Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
II. I TEORICI DELL’ITALIA SETTENTRIONALE
Pomponio Gaurico nel De sculptura riprende la teoria albertiana della plastica che ebbe molto
successo in Germania e nei Paesi Bassi. Come l’Alberti, ma in maniera minore, il Gaurico ha le
pretese di universalità dell’umanista rinascimentale. Il suo approccio è prettamente letterario, non
basato sulla visione. Vuole limitarsi alla scultura in bronzo che secondo il suo parere è la più
difficile. La teoria della scultura in bronzo comprende due parti: ductoria, ovvero la preparazione
del modello di cera e la parte relativa alla tecnica di fusione. La ductoria si divide a sua volta nella
disegnatio e nella animatio. La disegnatio è a sua volta suddivisa in commensuratio e fisionomica.
La chimica è complemento di natura pratica.
La teoria delle proporzioni di Gaurico è spiccatamente platonica. Il trattare la massa corporea con
espressa allusione alla musica è evidente la connessione con la speculazione platonica. Sulle
proporzioni del fanciullo il Gaurico volle scrivere un libro particolare; per tanto tempo la
rappresentazione del fanciullo era rimasta legata alle proporzioni dell’adulto. 9
Paolo Pino, pittore veneziano, pubblica un dialogo sulla pittura nel 1548. Il punto di partenza è dato
dal tema della bellezza delle donne e la figura ideale qui delineata corrisponde al tipo dell’arte
veneziana fino a Tiziano e Palma. L’esposizione della teoria della pittura è scandita dalle tipiche
categorie del Disegno, Invenzione, Colorito.
Degno di nota è il fatto che compaiano già nozioni e termini del manierismo; il «difficile» viene
messo in rilievo.
Fra i pittori viventi sono citati con lode il Tintoretto e anche il Vasari. Per quanto riguarda il tema
del «paragone» è citato un aneddoto interessante secondo cui Giorgione avrebbe dipinto un San
Giorgio in modo che la figura si rispecchiasse di scorcio in una fontana ed oltre a ciò negli specchi
appoggiati intorno per dimostrare che la pittura può rendere tutte le visuali di un oggetto, cosa che
alla scultura non è possibile.
Molto significativo per l’ambiente veneto è anche l’alto apprezzamento che viene fatto al paesaggio
dei Paesi Bassi.
Michelangelo Biondo pubblica il trattato Della nobilissima pittura in contrasto con Pino.
(Medicante scribacchino che fece torto alla letteratura secondo Schlosser). Il suo lavoro è composto
da una serie di furti da altri autori. La sua incompetenza è data dal fatto che spacci per opera di
Mantegna l’Ultima cena.
Giulio Camillo fa parte della medesima schiera del Biondo.
Francesco Doni, fiorentino, pubblicò a Venezia il grazioso libretto d’arte sul Disegno. Anche qui la
parte più importante è incentrata sul «paragone» in un dialogo tra il pittore veneziano Pino e lo
sculture toscano Silvio. Infine viene chiamato nella disputa Baccio Bandinelli che risolve la
questione a favore del suo concittadino.
III. CONTINUAZIONE DEGLI STUDI SU VITRUVIO
Nonostante sia opinione comune che Vitruvio sia stato riscoperto nel 1414 a Montecassino, ma,
almeno ai monaci, fu noto per tutto il Medioevo. La prima traduzione a stampa è l’in-folio di Cesare
Cesariano del 1521. La traduzione di Cesariano esercitò un forto influsso sui contemporanei e sui
posteri essendo la prima accessibile a tutti.
Nel 1542 si riunì a Roma una congresso degli uomini più eminenti per fondare l’«Accademia della
Virtù» guidata da Claudio Tolomei di Siena. Il punto di partenza del programma dell’Accademia era
quello di creare un’edizione di Vitruvio fatta con accuratezza filologica.
IV. PRIMI INFLUSSI DELLA TEORIA ITALIANA ALL’ESTERO
1. VIATOR
Il primo documento di questi influssi è il De artificiali perspectiva di Jean Pélerin Viateur
stampato nel 1505. Viateur dedicò il suo libro agli artisti di Francia, Germania ed Italia con una
strana dedica rimata in cui dà un elenco alla rinfusa dei più grandi artisti del suo tempo; fra gli
italiani sono citati Mantegna, Leonardo, Raffaello, Michelangelo e Perugino; dei tedeschi Cranach,
Dürer e forse Hugo van der Goes.
Il trattato di Pélerin non è solo la prima opera stampata sulla prospettiva (anche compresa l’Italia
dato che il trattato di Piero era manoscritto), ma, è anche la prima opera che espone il procedimento
10
del punto di distanza. Una seconda innovazione è la rappresentazione che Pélerin insegna delle
architetture viste di sbieco e d’angolo, la visione «pittorica».
2. DÜRER
È il primo artista nordico in cui l’antichità e l’arte italiana siano diventate forme viventi della
visione. Incisioni e disegni italiani ebbero presto influsso su di lui; per mezzo di disegni venne a
conoscenza dei nuovi ritrovamenti archeologici come l’Apollo del Belvedere e un duplice
soggiorno nell’Italia settentrionale appagò in parte i suoi desideri. Tuttavia, alla sua tensione verso
la forma ideale classico-italiana, si opponeva la sua derivazione artistica dall’empirismo dei paesi
nordici specialmente nella trattazione del corpo umano. Il problema delle proporzioni che che gli
italiani avevano trattato per primi non smise mai di ossessionare Dürer.
Durante il suo soggiorno a Venezia comprò l’edizione del 1505 di Euclide, che non lo conduce oltre
la perspectiva communis del Medioevo, oltre le basi puramente matematiche. Dürer era assetato di
perspectiva arficialis, dall’applicazione di quelle dottrine nel campo pratico figurativo, che in quei
tempi il Viator cercava di introdurre nella loro veste più semplice nel Nord. Nelle sue lettere si
legge che voleva andare a Bologna per imparare «la prospettiva segreta» (forse da uno scolaro del
Bramantino, un certo Agostino delle Prospettive).
Si può supporre che Dürer abbia conosciuto Alberti, la cui exempeda, la divisione in sei parti si
trova anche in lui. Altrettanto probabile è la sua conoscenza del Gaurico; sicuramente ebbe notizie
del più importante maestro della prospettiva in Italia, Piero. Nonostante ciò, in un abbozzo della sua
Teoria della proporzione afferma la propria originalità, forse indispettito dell’atteggiamento degli
italiani nei suoi confronti. Egli infatti dovette conquistare quasi tutto con la sua faticosa riflessione,
seguì la sua via, quella dell’artista nordico perché non poteva fare altrimenti.
Dürer cercava di sostituire con basi teoriche sicure l’empirismo artistico della sua patria; il suo libro
sulla misura, nonostante gli sforzi di superare Euclide, non diventò un sistema unilaterale.
Nella sua dottrina della prospettiva, nonostante tutti gli aiuti ingegnosi come il tavolino di mira, il
filo a piombo, ecc, non andò molto oltre l’Alberti e tantomeno oltre Piero.
L’opera di Dürer che ebbe il massimo successo fu la Teoria della proporzione, tentativo di aprire ai
suoi connazionali l’accesso ad un canone nazionale. Non avendo trovato aiuti negli italiani, riprese
ancora una volta coraggiosamente il suo Vitruvio. La sua via non va dalla maniera «gotica» al
naturalismo, ma dall’empirismo gotico se non alla «maniera» nel senso italiano, almeno allo «stile»
obiettivo. Ma il suo spirito, non toccato dal classicismo nazionale degli italiani, si ribellò anche
contro un canone di bellezza apodittico.
A questo punto si impone il confronto con Leonardo: accanto al grande fiorentino, e ancor più di
lui, secondo Schlosser è il più grande teorico artista che la storia conosca.
4. FRANCISCO DE HOLLANDA
Portoghese, autore del Tractato de pintura antigua, composto tra il 1547 e il 1549. Vitruvio e Plinio
sono per lui autorità inconfutabili, che egli ammira rispettosamente senza critica. La parte più
importante della sua produzione sono i quattro dialoghi aggiunti al Trattato. Qui, come dramatis
personae appaiono sulla scena, oltre lo stesso Hollanda, Michelangelo. Il far comparire personaggi
celebri come espositori delle idee dell’autore è un principio generale stilistico del dialogo italiano
ampiamente sfruttato da Francisco. Veri o sedicenti detti di Michelangelo riportati da Francisco si
diffusero tuttavia largamente in Italia.
Non è tuttavia escluso che l’Hollandia abbia conservato parecchi elementi della mentalità del
vecchio artista. Pensieri come quelli del primo dialogo sulla fuga dell’artista dal mondo coincidono
con la personalità ascetica di Michelangelo. Ciò non è però vero per tutti i dialoghi: le espressioni
contro l’arte fiamminga sono opera di Francisco. 11
L’opera è una testimonianza della potenza con cui operò la teoria italiana all’estero ancor prima
dell’apparire del suo grande capolavoro, le Vite del Vasari.
LIBRO QUINTO
IL VASARI
I. ORIGINE DELLE VITE. RAPPORTI TRA LA PRIMA E LA SECONDA
EDIZIONE
Il Vasari (1511-1574) stesso ci racconta di come sorse il suo capolavoro nella sua autobiografia che
si trova alla fine della seconda edizione. Il racconto della riunione serale in casa del cardinale
Alessandro Farnese a Roma nel1546 a cui parteciparono Giovio e Annibal Caro, e dove il primo
tenne un discorso sui pittori dal tempo di Cimabue.
Nella dedica a Cosimo I egli mette in evidenza che il libro fu preceduto da un lavoro di dieci anni.
Nel 1457 presenta il lavoro ad Annibal Caro.
Subito dopo la prima edizione si fecero sentire ovunque voci sfavorevoli che cercavano di negare
l’originalità del lavoro. L’amico di Vasari, Vincenzo Borghini, lo assisté con la sua erudizione e i
suoi incitamenti e curò la prima edizione; compilò inoltre degli estratti storici come Paolo Diacono
e aggiunse un saggio platonizzante sul significato della pittura (rielaborato poi dal Vasari). Anche i
Proemi, in cui il Vasari si abbandona allo stile del tempo, gli appartengono interamente. Le Vite
sono da considerare un’opera esclusivamente personale.
Nel 1550 uscì la prima edizione stampata dal Torrentino e comprendente tre parti divise in due
volumi. Questa prima edizione è opera di getto e malgrado molte manchevolezze è un capolavoro di
un grado più alto che la seconda.
Composto rigidamente, rimane fedele al principio della storiografia dell’arte fiorentina di trattare
solo artisti morti o artisti la cui parabola artistica fosse ormai compiuta. L’unica eccezione è per
Michelangelo, che aveva già raggiunto l’immortalità in questa vita. Egli è il punto culminante di
tutto lo sviluppo.
Diciotto anni dopo, nel 1568, stampata dal Giunti, uscì la seconda edizione. Molte cose furono
indubbiamente migliorate, sviste e malintesi furono c