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VALORI

Guida l’elaborazione delle E’ stata messa in luce dalla teoria Attraverso gli atteggiamenti O di adattamento sociale,

informazioni in ingresso e rende psicoanalitica e corrisponde ad un esprimiamo i nostri valori consente alle persone di

organizzato un mondo caotico. meccanismo di difesa che opera fondamentali, mettendo in raggiungere determinati

Categorizzare le informazioni in per proteggere l’individuo da luce il nostro vero Sé, le obiettivi ed evitare risultati

dimensioni prestabilite permette conflitti interni o da verità nostre opinioni, le spiacevoli. Mostriamo

di avere degli schemi di spiacevoli. L’atteggiamento convinzioni e i sentimenti. atteggiamenti positivi nei

riferimento con cui interpretare e permette di proiettare i sentimenti confronti di oggetti che

valutare il mondo, garantendo una negativi su altre persone e --> appagano i nostri bisogni,

buona comprensione proteggere il Sé che era stato mentre ne mostriamo di

dell’ambiente sociale complesso. minacciato. negativi verso gli oggetti legati

a fallimenti.

La teoria della dissonanza cognitiva di Festinger è una teoria sul cambiamento di atteggiamento; perché i nostri atteggiamenti siano coerenti

con i nostri comportamenti cerchiamo di attenuare un conflitto fra due elementi cognitivi incompatibili. Per evitare discrepanze si tende a

ignorare le informazioni dissonanti con il proprio atteggiamento e a dare più peso a quelle consonanti.

Gli atteggiamenti possono influenzare il recupero delle informazioni --> Judd e Kulik sostengono che l’atteggiamento funzioni come uno

schema bipolare che contiene sia rappresentazioni congruenti sia incongruenti rispetto ad un tema. Gli schemi attitudinali determinano

un’elaborazione selettiva dell’informazione importante in maniera bipolare --> facilitano il ricordo delle informazioni coerenti e incoerenti con

l’atteggiamento, mentre non elaborano quelle neutre o insignificanti. Gli atteggiamenti monopolari riguardano temi di poco conto e creano

deboli conflitti (sport o musica), quelli bipolari invece sono inerenti a tematiche più importanti, delicate e controverse (pena di morte, aborto).

Relazione tra atteggiamento e comportamento:

Il contesto sociale in cui il comportamento ha luogo influenza la relazione tra atteggiamento e comportamento --> non sempre l’avere un

atteggiamento di favore o sfavore porta ad agire in accordo con le proprie opinioni. La Piere fece un viaggio attraverso gli Stati Uniti con una

coppia di cinesi e visitò più di 200 alberghi/ristoranti; soltanto una volta la coppia ricevette un netto rifiuto. Sei mesi dopo il ricercatore inviò una

lettera ad ogni albergo e ristorante, chiedendo se ospitassero/servissero clienti cinesi: il 92% si dichiarava indisponibile --> al loro pregiudizio

non seguiva un comportamento discriminatorio.

Fishbein e Ajzen fanno notare la sostanziale differenza tra atteggiamento e comportamento che li rende non strettamente correlati: la

misurazione del primo è generica, mentre del secondo è altamente specifica. Se vogliamo capire quanto un atteggiamento possa prevedere un

comportamento dobbiamo partire dall’analisi delle valutazioni che un individuo dà alle azioni che stiamo provando a prevedere. Ogni volta che

l’atteggiamento che stiamo misurando si fa più specifico, il comportamento diviene più prevedibile. Per comprendere la relazione dobbiamo

distinguere due differenti condizioni: comportamento volontario e pianificato oppure spontaneo e automatico.

Intenzioni e comportamento:

Affermazione = espressione di una valutazione che pesa nella decisione

Gli atteggiamenti verso il successo o il fallimento non

influenzano la scelta di provare o meno a raggiungere lo

scopo.

rispetto a quale azione intraprendere.

Secondo alcuni, le dichiarazioni di intenzioni comportamentali in circostanze specifiche sono gli elementi di aggancio tra atteggiamento e

azione. La teoria più influente è quella di Fishbein e Ajzen: la teoria dell’azione ragionata --> il comportamento è determinato dall’intenzione

di eseguirlo e per prevederlo bisogna considerare l’intenzione di agire: ciò che ci si propone di fare è la determinante di ciò che si fa. Affinché

l’intenzione sia un predittore affidabile dobbiamo conoscere quali sono le variabili determinanti di un comportamento --> le principali sono

l’atteggiamento verso il comportamento (valutazione personale, determinata dalle credenze comportamentali) e le norme soggettive (credenze su

come gli altri giudicano il nostro comportamento, determinate dalle credenze normative). Quest’ultime sono importanti poiché prima di agire

immaginiamo cosa possa essere gradito alle persone a noi vicine --> le nostre azioni sono il prodotto di riflessioni su ciò che ci piace e su ciò

che supponiamo piaccia alle persone che non vogliamo deludere. Questo modello sostiene che solo i comportamenti che sono di facile

esecuzione dipendono interamente dalla volontà, per quelli complessi il solo volere può non bastare --> Ajzen estende il precedente modello

nella teoria del comportamento pianificato. Questa è identica alla precedente tranne per il fatto che è stato introdotto il controllo

comportamentale percepito: un antecedente all’intenzione, la credenza di quanto difficile o facile si rivelerà l’esecuzione del problema. La base

di tale teoria è che la persona sviluppi l’intenzione comportamentale soprattutto quando sa di poter portare a termine quel corso di azioni.

A partire da quest’ultima teoria, Bagozzi e Warshaw sviluppano la teoria del provare --> una teoria che spiega lo sforzo contenuto

nell’esecuzione di un comportamento. In questa teoria lo sforzo, o il provare, diventa la manifestazione comportamentali dell’intenzione

dell’individuo. L’atteggiamento viene diviso in 3 componenti:

a) avere successo nel raggiungere uno scopo;

b) fallire nel raggiungere lo scopo;

c) processo che conduce ad a) o a b).

In questa teoria vengono considerati anche gli effetti del comportamento passato: la frequenza passata (influenza l’intenzione di provare e il

provare stesso) e la recenza passata (influenza direttamente il provare ma non l’intenzione). Quest’ultima probabile che induca dei biases; una

forma di distorsione causata dal pregiudizio verso un punto di vista. Quelli più specifici indotti dalla recenza sono gli effetti della disponibilità

(tendenza a prendere decisioni in base alla facilità con la quale gli esempi passati vengono in mente) e dell’ancoraggio (in condizioni di

incertezza le persone partono da un punto di riferimento iniziale e aggiustano le proprie valutazioni in base a tale àncora).

L’accessibilità dell’atteggiamento:

Il modello MODE, teorizzato da Fazio, spiega come gli atteggiamenti siano un’associazione, presente in memoria, tra un dato oggetto e la

valutazione che la persona ha di esso. Da qui la convinzione che solo attraverso l’attivazione in memoria l’individuo è in grado di considerare in

termini valutativi l’oggetto di un atteggiamento già incontrato. Se l’associazione oggetto-valutazione è forte, l’atteggiamento può esser

richiamato rapidamente in memoria --> la velocità rappresenta il modo più comune per misurare l’accessibilità, l’associazione oggetto-

valutazione. Gli atteggiamenti accessibili sono resistenti alle contraddizione e pertanto durevoli --> acquistano robustezza e orientano l’agire in

modo più coerente.

Fazio postula l’esistenza di 2 percorsi che collegano l’atteggiamento al comportamento: un individuo può riflettere sui costi e i benefici del suo

comportamento, oppure lasciarsi guidare in modo spontaneo dai suoi atteggiamenti. Mettendo in atto un processo volontario (1°) l’individuo

pianifica come comportarsi e persegue i propri scopi --> considerevole sforzo cognitivo determinato dall’analisi dell’informazioni e dall’esame

sui costi e benefici. Il modello che segue tale processo è quello di Fishbein e Ajzen. La motivazione è ciò che spinge l’individuo a procedere

attraverso un processo che implica riflessione e sforzo cognitivo. A questa si affianca l’opportunità --> i soggetti devono avere tempo e risorse

cognitive per poter svolgere un elaborazione adeguata.

Se una di queste due viene a mancare, gli atteggiamenti guidano i comportamenti attraverso un processo spontaneo (2°): l’individuo non riflette

sulle conseguenze delle proprie azioni e non le pianifica con cura. In questo caso l’accessibilità dell’atteggiamento è un aspetto cruciale --> più

l’atteggiamento è accessibile, tanto più verranno messi in atto comportamenti spontanei --> gli atteggiamenti altamente accessibili, hanno

maggior probabilità di influenzare il comportamento.

Gli atteggiamenti impliciti:

Sono cognizioni spontanee e inconsapevoli, per misurarli si usa la tecnica del priming affettivo che misura l’influenza di uno stimolo,

sull’elaborazione di un altro stimolo immediatamente successivo. La comparsa del primo attiva informazioni che influenzeranno

l’interpretazione delle risposte successive: “angoscia” attiverà più velocemente “morte” anziché “sorriso”. Anche se c’è una percezione conscia

del primo stimolo, non può esserci una consapevolezza dei suoi effetti sulle nostre risposte. Questa tecnica può essere usata nel momento in cui i

soggetti negano esplicitamente di avere valutazioni negative rispetto a membri di gruppi esterni; i volti di persone di colore attivano

automaticamente negli studenti bianchi americani valutazione negative, mentre i volti di persone bianche provocano valutazioni positive.

Il modello di valutazione associativa e proposizionale distingue 2 tipi di processi mentali:

Processi associativi per gli atteggiamenti Processi proposizionali per gli atteggiamenti

impliciti --> reazioni affettive e automatiche che espliciti --> valutazioni caratterizzate da

non richiedono né capacità cognitiva né giudizi valutativi basati su inferenze

intenzionalità nel valutare un oggetto. Lo stesso sillogistiche. Il ragionamento che ne deriva

oggetto può attivare differenti reazioni affettive ha a che fare con la conferma e la validità

a seconda del particolare contesto in cui si trova. delle proposizioni.

Il cambiamento di

atteggiamento

Attraverso la persuasione le persone riescono a far cambiare atteggiamento agli altri.

Hovland e i colleghi della scuola di Yale sono stati i primi a studiare gli elementi che rendono una comunicazione persuasiva, mettendo in luce

3 fattori: “chi dice cosa a chi” --> analizza le caratteristiche della fonte, del messaggio e del ricevente. Non sono però riusciti a capire quale

aspetto fosse i

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
20 pagine
4 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Fradraken di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università Maria SS.Assunta - (LUMSA) di Roma o del prof Scopelliti Massimiliano.