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EUROPA SUD-ORIENTALE
I cinque piccoli Paesi dell’Europa sud-orientale -Albania, Bulgaria, Grecia, Romania, Serbia-
erano i più poveri dell’Europa (con il Portogallo e la Russia).
Essi conquistarono l’indipendenza dall’impero ottomano dal 1815 (Albania nel 1913) e da
questo ereditarono l’arretratezza economica.
All’inizio del XX sec. questi Paesi erano rurale e agrari; la forza lavoro impegnata
nell’agricoltura, che era poco produttiva a causa della tecnologia primitiva e del territorio
montagnoso; la povertà era molto elevata.
La popolazione era in progressiva crescita e, con essa, i prezzi delle terre coltivabili e
l’emigrazione verso le aree urbane europee. Le risorse naturali erano insufficienti e perciò
questi Paesi dipendevano dalle importazioni estere.
Unica importante risorsa era il petrolio della Romania, estratto dalla fine del XIX sec. e per
iniziativa di imprese tedesche. Le esportazioni erano di cereali, suini vivi, prugne, uva e vino.
La lenta diffusione della tecnologia agricola e industriale, vedeva per contro una rapida
diffusione della tecnologia istituzionale delle banche e dell’indebitamento estero: tutti questi
Stati avevano la loro banca centrale e i prestiti esteri venivano utilizzati soprattutto per la
costruzione di ferrovie, per l’acquisto di armamenti e per saldare altri debiti con altri Stati.
L’industria moderna non era ancora penetrata nel sud-est europeo all’alba della IGM.
RUSSIA IMPERIALE
L’impero russo all’inizio del XX sec. era considerato una grande potenza, per l’estensione del
suo territorio, per la popolazione e per la sviluppata produzione industriale (produzione tessile,
pesante e petrolifera).
Tuttavia questi valori possono ingannare sulla reale condizione economica russa, dove la
produzione ed il consumo pro capite erano bassissimi.
La Russia era un paese prevalentemente agricolo e la produttività agricola era, tra l’altro,
bassa, ostacolata da una tecnologia primitiva e dalla scarsità di capitali.
Gli inizi dell’industrializzazione si ebbero con il regno di Pietro il Grande, ma le imprese erano
iniziative isolate legate ai bisogni dello stato russo. Solo dal 1830 l’industrializzazione divenne
un fenomeno più visibile: crebbe il numero di operai industriali, di condizione servile (tenuti al
versamento di denaro ai loro padroni, che detraevano dai salari).
Fu la guerra di Crimea (1853) [Russia vs Francia, appoggiata da impero ottomano, GB, regno di Sardegna, per il
a rivelare l’arretratezza dell’industria e
controllo dei luoghi santi cristiano in Turchia. 1856, perse la Russia]
dell’agricoltura russe e preparò, in tal modo, la strada ad una serie di riforme: emanciapazione
dei servi; costruzione di ferrovie (ferrovia transiberiana), a cui seguì l’espansione dell’industria
mineraria e metallurgica; riorganizzazione sistema bancario; indebitamento estero; dazi sulle
importazioni di ferro e acciaio; introduzione attrezzature industriali moderne.
Fra 1885 e 1898 si verificò un boom : la produzione industriale crebbe notevolmente e i
principali stabilimenti industriali sorsero nelle grandi città (Mosca per l'industria tessile; San
Pietroburgo per l'industria metallurgica e Baku per i giacimenti petroliferi). Tuttavia era ancora
molto indietro rispetto alle economie più avanzate, arretratezza che si acutizzò nel corso della
IGM, contribuendo alla sconfitta, e preparando poi il terreno per le rivoluzioni del 1917.
GIAPPONE
Nella prima metà del XIX secolo il Giappone manteneva la politica di isolamento, iniziata nel
Seicento, che proibiva il commercio con l’estero e la possibilità dei giapponesi di viaggiare
all’estero.
La società era di tipo feudale, divisa in rigide classi, e il livello tecnologico era primitivo.
Nonostante ciò, l’organizzazione dell’economia era sofisticata e l’analfabetismo più basso di
quello dell’europa del sud e dell’est.
Intorno al 185° gli Usa imposero al Giappone di allacciare relazioni internazionali e
apportarono varie prepotenze nell’isola (es: diritto di extraterritorialità: gli stranieri non erano
soggetti alle leggi giapponesi), causando la nascita di un movimento per riportare nel Paese
l’imperatore. Quando lo shogun (dittatore militare) fu costretto ad abdicare (1868) in favore
dell’imperatore, la situazione giapponese cambiò notevolmente, in quanto il Giappone
cominciò a collaborare con gli occidentali pur mantenedo con essi le distanze): venne sostituito
il sistema feudale con un’amministrazione burocratica centralizzata su modello di quella
francese; venne creato un esercito di tipo prussiano; venne organizzata una flotta su modello
di quella britannica; vennero ripresi i metodi industriali e finnziari degli Usagiovani
intellettuali furono mandati all’estero a studiare i metodi occidentali nella politica e nel
governo, nella scienza militare, nella tecnologia industriale, nel commercio e nella finanza; in
Giappone vennero istituite scuole su modello occidentale; esperti stranieri furono ospitati (per
periodi di tempo determinati) ad addestrare i colleghi giapponesi.
Nel Paese vennero introdotte le industrie occidentali: cantieri navali, arsenali, fonderie,
officine meccaniche, fabbriche tessili, del vetro, della produzione della birra, dei prodotti
chimici...
Le risorse del Giappone erano soprattutto riso e pesce e dalle esportazioni di queste, ricavava il
denaro per le importazioni di altre materie prime. Inoltre le esportazioni giapponesi
riguardavano la seta e il té e, intorno al 1914, in previsione di una guerra, si sviluppò anche
l’industria pesante.
Il passaggio da Paese arretrato ad industrializzato alla fine del XIX sec. e nei primi anni del XX fu
notevole e ben presto divenne una grande potenza politica, oltre che economica.
11. SETTORI STRATEGICI
Per comprendere al meglio il processo di industrializzazione è necessario esaminare in
dettaglio tre aree di attività: l’agricoltura, la finanza ed il sistema bancario, il ruolo dello Stato
nell’economia.
AGRICOLTURA
Uno dei più profondi mutamenti del XIX sec. fu la diminuzione del peso relativo al settore
agricolo. Ciò non significa che l’agricoltura cessò di essere importante, è vero, anzi, il contrario.
Presupposto stesso dello sviluppo economico del XIX sec. fu il progresso nella produttività
agricola: la capacità di una società di elevare il consumo pro capite al disopra della sussistenza
e di trasferire la forza lavoro in altre attività dipende proprio dall’aumento della produttività
agricola.
Un incremento della produttività agricola può contribuire allo sviluppo economico in 5 modi:
1)il settore agricolo può generare un’eccedenza di forza lavoro in grado di occuparsi ad attività
non agricole;
2)il settore agricolo può fornire materie prime necessarie a sotenere una popolazione non
agricola;
3)la popolazione agricola può rappresentare un mercato per la produzione delle industrie
manifatturiere;
4)l’attività agricola può fornire capitali da investire al di fuori dell’agricoltura (investimenti o
imposizione fiscale);
5)le esportazioni di prodotti agricoli permettono l’entrata di capitali stranieri necessari ai
settori non agricoli.
GRAN BRETAGNA: già all’inizio dell’‘800 l’agricoltura britannica era la più produttiva d’Europa e
permise alla nazione di porsi in posizione d’avanguardia nello sviluppo del sistema industriale.
1)La popolazione agricola offriva un’eccedenza utilizzata per attività non agricole (i figli degli
agricoltori abbandonarono le campagne per trovare lavoro in città);
2)l’agricoltura britannica soddisfaceva la domanda nazionale di derrate alimentari e materie
prime (come lana, orzo, luppolo per la birra, cereali);
3)la popolazione rurale rappresentò un buon mercato per le industrie nazionali;
4)sebbene in rari casi i proventi dell’agricoltura vennero investiti nell’industria da parte dei
proprietari terrieri, la ricchezza prodotta dalle terre contribuì alla creazione di capitale sociale:
canali e strade a pedaggio nel ‘700, ferrovie nell’‘800. Inoltre, vennero apportati miglioramenti
tecnici nel settore agricolo: aratro in ferro più leggero, trebbiatrice a vapore, mietitrici
meccaniche, fertilizzanti, che fecero aumentare la produttività notevolmente;
5)già nella prima metà del XVIII secolo un surplus di cereali era destinato all’esportazione.
L’industrializzazione si espanse ad altre nazioni europee e, seppure in maniera differente da
regione a regione, in linea di massima la correlazione tra produttività agricola e successo
industriale era stretta.
RIFORMA AGRARIA: la riforma agraria fu il più delle volte il presupposto del miglioramento
della produttività agricola.
Es.: -Inghilterra: recinzione dei campi aperti
-Francia: abolizione ancien régime e conferma del possesso delle loro piccole fattorie
ai piccoli proprietari indipendenti
-similmente avvenne in Belgio, Prussia, Svezia e Danimarca
Es. di riforme fallimentari: impero asburgico, Italia, Spagna, Stati balcanici.
La Russia imperiale si distinse per due tipi di riforme agrarie: la prima vide l’emancipazione dei
servi nel 1861, ma non mutò alla base il sistema agricolo: gli ex servi, pur essendo liberi dei
loro padroni, appertenevano ora alla comune contadina, alla quale dovevano pagare le
imposte; la seconda (riforma Stolypin) aboliva questi pagamenti e favoriva la proprietà privata
delle terre (1905): fu allora che la produttività cominciò a crescere, bloccata poi dalla IGM e
dalla rivoluzione del 1917.
AGRICOLTURE:
-Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera: produttività alta, agricoltura di mercato.
-Stati tedeschi e, poi, impero tedesco (1871):
sud-ovest->numerosi piccoli proprietari contadini, sul modello francese
nord-est->grandi tenute coltivate da braccianti
Nella seconda metà del XIX sec. la popolazione crebbe al punto tale da non avere più prodotti
agricoli destinati all’esportazione, ma si doveva ricorrere adirittura all’importazione.
-Prussia: emanciapazione servi della gleba (1807), ma importanti cambiamenti da metà secolo,
con l’aumento demografico e l’aumento della forza lavoro agricola.
-L’agricoltura contribuì allo sviluppo economico di Danimarca e Svezia, ma non della Norvegia.
Tuttavia il settore primario in generale, comprendente le attività di silvicoltura e pesca, favorì
lo sviluppo economico di queste zone.
-La Finlandia, sottoposta allo zar di Russia, a differenza dei Paesi scandinavi non