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Estratto del documento

CAPITOLO 7 – CARITA’, POVERTA’ E STRUTTURA DELLA FAMIGLIA A FIRENZE NEL PRIMO

OTTOCENTO

1.LA FONTE:LA CONGREGAZIONE DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Lo studio della storia dei poveri è condizionato dalla natura dei documenti, che sono forniti dai

meccanismi istituzionali elaborati dalla società per fini caritatevoli o repressivi. La società

considerava la povertà una situazione transitoria, un’afflizione imposta dal destino o da debolezza

morale, più probabile in certe fasi del ciclo della vita o dell’anno, ma che raramente doveva essere

ritenuta una condizione permanente. 16

Conseguenza pratica di un simile

La Congregazione di San Giovanni Battista, fondata nel 1701 era la variante fiorentina di un

modello di istituzione di beneficienza creata dai Gesuiti alla fine del 600. L’istituzione fiorentina, a

differenza di quelle analoghe di Torino o di Napoli, si occupava tanto dell’assistenza a domicilio

quanto della segregazione istituzionale. Fin dall’inizio distinse gli accattoni, che forniva di licenza

speciale, dai vagabondi da imprigionare e distribuì il lavoro fra quello che dava a domicilio e quello

che faceva eseguire dai poveri, tolti dalla strada, nelle proprie fabbriche o in altri istituti.

La Congregazione cercava di far fronte alle necessità dei poveri ne modi più svariati: oltre all’aiuto

a domicilio, a dar lavoro direttamente e a rilasciare la licenza agli accattoni, essa pagava vitto e

alloggio e tirocinio per gli orfani.

Le molteplici attività della Congregazione erano però limitate ad alcuni ristretti settori dei poveri.

L’interesse della Congregazione era diretto esclusivamente verso i poveri meritevoli, ma anche fra

i poveri rispettabili l’assistenza era limitata a gruppi specifici, il che rivelava una specializzazione di

funzioni caratteristica delle istituzioni di beneficienza. Essa limitava il suo campo d’azione alle

classi operaie urbane. La richiesta di specificare sul modulo lo stato di salute aveva l’evidente

scopo di escludere gli inabili più gravi ai quali dovevano provvedere gli ospedali. Di rado

l’assistenza veniva concessa più di una volta, e le forme di assistenza fornite erano in numero

assai limitato. La Congregazione si preoccupava principalmente di aiutare famiglie che si erano

venute a trovare in difficoltà economiche per cause ineluttabili ma considerate temporanee.

Verso la fine del 700, Firenze, come quasi tutta l’Italia e le sue città, già da un pezzo aveva

tramontare i suoi fasto medievali. L’Italia era diventata un paese dominato da un’economia agraria

strutturata per lo più intorno ai problemi di sussistenza dei contadini e sulla quale incombeva il

controllo sempre più stretto delle città, che dipendevano pesantemente dalla trasformazione dei

prodotti agricoli. La popolazione rurale aveva ricominciato a crescere verso la fine del 700

aumentando il fabbisogno alimentare. Il netto declino, dalla fine del 500, delle economie urbane

portò a una contradizione e a un mutamento dell’occupazione. L’industria della lana di alta qualità

decadde sostituita da quella della seta. Il passaggio alla produzione della seta in Toscana fra la

fine del 500 e il principio del 600 non aveva compensato la drastica riduzione della manifattura

laniera.

Firenze era abituata, e anche relativamente ben organizzata, ad assistere i suoi poveri. I

censimenti effettuati dai parroci insieme ai deputati della Congregazione di san Giovanni Battista

contavano nel 1750 26 mila bisognosi di aiuto e 29 mila nel 1767, cioè poco più di un terzo della

popolazione cittadina.

Una conseguenza dell’amministrazione napoleonica, a Firenze come altrove, fu la produzione di

numerosi e dettagliati resoconti delle istruzioni di beneficenza esistenti. La Congregazione aiutava

più di un terzo o circa la metà del probabile numero dei poveri a Firenze.

A scopi amministrativi e per incoraggiare un contatto più stretto fra i singoli deputati e le

parrocchie, la Congregazione aveva diviso Firenze in 6 sestieri.

2.STRUTTURA DELL’AGGREGATO DOMESTICO

I dati relativi alla composizione degli aggregati domestici contenuti nelle nostre suppliche sono

molto abbondanti e si possono anche ritenere assai affidabili. Dopo il capo dell’aggregato

domestico, i bambini vengono dopo gli adulti, i parenti di primo grado precedono quelli di secondo

grado, le persone estranee o unità familiari secondarie sono tutte individuate con precisione.

La distribuzione di questi aggregati domestici secondo le loro dimensioni mostra una vasta

proporzione di famiglie piccole: oltre l’80% degli aggregati non comprendevano più di 5 persone,

mentre quelli da due a quattro persone coprivano più della metà del numero totale.

17

Di questi aggregati domestici, più di un terzo era sotto la guida di donne, la maggior parte delle

quali vedove; esse erano diventate capofamiglia in età notevolmente più avanzata dei loro

corrispondenti maschi.

Nel ciclo di sviluppo di queste famiglie considerevoli erano le spinte verso la dissoluzione dell’unità

familiare. La spesa per l’affitto era tale che si potevano permettere un’unica stanza, con l’ovvia

conseguente limitazione dello spazio a disposizione. È da presumere che questa fosse la ragione

della presenza minima, in questi aggregati domestici, di estranei o di nipoti o cugini. Sia figli che

figlie lasciavano la famiglia relativamente presto per guadagnarsi l’indipendenza.

La stragrande maggioranza – il 94,6 % - degli aggregati domestici è fatta di famiglie nucleari bi-

generazionali, cioè genitori e figli non sposati, senza altri parenti. Ma proprio in quanto famiglie

nucleari esse sono anche particolarmente vulnerabili.

È in questi aggregati più estesi che si trovano strutture familiari più complesse. Queste strutture

non sono peraltro quelle della famiglia-ceppo, della cui organizzazione si vedono appena alcune

tracce: solo 58 famiglie, ossia l’1,3% della popolazione globale, includevano quelle categorie che,

secondo Berkner, identificano chiaramente l’organizzazione della famiglia-ceppo: un padre

anziano, anche vedovo, convivente con un figlio sposato a cui ha ceduto il ruolo di capofamiglia.

Le famiglie multiple, poi, sono soltanto 9 su 1219. In parte esse corrispondono alla definizione di

Berkner di famiglia estesa, in quanto comprendono genitori, fratelli o sorelle non sposati o, in

alternativa, figli sposati. Ma in parte queste strutture estese appartenevano a un’organizzazione

diversa, in quanto raggruppavano parenti più o meno lontani in una famiglia nella quale mancava il

congiunto normale: nipoti orfani che vivevano con i nonni, sorelle o cognate vedove o lasciati dalle

mogli.

All’interno di questo gruppo perde importanza la caratteristica prevalenza dell’uomo capofamiglia e

in effetti in queste famiglie urbane povere e nullatenenti abbondano le donne capofamiglia, di solito

vedove.

3.MESTIERI E GUADAGNI NELLA FAMIGLIA

Dati i requisiti imposti dalla Congregazione per concedere l’assistenza, non c’è da meravigliarsi se

praticamente tutte le famiglie dei postulanti (97,5%) dichiaravano il possesso di un mestiere

almeno per uno dei loro membri. Quindi la disoccupazione come causa unica della dipendenza

dalla carità non sembrerebbe una spiegazione sufficiente; non così invece per quanto riguarda la

sotto-occupazione o l’occupazione occasionale o discontinua.

La distribuzione dei mestieri fra la nostra popolazione mostra in modo quasi classico il profilo di

una economia urbana preindustriale. Prevalevano i tessili che costituivano la metà del numero

totale di quelli che dichiaravano un mestiere. La divisione del lavoro per sesso era assoluta, non

solo nel predominio femminile nel settore tessile e nel monopolio maschile dell’artigianato, ma

anche per quel che riguarda i servizi e il commercio.

Al di là di queste ampie categorie, invece, le suppliche ci dicono poco sui rapporti fra mestieri e

organizzazione famigliare. Si comincia a lavorare da giovanissimi, dall’età do 6 anni.

Le suppliche sono molto più ricche di informazioni per quanto riguarda i guadagni, di cui è sempre

indicata la cifra settimanale. Fra tutte le informazioni i guadagni sono i più esposti all’errore. Dato

che poi erano riportati solo i guadagni in contatti, si può presumere che passassero sotto silenzio

eventuali aggiunte in natura.

La distribuzione dei guadagni fra la nostra popolazione è molto dispersa e riflette tanto la divisione

per sesso del lavoro quanto il ciclo della vita dei singoli individui. Più della metà dei postulanti (il

56%) guadagnava meno della media di 60 soldi, cioè il minimo vitale. Fra i meno pagati

predominavano gli adolescenti e gli adulti giovani non sposati. Sia per gli uomini che per le donne i

guadagni scendevano con l’avanzare dell’età. 18

L’analisi dei guadagni individuali delinea chiaramente il percorso di vita dei fiorentini: da bambini

imparavano ma spesso non guadagnavano nulla, da adolescenti i loro salari restavano largamente

sotto il livello di sussistenza, con l’età adulta il matrimonio ricevevano salari maggiori; in seguito,

quando invecchiavano, i loro guadagni calavano.

L’autosufficienza di un aggregato domestico, considerato dall’istituzione di beneficenza e

presumibilmente anche dai suoi stessi membri, come un’unità economica, dipendevano infatti dalle

sue dimensioni e dalle capacità di guadagno delle persone che lo componevano. Il reddito medio

settimanale dei aggregati domestici era di 120 soldi; poco più della metà di essi era sotto questo

reddito.

Visto la percentuale di famiglie con un solo genitore non sorprende che la presenza di bambini che

portavano a casa un guadagno dovesse essere importante anche per le famiglie più piccole.

Tre erano gli elementi strutturali che limitavano la capacità di produrre redditi più alti: il livello dei

salari differenziato a seconda del sesso e dell’età, la crescente proporzione dei bambini percettori

di guadagni necessariamente bassi, e il limite massimo assoluto del numero delle persone capaci

di guadagnare, indipendentemente dalla dimensione della famiglia.

Il vasto numero di famiglie che non riuscivano a coprire il fabbisogno vitale rafforza la convinzione

che i guadagni riportati nelle suppliche fossero inferiori alla realtà e che si tacesse su altre forme

supplementari di reddito. Accanto agli immigranti, queste famiglie impoverite formavano una parte

costante, forse il nucleo della forza-lavoro di Firenze e si riproducevano, perpetuando così il ciclo

della povertà.

4.STRATEGIA DI CARITA’

L’unico scopo di chi si rivolgeva alla Congregazione

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Publisher
A.A. 2015-2016
23 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Kristina_gv di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Levati Stefano.