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Riassunto esame Sociologia dell'educazione, prof. Andrea Spini, libro consigliato "Memorie di una che c'era. Una storia dell'Udi", Marisa Rodano Pag. 1 Riassunto esame Sociologia dell'educazione, prof. Andrea Spini, libro consigliato "Memorie di una che c'era. Una storia dell'Udi", Marisa Rodano Pag. 2
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Capitolo4: Gli anni della transizione

C’era un parallelismo tra l’evoluzione degli eventi politici e gli indirizzi programmatici e di lavoro

dell’Udi e l’esperienza confermava che quelli perseguiti dall’Udi erano sbagliati. Il mutato contesto

generale avrebbe potuto favorire un nuovo percorso. La Fdif era sicuramente l’organizzazione

femminile internazionale più grande sulla scena mondiale dal punto di vista del numero delle

associazioni aderenti e dei paesi rappresentati. Nel terzo congresso della Fdif si trattò di temi della

pace invece che dell’emancipazione femminile. Il peggioramento delle condizioni di vita delle

donne e le discriminazioni di cui erano oggetto erano attribuite alla persistenza di regimi feudali e

alla politica di riarmo e di preparazione alla guerra. L’Udi romana era intervenuta nelle lotte dei

lavoratori e delle lavoratrici, prevalentemente contro i licenziamenti e per l’accorciamento delle

distanze salariali. Venivano poi denunciate le intollerabili condizioni di vita delle lavoratrici ed era

stato costante il riferimento ai diritti costituzionale e viva la polemica con la campagna “reazionaria”

per il ritorno delle donne al focolare. Erano stati riaffermati con la forza il diritto al lavoro e a

un’equa retribuzione. Nell’Udi nazionale, venne riaperto il dibattito sull’emancipazione femminile,

intesa come il rispetto dei diritti per la donna e la sua possibilità di affermarsi in tutti i campi, ma

soprattuto la sua liberazione dal bisogno e dallo sfruttamento e la possibilità di farsi una famiglia, 4

avere una casa “degna”, una lavoro sicuro e l’assistenza per i bambini. Assieme ai temi della

difesa della famiglia e della salvaguardia della pace, le richieste segnavano senza dubbio una

ripresa dello specifico femminile, ma l’emancipazione era essenzialmente ridotta ad un problema

di diritti e di parità. La battaglia sui diritti finiva per restare un’azione di propaganda o di iniziativa

parlamentare. Le preoccupazioni dell’Udi erano soprattutto di carattere finanziario che

consistevano nel farsi pagare tempestivamente le rette e far quadrare le entrate e le uscite. Erano

anche relative alla formazione del personale insegnanti e alla gestione delle colonie. L’Udi

reclamava il prezzo politico dei libri di testo e si pronunciava contro l’aumento delle tasse nella

scuola media e nell’avviamento professionale. Infine sollecitava l’eliminazione dei turni e la

soluzione dei problemi dell’edilizia scolastica. Se i problemi che investivano la vita politica e sociale

non si potevano trascurare o rimuovere, era però necessario valutarli dal punto di vista delle

donne. Il pericolo di guerra, l’attacco alle libertà democratiche e la durezza della situazione

economica venivano perciò additate come ostacoli al movimento di emancipazione femminile.

Capitolo5: La svolta del 1956

Le divergenze e le incomprensioni sulla linea di emancipazione sembravano non avere fine. Era

necessario uscire dalla chiusura tradizionale, far emergere la tematica di emancipazione e, al

tempo stesso, mettere in luce i lineamenti di un programma rivendicativo delle donne per la

campagna elettorale amministrativa. Bisognava “fare la lotta di emancipazione” anziché “dire” di

lottare per l’emancipazione e quindi passare da un’azione di propaganda a un’azione di lotta.

L’emancipazione doveva essere usata come un fine e non come uno strumento, ma come il fine e

la ragion d’essere dell’Uni. L’Uni doveva essere la premessa necessaria a due obiettivi

fondamentali: una grande associazione unitaria di tutte le donne e un’associazione del tutto

autonoma rispetto a ogni subordinazione a qualsivoglia forza politica. L’esistenza di un movimento

di donne stava nell’appartenenza al sesso e non nella collocazione politica o sociale. La storia

politica era lo scenario, ma le donne non erano ancora le protagoniste di questa storia. Si cominciò

a parlare di “questione femminile” intesa nel senso che l’emancipazione femminile doveva essere

considerata come un problema nazionale, cioè trasversale rispetto alle classi sociali, della

questione meridionale e della questione agraria. Si ribadiva però che la soluzione della questione

femminile poteva essere portata a compimento solo dalla lotta liberatrice della classe operaia

perché essa rappresentava in modo unitario la grande maggioranza delle donne italiane. La linea

dell’Ud, anche se accettata a parole ai vertici, non piaceva alla maggioranza dei militanti maschi

nei partiti del movimento operaio. L’Udi si era mossa secondo due direttrici fondamentali: la prima

individuando alcuni obiettivi concreti sui quali concentrare le sue “campagne”, come la parità di

salario, la pensione alle casalinghe, intesa come riconoscimento del valore sociale del lavoro

svolto nell’ambito domestico, il divieto di licenziamento per matrimonio, il riconoscimento del diritto

della parità per le donne contadine e la rivalutazione del loro lavoro e la seconda sentendo

l’esigenza di dare più spessore all’elaborazione teorica dell’emancipazione, anche per fornire un

più solido fondamento all’autonomia dell’associazione. Si era aperto così un periodo di iniziativa

assai intensa. Venne lanciata una petizione nazionale per l’istituzione di una pensione a favore

delle casalinghe e si tenne la prima conferenza nazionale delle donne della campagna. Si

organizzò anche un incontro sul riconoscimento dei diritti delle donne della campagna in cui

parteciparono più di mille contadine e braccianti. Un grande convegno intitolato “Retribuzione

eguale per un lavoro di valore uguale” si proponeva di costruire e rinsaldare una rete di alleanze

con l’insieme delle associazioni e dei movimenti femminili prefascisti e laici, come premessa per la

costruzione di una più larga unità delle donne. L’Udi aveva iniziato anche ad occuparsi di

tematiche non specificatamente femminili, come la tutela del lavoro a domicilio o la scuola

dell’obbligo e l’istruzione, dato che erano convinte che elevare l’obbligo scolastico e abolire

l’avviamento avrebbero fornito in particolare la crescita formativa delle ragazze e il loro processo di

emancipazione. Si soffermarono anche sulle condizioni materiali della scuola perché mancavano

le aule. Mutando le leggi e l’assetto sociale, assicurando l’accesso delle donne al lavoro retribuito

e all’indipendenza economica e creando le condizioni concrete per “conciliare” lavoro e famiglia, le

donne sarebbero state sottratte a un destino di schiavitù domestica e di esclusione della storia e

avrebbero cambiato profondamente e in meglio la loro vita.

Solo la lotta di emancipazione poteva essere la motivazione per aderire all’Udi e ciò significava

anche prendere iniziative per la pace o per la difesa dell’infanzia, secondo l’urgenza e la gravità 5

del momento. In sostanza si cercava di bloccare il ricorrente tentativo di trasformare la federazione

in un comitato per la pace al femminile.

Capitolo6: La doppia militanza e il cammino verso l’autonomia

Le ragazze dei movimenti extraparlamentari coniarono anni dopo il termine di “doppia militanza”

per indicare i militanti del Pci che in passato erano stati militanti dell’Udi. Impegnate in

un’estenuante battaglia per far prevalere l’autonomia del movimento delle donne e per cercare di

svincolare l’associazione dalla tutela dei partiti, quelle dell’Udi si trovavano strette in una

contraddizione tra interessi e doveri opposti. In questo momento, dopo la svolta del 1956, l’Udi non

si era ripresa: l’organizzazione era fragile, mancava di vita democratica interna e ciò ne derivava

un forte disagio. Le critiche si erano concentrate sul lavoro svolto. Venne così chiesto alle

responsabili delle commissioni femminili delle federazioni di esprimere un giudizio sull’attività e

sull’efficienza politico-organizzativa dell’Udi nella loro provincia. Alla fine, secondo la classe

operaia e le masse femminili, la “piena liberazione” era possibile solo se all’attività di massa era si

fosse accompagnata l’azione dell’organizzazione politica di avanguardia, cioè del Partito

comunista. Durante il congresso “Per l’emancipazione della donna, una grande associazione

autonoma e unitaria” si affermò che la causa dell’emancipazione femminile aveva bisogno

dell’unità di tutte le donne sulla base esclusiva dei loro interessi ideali e concreti, al di fuori degli

schieramenti politici e ideologici, al di fuori e al di sopra dei partiti, qualunque essi siano. Per

realizzare il programma, l’Udi doveva chiamare le donne a lottare unite, elaborando una

piattaforma politica autonoma, senza la preoccupazione di farla più o meno coincidere con

posizioni di partiti o di altre organizzazioni e battendosi contro tutti gli ostacoli che essa incontrava

nella sua azione. Era necessario riprendere con slancio il tesseramento dell’Udi e che le

campagne nazionali di adesione rappresentassero inoltre un elemento di unificazione dei molteplici

movimenti che si costituivano attorno ai singoli temi e iniziative. Insomma, le priorità erano

cambiate e le campagne di adesione non erano più considerate la forma organizzativa

fondamentale. Un primo tentativo di dare all’autonomia del’Udi anche un fondamento teorico si

fece sentire con l’idea che quella in cui le donne vivevano era una “società maschile” perché era

fondata e costruita sulla presunzione che il compito esclusivo della donna fosse quello di

assicurare la realizzazione del lavoro domestico. All’Udi era stata impressa una spinta che avrebbe

prodotto risultati significativi. L’autonomia, come condizione per perseguire l’unità delle donne sulla

base del riferimento al sesso, era stata sancita. L’analisi della società cominciava ad essere

anch’essa autonoma. Di essa si denunciava il fondamento intrinsecamente maschilistico poiché si

basava su differenze non più di classe ma di genere.

L’emancipazione femminile si era venuta sempre più affermando come una questione

fondamentale per il rinnovamento nazionale e che, da una enunciazione generica, si era passati

ad azioni e lotte concrete e unitarie su singoli e importanti problemi. Invece di “baloccarsi”, le

donne avrebbero dovuto condurre azioni a favore della loro emancipazione. Si indicavano quattro

obiettivi immediati di lotta: il lavoro, la parità, l’adeguamento della società civile alle esigenze della

donna e della famiglia e l’utilizzazione di tutti gli strumenti culturali, a partire dalla

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
12 pagine
9 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher likelikelike di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dell'educazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Spini Andrea.