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La mottongazione è quel fenomeno in seguito aI quale i dittonghi latini AE e OE si trasformano
rispettivamente in E breve e E lunga: POENA(M)>péna, LAEUTU(M)>lieto.
Mentre il dittongo AU resistette più a lungo, anche se i primi casi di mottongazione in òsi
verificarono già in epoca classica (CAUDA(M)>coda, AURU(M)>òro).
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2.5La metafonesi
La metafonesi è una modificazione del timbro di una vocale per influenza di una vocale che segue.
Si ha quando le vocali finali estreme influenzano la tonica che precede, aumentandone la chiusura
se è già chiusa, facendola dittongare se è aperta.
Nell’Italia settentrionale la metafonesi è limitata in genere a è>i, ó>u davanti a i finale. In certi
casi può interessare anche la a, che presenta un’evoluzione in palatale per effetto di una i finale, poi
caduta (sing. kamp – plu. Kèmp).
Nell’Italia meridionale, invece, la metafonesi è di tutti i tipi: ó>u davanti a i; davanti a o derivata
da precedente u; è>ie davanti a o derivata da precedente u.
La metafonesi è sconosciuta al toscano. Si tratta di un importante elemento distintivo, nel caso in
cui ci sia richiesto di stabilire la provenienza geografica di una forma linguistica o di un testo.
2.6 L’anaforesi
L’anaforesi è il fenomeno per il quale una ètonica si trasforma in i davanti a nasale palatale [ ],
davanti a laterale palatale [ ] e davanti a nasale velare [ ]; mentre ó tonica si trasforma in u
davanti a nasale velare è [ ]. Questo è un fenomeno tipico del fiorentino e di una parte della
Toscana.
2.7Vocalismo atono
2.8Passaggio di ‘e’ pretonica a ‘i’
Nel toscano la epretonica tende a chiudersi in i, come in NEPOTE(M) >nepote>nipote. In diversi
casi, tuttavia, il fenomeno non si riscontra. Ciò accade, per esempio, in vocaboli di origine straniera
(come nel francesismo dettaglio), o in parole in cui la e è stata ripristinata sul modello del latino
(eguale, delicato, contro ieguale, dilicato). La e è presente anche in alcuni derivati, per influsso
della parola da cui provengono (telaio da tela).
2.9 Labializzazione della vocale pretonica
Una vocale pretonica palatale (e, i) che venga a trovarsi vicino a un suono labiale (p, b, m, f, v) o
labiovelare (kw,gw) può diventare labiale (u, o): AEQUALE(M) >eguale>uguale, DEBERE
>devere>dovere, DEMANDARE >demandare>domandare.
2.10Consonanti finali
La consonanti latina -T, -S, -M in posizione finale subiscono nel passaggio all’italiano un
indebolimento e poi un dileguo.
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2.1 Consonanti doppie
Le doppie latine si conservano in italiano e nei dialetti meridionali, ma non nelle parlate
settentrionali. Hanno dato luogo quasi sempre a consonante doppia italiana anche i gruppi
consonantici latini CT e PT: LACTE(M) >latte, SEPTE(M) > sette.
Un caso particolare di raddoppiamento è quello che si produce in fono sintassi, cioè nel contatto tra
due parole: AD CASAM < /akkas/, TRES CANES > /trekkani/. La grafia italiana moderna registra
il fenomeno solo quando si è prodotta l’‘univerbalizzazione’, cioè la riduzione ad una sola parola
(es. soprattutto, sebbene). Questo fenomeno è caratteristico del toscano e delle varietà centro-
meridionali, mentre è raramente praticato nell’Italia settentrionale.
2.12 Sonorizzazione delle occlusive sorde intervocaliche
Nell’Italia settentrionale le occlusive sorde intervocaliche k, p, t passano alle corrispondenti sonore
g, b, d, subendo una ‘lenizione’ (indebolimento e conseguente sonorizzazione); talora si arriva alla
caduta della consonante che si è sonorizzata: PATELLA(M) >padella, LOCU(M) >luogo. Di contro
si vedano anche esiti settentrionali come URTICA(M) >urtía piem. o urtiga milan., ven. quanto al
passaggio p>b, si osservi che b di solito diventa v: CAPILLI >cavei piem. milan.
2.13Palatalizzazione di ‘k’ e ‘g’ (esiti di C e G + E,I)
La pronuncia del latino CERA e GELU era con occlusiva sorda come in CANIS (quindi: kera e
ghelu). Ma le vocali palatali e, ihanno finito per influenzare la pronuncia della consonante che
precede. Si è manifestata così abbastanza presto la tendenza a pronunciare le velari k e g come
palatali davanti a vocali palatali, come in cera e gelo. L’antica pronuncia delle occlusive velari
latine si è conservata nel sardo logudorese, che ha kentu ‘cento’, nuke ‘noce’, ghirare ‘girare’.
Diversa la situazione dell’Italia settentrionale, dove l’evoluzione andò verso le affricate dentali, per
poi passare alle corrispondenti sibilanti: CENTU(M) >set ‘cento’, NUCE >nus ‘noce’. La
paletizzazione di C e G latine interessa la grande maggioranza della lingue romanze.
2.14Esiti consonante + J
è questo un capitolo dei più complicati nella fonetica storica italiana. Potremmo osservare che nel
passaggio dal latino all’italiano le consonanti (tranne R e S) quando sono seguite da J si rafforzano:
FACIO >faccio, SEPIA(M) >seppia.
Il nesso -TJ- diventa normalmente in italiano in affricata dentale sorda /ts/: VITIU(M) >vezzo (a
volte risalgono allo stesso etimo latino due parole italiane, con diversi esiti: PRETIUM > sia prezzo
che pregio).
-DJ- si trasforma in italiano in affricata dentale sonora: RADIUM >razzo, ma può anche avere
RADIUM >raggio.
Il nesso di latino -LJ- dà FILIU(M) >figlio.
-NJ- da IUNIU(M) >giugno (allo stesso esito giunge il nesso -GN-).
2.15 Esiti consonante + L
I nessi latini di consonante + L passano in italiano a consonante + i: FLORE(M) >fiore,
PLANU(M) >piano, CLAVE(M) >chiave, CLAMARE >chiamare.
In Italia meridionale il nesso latino -PL- >ki: PLUS > (napoletano) chiù, (italiano) più.
In posizione intervocalica la consonante + L raddoppia: NEBLA(M) >nebbia.
Il nesso -TL- passa a -CL-, seguendone l’evoluzione: VET(U)LU(M) > VECLU(M) >vecchio.
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2.16 Labiovelare
Si chiama ‘labiovelare’ il nesso kw o gw formato dalla velare k/g e dalla semiconsonante w.
Nel passaggio dal latino all’italiano la labiovelare iniziale kw (grafia QU) rimane intatta solo
davanti ad a; negli altri casi si riduce all’occlusiva velare k.
Ecco un esempio di conservazione: QUANTU(M) >quanto; ecco la riduzione a k: QUID >che.
2.17 Prostesi
Si ha quando c’è l’aggiunta di una vocale non etimologica all’inizio di una parola, per rendere la
pronuncia più facile: in ispecie, per iscritto.
Il fenomeno inverso, con caduta di vocale, si chiama aferesi: Vangelo<EVANGELIUM
2.18 Epitesi ed epentesi
L’epitesi è l’aggiunta di un suono non etimologico alla fine di una parola, per facilitarne la
pronuncia. L’italiano antico conosce ad esempio l’epitesi di -e: piùe, fue per più, fu.
L’epitesi di –ne, già presente in Iacopone da Todi, esiste ancora oggi in alcune zone dell’italia
centrale, dove si sente dire con mene ‘con me’, none ‘no’, sine ‘sì’ ecc..
L’epentesi è l’inserimento di un suono non etimologico all’interno di una parola. Per esempio, in
inverno, si è avuta l’epentesi di n rispetto al latino HIBERNU(M)
2.19Assimilazione
è il fenomeno per cui un suono diventa simile ad un altro che gli si trova vicino: è ‘regressiva’
quando il secondo suono influisce sul primo); è ‘progressiva’ quando il primo suono influisce su
quello che segue.
OCTO >otto, SEPTE(M) >sette.
Si può dire che anche la metafonesi è un fenomeno di assimilazione regressiva che opera a distanza.
Mentre un’assimilazione progressiva caratteristica dei dialetti centro-meridionali è il passaggio -
ND- >-nn-: QUANDO >quanno, così come -MB- >-mm-
2.20 Dissimilazione
è un fenomeno opposto all’assimilazione. Si ha quando due suoni simili situati vicino nella stessa
parola si differenziano: ARBORE(M) >albero, con dissimilazione della prima r, a causa della
seconda; VENENU(M) >veleno, con dissimilazione di n in l, a causa della seconda l.
2.21 Spirantizzazione di -B- intervocalica
Si chiama così il passaggio dell’occlusiva labiale sonora latina in posizione intervocalica a una
fricativa labio-dentale: HABERE >avere
2.22 Elementi di morfologia storica: articoli e preposizioni
Nel passaggio dal latino alle lingue romanze si ebbe la perdita delle consonanti finali e la perdita
dell’opposizione tra vocali brevi e vocali lunghe. Si ebbe dunque nella lingua latina un processo di
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semplificazione morfologica. La scomparsa dei casi fu surrogata dall’introduzione di una serie di
forme e costruzioni ‘analitiche’. Si consideri ad esempio il latino classico FILIA MATRIS che
diventa la figlia della madre, attraverso un passaggio intermedio che possiamo ricostruire come
ILLA FILIA DE ILLA MATRE. Il latino è dunque ‘sintetico’, mentre il passaggio dal latino
classico a quello volgare implica l’introduzione di elementi morfologici ‘analitici’, articoli e
preposizioni.
Tra gli elementi ‘analitici’ ci sono le preposizioni.
2.23Elementi di morfologia storica: il nome
Le parole italiane derivano dall’accusativo delle parole latine.
Il latino aveva tre generi di nomi, il maschile il femminile e il neutro. Quest’ultimo è sparito nelle
lingue romanze, lasciando solo qualche traccia. I nomi neutri latini si sono trasformati per la
maggior parte in maschili, ma molti neutri plurali in –a sono diventati femminili singolari attraverso
una fase in cui valevano come collettivi: FOLIA >foglia, MIRABILIA >meraviglia.
2.24Elementi di morfologia storica: il verbo
Caratteristico è il futuro delle lingue romanze (e quindi dell’italiano), che si è formato
differenziandosi completamente dal futuro latino. Il futuro dell’italiano deriva infatti dall’infinito
del verbo + il presente di HABERE. Sul modello di questo futuro è nato anche il condizionamento
(che in latino non c’era), formato dall’infinito del verbo + il perfetto di avere. Anche il passivo fu
sostituito da forme più analitiche (AMATUS SUM al posto di AMOR).
2.25Elementi di sintassi storica
Nel latino classico era normale la costruzione con il verbo posto alla fine della frase, dopo il
complemento indiretto e il complemento oggetto. Il latino volgare (e anche l’italiano) preferì invece
l’ordine diretto, soggetto-verbo-oggetto-complemento indiretto.
Il latino classico costruiva la fras