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DA ROSSO MALPELO A CIAULA SCOPRE LA LUNA

Verga scrive Rosso Malpelo nel 1878, lo pubblica nell'80 sul Fanfulla e poi nella raccolta vita dei

campi, mentre è il 29 dicembre 1912 quando Pirandello dà alle stampe Ciaula sul Corriere della

Sera, sono passati poco più di 30 anni fra i due testi. Tra il 1878 e il 1880 della prima stesura di

rosso malpelo e il 1912 Ciaula è cambiato in maniera cospicua il contesto sociolinguistico. I due

scrittori hanno entrambi lasciato la Sicilia frequentando gli ambienti letterari di Firenze, Milano e

Roma. A Roma Pirandello vive tra il 1901 e il 1927 e si va formando un ceto dirigente

regionalmente assai composito al cui interno era necessario adottare una lingua comune: gli organi

del nuovo Stato furono così centri favorevoli all'adozione e diffusione della lingua nazionale. Inoltre

già nel 1853 un quarto dei residenti a Roma era nato in altre province italiane, qui dunque già alla

metà dell'ottocento c'era una notevole italofonia. La vita di Pirandello coincide con una fase cruciale

nella storia dell'italiano, dopo il lento avvio post unitario solo allora esso si avvia a diventare lingua

dell'intera nazione, non soltanto delle persone colte. Mentre a prima lettura si ha l'impressione

complessiva di una sostanziale attualità dell'italiano di Pirandello, con un'analisi attenta si possono

trovare involontari sicilianismi, toscanismi e forme letterarie poco usate. Il lessico è quindi ancora

un punto dolente perché è nato dialettofono ma vuole scrivere in italiano. In ogni caso assai diverse

della Roma di Pirandello sono la Firenze e la Milano di Verga. Vale per Verga in generale quello che

Michele Amari scrisse per sé nel 1886: noi giovani meridionali si appigliavamo agli esempi toscani

del trecento e del 500, dei quali ciascuno approfittava come poteva impigliandosi in vocaboli e

modi arcaici. Scarfoglio scrisse nel 1885: tranne i toscani tutti gli italiani quando si trovano a

parlare con persone che non sono del loro paese, traducono dal proprio dialetto. Parlando poi di

Verga disse: noi parlammo a lungo un giorno insieme, io notavo lo stento e l'imperfezione del suo

italiano, come egli certamente si scandalizzava della sconcezza del mio. Poi andavamo a mangiare

delle sardelle e subito Verga cominciò a parlare siciliano coi marinari con una facile speditezza che

io mi dissi: diavolo, e perché costui non fa parlar siciliano i siciliani delle sue novelle?

Spesso era difficile distinguere le parole moribonde da quelle vive e tra le vive quelle che avevano

un futuro nazionale da quelle che erano già o stavano per diventare vernacolari. Verga punta su

fenomeni che caratterizzano la sintassi di un italiano popolare non specificamente siciliano: ad

esempio che polivalente, ridondanze pronominali, dislocazioni. Il

Una parte del testo di Rosso malpelo modificata nel corso delle varie edizioni, è la parte in cui

malpelo picchia ranocchio che fu colto da uno sbocco di sangue. Questa parte mostra la difficoltà

incontrata da Verga nel gestire una subordinata implicita che in italiano deve avere lo stesso

soggetto della principale, cioè il ranocchio, mentre invece chi picchia è malpelo. L'anomalia resta

intatta nel passaggio fra le varie edizioni. Verga mostra di avere avvertito qualche disaggio e pensa

di porvi rimedio dando evidenza con due virgole al carattere patetico di nel picchiarlo sul dorso. Per

quanto riguarda il linguaggio popolare di Verga esso non vuol dire senza regole, ma con regole

diverse dallo standard. Per quanto riguarda il rapporto con la parlata siciliana occorre distinguere

fenomeni di mimesi voluta da occasionali défaillance. vittima di défaillance è anche Pirandello in

una novella anteriore a quella esaminata di una decina d'anni, Il fumo. Qui egli scrive cedere in

affitto e coordina al vervo cedere anche "alla tentazione", cedere non essendo qui un verbo

autonomo non permette di coordinargli un nuovo sintagma preposizionale.

Dopo la pubblicazione su Fanfulla, nel 1880 il testo di Verga venne stampato a Roma dalla

tipografia del Senato, Verga fu all'oscuro di tale pubblicazione e se ne risentì. Vi sono in questa

edizione infatti molti errori, che sarebbero potuti essere corretti se l'autore avesse rivisto il testo. Il

copista è appunto un modesto copista attivo e compie vari interventi per correggere anche laddove

abbiamo un confronto con le edizioni volute da Verga successivamente, nelle quali si mostra che per

Verga determinati passaggi andavano bene proprio così. Fra i vari errori abbiamo la correzione del

che aggiungendo l'accento (perché ) che risulta banalizzante perché introduce un nesso consecutivo.

Fra le varie frasi analizzate abbiamo: "adesso non soffriva più, l'asino grigio, e se ne stava

tranquillo." L'avverbio di tempo deittico adesso, indicherebbe la contemporaneità rispetto all'atto di

enunciazione, non al momento in cui agisce rosso: per avere come emittente il narratore, adesso

dovrebbe essere trasposto in allora, in quel momento eccetera. Proseguendo tuttavia nella lettura

fino a nel salire la rapida viuzza è lecito dubitare che le riflessioni sull'asino morto siano riferibili al

narratore e non piuttosto rosso. Quindi viene fatto di pensare che magari mancasse in Verga un

equivalente di adesso tra siciliano e italiano. Come mostra il testo Verga interviene nell'ultima

modifica cambiando non soffriva più in non soffre più e includendo questo sottosegmento nel

discorso diretto al presente di malpelo. Poi con l'asino grigio la parola passa al narratore e ogni

perplessità è del tutto eliminata. Il caso di adesso non è unico in Verga: adesso A Trezza non

rimanevano che i malavoglia di padron 'Ntoni (prima pag. dei Malavoglio)

Se ciò è attribuibile alla gente come discorso libero indiretto, con una omissione del contesto

citante, allora non c'è nessuna discordanza, perché si traspone il tempo del verbo, ma non si

traspongono i deittici come l'avverbio adesso. In alternativa adesso può avere il senso di "negli

ultimi tempi. "

Dal punto di vista linguistico una differenza di fondo nel microcosmo delle due novelle consiste nel

fatto che: entrambi gli scrittori siciliani portano aria nuova nella prosa letteraria italiana muovendo

dal comune intento di avvicinare lo scritto al parlato. Del parlato tuttavia privilegiano caratteristiche

diverse e diverso è il risultato: Verga oscura il narratore mentre Pirandello ostenta la risentita

espressività simulando la registrazione scritta di un discorso orale. Anche Verga accorcia le distanze

tra discorso del narratore e discorsi riportati, generalizzando tuttavia non tanto la grammatica

dell'oralità quanto il tono popolare e informale con cui si esprimono personaggi umili o primitivi.

Il punto di partenza comune è pur sempre l'attenzione al linguaggio parlato. Tale origine ha,

pensando a Rosso, l'uso del che polivalente, connettivo generico con varie funzioni, tra pronome

relativo e congiunzione: temporale, modale, consecutiva, causale circostanziali. Analogo effetto di

informalità colloquiale è ottenuto da Verga introducendo nell'ordine dei costituenti le dislocazioni,

veri e propri profili intonazionali marcati. Verga produce dunque un effetto di declassamento socio

linguistico della voce narrante generalizzando l'uso di certi tratti popolari e informali del parlato;

raggiunge complessivamente un suggestivo amalgama tonale di livello mediobasso. Tutt'altro

l'orientamento di Pirandello che al parlato si rivolge come una tavolozza, dei cui colori intende

sfruttare le potenzialità intrinseche.

Non essendosi conservata la redazione manoscritta della novella il fumo risalente al 1901 abbiamo

solo la prima stampa, 1904, e la seconda che è quella definitiva che presenta varianti redazionali, la

seconda stampa è del 1922. Borghese campagnolo si potrebbe definire l'ambiente dei piccoli

proprietari terrieri, degli affittuari di zolfare, degli usurai protagonisti di fumo, mentre una

regressione al primitivo si realizza in Ciaula. Sia pure con la messa a fuoco di protagonisti diversi si

tratta pur sempre del mondo delle zolfare e questo legame tematico ha precisi corrispettivi

linguistici che non sono coincidenze, tornano i calcheroni e i carusi, sicilianismi che Verga non

impiega. Pirandello parla di scala rotta, un tipo di scala ricavata all'interno della zolfara con gradini

irregolari perché formati accostando due pietre. Connettivo tematico e linguistico fra i due testi è il

romanzo I vecchi e i giovani dove il mondo delle zolfare è ben presente e anzi è legato a un

momento saliente della vicenda, qual è il tragico episodio della relazione tra l'ingegnere Aurelio e

Nicoletta. Nel fumo prende spicco la consueta costellazione lessicale livido squallido sorriso,

tipicamente pirandelliana presente anche in Ciaula. squallido è per altro parola pirandelliana ad

altissima frequenza, è adoperata sia per gli esseri umani che per il paesaggio. In Verga compare tre

volte squallore e mai squallido e per sei volte livido detto del mare o del volto umano, ma non si va

mai oltre all'impiego puramente denotativo.

La diversità lessicale è confermata dall'impiego insistito e molto personale di parole poco comuni se

non addirittura peregrine in Pirandello. Specioso è ad esempio aggettivo caro a Pirandello, in genere

è utilizzato verso la vista o l'intelletto, in un caso all'udito.

Questa parola non è mai utilizzata da Verga.

Vi è inoltre il verbo arrangolare, riferendosi ai suoni emessi da un moribondo. Anche di questi

termini fortemente espressivi non c'è traccia in Verga e neppure c'è traccia di altre voci dotte come

dedurre, fare impeto, affierare.

Fare impeto è utilizzato da Pirandello circa 12 volte di solito per esprimere moti interni alla

persona. Per quanto riguarda dedurre esso compare varie volte in Pirandello per designare un tipo di

ragionamento, mentre si ha un'unica attestazione del significato etimologico "far scendere, attrarre

verso il basso". Attestazione presente in Ciaula. Per quanto riguarda Pirandello, Terracini parlò di

"un' aggettivazione appiccicata al suo sostantivo come una coppia di vecchi coniugi annoiati".

Andrà inteso come ammortizzatore linguistico cioè come mezzo di omologazione capace di

rassicurare il destinatario borghese dei gusti letterari tradizionali che Pirandello vuole portare nel

mondo subumano di Ciaula senza farlo sentire totalmente spaesato o respinto. Siamo ovviamente

agli antipodi del Verga di Rosso.

***

Tipico di Pirandello è inoltre il narratore che si sdoppia simulando le domande di un interlocutore,

destinatario del racconto orale, chi?, Cui porge

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
31 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Manu8881 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della lingua italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trieste o del prof Formentin Vittorio.