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Il concetto di educazione implica per Labriola l'idea di un rapporto determinato sia dalla differenza di
cultura e di età sia dall'intenzione del maestro di spiegare l'attività sua su l'altro. Ciò non deve essere inteso
nel senso che il maestro deve imporre agli allievi il concetto che egli ha del mondo e della vita, ma nel senso
che egli deve stimolare e sollecitare l'attività dell'educando tenendo conto del grado di sviluppo e della
maturità psichica. Per Labriola istruire non vuol dire ammaestrare ma adoperarsi. Se il concetto di
educazione implica l'idea di un rapporto tra l'educando e l'educatore, il cui compito consiste nel promuovere
nell'animo dell'allievo un ideale di vita, cioè la virtù, ne consegue che l'educazione viene a configurarsi come
una preparazione alla vita la quale comporta la formazione del carattere.
Dunque Labriola accetta dalla pedagogia herbatiana sia il concetto di educazione, inteso come preparazione
alla vita, sia quel mezzo educativo o meglio quel fattore motivazionale che spinge l'educazione a conoscere e
ad operare. Si tratta del concetto d'interesse promosso e suscitato dalle materie d'insegnamento.
Labriola distingue inoltre sei tipi di interesse divisi in due gruppi:
Primo gruppo: interessi conoscitivi,relativi alle cose classificati in:
interesse empirico, che tende verso la moltitudine delle cose per procurarsene le immagini e osserva
• la realtà così come essa appare;
interesse speculativo, che si sviluppa per la meditazione progressiva sugli oggetti dell'esperienza;
• interesse estetico, che si preoccupa dei rapporti estetici e tiene presente più le immagini che
• l'essenza delle cose.
Secondo gruppo: interessi partecipativi, relativi agli uomini classificati in:
interesse simpatetico, esprime la simpatia che ci porta verso i nostri simili;
• se però questo interesse si eleva al di sopra degli individui, estendendosi verso tutta la società esso
• prende la forma dell'interesse sociale;
se infine si passa dalla simpatia verso gli uomini o verso la società alla contemplazione della sorte
• dell'umanità e se la simpatia si trasforma in speranza o in timore e ciò sveglia in noi il sentimento
della nostra debolezza, ecco che sorge l'interesse religioso.
L'interesse inoltre non deve essere qualcosa di indefinito, ma multilaterale volendo con ciò significare che le
materie d'insegnamento devono consentire che tutti gli interessi siano sviluppati armonicamente, evitando gli
esclusivismi che determinano chiusure e insensibilità.
Al concetto d'interesse Labriola collega strettamente il problema dell'insegnamento delle cose umane, ossia
della storia che non consiste nella disposizione metodica dei fatti e delle date bensì nel completamento
dell'esperienza attuale con la narrazione dei fatti passati. Labriola prende una netta posizione contro coloro
che erano abituati a presentare la storia come storia dei forti, dei fortunati e dei potenti. Ciò non può essere
inteso nel senso che la storia non deve suscitare sentimenti di dolore, di gioia, di compassione e di
partecipazione nell'animo degli allievi, ma nel senso che tali sentimenti devono essere controllati dal maestro
affinchè non si tramutino in agitazioni del volere. Compito della storia è portare l'attenzione dell'educando
nel bel mezzo del lavoro sociale favorendo così la formazione di un ideale di vita sociale.
Se la storia viene considerata da Labriola come la risultante del lavoro dell'umanità, si rende necessario per
capire l'affermazione graduale della società, associare i fatti umani con la rappresentazione viva della scena
in cui vennero o si vengono svolgendo. Geografia e storia risultano perciò correlate in ordine alla
comprensione della civiltà, poiché la geografia è la disciplina che ci permette di comprendere dove sono
avvenuti i fatti storici.
Nell'insegnamento della storia si deve inoltre, secondo Labriola, tenere presente l'età dei discenti e la
differente capacità di ciascuno di essi. Viene così affrontato il problema della graduazione del metodo
dell'insegnamento, che egli risolve rifacendosi a Herbart, il quale propose la teoria dei gradi formali
dell'istruzione: ( sono 4: chiarezza; associazione; sistema; metodo. Nel primo grado la materia viene
presentata; nel secondo viene collegata con altre idee; nel terzo viene organizzata; nel quarto diventa oggetto
di un lavoro personale dello scolaro).
Labriola propende per una storiografia unitaria e continua il cui svolgimento deve tenere presente due linee
di sviluppo definite ascendente e discendente. Egli intende per ascendente quella narrazione che, traendo
motivo dallo stato presente del mondo prodotto dall'umano operare attraverso il tempo, è capace di spiegarci
la forma sociale dei diversi paesi giungendo fino alla scoperta dell'America, mentre per linea discendente
quella narrazione che va dalla storia greca alla caduta dell'impero romano d'Occidente. Queste due linee,
congiunte dallo studio del Medioevo, permetteranno all'allievo di percorrere la storia da un capo all'altro
alternando la lezione ordinata con la lettura continuativa, la ripetizione orale col sunto scritto. Alla scuola
viene affidato il compito di una retta educazione, ma dal momento che molti ragazzi non possono
frequentarla si viene a creare un distacco tra teoria e pratica, ossia tra una concezione pedagogica e la realtà
scolastica che spinge Labriola a scrivere a proposito dei diversi tipi di scuola che le scuole sono e saranno
sempre varie, perchè varie sono le condizioni sociali e quindi i bisogni della vita non permettono che tutti i
giovanetti vengano istruiti allo stesso modo. Ma egli afferma anche che non è giusto lasciar correre le cose
come corrono, anzi chiunque sia in grado dovrà fare in modo che le condizioni delle scuole migliorino.
La sua posizione è quella di una nuova scuola popolare, intendendo per tale quella istituzione capace di
assolvere il compito educativo, il cui fine deve consistere non tanto nell'apprendere a leggere scrivere e fare
di conto, quanto nell'usare tali capacità come mezzi per formare nell'animo dei discenti le competenze
necessarie per poter uscire dalla loro misera condizione sociale. Secondo Labriola nell'arte del fare scuola è
indispensabile tanto il tatto pedagogico, l'inventività e l'originalità dell'educatore, quanto lo studio generale
della scienza.
La grave situazione della scuola italiana e la politica scolastica dell'epoca, spingono Labriola ad abbandonare
ogni elaborazione di dottrine pedagogiche. Nel 1877, infatti, lo vediamo impegnato a dirigere il Museo
d'istruzione e di Educazione il cui fine consiste nel raccogliere i disegni e gli oggetti che si riferiscono
all'arredo delle scuole e alla costruzione di queste negli stati più civili nonché i libri e i mezzi d'insegnamento
che si adoperano.
La nomina a direttore del Museo gli offrì la possibilità di mantenere rapporti diretti con la classe insegnante.
Vengono organizzate delle conferenze didattiche, tra cui quella intitolata “ Della scuola popolare” che segna
un passo in avanti di Labriola nella misura in cui egli identifica il problema della scuola con il problema di
tutta la politica sociale. Egli esorta gli insegnanti ad agitare il paese in favore della scuola popolare; ma
perchè ciò possa realizzarsi è necessario avere il favore delle altre classi sociali e dell'opinione pubblica, per
questo motivo egli ricorda agli insegnanti che non si può considerare la cosa pubblica sotto l'angolo visuale
di una sola classe sociale. Nella seconda parte della conferenza affronta il problema del rapporto tra il potere
centrale e i poteri locali nei confronti della scuola; egli sollecita un decentramento nel quale i comuni
vengano ad assumere un ruolo di stimolo e di elevazione culturale; ma perchè ciò possa realizzarsi è
necessario che il comune diventi una vera e propria rappresentanza degli interessi sociali della collettività
degli abitanti, di avere non un sindaco ma un vero e proprio presidente di un corpo rappresentativo. Così
avremo un governo locale che funzioni per gli interessi comuni con piena responsabilità. In tale contesto,
compito dello Stato sarebbe quello di vigilare sull'applicazione della legge generale, di integrare le
disponibilità finanziarie dei comuni, di assicurare agli insegnanti uno stipendio dignitoso e di preparare i
maestri in appositi istituti.
Egli assume un atteggiamento critico nei confronti dell'insegnamento religioso criticando sia il clero che ha
dato vita al partito clericale e insidia il potere dello Stato, sia il fatto che i maestri, che non hanno l'obbligo di
fare alcuna professione di fede, sono costretti ad insegnare la religione senza calore di fede e luce critica. Per
questo motivo egli afferma che l'unica soluzione possibile è quella di sopprimere questo insegnamento
bugiardo. Ciò però non deve essere inteso nel senso che l'insegnamento della religione si debba trasformare
in insegnamento antireligioso. (La religione non deve essere imposta, bisogna educare allo spirito).
Un avvicinamento lento e continuo ai problemi reali della vita, il disgusto per la corruzione politica, le
relazioni con gli operai rafforzarono le sue simpatie per il socialismo. Sono infatti di questo periodo le sue
lezioni sulla Rivoluzione francese, che provocarono contrastanti reazioni tra gli studenti sia per il modo con
cui era stata ricostruita la fine della monarchia in Francia, sia per le tesi ispirate al socialismo.
L'ultimo documento di Labriola prima del suo passaggio al marxismo è il testo della conferenza “Del
socialismo” tenuta nel 1889. In questa conferenza egli tiene a precisare che è merito del socialismo aver
descritto e capito la vera natura del capitalismo. Il socialismo, infatti, si configura come l'inizio di una nuova
vita, come la filosofia dell'avvenire, come una religione dell'uguaglianza civile. Il socialismo mira a risolvere
i problemi che gli scettici ignorano. Nessun uomo schiavo dell'altro, nessun uomo è strumento della
ricchezza altrui, sono questi i canoni da cui derivano i particolari principi che come forza rivoluzionaria
inaugurano un nuovo periodo ideale e reale di storia. Ma perchè ciò possa realizzarsi è necessario che si
venga a formare tra gli operai una coscienza di classe la quale presuppone una cultura popolare molto
diffusa. Pertanto Labriola rivendica per la classe operaia non solo il diritto all'esistenza, al lavoro, al
completo compenso del lavoro prodotto, ma anche il diritto alla cultura. Parlando della scuola popolare egli
afferma che il suo comp