Anteprima
Vedrai una selezione di 8 pagine su 35
Riassunto esame Storia moderna, prof. Levati, libro consigliato: L'Italia del Seicento di Domenico Sella Pag. 1 Riassunto esame Storia moderna, prof. Levati, libro consigliato: L'Italia del Seicento di Domenico Sella Pag. 2
Anteprima di 8 pagg. su 35.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Storia moderna, prof. Levati, libro consigliato: L'Italia del Seicento di Domenico Sella Pag. 6
Anteprima di 8 pagg. su 35.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Storia moderna, prof. Levati, libro consigliato: L'Italia del Seicento di Domenico Sella Pag. 11
Anteprima di 8 pagg. su 35.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Storia moderna, prof. Levati, libro consigliato: L'Italia del Seicento di Domenico Sella Pag. 16
Anteprima di 8 pagg. su 35.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Storia moderna, prof. Levati, libro consigliato: L'Italia del Seicento di Domenico Sella Pag. 21
Anteprima di 8 pagg. su 35.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Storia moderna, prof. Levati, libro consigliato: L'Italia del Seicento di Domenico Sella Pag. 26
Anteprima di 8 pagg. su 35.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Storia moderna, prof. Levati, libro consigliato: L'Italia del Seicento di Domenico Sella Pag. 31
1 su 35
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

1.5.L’ITALIA E IL RE SOLE

Mentre per Venezia la seconda metà del secolo fu un periodo di alta drammaticità, di gravi

sfide e di pesanti sacrifici di uomini e risorse, per il resto della penisola rappresentò invece

una fase di relativa tranquillità. Non vi furono cambiamenti di rilievo nella carta politica o

nella distribuzione del potere tra gli Stati italiani, se si eccettuano una congiura fallita,

istigata dal Duca di Savoia, contro l’oligarchia dominante di Genova, nel 1672, e

un’insurrezione popolare a Messina due anni dopo.

A dire il vero, anche in questo periodo privo di grandi eventi l’ingerenza straniera negli

affari italiani continuò: non sorprende che fosse opera della potenza maggiore e

maggiormente aggressiva dell’epoca, la Francia di Luigi XIV. Nel 1662 la pretese alquanto

stravaganti di immunità diplomatica e di extraterritorialità avanzate dall’ambasciatore di

Luigi a Roma portarono a uno scontro con la Santa Sede, a una minaccia di intervento

militare francese nello Stato Pontificio e all’invasione dell’enclave papale di Avignone. Un

compromesso tra il papato e il Re Sole fu finalmente raggiunto nel 1664 ed Avignone fu

evacuata, ma le tensioni riemersero pochi anni dopo sul problema del controllo regio sulle

nomine ecclesiastiche in Francia e della rivendicazione di autonomia della Chiesa

francese di fronte al pontefice romano.

Più gravido di conseguenze risultò, a lungo andare, l’acquisto da parte di Luigi XIV,

avvenuto nel 1679, della piazzaforte di Casale nel Monferrato dal duca di Mantova, che

era sull’orlo della bancarotta. Con Pinerolo già in mani francesi fin dal trattato di Cherasco

del 1631 , l’acquisizione di Casale non solo rendeva di fatto il Piemonte un satellite della

Francia, ma forniva altresì a Luigi XVI un avamposto d’inestimabile valore dal quale

poteva influenzare il corso degli affari italiani. In pratica nessuno poteva fare granché per

porre rimedio a questa situazione: Venezia doveva preoccuparsi dell’impero ottomano; il

papa era coinvolto in un’aspra contesa sui suoi diritti di giurisdizione sulla Chiesa

francese; il Piemonte-Savoia era pressoché alla mercé di Luigi XIV. E quando Genova

tentò di resistere alle pretese del re di Francia, pagò per il suo coraggio un prezzo terribile.

Accadde nel 1683: Luigi, di nuovo in guerra con la Spagna, chiese che nessuna nave

genovese, anche se privata e già sotto contratto, navigasse al servizio della Spagna.

Quando la coraggiosa repubblica si rifiutò di accondiscendere, la città fu brutalmente

cannoneggiata per cinque giorni dalla flotta francese. La Spagna non alzò un dito per

aiutarla.

La mano di Luigi XIV fu ugualmente pesante in Piemonte. Nel 1685, dopo aver privato i

protestanti francesi della libertà religiosa di cui avevano goduto per quasi un secolo e dopo

averli perseguitati, pretese da Vittorio Amedeo II, giovane e indifeso duca di Savoia, che

infliggesse lo stesso trattamento alla minoranza religiosa dei suoi possedimenti, i valdesi.

Per assicurarsi che il riluttante vicino obbedisse in pieno, nel 1686 Luigi inviò un esercito

al di là delle Alpi: assieme a forze locali portò devastazioni e morte nella comunità valdese

e costrinse alla fuga migliaia di persone. Solo nel 1690, dopo essersi unito alla grande

coalizione antifrancese (la lega di Augusta), Vittorio Amedeo invertì la sua politica e

permise ai valdesi di tornare alle loro case.

1.6.STABILITA’ ISTITUZIONALE

Nonostante tutte le guerre, tutti i tentativi di colpi di mano e gli interventi stranieri, nel 1700

la mappa politica dell’Italia era molto simile a quella di un secolo primo. Lo stesso può

dirsi, a grandi linee, della forma di governo dei singoli Stati italiani. Le dinastie indigene al

potere nel 1600 (i Savoia, Gonzaga, Medici, Este, Farnese) lo erano ancora nel 1700 e

continuavano a governare i loro piccoli possedimenti come monarchi (teoricamente)

assoluti. Quanto alle repubbliche di Venezia, Genova e Lucca, nel 1700 la loro tradizionale

struttura oligarchica era ancora fondamentalmente intatta, nel senso che, come prima,

un’aristocrazia o un patriziato cittadino monopolizzavano tutte le cariche di governo

importanti. Ugualmente invariati, da un punto di vista strettamente istituzionale, erano lo

Stato Pontificio e i regni spagnoli di Napoli, Sicilia e Sardegna.

Questo schema complessivo di stabilità va tanto più sottolineato in quanto, nel corso del

XVII secolo, il paese fu toccato ripetutamente dalla guerra, ma anche da eventi e forze che

avrebbero potuto avere effetti profondamente destabilizzanti: tre grosse carestie (1628-29,

1648-50, 1690-700); due devastanti incursioni della peste bubbonica (1630 nel Centro-

Nord, 1656 nel Sud) che provocarono entrambe decessi nell’ordine del 30-40%; un

crescente onere viscale che, in alcune regioni, si rivelò rovinoso; il tracollo delle economie

cittadine; infine, varie sollevazioni popolari di grosse dimensioni.

Certo, la preoccupazione prioritaria tra i sovrani italiani, con la notevole eccezione di Carlo

Emanuele I e forse di Urbano VIII, fu la conservazione di quanto avevano ereditato dagli

avi e, se ce ne fosse stato bisogno, l’alleanza con altri in modo da opporsi a chiunque

avesse tentato di modificare lo status quo.

Il clima religioso della Controriforma, con il suo ribattere sulla tradizione e sulla stabilità,

può aver avuto un ruolo in tutto ciò, ma indubbiamente più rilevante a questo proposito era

la chiara, realistica consapevolezza che ogni tentativo di modificare gli equilibri politici tra

gli Stati italiani avrebbe avuto come unico risultato il disastro per tutti, come era accaduto

nel secolo precedente al tempo delle guerre d’Italia, a meno che, forse, l’ipotetico

aggressore non potesse avere l’appoggio di una delle due grandi potenze europee,

Spagna o Francia.

Una stabilità di lungo periodo caratterizzò anche l’economia e la struttura sociale. Il quadro

istituzionale messo in atto nel 500 operò tutti gli sforzi centralizzatori dei governi

cinquecenteschi non avevano cancellato la composita struttura dei rispettivi Stati. Tale

struttura rifletteva (soprattutto nell’Italia settentrionale e centrale)il lungo processo

attraverso il quale i vari Stati regionali erano stati edificati con il graduale assorbimento di

città-Stato indipendenti, enclaves feudali, libere comunità rurali nel dominio di un signore.

Il processo aveva contemplato, oltre alla mera conquista militare, una buona dose di

negoziazione, che conduceva a termini di resa chiaramente definiti (patti di dedizione) i

quali rappresentavano un compromesso tra il conquistatore (il signore) e i conquistati (le

comunità) e si concludevano col riconoscimento da parte del primo dell’identità

istituzionale, delle tradizioni giuridiche e dell’autonomia amministrativa dei secondi. Anche

laddove, come nel caso nel Regno di Napoli e dello Stato di Milano, un territorio era stato

assoggettato al dominio di una potenza esterna, come la Spagna, che presumibilmente

aveva la forza militare per sgombrare la via da ogni ostacolo sul cammino della

centralizzazione, era concesso alle tradizioni giuridiche esistenti, alle strutture istituzionali,

e a una consistente porzione di autogoverno di sopravvivere. I monarchi spagnoli da Carlo

V in poi si impegnarono a rispettare e conservare l’identità e l’autonomia dei loro

possedimenti italiani e, in un deliberato sforzo di guadagnarsi la fedeltà e la cooperazione

dei loro sudditi italiani, lasciarono l’amministrazione quotidiana del paese alle élites locali,

e trattarono ogni componente dei loro domini come un’entità distinta, ognuna con una

serie di particolari privilegi e obblighi.

Sotto la pressione della necessità in un certo numero di Stati italiani vennero introdotti

alcuni mutamenti, nonostante la dura opposizione di diversi centri di potere, privilegio e

influenza: in particolare delle nuove misure tese a tenere a freno l’anarchia della nobiltà

feudale e il flagello del banditismo.

Qualsiasi piano per costituire una lega di Stati italiani allo scopo di liberare la penisola

dalla dominazione straniera era destinato a rimanere il pio sogno di un pugno di visionari.

CAPITOLO 2 – L’ECONOMIA

I cinquanta anni di pace pressoché ininterrotta di cui il paese godette dopo che il trattato di

Cateau-Cambrésis del 1559 ebbe definitivamente sancito l’egemonia spagnola sulla

penisola furono anche anni di vigorosa espansione economica.

Mentre la popolazione, e in particolare quella delle città, fu in continua crescita e intorno al

1600 raggiunse livelli senza precedenti, il progresso economico si svolse lungo un ampio

fronte. In risposta a un aumento della domanda di beni alimentari dovuto alla crescita

demografica, e che si manifestava nel rialzo dei prezzi agricoli, si provvedeva in tutta la

penisola a rendere coltivabili ampie zone di terre incolte o paludose e boschive.

Non può sorprendere che, con il resto dell’economia, prosperassero anche i commerci e le

attività bancarie. Dal 1570 circa il piccolo borgo di Livorno fu trasformato dai granduchi di

Toscana in un importante porto internazionale. Seppur meno spettacolare, la crescita del

traffico marittimo a Venezia fu anch’essa assai rilevante, a giudicare dalle navi in arrivo. La

sua antica rivale, Genova, non se la passava altrettanto bene come porto commerciale ma

la sua popolazione poteva rallegrarsi di non essere seconda a nessuno in quanto a

finanza internazionale.

Gli ottimi risultati ottenuti dall’economia italiana nella seconda metà del 500 non furono

tuttavia privi di costi e lasciarono sul campo delle vittime. Se infatti al rialzo dei prezzi

agricoli e del valore dei terreni va attribuito l’afflusso di capitali consistenti in agricoltura,

sotto forma di acquisti di terra e di grandi opere di bonifica e di irrigazione, in particolare

nella Pianura Padana, alcune regioni imboccarono la scorciatoia dello sfruttamento troppo

intensivo dei terreni e si trovarono poi di fronte a seri problemi di esaurimento del suolo.

Anche nel settore industriale vi furono, oltre ai vincitori, degli sconfitti. Lo straordinario

successo dell’industria tessile veneziana, ad esempio, avvenne in parte a spese della

rivale fiorentina. Tra gli sconfitti di quel periodo bisogna annoverare anche l’industria dei

noli marittimi e la cantieristica. Alla fine del Medioevo e anche nei primi decenni del 500

Genova e Venezia avevano vantato le due più gradi flotte mercantili del Mediterraneo.

Nella seconda metà del 500 , invece, l’industria delle costruzioni navali decadde

rapidamente in entrambe le città.

2.1.L’AGRICOLTURA: RECESSIONI E RECUPERO

Nell’agricoltura le c

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
35 pagine
4 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Kristina_gv di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Levati Stefano.