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Chiesa cattolica aveva un differente atteggiamento nei confronti dell’istruzione: essa considerava

un danno la diffusione presso gli stati popolari degli elementi fondamentali della cultura, quali

leggere, scrivere e contare. All’istruzione doveva accedere solo chi, per nascita e censo, sarebbe

stato in grado di utilizzare correttamente.

La politica scolastica della Destra storica presentava un bilancio piuttosto deludente: gli

stanziamenti erano esigui, le inchieste sullo stato dell’istruzione erano interessanti ma prive di

conseguenze e l’impegno contro l’analfabetismo fu debole. La grande inchiesta del 1864 mostrò

come le condizioni della pubblica istruzione, a 5 anni dall’unificazione, fossero di una gravità

eccezionale. Scaturirono proposte e suggerimenti che però rimasero inascoltate. L’istruzione 4

elementare si confermava la “grande malata” del sistema scolastico italiano: il suo affidamento ai

Comuni era precario e darà risultati troppo differenziati e carenti. Alcune università subirono una

forte diminuzione degli iscritti o restarono pochi i frequentanti. La mancanza di un livello anche

minimo di istruzione di base rischiava di essere un peso per lo sviluppo sociale, civile ed

economico dello Stato unitario. Il paese si avviava faticosamente verso la prima industrializzazione

e la diffusione dell’industria richiedeva una manodopera più qualificata del semplice contadino

analfabeta. Il dibattito sull’obbligo scolastico non solo restò senza esito, ma suscitò proteste contro

la pretesa dello Stato di voler imporre l’istruzione. La parte più tradizionalistica del mondo cattolico

difendeva il diritto naturale e primario che spettava alla famiglia d educare i propri figli, in un’opera

che la Chiesa poteva e doveva guidare e nella quale lo Stato non poteva né doveva intromettersi.

Anche la questione sociale faceva pensare: era difficile pensare all’istruzione del popolo, se prima

non si fosse riusciti ad assicurargli un’esistenza dignitosa e quindi lo Stato non poteva sanzionare i

genitori che non mandavano i figli a scuola per oggettive difficoltà economiche. Le forze

tradizionaliste si opponevano all’obbligo scolastico e consideravano prioritario il miglioramento

delle condizioni di vita. Il risultato fu la mancata approvazione di provvedimenti che rendessero

effettivo l’obbligo scolastico.

La politica scolastica della Sinistra attribuiva grande importanza allo sviluppo della scuola, tanto

che l’istruzione elementare gratuita, obbligatoria e laica era uno dei punti fondamentali del

programma di Depretis e della Sinistra. Tra i provvedimenti approvati, le leggi aumentavano le

retribuzioni dei maestri e prevedevano per questo scopo l’erogazione di contributi statali a favore

dei comuni. Un’altra legge introduceva l’insegnamento della ginnastica nelle scuole e un’altra

ancora disciplinava i poteri dei comuni in materia di nomina e licenziamento dei maestri. La legge

Coppino del 1877 è stata uno dei provvedimenti di maggiore rilievo della Sinistra. La legge mirava

in primo luogo a rendere effettivo l’obbligo scolastico per coloro che avevano tra i 6 e i 9 anni. In

secondo luogo veniva istituita una sorta di anagrafe scolastica, cioè un elenco dei bambini che

erano obbligati a frequentare il corso elementare inferiore, in modo da constatare quelli mancanti.

L’evasione dell’obbligo scolastico era punita con una serie di misure sfavorevoli alle famiglie. La

somma riscossa dalle pene pecuniarie veniva impiegata dal Comune per premiare gli alunni più

meritevoli o soccorrere gli alunni più poveri. Nonostante i buoni propositi, la legge Coppino incontrò

ostacoli politici e sociali. I genitori erano poi costretti ad utilizzare il lavoro dei figli, sottraendoli così

alla frequenza scolastica. La legge Coppino ha anche rilanciato la discussione sull’insegnamento

della religione: elencando le materie di insegnamento nella scuola elementare, scelse di tacere del

tutto sull’istruzione religiosa e di indicare invece lo studio dei diritti e doveri del cittadino: sembrava

trattarsi della sostituzione dell’educazione religiosa con quella dell’educazione civica.

Alla fine del XIX secolo nasceva la pedagogia ispirata al positivismo e si consolida la pedagogica

cattolica. Il positivismo diffuse in Europa fiducia nella scienza, nei suoi risultati e nel suo metodo

d’indagine. La pedagogia proseguiva un faticoso processo di emancipazione dalla filosofia. Il più

lucido ed equilibrato esponente del positivismo pedagogico italiano fu Gabelli per la sua fiducia

nell’educazione, considerata la molla che poteva risolvere i problemi economici e sociali e

contribuire all’emancipazione degli uomini e delle società. Contro il formalismo e il nozionismo

allora predominanti, Gabelli sosteneva la necessità di formare teste, cioè fornire, oltre alle

conoscenze, anche un metodo di pensiero per il ragionamento critico e razionale non solo per

l’apprendimento scolastico, ma per tutta la vita. Era favorevole alla gestione statale dell’istruzione,

all’obbligo scolastico, alla laicità dell’educazione, alla pedagogia democratica e all’emancipazione

popolare. La pedagogia socialista si sviluppa negli stessi anni all’interno di un più vasto movimento

europeo che aveva una visione critica del capitalismo ottocentesco, la sollecitudine per

l’emancipazione delle classi popolari oppresse dalla povertà e dall’ignoranza, e la fede

nell’importanza dell’istruzione per debellarle. La pedagogia cattolica è rappresentata da don

Bosco, che promosse un serio tentativo di formare moralmente e professionalmente i poveri e i

giovani emarginati per ridare dignità e prospettive a vite altrimenti destinate alla delinquenza e al

degrado. Fondamentale che l’iniziativa delle sorelle Agazzi che costruirono una scuola materna

che fosse in continuità con l’ambiente familiare del bambino.

Tra il XIX e il XX secolo, l’università conobbe dibattiti e proposte di riforma che non si tradussero

in mutamenti sostanziali. Per molti il problema più grave era ancora l’eccessivo numero di studenti,

dei laureati e delle sedi. La distribuzione territoriale delle sedi accademiche era notevolmente

disomogenea, poche università erano complete, cioè poche avevano tutte le facoltà previste dalla 5

leggi Casati, e non tutte erano statali. Nei decenni successivi all’Unità, l’istruzione secondaria

classica conobbe provvedimenti normativi e regolamentari, che tuttavia non ne modificarono

l’impianto di fondo. L’educazione classica rappresentava, con l’università, il canale privilegiato per

formare i quadri dirigenti delle moderne società europee. Sul piano dei contenuti, si cercò di

abbandonare le precedenti impostazioni nozionistiche a favore di una formazione più pedagogica e

didattica. L’istruzione tecnica rappresentava, nelle attenzioni delle classi dirigenti postunitarie, un

percorso formativo più trascurato rispetto all’istruzione secondaria classica. All’indomani dell’Unità

fu subito chiaro che difficilmente avrebbe avuto successo il tentativo di costruire un canale

formativo che rispondesse alla duplice esigenza dell’istruzione tecnica: acquisire competenze

pratiche ed assicurare una cultura generale. Le scuole professionali per la preparazione dei

maestri conobbero una maggiore attenzione nei primi decenni del XX secolo. L’istruzione normale

fu modificata nei regolamenti e nei programmi d’insegnamento, anche in relazione ai cambiamenti

della scuola elementare. In particolare occorreva risolvere il problema del salto tra la fine della

scuola elementare e l’inizio della scuola normale, con un vuoto di alcuni anni che risultatavi

dispersivo per la continuazione degli studi. Per superarlo, fu istituito un corso complementare che

poi assunse il carattere di una prosecuzione triennale della scuola elementare. Venne poi abolita la

patente inferiore, introdotta una tassa a carico degli iscritti e istituito un corso speciale per la

formazione delle maestre degli asili d’infanzia. Nel 1910 il ministro Credaro lamentò il persistere

della crisi magistrale: alcune scuole elementari erano state chiuse per mancanza d’insegnanti e

molte classi avevano ancora maestri privi della patente. I programmi d’insegnamento della scuola

normale subirono dei cambiamenti: ad esempio, alcune discipline vennero aggiunte, altre

soppresse. I programmi per la scuola elementare redatti da Gabelli nel 1888 comprendevano:

la valorizzazione del metodo d’insegnamento primario piuttosto che dei contenuti;

1. la polemica contro il nozionismo;

2. l’importanza che l’insegnamento diventi un esercizio di osservazione che sostenga curiosità

3. dell’alunno;

la necessità di collegare la scuola alla vita, di puntare sulla formazione di un metodo di

4. pensiero piuttosto che sulla semplice trasmissione di saperi, di abituare gli alunni al

ragionamento, a risolvere i problemi, a confrontarsi con la realtà anche in modo critico;

il legame fra l’educazione intellettuale e quella morale e civica.

5.

Numerose relazioni e interventi segnalavano come i programmi di Gabelli fossero difficili da

applicare da parte degli insegnanti e quindi furono modificati. Nel 1894 nacquero nuovi programmi

per la scuola elementare che esaltavano la disciplina, sottolineavano l’importanza dell’istruzione

religiosa ed insisteva su un forte sentimento nazionale. Dopo Crispi, Giolitti portò alcuni

cambiamenti per la scuola elementare, come il Testo Unico del 1903 che raccoglieva le norme

relative allo stato giuridico e al trattamento economico di maestri e direttori. La novità più

importante fu la legge Orlando del 1904, Provvedimenti per la scuola e pei maestri elementari, che

prevedeva:

l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 12 anni;

1. la formazione di classi miste;

2. l’avvio di una serie di corsi serali e festivi rivolti agli adulti per la lotta contro l’analfabetismo;

3. l’abolizione della differenza retributiva fra i maestri che insegnavano nel corso inferiore e quelli

4. che insegnavano nel corso superiore;

l’istituzione del corso popolare: alla fine della 4ª elementare, gli alunni intenzionati a proseguire

5. gli studi dovevano superare un esame che li avviava verso l’istruzione secondaria, mentre gli

altri potevano frequentare una 5ª e una 6ª elementare e al termine ricevere la licenza di scuola

primaria.

La scuola della legge Orlando è orientata al fare e alla trasmissione di una cultura operativa. Nei

primi anni del XX secolo, l’attenzione continuò ad essere puntata sulla scuola elementare perché si

riteneva che l’istruzione

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Publisher
A.A. 2015-2016
18 pagine
26 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/02 Storia della pedagogia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher likelikelike di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'educazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Bandini Gianfranco.