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A MISTICA DELLA FEMMINILITÀ

Prefazione

C’era una curiosa discrepanza tra la realtà della vita di donne e l’immagine a cui le donne si

cercavano di conformarsi. Quell’immagine si chiama la mistica della femminilità. Il libro indaga le

origini della mistica della femminilità e gli effetti che essa aveva sulle donne che ne seguivano i

principi o che erano cresciute sotto la sua influenza.

Capitolo1: Un problema inespresso

Per molti anni rimase sepolto nella mente delle donne americane un senso di insoddisfazione che

la donna americana ha cominciato a provare intorno alla metà del ventesimo secolo. Di tale

insoddisfazione non se ne era mai fatta parola perché gli esperti sostenevano che il compito delle

donne era cercare la realizzazione della loro personalità come mogli e madri. Le donne appresero

che non potevano desiderare destino migliore di quello di gloriarsi della propria femminilità per

sedurre un uomo, curare i figli, cucinare e comportarsi in modo più femminile. Appresero che le

donne veramente femminili non desiderano una professione, un’istruzione superiore, i diritti politici

e quell’indipendenza e quelle prospettive per cui le femministe avevano da sempre combattuto. Si

chiedeva alle donne solamente di dedicare la loro vita a trovare un marito e a partorire dei figli. Alla

fine degli anni Cinquanta l’età media del matrimonio per le donne americane era scesa a vent’anni

e stava ancora scendendo. Se prima le donne si erano battute per l’istruzione superiore, ora le

donne andavano al college per trovar marito: più della metà delle donne lasciava il college prima

della fine del corso per sposarsi o perché temeva che un’istruzione eccessiva sarebbe stata un

impedimento al matrimonio. Siccome le ragazze americane cominciarono a sposarsi durante la

frequenza alle scuole secondarie superiori, le riviste femminili chiesero che si istituissero corsi sul

matrimonio e consulenti matrimoniali nelle scuole secondarie superiori. Alla fine degli anni

Cinquanta il tasso di natalità degli Stati Uniti stava raggiungendo quello dell’India. Le cucine erano

il centro della vita delle donne, le quali non lasciavano più la casa se non per far compere, portare i

figli in macchina o accompagnare il marito. Le donne che entravano nelle professioni erano

sempre meno numerose. Le aspirazioni delle ragazze americane erano quelle di sposarsi, avere

quattro figli e abitare in una bella casa situata in un quartiere residenziale piacevole. La casalinga

americana era sana, bella, istruita, preoccupata solo del benessere del marito e dei figli e

interessata solo alla casa. Le donne parlavano dei figli, del modo di rendere felice i mariti, della

cucina e dell’arredamento. Nessuno discuteva se le donne fossero inferiori o superiori agli uomini:

erano semplicemente diverse. Parole come “emancipazione” e “carriera” erano strane e

imbarazzanti e non si usavano più. Se una donna si sentiva in tensione, pensava che le altre

donne erano soddisfatte della loro vita e si vergognava talmente di ammettere la sua

insoddisfazione che non ne parlava mai con le amiche, per cui non veniva mai a sapere che tante

altre donne condividevano il suo stato d’animo. Nel 1960 questo problema esplose frantumando

l‘immagine della felice donna di casa americana. I giornali attribuivano l’insoddisfazione alla

difficoltà di trovare chi aggiustasse bene gli elettrodomestici, alle lunghe distanze da percorrere per

portare i bambini a scuola, ai troppi impegni di carattere associativo e civico e alla sempre

maggiore istruzione che le rendeva infelici nel ruolo di casalinga. Molti liberi cominciarono ad offrire

dei consigli per raggiungere una maggiore soddisfazione e si tentò di trasmettere alla casalinga

l’idea che non si rendeva conto della propria fortuna perché era senza padrone, senza cartellini da

firmare la mattina e senza rivali che le contendessero il posto. Il problema venne anche e

definitivamente liquidato con l’affermazione che non esisteva una soluzione. Le donne passavano

da un’associazione politica all’altra, si iscrivevano ai corsi serali, aderivano a varie confessioni

religiose nella loro incessante ricerca di un uomo. Le donne sposate erano insoddisfatte del loro

matrimonio e quelle nubili soffrivano di ansietà e di depressione. Il problema, secondo uno

psichiatra, risiederebbe nel fatto che la donna era considerata una creatura senza personalità se

non come moglie e madre. La donna non sapeva cosa era all’infuori di questi suoi ruoli. Le catene

che davvero imprigionano la donna sono creata dalla sua mente e dal suo spirito, sono fatte di

idee sbagliate e di fatti male interpretati, di verità incomplete e di scelte illusorie.

Capitolo2: Il personaggio dell’allegra donna di casa

L’ideale di donna per bene escludeva la sessualità. Questo ideale plasma la vita delle donne e ne

riflette i sogni. L’immagine della donna che emerge dalla rivista McCall’s è giovane, frivola, quasi 1

infantile, morbida, fragile, passiva e soddisfatta di un mondo composto di camera, cucina, sesso,

bambini e casa. Nel mondo delle riviste, le donne non si occupano che di faccende domestiche e

lavorano per tener bello il proprio corpo e per conquistare e conservare l’uomo. Le riviste femminili

non contenevano praticamente alcun accenno al mondo extradomestico.

Nel 1939 le protagoniste delle novelle pubblicate nelle riviste femminili non erano sempre giovani,

ma erano più giovani di quelle delle novelle d’oggi. Erano Donne Nuove che con uno spirito allegro

creavano una nuova personalità e una vita autonoma per le donne. Avevano l’aria di essere in

movimento verso un futuro diverso dal passato. La maggioranza delle eroine delle maggiori riviste

femminili erano donne che esercitavano una professione e che amavano degli uomini. Si dava

chiaramente ad intendere che la loro personalità era da ammirare e che gli uomini non venivano

attratti non solo dal loro aspetto, ma anche dal loro spirito e dal loro carattere. Di solito queste

eroine erano dirette verso una loro meta, lottavano con un problema di lavoro o con il mondo ed

era in questo quadro che incontravano il loro uomo. Questa Donna Nuova, meno morbidamente

femminile e tanto indipendente e decisa a conquistarsi una vita nuova, si impegnava ad essere un

autonoma e ad avere fiducia in se stessa. Queste Donne Nuove non erano quasi mai casalinghe e

di solito i racconti si concludevano prima che esse avessero dei figli. Spesso c’era un conflitto tra

la dedizione al lavoro e l’amore, ma la morale era che se lei restava fedele a se stessa, non

perdeva l’uomo, purché fosse quello giusto. La personalità delle protagoniste ci fa capire qualcosa

delle donne di casa che leggevano le riviste femminili. Le protagoniste erano l’ideale delle donne di

casa di quel tempo e in esse si riflettevano i sogni, le aspirazioni e le possibilità che allora si

offrivano alle donne. E se le donne non potevano realizzare questi sogni, desideravano che li

realizzassero le figlie perché volevano che quest’ultime fossero qualcosa di più di semplici

massaie.

E poi di colpo quest’ideale di donna svanisce. La mistica della femminilità cominciò a diffondersi

nel paese innescandosi nei pregiudizi e nelle convenzioni. La mistica femminile affermava che il

valore più alto e l’unico impegno possibile per la donna era la realizzazione della sua femminilità. Il

grande errore della civiltà occidentale è stato sempre quello di sottovalutare questa femminilità che

forse la scienza dell’uomo non sarà mai in grado di comprendere. Purtroppo in passato le donne

avrebbero invidiato gli uomini e avrebbero cercato di essere come loro invece di accettare la

propria natura, che poi si sarebbe potuta realizzare solo nella passività sessuale, nel dominio del

maschio e nell’amore materno. Ma questa nuova immagine che la mistica della femminilità offriva

alle donne americane era l’immagine della madre casalinga, un modello per tutte le donne. Certi

aspetti dell’esistenza femminile furono trasformati in un modello secondo cui tutte le donne

dovevano vivere, se non volevano negare la propria femminilità. La realizzazione della propria

personalità voleva dire una sola cosa per la donna: essere una madre-casalinga. Dal 1949, le

protagoniste dei racconti pubblicati dalle riviste femminili veniva descritta nell’atto di rinunciare alla

propria carriera e di scoprire che la sua vera aspirazione era quella di diventare una casalinga.

Queste nuove eroine casalinghe sembrano molto più giovani di quelle precedenti, hanno il solo

progetto d’avere un figlio, il solo personaggio attivo e in crescita è il bambino e le eroine casalinghe

sono eternamente giovani, perché l’immagine che hanno di se stesso finisce col momento del

parto. Devono continuare a partorire figli perché la mistica della femminilità afferma che per la

donna è solo questo il modo di essere una protagonista.

Nel giro di 10 anni la fisionomia della donna americana pareva aver subito una frattura

schizofrenica che andava oltre alla scomparsa della “carriera” dai sogni delle donne. L’immagine

della donna era spaccata in due: da una parte la donna femminile, la cui bontà include i desideri

della carne, dall’altra la donna che lavora autonomamente, la cui negatività aspira ad una

personalità autosufficiente. La nuova “moralità” è l’esorcizzazione del sogno proibito della carriera.

Eliminata la donna che ah un lavoro, si andò ad eliminare anche la donna di casa che si

impegnava nei problemi della collettività e la donna di casa che si limitava a pensare con la sua

testa. Lo sbocco finale si chiama togetherness, cioè uno stato in cui la donna non ha alcuna

personalità indipendente, ma esiste tramite e solo per il marito e i figli. Si rimproverava alle donne

di costringere i mariti a sbrigare faccende domestiche invece di lasciare che si dedicassero alla

nazione e ai problemi del mondo. Gli articoli che parlano di persone che non possono vedere,

parlare o muoversi o che sono malate di cancro o di paralisi diventarono fondamentali nelle riviste

femminili nell’era della casalinga perché la lettrice donna di casa riusciva sempre ad identificarsi. E

dato che vigeva la regola che la donna doveva potersi identificare, se si scriveva su una donna che

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non era una massaia, si doveva farla apparire come una massaia, trascurando le attività che

svolgeva nel mondo extracasalingo o la sua personale visione della vita. La sola donna

professionista che era sempre stata bene accolta nelle pagine delle riviste femminili era l’attrice.

Ma anche la sua immagine subì una sensibile trasformazione: da quella de

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Publisher
A.A. 2015-2016
15 pagine
13 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher likelikelike di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dell'educazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Spini Andrea.