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CAPITOLO QUARTO – L’AFFIDABILITA’ DELLE STATISTICHE NAPOLEONICHE: L’ ”ETAT

DES PAUVRES ET DES MENDIANTS EXISTANT DANS CHAQUE COMMUNE” DEL

DIPARTIMENTO DELL’ARNO NEL 1812

!

Le inchieste statistiche su popolazione, agricoltura, industria, commercio ecc all’epoca della Rivoluzione francese e di

Napoleone rappresentano il punto di partenza per molte ricerche storiche sui problemi sociali dell’Europa occidentale.

Esistevano varie inchieste risalenti già ad alcuni decenni prima della rivoluzione, sul numero, le condizioni di vita e le

necessità dei poveri, ma la più importante era quella del Comitè de Mendicitè. Era opinione diffusa che il numero dei poveri

fosse aumentato alla fine del 700 e durante gli anni della rivoluzione. Per risolvere il problema, come avvenne per altri campi

anche, si tornò alle istituzioni prerivoluzionarie: le case di correzioni (depositi di mendicità). Secondo gli articoli del codice

penale, vagabondi e mendicanti vennero fatti sparire dalla circolazione e mandati nei depositi. Per poter scegliere i conventi

adatti e risistemarli per l’uso di depositi, era necessario valutare il numero di persone che avrebbero dovuto ospitare. Il prefetto

doveva indicare la popolazione totale, il numero dei poveri, dei mendicanti, e le risorse finanziarie destinate all’assistenza. Gli

ospedali e gli ospizi si occupavano di bambini, vecchi e infermi;il resto dei poveri meritevoli riceveva assistenza da varie

istituzioni;le case di correzione erano istituite principalmente per i poveri in buone condizioni di salute, mendicanti di

professione, che non dovevano pretendere nulla dalla società e che bisognava costringere a lavorare perché si pagassero il

mantenimento. era perciò importante ottenere cifre precise sui poveri e i mendicanti. Le informazioni richieste lasciavano

comunque spazio ad ambiguità. Già era imprecisa la terminologia”pauvre” perché troppo generica, comprendeva un vasto

numero di categorie di poveri. Idem per il mendicanti.

La netta differenza tra città e campagna, fra montagna, colline e pianure, oltre al significato estremamente flessibile attribuito

ai termini “povero”e”mendicante”, portò alla compilazione dei numeri di queste due categorie il cui unico denominatore

comune era che i poveri vivevano al limite estremo del livello di sussistenza, mentre i mendicanti vivevano del tutto o in parte

di carità. La vasta gamma dei criteri usati dai sindaci significa che le cifre non sono strettamente paragonabili e che si possono

considerare solo come un’approssimazione della realtà. Ma non abbiamo prove che i funzionari della gerarchia burocratica si

rendessero conto di questo punto debole. In realtà via via che le cifre venivano trasmesse a livelli sempre più alti

dell’amministrazione, l’elencazione stessa mostra una fiducia sempre più ferma nella loro assoluta validità. Da notare è che

per i mendicanti le cifre erano basate sulle informazioni del sindaco relative alle persone ridotte a vivere di elemosina e

residenti nel suo comune. Ma escludono la vasta popolazione fluttuante dei mendicanti vagabondi; includendo invece spesso

fra i mendicanti sani, alcuni residenti anziani o infermi che vivevano con la famiglia o spesso anche soli, a cui si faceva

l’elemosina per spirito di carità comunale. I risultati delle distorsioni dovute a queste diverse interpretazioni del termine

“mendicante”, si sarebbero rivelate nel dicembre 1813 quando la casa di correzione dell’Arno fu aperta: il primo gruppo di

mendicanti mandati al deposito consisteva in gran parte di vecchi ultrasettantenni, paralitici, storpi, malati, ciechi, e bambini di

meno di dieci anni, mentre i mendicanti sani continuavano a circolare liberamente in città e campagne.

Sarebbe esagerato trarre la conclusione generale che le statistiche napoleoniche non hanno alcun valore o non possono dare

affidamento. Infatti in primo luogo mostrano chiaramente come la povertà fosse concentrata nelle città principali. In secondo

luogo questa statistica fornisce alcune indicazioni sul grado di povertà nelle diverse zone della campagna, che sono spesso

confermate da altre fonti.

!

!

CAPITOLO QUINTO – PROBLEMI NELLA STORIA DEL PAUPERISMO NELL’ITALIA

1800/1815

!

Premessa

La storia della povertà esige uno studio protratto sulla lounge dureé (elementi strutturali) e sul breve periodo (elementi

congiunturali); la povertà acquista rilevanza di significato a causa della sua presenza costante nel mondo occidentale fin dal

Medioevo.

Ci sono due aspetti interconnessi, dal punto di vista concettuale (per non dare definizioni superflue) e metodologico:

a. I processi di impoverimento (pauperismo) —> lo studio di questi processi impone, come conditio sine qua non,

l’analisi dell’economia à loungue durée e quindi si basa su fonti che danno la misura dei mutamenti;

b. Il mondo dei poveri, con le reazioni della società nei loro confronti —> questo studio ci fornisce una spiegazione delle

cause della loro condizione solo rispetto a situazioni immediate o molto personalizzate.

8

Le fonti della ricerca sui poveri:

▪ sono di carattere locale;

▪ si basano soprattutto sull’organizzazione assistenziale;

▪ di conseguenza, danno del mondo dei poveri un’immagine soggettiva, vista cioè con gli occhi di quelli che erano

responsabili della carità e della repressione.

Tre ragioni per la scelta di analizzare il periodo storico dell’Italia napoleonica.

1. La riorganizzazione amministrativa e la passione napoleonica per l’accumulazione di conoscenze pratiche e statistiche

descrittive —> ricca documentazione da analizzare (composizione della povertà e efficienza dei sistemi di carità);

2. L’amministrazione francese ristrutturò l’ossatura istituzionale e lo Stato si assunse l’impegno assistenziale;

3. La trasformazione di mentalità e di atteggiamenti sociali verso la povertà e la carità (filantropia della Restaurazione).

!

1. La documentazione vasta può:

▪ generare confusione, perché riflette un struttura assistenziale di carattere locale e manca di indagini sistematiche o di

una visione sintetica d’insieme;

▪ può ingannare, perché le cifre delle indagini riguardavano solo coloro erano considerati meritevoli di assistenza o di

disciplina (criteri variabili).

Tuttavia, questa serie di fonti del periodo francese rende possibile un’analisi più completa rispetto ai periodi precedenti.

Lo storico si aspetta di trovare un’ampia documentazione sul nucleo dei ‹‹poveri strutturali››, cioè quelli che dipendevano

dalle istituzioni benefiche o erano autorizzati a mendicare. Ma l’amministrazione e la documentazione napoleonica hanno

incidentalmente fornito dati sui ‹‹poveri congiunturali›› (i poveri della crisi). Queste informazioni, unite alle inchieste

statistiche e alle fonti che si riferiscono direttamente all’economia fanno degli anni napoleonici una base di osservazione

particolarmente favorevole per lo studio della povertà in Italia.

La novità che la documentazione napoleonica rappresenta per lo storico è che permette di studiare il pauperismo dal punto di

vista geografico (quindi non ci sono novità dal punto di vista strutturale). Le registrazioni delle attività delle istituzioni

benefiche sono sostituite da un insieme di documenti abbastanza omogenei – e quindi confrontabili tra loro – che sono il frutto

dei sistemi uniformi di pratica amministrativa. E questo vale per quel terzo d’Italia annesso alla Francia e per il Regno d’Italia

(non si sa se valga anche per il Regno di Napoli).

Sulla base di ricerche coordinate e sistematiche si dovrebbe poter redigere una mappa della povertà, sulla base della

documentazione napoleonica (molto importante per le ricerche economiche sull’Italia).

L’aumento di popolazione, il capitalismo in espansione e gli sconvolgimenti politici e militari del Settecento avevano dato

luogo, intorno al 1800, a una crescente pressione sulle risorse istituzionali, come provano le testimonianze dell’epoca riguardo

all’inadeguatezza dei fondi di beneficenza e all’aumentata incidenza del vagabondaggio e dei piccoli furti campestre !

tendenza verso una pauperizzazione crescente.

Esistono delle cifre, di affidabilità variabile, sulle persone catalogate come poveri. La ‹‹lista dei poveri e dei mendicanti›› di

ciascun dipartimento (diviso in arrondissements e comuni), compilata in vista della costituzione dei depositi di mendicità

(1808-12), presente di versi interrogativi: il numero dei poveri a gira intorno al 17-19 % per il dipartimento dell’Arno e a

meno del 6 % per quello di Genova.

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2. Le notizie documentate sull’organizzazione dell’assistenza ai poveri

La società cattolica rispettava la volontà del testatore. I governi dell’ancien régime, che cercavano di mutare la destinazione

dei fondi di beneficienza per venire incontro alle necessità dei poveri in vita, erano sempre stati regolarmente bloccati

dall’interpretazione letterale delle parole messe per iscritto da un morto.

Verso la fine del Settecento, la beneficienza istituzionale era in crisi economica ed esposta a varie critiche, le risorse erano

sempre più inadeguate, dato che le donazioni diminuivano e la pressione della domanda aumentava; il sistema seicentesco di

assistenza, con la sua struttura di imponenti alberghi dei poveri, era accurato di produrre pauperismo invece di ridurlo. In

Italia, le istituzioni di beneficenza erano già state sottoposte a una drastica riorganizzazione prima della rivoluzione (negli Stati

Asburgici e nella Toscana). A partire dal 1780, furono attuate delle riforme, ma attuate solo in parte. Bisogna anche pensare

che la struttura della povertà in Italia non si trovò a fronteggiare una situazione catastrofica come quella in Francia. Quindi, la

riorganizzazione della carità nel periodo napoleonico può essere vista come lo sviluppo di una tradizione di riforme già

esistente, piuttosto che come una rottura totale con il passato.

A prima vista, la riorganizzazione dell’assistenza in Italia sotto Napoleone si prospetta come un massiccio mutamento

strutturale, con l’introduzione di un nuovo sistema pubblico di carità. Ma è un’immagine illusoria —> né i fini, né gli

strumenti della politica napoleonica erano innovativi. Il bifrontismo delle pratiche caritatevoli della Controriforma venne

confermato e consolidato: assistere i meritevoli e punire gli indegni.

TRE STRUTTURE di organizzazione dell’assistenza in Italia durante l’età napoleonica:

1) i bureaux di benef

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A.A. 2014-2015
21 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Cleira12 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Levati Stefano.