) in base ad una relazione dose-risposta. La caratterizzazione del rischio di solito si traduce nel calcolo di dosi ammissibili per la salvaguardia della popolazione, ad esempio una dose giornaliera accettabile (DGA). La DGA è la dose giornaliera accettabile e rappresenta la quantità tollerabile di una sostanza che un uomo può assumere giornalmente e per tutta la vita senza effetti avversi riconoscibili secondo lo stato attuale delle conoscenze. La DGA è definita secondo la formula: DGA = NOAEL / SF dove: - il NOAEL è il dosaggio al quale non sono osservabili effetti avversi sull'animale da esperimento - SF è il fattore di

sicurezza: quando non sono disponibili sufficienti studi ed informazioni sull'azione tossica della sostanza in esame sull'uomo, si assume un fattore di sicurezza che varia da 10 a 1000. Il Fattore di sicurezza si basa sul presupposto che l'uomo possa essere 10 volte più sensibile della specie animale più sensibile sulla quale la sostanza è stata sperimentata. Nel caso in cui non siano numerose le informazioni sulla tossicologia della sostanza in esame, si assume un SF uguale a 100. Se non esistono dati attendibili, si assume un SF uguale a 1000.

La RFD è la dose di riferimento giornaliera che rappresenta la stima di una esposizione quotidiana ad una sostanza chimica che si assume non provochi alcun impatto avverso sulla salute della popolazione umana.

3. VALUTAZIONE DELL' ESPOSIZIONE

L'obiettivo primario della valutazione dell'esposizione è determinare la fonte, la grandezza e la durata del contatto con l'agente di interesse.

In questa fase occorre determinare la o le vie di esposizione rilevanti, la concentrazione del tossico nel mezzo di esposizione, l'entità del contatto con il mezzo di esposizione e la frequenza dell'esposizione. Con questi dati si può calcolare la dose media giornaliera assunta in un determinato periodo (es. per tutta la vita) chiamata LADD. Il confronto tra LADD e ADI/RfD permetterà di decidere se sono necessarie misure per ridurre l'esposizione ad una determinata sostanza. Cos'è il REACH? Il Regolamento (CE) n.1907/2006, cosiddetto REACH, regolamento dell'UE concernente la registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche che mira ad assicurare un maggiore livello di protezione della salute umana e dell'ambiente. Attraverso il REACH sarà possibile ottenere maggiori e più complete informazioni su: proprietà pericolose dei prodotti manipolati, rischi connessi all'esposizione e sulle misure di.

Sicurezza da applicare. Il regolamento riguarda la fabbricazione, l'importazione, l'immissione sul mercato e l'uso di tutte le sostanze chimiche in quanto tali e in quanto componenti di miscele e articoli. Si tratta, quindi, non solo di quelle utilizzate nei processi industriali, ma anche di quelle che vengono adoperate quotidianamente, ad esempio nei detergenti o nelle vernici, e quelle presenti in articoli come gli abiti o i mobili. E' coinvolta, dunque, la maggior parte delle aziende di tutta Europa. Il REACH introduce una rilevante novità rispetto al precedente regime normativo. Stabilisce, infatti, il principio per cui spetta all'industria la responsabilità di gestire i rischi delle sostanze chimiche e di fornire informazioni sulla sicurezza delle sostanze che produce, utilizza o immette sul mercato. I produttori e gli importatori di sostanze chimiche sono, pertanto, obbligati a raccogliere informazioni sulle proprietà delle sostanze,

affinché siano poi gestite in sicurezza, e a trasmetterle all'Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), con sede ad Helsinki (Finlandia). In caso contrario, non è consentito loro di produrle, importarle o immetterle sul mercato. In altri termini, sarà l'industria chimica a garantire, attraverso una particolare serie di test sulle materie prime, la non dannosità dei prodotti che produce e/o commercializza, e non sarà più lo Stato membro a dover legiferare per consentire la circolazione dei prodotti chimici.

Punti principali:

  1. Registrazione per sostanze chimiche alla ECHA (European Chemical Agency) di Helsinki. Pagina 8 di 66
  2. Responsabilità di produttori, importatori e utilizzatori
  3. Condivisione dei dati tossicologici
  4. Promozione di metodi di sperimentazione alternativi a quelli con gli animali
  5. Autorizzazione necessaria per le sostanze più pericolose (CMR, PBT, vPvB, etc.)
  6. Sostituzione con altre sostanze meno

Restrizioni all'uso delle sostanze molto pericolose.

3. Meccanismi di tossicità

I meccanismi cellulari che contribuiscono alla manifestazione della tossicità consistono in una serie di eventi. Comunemente, una sostanza tossica è rilasciata al suo bersaglio, reagisce con esso e la conseguente disfunzione cellulare si manifesta nella tossicità. Talvolta uno xenobiotico non reagisce con una molecola bersaglio specifica, bensì influenza negativamente l'ambiente biologico, causando disfunzione molecolare, degli organelli, cellulare o dell'organo, producendo effetti deleteri. Il percorso più complesso della tossicità comporta più fasi. Primo la sostanza viene rilasciata interagendo con le molecole bersaglio endogene o alterando l'ambiente, innescando perturbazioni nelle funzioni e/o nelle strutture cellulari che danno inizio a meccanismi di riparazione a livello molecolare, cellulare o tessutale. Quando le

di azione. FASE 2: INTERAZIONE CON IL BERSAGLIO Una volta raggiunto il sito d'azione, il tossico finale interagisce con la molecola bersaglio. Questa interazione può essere di diversi tipi, come ad esempio legame covalente, legame ionico o interazione non covalente. L'interazione con il bersaglio può causare danni strutturali o funzionali alla molecola bersaglio, compromettendo così il corretto funzionamento dell'organismo. FASE 3: RISPOSTA BIOLOGICA La risposta biologica all'esposizione tossica dipende dalla natura del tossico finale e dalla molecola bersaglio coinvolta. La risposta può essere immediata o ritardata e può manifestarsi a livello cellulare, tissutale o sistemico. La tossicità può manifestarsi attraverso diversi meccanismi, come ad esempio l'inibizione di enzimi, l'alterazione del metabolismo cellulare o l'induzione di processi infiammatori. FASE 4: RIPARAZIONE O TOSSICITÀ Dopo l'interazione con il bersaglio, l'organismo può tentare di riparare i danni causati dal tossico finale. La capacità di riparazione dipende dalla gravità dei danni e dalle risorse disponibili nell'organismo. Tuttavia, in alcuni casi, le perturbazioni indotte dalla sostanza tossica superano la capacità di riparazione o la riparazione stessa diventa difettosa, portando così alla manifestazione di tossicità. La comprensione di queste fasi è fondamentale per valutare il rischio tossicologico di una sostanza chimica e per sviluppare strategie di prevenzione e mitigazione degli effetti tossici.

Il trasferimento di una sostanza chimica dal sito di esposizione alla circolazione sistemica è chiamato assorbimento. Fattori che influenzano l'assorbimento sono la concentrazione della sostanza tossica, la superficie di esposizione, le caratteristiche dello strato epiteliale attraverso cui la sostanza è assorbita e la liposolubilità. Durante il trasferimento dal sito di esposizione alla circolazione sistemica, le sostanze tossiche possono essere eliminate. Questo è comune per le sostanze assorbite nel tratto GI, poiché queste devono passare attraverso le cellule della mucosa GI, il fegato e il polmone e poi essere distribuite al resto del corpo attraverso la circolazione. La mucosa GI e il fegato possono eliminare una frazione significativa di sostanza tossica durante il passaggio attraverso questi tessuti. L'eliminazione pre-sistemica o effetto di primo passaggio, generalmente, riduce gli effetti tossici delle sostanze chimiche ma

può contribuire al danno dell'amucosa digerente, del fegato e dei polmoni. Le sostanze tossiche escono dal sangue durante le fasi di distribuzione, entrano nello spazio extracellulare e raggiungono i loro siti di azione, generalmente una macromolecola presente sulla superficie o all'interno di un particolare tipo di cellula.

Tra i meccanismi che facilitano la distribuzione verso il bersaglio troviamo la porosità dell'endotelio capillare. Le cellule epatiche e renali hanno ampie fenestrature che permettono il passaggio degli xenobiotici. Ciò favorisce l'accumulo di sostanze chimiche nel fegato e nel rene. Inoltre, canali ionici e trasportatori di membrana specializzati possono contribuire al rilascio di sostanze tossiche verso i bersagli intracellulari.

Xenobiotici anfipatici con un gruppo amminico protonabile e carattere lipofilo si accumulano in organelli cellulari quali mitocondri e lisosomi.

Tra i meccanismi che ostacolano la distribuzione verso il sito

a poter essere metabolizzati o eliminati dall'organismo. Questo legame alle proteine plasmatiche può influenzare la distribuzione e l'eliminazione dei xenobiotici nel corpo. Inoltre, il bersaglio può essere anche rappresentato dai recettori cellulari. Molti xenobiotici agiscono come agonisti o antagonisti dei recettori, interferendo con la normale comunicazione cellulare e causando effetti tossici. Infine, il bersaglio può essere rappresentato anche dagli enzimi coinvolti nel metabolismo dei xenobiotici. Alcuni xenobiotici possono inibire o indurre l'attività degli enzimi, alterando così il metabolismo dei farmaci e dei composti chimici presenti nell'organismo. In conclusione, il bersaglio dei xenobiotici può essere rappresentato dalle proteine plasmatiche, dai recettori cellulari e dagli enzimi coinvolti nel metabolismo. La comprensione di questi bersagli è fondamentale per comprendere gli effetti tossici dei xenobiotici e per sviluppare strategie di prevenzione e trattamento.
Dettagli
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A.A. 2021-2022
66 pagine
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SSD Scienze chimiche CHIM/08 Chimica farmaceutica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lizzlevi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tossicologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Giovannelli Fabio.