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Riassunto esame Sociologia dell'educazione, prof. Andrea Spini, libro consigliato "Storia del miracolo italiano. Culture, identità, trasformazioni fra anni Cinquanta e Sessanta", Guido Crainz Pag. 1 Riassunto esame Sociologia dell'educazione, prof. Andrea Spini, libro consigliato "Storia del miracolo italiano. Culture, identità, trasformazioni fra anni Cinquanta e Sessanta", Guido Crainz Pag. 2
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Capitolo4: La grande trasformazione

Il boom economico in Italia (1954-1964) vede un aumento di quasi del 50% del reddito nazionale

netto dal 1954 al 1964, gli occupati in agricoltura scendono da 8 a 5 milioni. Nel settore industriale

gli occupati passano dal 32% al 40% e nei servizi dal 28% al 35%, mentre la produttività delle

industrie aumenta dell'84%. L'Italia supera in produttività Svizzera, Olanda e Belgio e colma in

parte lo storico divario con Inghilterra, Francia e Germania. Si producono enormi quantità di

autoveicoli, motoveicoli, frigoriferi e televisori. Nonostante il miracolo economico, l'emigrazione

all'estero aumenta: all'emigrazione transoceanica si sostituisce quella europea, dove la Germania

diventa la meta principale al posto della Svizzera. È però la migrazione interna quella più

imponente, fatta anzitutto di spostamenti dalle campagne povere dell'Italia settentrionale e centrale

e dal Mezzogiorno. In quegli anni Danilo Dolci intitolava Spreco un volume che proponeva alcune

indagini da lui promosse in Sicilia, sottolineando non solo e non tanto il grandissimo quadro di

miseria che quelle pagine mettevano crudelmente in luce quanto qualcosa di più profondo: su 100

proprietari terrieri su cui incombono pericoli di frane, ben 92 non conoscono le leggi per la bonifica

montana e 20 sono convintissimi che le frane possano essere evitate solo per intercessione divina

o magica. In questo spaventoso contesto gli Enti pubblici operanti al sud, come l'Ente di riforma

agraria e la Cassa per il Mezzogiorno, pur rappresentando teoricamente la presenza dello stato, 5

non riesce ad offrire altro che una gestione clientelare e una diffusa corruttela che hanno effetti

devastanti e a lungo termine.

Nelle campagne, come si è detto, vi sono 3 milioni di occupati in meno tra il 1954 e il 1964,

destinati a diventare 4 se si considera il periodo tra il 1951 e il 1965. Iniziando dalle aree più

povere della collina e della montagna, i flussi coinvolgono rapidamente anche le aree

dell'agricoltura avanzata, segnando la fine dei diversi mondi rurali che compongono il paese. C'è

un mutato rapporto fra intervento statale e produzione agricola. Fra il 1951 e il 1960 gli investimenti

in agricoltura raddoppiano e l'intervento dello stato, diretto o indiretto, riguarda nel 1963 ormai il

73% di essi. Dunque, quasi tutte le decisioni in campo agricolo devono misurarsi con le scelte e gli

orientamenti delle politiche pubbliche, con un’intrusione dello stato nella società rurale. Il

permanere dell’arretratezza si scontra con l’irrompere, da parte dei centri urbani, di nuovi modi di

lavorare e di vivere. Si affermano nuove esigenze e il mondo offre sempre meno possibilità di

sopravvivenza e di speranze di riscatto perché la diversità è connotata da condizioni umilianti e da

un senso di discriminazione civile. E’ diventato ormai frequente trovare poderi vuoti e abbandonati

specialmente nelle zone prive delle più elementari necessità per vivere. Ovunque i più giovani

sono i primi a partire, ma nelle aree mezzadrili più che altrove questo elemento rende rapidissimo il

processo di esodo. Giovani di ambo i sessi si staccano dalla famiglia per dedicarsi ad altre attività

rompendo l’equilibrio e il nucleo familiare. Tramonta un contratto agrario e un sistema di

dipendenze e relazioni sociali che era stato utilizzato per secoli. Anche i tecnici agricoli dovevano

scoprire il nuovo mondo moderno meccanizzato: la crisi dell’agricoltura non è soltanto una crisi di

produzione o di mercato, ma è anche una crisi dell’uomo dei campi. La televisione incide sul

costume paesano più di quanto non abbia fatto in tanti anni il cinema. In serata, le famiglia si

recano al più vicino locale con la televisione, la quale, invece che essere stupida ed addormentare,

sveglia e induce alla voglia del nuovo e del meglio. La televisione offre un legame con l’esistenza e

la vita delle città lontane, desiderabili come un miraggio di felicità. Nel Mezzogiorno, l’acqua

scarseggia e non c’è corrente elettrica. L’illuminazione elettrica non manca negli uffici dell’Ente di

riforma, nelle chiese, nelle scuole e negli ambulatori medici. L’opera di bonifica e di irrigazione è

stata più incisiva della riforma agraria e ha sancito il definitivo decollo dell’agricoltura del

Mezzogiorno.

La mobilità è un fenomeno che porta allo svuotamento in primo luogo delle aree di montagna e di

collina, delle case isolate, delle frazioni e dei nuclei abitativi sparsi. Le migrazioni rurali segnano lo

spostamenti definitivo da aree agricole povere ad altre più ricche ed hanno il provvisorio carattere

di avvicinamento ai centri urbani. Inoltre possono avere come scopo l’acquisto di poderi

abbandonati dai precedenti coloni, il lavoro nella floricoltura e così via. Alcune volte l’emigrazione

trova sbocco nella regione stessa e, nelle aree che non hanno tradizioni migratorie, essa procede

generalmente per tappe: dalle frazioni ai comuni, alle città regionali più importanti e al di fuori della

regione. In questo quadro, gruppi consistenti di immigrati sono portati a trarre anche i possibili

vantaggi dall’illegalità e dalla diffidenza verso le strutture pubbliche. Elemento che sembra sfuggire

alla sensibilità di ministri e prefetti è che i cittadini hanno bisogno in primo luogo di norme di tutela

legislativa e giuridica. Fra le aspirazioni degli immigrati vi era una maggior certezza dei diritti. La

conquista collettiva dei diritti deve procedere all’interno di un processo di integrazione di tradizioni,

culture e aspirazioni differenti. La grande maggioranza degli immigrati provenienti da zone rurali ha

al massimo la licenza elementare, mentre quelli provenienti dai contesti urbani hanno livelli di

scolarità con percentuali alte. La straordinaria mobilità che caratterizza la ricerca di lavoro si

intreccia a quella che segna il tempo libero.

L’Italia industriale aveva il suo centro fra Torino e la Lombardia e l’intera valle padana. La data

d’avvio ai processi che portano al “miracolo” italiano è il 1953, momento in cui nasce l’Eni voluta da

Mattei, la Fiat investe soldi per la costruzione del nuovo stabilimento di Mirafiori e viene approvata

la legge per lo sviluppo del credito industriale dell’Italia meridionale e insulare. I settori trainanti

sono quelli dell’automobile, della chimica, della petrolchimica e della meccanica. Il modello di molte

fabbriche italiane di elettrodomestici si basa su piccole dimensioni delle aziende, flessibilità,

paternalismo e basso costo del lavoro, che si impiantano spesso in zone dove mancano tradizioni

sindacali. La fabbrica contribuisce ad aumentare l’occupazione femminile. Sacerdoti ed esponenti

del mondo cattolico affermano che le donne delle fabbriche sono cambiate moralmente, infiacchite,

antipatiche e meno impegnate nella pratica religiosa. In alcune aree, rapidamente si espande

anche il lavoro a domicilio e delle piccole imprese quasi a riprendere la precedente abitudine delle

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famiglie contadine al lavoro a domicilio. Lo stato dona dei contributi per l’industrializzazione del

Sud, di cui ne usufruiscono soprattutto grandi imprese pubbliche come l’Eni.

Negli anni della trasformazione non c’è tutela del territorio, ma il progresso diventa un disturbatore

degli equilibri e degli assetti ambientali. Si diffondono rapidamente le “coree”, cioè degli

agglomerati disordinati e fitti di abitazioni costruite dall’oggi al domani dagli emigrati stessi. Le

“coree” erano dense, disordinate, malsane e prive di servizi. La vera integrazione dello straniero

nella modernità avviene nel cuore della metropoli. Gli investimenti in abitazioni assorbono quote

progressivamente crescenti in Italia, con quote largamente superiori a quelle registrate in altri

paesi europei.

Negli anni Cinquanta e Sessanta, la maggior parte della spesa delle famiglie riguarda

l’alimentazione, il vestiario e l’abitazione. Riguardo alle percentuali, l’Italia si avvicina a modelli di

consumo già affermati in altri paesi europei, restando però da essi distanti. Aumentano i consumi

dell’automobile e le autovetture per ogni abitante. La motorizzazione vede la comparsa della

Seicento e della Cinquecento. In questi anni si definisce l’universo giovanile che esalta un’energia

vitale data dall’acquisto di automobili e motociclette e dall’esaltazione della velocità. I giovani

sembrano divisi da un lato dai precedenti punti di riferimento e regole sempre meno convincenti ed

accettabili e dall’altro un mondo dove proliferano le figure di riferimento più contraddittorie,

imprevedibili ed arroganti. Oltre a motorette, automobili e musica, un altro versante del boom fu

l’avanzata di tende e roulottes usate dai campeggiatori. La Chiesa sosteneva che le vacanze

rappresentano il vero pericolo per i fedeli, i quali non potevano seguire le cerimonie religiose

perché, appunto, a divertirsi. I giovani erano invitati ad andare a ballare il meno possibile e, se ci si

andava, si doveva prendere tutte le precauzioni: in particolare, le ragazze dovevano essere

accompagnate dal fratello, dalla mamma o da una persona fidata che la aiutasse in caso di

bisogno. Alle vacanze lunghe si intrecciavano le vacanze brevi, favorite dalle prime riduzioni della

settimana lavorativa, nelle banche e in alcune fabbriche. Le persone acquistano sempre più mobili

ed elettrodomestici, in particolare per la cucina.

Molte persone cominciano a frequentare il cinema e più della metà dei giovani va al cinema una

volta alla settimana. L’importanza dei film di qualità sembra quasi accentuata dalla comparsa della

televisione. Quello della televisione è un avvento trionfale: essa sostituisce la radio, mentre si

diffondono radioline portatili. Il mercato discografico si evolve e diffonde canzoni di successo

nell’universo giovanile. Si afferma l’editoria di massa e i giornali contribuiscono a rompere la

rigidità del precedente universo della comunicazione. Il giornale si segnala subito per una forte

attenzione alla società con inchieste e servizi sulla trasformazione del paese. Le ostilità nei

confronti del cinema e della televisione da parte del mondo cattolico si fanno presto sentire. Non

tanto la televisione quanto il cinema fu attaccato e considerato un incentivo alla scostumatezza e

al vizio e un’insidia ai valori religiosi. Le organizzazioni cattoliche si muovono così contro

rappresentazioni teatrali e soprattutto cinematografiche.

Capitolo5: La fine del centrismo e le nuove riforme del protagonismo collettivo

Le trasformazioni degli anni Cinquanta e Sessanta mutavano radicalmente il volto del paese

ment

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
10 pagine
17 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher likelikelike di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dell'educazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Spini Andrea.