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EUCLIDE.
Anche la maggiore opera sua matematica, la SUMMA ARITHMETICAE
(VENEZIA, 1494), contiene nella PREFAZIONE un importante elenco di
artisti fiorentini e dell’Italia settentrionale, che si sono distinti nella
PROSPETTIVA.
In realtà egli si sente come un MAESTRO DEGLI ARTISTI; il suo trattato di
architettura, stampato insieme con la DIVINA PROPORTIO, si rivolge a una
quantità di artisti suoi compatrioti (Cesare del Saxo, Cera del Cera, Rainer
113
Francesco de Pippo, Bernardo e Marsilio da Monte, Hieronymo da Jecciarino)
che egli dice suoi scolari e allievi.
Anche i TRATTATI del PACIOLI sono scritti in quel goffo stile latineggiante
di tutte le opere consimili; solamente LEONARDO ha dato agli italiani un
modello di CLASSICA PROSA SCIENTIFICA.
Nel francescano PACIOLI vi è inoltre un forte colorito teologico-filosofico; e
si affacciano, alla fine del Quattrocento, per la prima volta, quelle speculazioni
che dovranno occupare tanto la teoria dell’arte, e non con suo vantaggio.
La sua DIVINA PROPORZIONE è la celebre SEZIONE AUREA DELLA
DELL’ARTE
MATEMATICA ANTICA APPLICATA ALLA TEORIA
FIGURATIVA, arricchita qui di elementi mistico-speculativi, il cui esame
sbocca nella dottrina dei cinque corpi regolari, così importante per i metodi
costruttivi del Quattrocento.
Non manca neppure il riferimento all’architettura con rimandi alle costruzioni
milanesi di BRAMANTE, cui si aggiunge infine un vero e proprio trattato su
quest’arte.
Vengono in campo anche tutti quei tentativi di COSTRUZIONE DEL CORPO
UMANO, DELL’ALFABETO, ecc, illustrati con disegni che sono dovuti,
secondo le parole stesse del PACIOLI, nientemeno che a LEONARDO.
Notevole è l’enumerazione delle colonne italiane di costruzione regolare, dalle
espressamente escluso l’ORDINE DELL’ALBERTI.
quali è TOSCANO
Le COLONNE TORTILI DI SAN PIETRO, usate volentieri da pittori e
scultori, preferite poi a bella posta dal BAROCCO, sono qui date come esempi
da evitare, indice questo della severa tendenza allora nascente, che ripudiava
l’elemento romantico del Primo Rinascimento.
Il fatto poi che il PACIOLI BIASIMI L’ARCHITETTURA LOMBARDA più
antica ci mostra, anche se non lo sapessimo dai monumenti stessi, che essa
non aveva perduto affatto di vigore dai tempi del FILARETE in poi.
l’ARCHITETTURA TOSCANA costituisce l’ideale e
Anche per il PACIOLI è l’esempio
il modello, e il palazzo di Urbino ne più eccellente.
114
Né è senza importanza, a questo proposito, il fatto che LORENZO DE’
MEDICI venga esaltato come dilettante d’architettura, e che si accenni a
modelli di sua mano per il palazzo di Napoli.
115
L’opera del PACIOLI ci conduce dunque già a LEONARDO, il cui periodo milanese chiude
il Quattrocento e inaugura una nuova era (del quale si parlerà alla fine del presente libro).
LEONARDO stesso però non aveva trovato in MILANO il terreno impreparato.
Già fra ARTISTI MILANESI più antichi era cominciato un MOVIMENTO TEORICO, di
cui non abbiamo più notizia diretta ma tramandata da fonti più tarde e che è visibile nelle
sue conseguenze.
Il noto teorico milanese della pittura G. P. LOMAZZO ci riferisce, in diversi luoghi del suo
TRATTATO DELLA PITTURA, apparso nel 1584, e nella sua IDEA DEL TEMPIO DELLA
PITTURA (Milano 1590), che il bresciano VINCENZO FOPPA:
(attivo a MILANO negli ultimi quattro decenni del secolo XV; morto verso il
1516)
il CAPO DELLA PRIMA SCUOLA PITTORICA MILANESE,
aveva lasciato un TRATTATO SULLA PITTURA; e la notizia è stata spesso
copiata dagli scrittori posteriori.
Il LOMAZZO voleva anzi pubblicare quel TRATTATO, oggi perduto.
Non c’è nessuna vera ragione, in questo caso, di mettere in dubbio
l’attendibilità dello scrittore.
Il TRATTATO del FOPPA:
si occupava delle QUADRATURE, cioè della costruzione del corpo umano,
specialmente della testa, secondo determinati schemi geometrici, tema già
sebbene in tutt’altro modo,
indagato, dai gotici come VILLARD o dal
GHIBERTI.
Si occupa anche di un altro tema fondamentale: la COSTRUZIONE DEL
CORPO DEL CAVALLO.
Nulla di simile troviamo tra i TOSCANI.
Il LOMAZZO rivendica anzi espressamente al FOPPA il merito di essere stato
pioniere in questo campo. 116
è l’osservazione che il
Fantastica, ma naturale nel senso del Rinascimento,
FOPPA si sia indotto in queste idee dalle FIGURE QUADRATE del vecchio
Lisippo.
Il manoscritto era illustrato da DISEGNI A PENNA, e il LOMAZZO osserva
anzi maliziosamente che il DÜRER si sarebbe appropriato le conclusioni
principali del libro nella sua UNTERWEISUNG DER MESSUNG, assai celebre
anche in ITALIA.
Anche DANIELE BARBARO vi avrebbe attinto assai nell’ottavo libro della
sua PROSPETTIVA (la celebre PRATICA DELLA PROSPETTIVA apparve a
VENEZIA nel 1569).
In questa forma la notizia è certo poco attendibile specialmente per ciò che
ma c’è in essa qualcosa di vero.
riguarda il DÜRER,
Studi di tal genere furono proseguiti dai successori del FOPPA, e
LEONARDO stesso ne fu attratto durante il suo soggiorno milanese; il
e i suoi seguaci hanno subìto assai fortemente l’influsso di questo
DÜRER
ambiente milanese. 117
DUE SCOLARI del FOPPA, entrambi nativi di TREVIGLIO e COMPAGNI DI
BOTTEGA, hanno lasciato, sempre secondo la testimonianza del LOMAZZO, opere
teoriche di tal genere, oggi scomparse o perdute:
BERNARDINO BUTINONE e
BERNARDO ZENALE
attivi fin verso il 1526.
Del PRIMO (BERNARDINO BUTINONE) il LOMAZZO cita un TRATTATO
D’ARCHITETTURA.
Del SECONDO (BERNARDO ZENALE) possedeva egli stesso il manoscritto di un
E SULL’ARCHITETTURA, che egli intendeva
TRATTATO SULLA PROSPETTIVA
pubblicare, dedicato al figlio dell’autore e datato 1524, l’anno della GRANDE
PESTILENZA.
Il LOMAZZO ce ne dà anche alcuni estratti, che ci permettono di riconoscere più
il carattere dell’opera,
chiaramente tanto più che lo ZENALE ebbe rapporti con
LEONARDO, il quale lo cita nei suoi appunti accanto al MANTEGNA.
Egli ritiene cioè, contrariamente ai maggiori maestri del suo tempo, che anche gli oggetti
distanti debbano essere riprodotti chiaramente come se visti da vicino; e qui si riconosce la
del Quattrocento.
chiarezza dell’arte
Egli cita ancora DÜRER, che seguì tali principi, sia nei dipinti che nelle incisioni.
Anche altrove l’autore menziona ripetutamente lo ZENALE con parole di lode accanto al
FOPPA, a LEONARDO e a ANDREA MANTEGNA, della cui attività di scrittore egli
asserisce di avere notizie e di cui conosce abbozzi con annotazioni posseduti dallo studioso
di prospettiva ANDREA GALLARATO. l’ANTESIGNANO
La cosa non è impossibile: il MANTEGNA è pur sempre di quelle
costruzioni prospettiche illusionistiche che interessano tanto il LOMAZZO, che hanno
ricevuto dal padre POZZO, proprio nell’ITALIA SETTENTRIONALE, la loro ultima e più
virtuosa elaborazione. 118 nell’ambiente milanese:
Già prima di Leonardo un altro grande artista era entrato
BRAMANTE DA URBINO:
che lavorò allora anche da PITTORE,
ca. 1476-1499,
il LOMAZZO lo dice autore di un trattato che egli sa essere pervenuto nelle
mani del celebre pittore genovese LUCA CAMBIASO ed essergli stato di
grande utilità; ma non possiamo discernere quanto vi sia in ciò di vero, come
nella notizia abbastanza sospetta che se ne siano serviti anche RAFFAELLO,
POLIDORO e GAUDENZIO FERRARI.
Il SOGGETTO, la «QUADRATURA» DEL CORPO UMANO ED EQUINO, è
dell’ITALIA
sicuramente caratteristico SETTENTRIONALE.
Strane, e da accogliere con grande cautela, sono le notizie di quel cervello bizzarro del
DONI che nella sua bibliografia, in parte fantastica, la LIBRARIA, cita TRE TRATTATI
ARCHITETTONICI del BRAMANTE, parlando anche del loro contenuto; non si
dimentichi che il DONI è un convinto falsario in letteratura, autore della LETTERA
APOCRIFA DI DANTE a G. DA POLENTA.
119
Entriamo su terreno più sicuro con le notizie del LOMAZZO sull’attività letteraria di uno
SCOLARO DI BRAMANTE, BARTOLOMEO SUARDI DETTO IL BRAMANTINO:
del quale si hanno notizie fino al 1536.
Il LOMAZZO cita di lui non soltanto un’opera sulle antichità, che si era
creduto (ma sembra a torto) di identificare con un MANOSCRITTO
DELL’AMBROSIANA, ma anche un trattato di prospettiva di cui trascrive
lunghi passi.
Il BRAMANTINO distingue opportunamente TRE MANIERE DI
COSTRUZIONI PROSPETTICHE:
1) quella basata sulla MATEMATICA,
2) quella puramente EMPIRICA e
3) quella MECCANICA, ottenuta mediante la rete tradizionale
(«GRATICOLA», «VERO»), come insegna anche il DÜRER.
120
è quell’AGOSTINO
SCOLARO DEL BRAMANTINO DI BRAMANTINO:
citato pure dal LOMAZZO, che già il LANZI propose di identificare con
AGOSTINO delle prospettive nominato dal MASINI e attivo intorno al 1525.
Delle sue costruzioni si raccontano cose miracolose, ma è soprattutto notevole
il luogo della sua attività, BOLOGNA, la città cioè dove il DÜRER ci attesta
di aver voluto imparare la PROSPETTIVA OCCULTA.
121
CAPITOLO 3: LE TESI STORICHE DEL PRIMO
RINASCIMENTO. SGUARDO GENERALE.
Che il PRIMO RINASCIMENTO abbia avuto TENDENZE STORICHE particolarmente
accentuate non si può affermare.
dei suoi grandi, l’ALBERTI
Parecchi al suo inizio e LEONARDO alla fine, serbano un
contegno generale indifferente, se non negativo, verso tali tendenze.
I tempi sono ancora troppo presi dalla gioia giovanile della creazione per aver agio e
desiderio di riflettere sul passato.
Si lavora con tutte le forze a gettare il fondamento teoretico, e perciò questo è il lato sempre
molto più evidente nelle loro considerazioni.
Dal TRECENTO esso ha preso la base per le sue costruzioni storiche quali le troviamo,
notevolissime, nel GHIBERTI e nella biografia brunelleschiana del MANETTI.
Il CONCETTO DI DETERMINARE una PERIODICITÀ DELLO SVILUPPO
ARTISTICO è cresciuto su terreno umanistico, e fu anzitutto un concetto di origine
letteraria, e non derivato dalla cognizione dell’opera d’arte.
Esso appare per la prima volta nella celebre novella del BOCCACCIO su GIOTTO E
MESSER FORESE nel Decamerone.
Il BOCCACCIO LETTORE DI DANTE ha preso a suo modo dalla COMMEDIA il concetto
e lo ha per primo applicato all’ARTE
del DOLCE STIL NOVO FIGURATIVA.
DELL’ARTE ITALIANA, in cui l’arte era unicamente
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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