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LE ASSOCIAZIONI CULTURALI TRA FRAMMENTAZIONE E
RICOMPOSIZIONE SOCIALE
All'interno del settore nonprofit, Le associazioni culturali sono attive in svariati ambiti che vanno dalla
produzione artistica alla formazione e alla ricerca, dalla valorizzazione del territorio alla salvaguardia delle
tradizioni popolari, dalla promozione della cultura specialistica alla diffusione della cultura popolare e così
via. Si tratta di ambiti che possono avere significative ricadute sui processi di sviluppo del territorio.
Tre ricerche sull'associazionismo nel mezzogiorno
Una delle ricerche riguardanti la dipendenza dell'associazionismo è stata offerta da Costantino e Trobia;
essi, in un’analisi sulle politiche culturali siciliane, ipotizzano un uso strumentale delle associazioni, che a volte
nascono per nascondere esigenze di finanziamento. Ciò produrrebbe ricadute sulla cultura dell'associazione e
sulla stessa società civile, favorendo un degrado politico e istituzionale ma anche apportando fragilità e
dipendenza da fondi pubblici.
In questo quadro, le associazioni non riuscirebbero a porsi come realtà stabili e consolidate.
Una delle conseguenze di tale situazione sarebbe la tendenza mostrata da diversi gruppi associativi ad avere
un ciclo di vita breve.
L'altra faccia del dinamismo: la fragilità delle associazioni culturali
Cosa conduce le associazioni alla mortalità e alla frammentazione?
✤ La fragilità che caratterizza le associazioni culturali appare innanzitutto legata alla difficoltà a creare
connessioni e cooperare per porsi specifici interessi;
✤ La lettura di questa frammentarietà può essere effettuata da due prospettive: una globale e l'altra locale.
A livello globale, la frammentazione può intendersi come esito di quello che è stato definito soggettivismo
post-moderno: fenomeno in cui si registra la diffusione dell'atomizzazione sociale e dell'isolamento
individuale, l’affievolirsi dell'interesse per la politica, l'incremento di comportamenti anti-sociali.
✤ La produzione culturale nei paesi industrializzati è caratterizzata dalla prevalenza di organizzazioni senza
scopo di lucro e dalla forte rilevanza di sussidi pubblici. Alcune teorie concordano nel ritenere il nonprofit
in grado di produrre beni e servizi qualitativamente migliori rispetto a Stato e mercato ma a costi
inferiori. Dunque è stato constatato che è più conveniente investire risorse finanziando il non-profit, in
quanto è più idoneo a soddisfare una domanda di prodotti di elevata qualità. Trimarchi osserva come vi sia
il concreto rischio di giustificare il finanziamento pubblico, presupponendo l'incapacità delle istituzioni
culturali di sopravvivere con mezzi finanziari propri.
✤ Le obiezioni riportate sulla prassi del finanziamento pubblico alla cultura vertono su diversi aspetti: non
solo sul perché finanziare, ma anche sul chi, cosa e come finanziare, ciò alla luce degli sprechi e delle
inefficienze che caratterizzano gli attuali meccanismi di finanziamento. Non tutto può essere finanziato e
non tutto merita di essere finanziato. L'allocazione di risorse pubbliche non può e non deve limitarsi a
contributi economici ma deve comporsi di un'idonea attività di regolamentazione e consistere anche nella
realizzazione di infrastrutture e servizi. Invece, l'assenza di pianificazione produce pesanti ripercussioni
sulle opportunità a disposizione delle associazioni. Si produce un habitus per cui gli operatori possono
ritenere più razionale cercare un proprio canale di accesso particolaristico al sistema dei finanziamenti
piuttosto che investire in qualità; ciò perché spesso non vengono premiate le associazioni più meritevoli. In
questo modo, proprio i finanziamenti pubblici potrebbero disincentivare ciò che, invece, avrebbero il
compito di salvaguardare: ossia la qualità della produzione culturale e la qualità dei servizi erogati dalle
associazioni culturali.
✤ Il nonprofit si muove su una linea di confine fra Stato e mercato. Da un lato può essere finanziato per la
gestione di servizi di utilità pubblica e la produzione di beni collettivi, dall'altro lato può tendere ad
orientarsi al mercato. Nel primo caso, il ricorso al mercato si traduce nell’individuazione delle risorse che
consentono all'organizzazione di produrre e gestire autonomamente le proprie attività; nel secondo caso,
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invece, ci si trova dinanzi a forme hard di aziendalizzazione del nonprofit che rischiano di snaturare
quest'ultimo delle sue caratteristiche costitutive.
The only game in town
Quali sono i comportamenti più razionali per l'operatore culturale che vuole entrare nel mondo produttivo?
Alcuni comportamenti vengono condivisi, istituzionalizzati, riprodotti nell'azione quotidiana. In tale ottica, il
contesto istituzionale vincola in maniera specifica le singole scelte degli attori ma rispetto a tali vincoli sono
possibili variazioni. La modifica delle norme di comportamento e/o dei vincoli formali e informali può
trasformare gradualmente la struttura istituzionale facendola evolvere verso differenti opzioni di scelta.
Perché ciò avvenga è importante la percezione degli stimoli ambientali da parte del soggetto, come è
importante la selezione e l'interpretazione delle informazioni, l'elaborazione di una decisione e lo stesso
processo organizzativo.
Le associazioni, quindi, da un lato sono un prodotto di una società e della sua cultura dell’altro ne sono
produttrici.
Le buone prassi
Una pratica assume lo statuto di buona pratica sulla base di un processo di valutazione di efficacia, di
efficienza, di sostenibilità che le consentano successivamente di essere riprodotta, trasferita e
standardizzata divenendo un modello cui richiamarsi. Una buona prassi deve avere delle caratteristiche di
originalità sia rispetto ai contenuti sia rispetto alle strategie operative, deve essere adeguata alle specifiche
esigenze del contesto di azione, deve essere capace di valorizzare, migliorare e innovare.
È evidente che non tutte le pratiche messe in atto dalle associazioni possono essere definite buone. Pertanto
si ritiene importante avviare un itinerario conoscitivo finalizzato a far emergere le buone prassi attivate
dalle associazioni per rispondere in maniera propositiva agli stimoli provenienti dal contesto locale.
Due sono le prospettive di indagine delle buone prassi utilizzate:
La prima può definirsi interna—> È volta a cogliere le specificità gestionali e organizzative delle singole
1. associazioni;
La seconda può definirsi esterna—> Cerca di far emergere le relazioni che le associazioni intrattengono
2. con le altre organizzazioni ed istituzioni presenti sul territorio.
Pertanto l'attenzione si è concentrata su due ambiti di indagine:
Le strategie gestionali e operative;
1) I sistemi di relazione, i rapporti con le altre organizzazioni e con le organizzazioni istituzionali ed
2) economiche della società locale.
La gestione strategica e operativa
Il primo ambito di analisi è stato individuato nella gestione strategica operativa, cioè nell'insieme dei
processi che consentono di conseguire scopi e obiettivi prefissati, tenendo conto dei mezzi disponibili, delle
opportunità e degli ostacoli del contesto. Ogni associazione, infatti, può essere considerata come un sistema
organizzativo i cui elementi essenziali sono rappresentati da:
✤ La mission e i valori;
✤ Le mosse strategiche;
✤ Le risorse finanziarie;
✤ L'assetto organizzativo, cioè il sistema dei ruoli;
✤ I meccanismi operativi, cioè i meccanismi di decisione, coordinamento, controllo e comunicazione;
✤ Le risorse umane;
✤ La competenza distintiva, cioè il “saper fare” offerto dall'associazione ai suoi utenti e che la
contraddistingue delle altre operanti nel settore.
Un ambito cruciale è quello relativo al reperimento delle risorse. Nell’indagine sull'associazionismo culturale
palermitano è emerso che il finanziamento pubblico è uno dei principali canali di reperimento delle risorse; ciò
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anche a causa delle caratteristiche strutturali del contesto produttivo locale, ma anche della scarsa
disponibilità ad investire in servizi o prodotti culturali. Non mancano, però, operatori capaci di individuare
soluzioni alternative, più o meno creative e innovative, che riescono ad intercettare risorse preziose per la
realizzazione delle attività.
Oltre alla capacità di reperimento bisogna considerare anche la capacità di gestione e investimento delle
risorse a disposizione. Oggi si osserva come sia sempre più indispensabile fare ricorso a quei processi e
strumenti di gestione idonei ad assicurare l'uso ottimale delle risorse disponibili, verificando al contempo la
possibilità di attrarne di nuove, individuando fonti alternative di finanziamento.
Proprio nella dimensione organizzativa può essere rintracciata la capacità di innovazione delle associazioni.
Potrebbe rivelarsi utile approfondire non sono le strategie organizzative, cioè il modo in cui le associazioni
cercano di gestire e superare i vincoli del contesto, ma anche gli obiettivi che perseguono, cioè le motivazioni
che le spingono, le definizioni che elaborano del contesto locale, le criticità e le opportunità che rilevano.
La dimensione relazionale
Le seconda dimensione che si è considerata rilevante per l'analisi delle buone prassi è relativa all'attivazione
di reti sul territorio. Tutto il settore culturale appare descrivibile come una complessa rete di rapporti
finanziari informativi in cui l'invio di segnali, la costruzione di reputazioni, l'adattamento strategico al
comportamento degli altri agenti appaiono di fondamentale importanza.
Le reti attivabili dalle associazioni possono svolgere diverse funzioni:
• Possono contribuire alla diffusione delle informazioni e delle innovazioni;
• Possono incentivare lo scambio di competenze;
• Possono promuovere il dialogo fra produttori e territorio;
• Possono favorire l'integrazione fra i diversi soggetti produttori e fra questi, il sistema formativo e la
società civile;
• Possono avere diverse finalità ed essere strumentali oppure espressive;
• Possono essere orientate alla produzione di uno specifico prodotto o servizio;
• Possono essere orientate al raggiungimento di un obiettivo comune.
Quest’ultimo punto, soprattutto in un contesto frammentato come quello meridionale, rappresenterebbe una
novità, anche perché consentirebbe alle organizzazioni di superare i propri limiti dimensionali e di acquisire
forza,