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PETER KROPOTKIN, CHE COSA SIGNIFICA RIVOLUZIONE

Abbiamo detto, nel nostro precedente articolo, che una grande rivoluzione sta covando in Europa.

Ci avviciniamo a un momento in cui la lenta evoluzione che è andata avanti durante la seconda

parte del nostro secolo, ma che è ancora impedita di trovare la sua strada nella vita, sfonderà gli

ostacoli che si trovano sul suo cammino e cercherà di rimodellare la società secondo i nuovi

bisogni e le nuove inclinazioni.

Tale a stata, fino ad ora, la legge di sviluppo nelle società; è l'attuale mancanza di volontà delle

classi privilegiate a riconoscere la giustizia delle rivendicazioni dei non privilegiati, dimostra a

sufficienza che non hanno imparato dalle lezioni del passato. L'evoluzione assumerà la sua forma

febbrile — Rivoluzione. Ma che cos'e una rivoluzione?

Se chiedessimo ai nostri storici, impareremmo da loro che significa molto rumore per le strade;

selvaggi oratori peroranti nei club; folle che rompono finestre e distruggono case; saccheggio,

guerra di strada e omicidi; lotta esasperata tra le parti; rovesciamento violento dei governi esistenti

e nomina di nuovi governi incapaci anch'essi come quelli precedenti di risolvere i grandi problemi

incombenti; e poi il malcontento generale, la crescita della miseria. Ma questa non è una

rivoluzione. Nel quadro ci sono alcune caratteristiche accidentali delle rivoluzioni, ma manca la loro

essenza.

Una rivoluzione ha un significato molto più profondo. Vi può essere guerra di strada, o può non

esservi; possono esservi case distrutte, oppure no. Ma, in una rivoluzione, ci deve essere una

repentina modifica della superate istituzioni economiche e politiche, un rovesciamento delle

ingiustizie accumulate nei secoli passati, una rimozione della proprietà e del potere politico.

Noi non dobbiamo guardare alle più piccole insurrezioni del nostro tempo; noi dobbiamo tornare al

diciassettesimo secolo — alla Rivoluzione che ebbe luogo in questo paese, con quasi lo stesso

programma, le stesse aspirazioni e conseguenze. Per quanto riguarda la guerra di strada e le

esecuzioni, che tanto preoccupano gli storici, esse sono incidentali alla grande lotta. Esse non

costituiscono la sua essenza e probabilmente non si sarebbero verificate affatto se le classi

dominanti avessero capito subito la nuova forza che era cresciuta in mezzo a loro e se, invece di

complottare contro essa, si fossero francamente messe al lavoro per aiutare il nuovo ordine di

cose a farsi strada nella vita.

Una rivoluzione non è un mero cambio di governo, perché un governo, per quanto potente, non

può rovesciare le istituzioni per meri decreti. I suoi decreti resterebbero lettera morta se in ogni

parte del territorio non fosse in corso spontaneamente una demolizione delle decadenti istituzioni,

economiche e politiche.

Inoltre, una rivoluzione non si fa in un giorno. Significa un intero periodo, per lo più di diversi anni,

durante i quali il paese è in uno stato di effervescenza; un periodo in cui migliaia di spettatori prima

indifferenti prendono parte attiva agli affari pubblici; in cui l'opinione pubblica, gettando via le

catene che la tengono prigioniera, discute liberamente, critica e ripudia le istituzioni che sono un

ostacolo al libero sviluppo; in cui con coraggio si affrontano problemi che in precedenza

sembravano insolubili.

Il problema principale che il nostro secolo ci pone è un problema economico; e i problemi

economici implicano un cambiamento cosi profondo in tutti i campi della vita pubblica che non

possono essere risolti da leggi. Le leggi, fatte anche da organismi rivoluzionari, hanno quasi

sempre sanzionato fatti compiuti.

Le classi lavoratrici di tutta Europa affermano a gran voce che le ricchezze prodotte dagli sforzi

combinati delle generazioni passate e presenti non devono essere di proprietà di pochi. A esse

pare ingiusto che milioni di persone pronte a lavorare devono dipendere dalla buona volontà o

piuttosto dall'avidità di pochi per ottenere un lavoro. Chiedono una completa riorganizzazione della

produzione; negano al capitalista il diritto di intascare i vantaggi della produzione solo perché lo

Stato lo riconosce come proprietario del suolo, del campo, della casa, della miniera di carbone o

delle macchine, senza l'uso delle quali milioni di persone non possono proprio fare alcun lavoro

utile. Richiedono a gran voce una più equa organizzazione della distribuzione. Ma questo immenso

problema — la riorganizzazione della produzione, la redistribuzione della ricchezza secondo i

nuovi principi — non può essere risolto da commissioni parlamentari, ne da alcun tipo di governo.

Deve essere una crescita naturale derivante dagli sforzi combinati di tutti gli interessati a ciò,

liberata dai legami delle istituzioni presenti. Ma questa riorganizzazione economica implica anche il

cambiamento quelle istituzioni che siamo ormai abituati a considerare l'organizzazione politica di

un paese. Una nuova organizzazione economica necessariamente richiede una nuova

organizzazione politica.

E la rivoluzione non può che seguire la stessa linea. Se i tempi sono maturi per qualche

sostanziale rimodellamento della vita, tale rimodellamento sarà il risultato di innumerevoli azioni

spontanee di milioni di individui; esso andrà in una direzione anarchica, non in una governativa; e

si tradurrà in una società che lascerà libera azione all'individuo e al libero raggruppamento di

individui, invece di rinforzare la sottomissione allo Stato.

Se la Rivoluzione a venire non e destinata a morire prima di aver realizzato qualcosa, tale

rivoluzione sarà anarchica e non autoritaria.

SOCIALISMO E SESSO

"Osservare tante piccole cose animate da un istinto e riconoscere ciò che vado facendo", scrive

Emerson, "mi riconcilierà con la vita e rinnoverà in me la natura". E chi di noi, torturato e ridotto

pressoché alla disperazione dall'orribile degrado della dignità umana negli ipocriti e innaturali

rapporti esistenti tra i sessi, non sente la necessità di una tale visione del fine e il significato del

nostro dolore presente, se ancora dobbiamo combattere. Questo saggio di K. P. [Karl Pearson] è

uno di quei getti di pensiero che trafiggono la confusione nebbiosa di tempi in cui l'aria è piena di

polvere di forme consunte e di credenze sbiadite con un raggio di convinzione positiva e motivata,

indicando la strada per un nuovo ordine nella vita umana più in corrispondenza con la nostra

consapevolezza della realtà.

L'autore di "Socialismo e sesso" traccia a grandi linee l'evoluzione di alcune tendenze generali del

passato, la forma che hanno assunto nel presente e le indicazioni da esse fornite come probabile

direzione per il futuro. Ma egli è diverso dalla maggior parte dei socialisti scientifici considerando le

due funzioni fondamentali della vita animale, l'alimentazione e la riproduzione, come fattori insieme

e ugualmente determinanti per lo sviluppo sociale umano. Le relazioni economiche da sole sono la

radice principale da cui sono nate tutte le altre relazioni umane; le selezione sessuale, egli

sostiene, ha svolto un ruolo uguale alla lotta per la sopravvivenza, nella formazione di ogni varietà

della vita sociale. Un particolare metodo di relazione sessuale e un particolare metodo di

distribuzione della ricchezza sembrano sempre aver corrisposto I 'uno all'altro ed esistere

simultaneamente in ogni comunità, essendo entrambi espressione della stessa idea fondamentale

di appropriazione da parte di un'orda, gruppo, famiglia o individuo.

"II principio guida del socialismo moderno" (cioè la forma futura delle relazioni economiche) è che

"un essere umano, uomo o donna — eccetto se fisicamente o mentalmente disabile — non ha

alcun diritto morale di essere un membro della comunità, a meno che lui o lei non stiano lavorando

in qualche modo per la comunità". Lo scopo principale del Socialismo quello di garantire ad ogni

individuo campo libero per il suo lavoro e il soddisfacimento dei suoi bisogni in cambio del suo

lavoro. Questa è l'indipendenza economica che è essenziale per la dignità morale di ogni uomo e

donna in una società libera. Ma la nostra attuale forma di relazione tra i sessi è un impedimento

efficace per il raggiungimento di tale indipendenza economica per le donne.

Attualmente il lavoro della maggior parte delle donne, ovvero di coloro che sono sposate e non

sono attivamente impegnate nel lavoro produttivo, può essere diviso in due classi. In primo luogo,

il difficile è oneroso compito di crescere i figli. Un compito spesso soddisfatto con un'avventata o

disperata ignoranza, che è fatale per la salute e la felicita della madre ed è seriamente dannosa

per la comunità. In secondo luogo, i lavori di casa, vale a dire la pulizia e lo spostamento da un

luogo a un altro di una varietà di oggetti, per lo più superflui per il benessere umano. Molto spesso

una grande parte del tempo di una donna è sprecata nel cucinare, cosa che con un po' di

organizzazione potrebbe essere fatta (ciò che è necessario di esso) con infinitamente meno

lavoro.

Tra i ricchi, l'attività delle donne è in gran parte spesa a dirigere il lavoro altrui. Una gran parte dei

lavori domestici è essenzialmente degradante. Non necessaria ed è poco artistica. Essa non crea

nulla, non produce nulla di realmente bello e utile, e quindi non riesce a soddisfare gli istinti più forti

e più umani di chi lavora. II metodo di remunerazione a altrettanto distruttivo per l'amor proprio. In

entrambi i tipi di lavoro, il pagamento viene dato alla lavoratrice a piacimento del suo amante.

Viviamo in giorni in cui vi è una proprietà individuale della ricchezza sociale e una proprietà

individuale delle donne da parte degli uomini. Non è un'osservazione nuova che la posizione della

donna e del lavoratore salariato sono molto simili in queste condizioni di sfruttamento universale.

Entrambi devono lavorare, non per il loro proprio piacere, ma per il piacere di un padrone. II

lavoratore salariato può rifiutare le sue condizioni di lavoro ma solo con il rischio di morire di fame,

la donna è legata al suo amante con lo stesso legame, e in entrambi i casi la morale corrente dei

padroni predica l'accettazione sottomessa dello schiavo e stigmatizza la rivolta come antisociale e

sciocca.

Tuttavia K. P., e noi siamo d'accordo con lui, predica una rivolta immediata nell'ambito delle

relazioni tra i sessi per quegli individui che sono mentalmente preparati per il cambiamento. Una

modifica improvvisa e universale in questa materia può causare più

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
41 pagine
2 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/02 Storia delle dottrine politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Kristina_gv di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle dottrine politiche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Del Corno Nicola Arturo.