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Sé
ed è quindi concepibile un Sé perfettamente isolato. Invece è impossibile concepire un Sé al di fuori
dell’esperienza sociale”).
Per quanto riguarda i bambini, Mead afferma che il gioco ha la duplice accezione di play e game: nel primo
il bambino fa riferimento a compagni immaginari e impara a diventare genitore, maestra o altri personaggi;
nel game, o gioco organizzato, impara a rispondere a regole astratte e ad assumere contemporaneamente le
posizioni di tutti i partecipanti al gioco per svolgere al meglio il proprio ruolo. Dal game nasce quindi l’Altro
generalizzato = gruppo sociale cui ognuno di noi fa riferimento, con la pluralità di atteggiamenti comuni che
definiscono gli altri della nostra comunità.
La nascita dell’Altro generalizzato è alla base del Sé, che per Mead è espressione del dialogo interiore fra Io
e Me, è processo sociale, ma non omologante, frutto dell’interazione fra individuo autonomo e richieste
dell’Altro generalizzato. Quindi Mead riprende la terminologia di James ma con diverso significato: Io =
parte costruttiva, espressione della libertà di azione, infinite possibilità che ognuno ha di rispondere alle
aspettative della società; Me = modo in cui rispondiamo ai gruppi cui apparteniamo, riflesso della società,
risposta all’Altro generalizzato.
- Vari autori si rifanno alle concezioni del Sé ostruzioniste e narrative. I Gergen pensano che la prospettiva
individualista non sia sbagliata, ma secondo loro dobbiamo allargare lo sguardo verso una prospettiva
costruzionistica per cogliere la dimensione mediata e relazionale del discorso, dei significati, della società e
del Sé. Parlano di Sé mediante l’Altro per indicare che il Sé è inserito in un reticolo di relazioni e che
sentimenti, desideri, pensieri sono creazioni relazionali e prive di significato fuori dalle specifiche relazioni.
La conoscenza di noi stessi dipende (rimandi a James e Mead) da una continua interazione fra dimensione
culturale e situata delle relazioni sociali in cui siamo inseriti. Tali relazioni sono infatti culturalmente e
storicamente situate, dal momento che in esse si usano significati e repertori interpretativi comuni. Ma esse
non sono rigidamente determinate da tali repertori: il continuo variare delle relazioni comporta una continua
ridefinizione delle costruzioni sociali. Da questa dimensione relazionale, deriva una seconda caratteristica
del Sé: l’instabilità. il costruzionismo invita a guardare al Sé postmoderno come un Sé fluido e
multiforme; Kenneth Gergen suggerisce che l’imporsi degli artefatti tecnologici (telefono/cinema/e-mail/sn)
che estendono le relazioni possibili determini un incremento delle relazioni stesse e della loro
frammentarietà, tanto che il Sé è sempre più saturato e fluttuante, instabile e incoerente perché sempre più
soggetto a sollecitazioni.
A livello metodologico i Gergen e il costruzionismo propongono di studiare come i soggetti narrano del
proprio Sé: le autobiografie. 17
- Contemporaneamente ai Gergen, anche Bruner porta ad una svolta, quella narrativa, che muove nella stessa
direzione del costruzionismo, ma ha alcune proprie caratteristiche. Anche Bruner vuole radicale revisione
della psicologia, ma suggerisce di soffermarsi sulla folk psychology (psicologia popolare) e sulle narratives.
La prima è “insieme di nozioni culturalmente delineate, sulla base delle quali le persone organizzano il
modo di guardare a sé stesse, agli altri e al mondo in cui vivono. La psicologia popolare è una base
In sostanza questo
essenziale non solo per il significato personale ma anche per la coesione culturale”.
insieme di credenze condivise fornisce il senso comune della realtà. È un substrato che però non è totalmente
stabile o organizzato in forma logica: è organizzato invece in storie, le narratives, che forniscono nei miti, nei
racconti popolari, nei generi letterari le risorse cui ciascuno attinge per costruire e ricostruire la cultura.
si costruisce l’esperienza culturale e
Perciò la narrativa per Bruner è la struttura di base tramite la quale
individuale.
Inoltre la narrativa individuale, per Bruner, sarà sempre anche sociale, perché emerge la dimensione della
negoziazione con le narrative costruite dagli altri. Perciò l’autore ci propone una visione del Sé come
culturale, storica e narrativa: culturale e storica perché il Sé nasce dai significati che con gli altri attribuiamo
a noi stessi, dal modo in cui definiamo la nostra identità. Il Sé di Bruner è, ancora, Sé narratore, poiché si
esplica nella pratica di raccontare storie, in cui lo stesso protagonista appartiene alla storia: si presenta agli
altri e a se stesso come una storia in continuo divenire che include non solo quello che è stato ma anche
quello che diverrà o che intende divenire in futuro. La psicologia culturale avrà allora il compito di cogliere
queste storie, sempre soffermandosi sulle autobiografie, cercando di identificare le regole che gli esseri
umani usano per costruire significati in specifici contesti culturali; quando, per quale motivo e in quale forma
le persone fanno riferimento al Sé e quindi costruiscono questo oggetto.
3. Dagli atteggiamenti alle rappresentazioni sociali
Domanda: come valutiamo gli oggetti che costituiscono la nostra realtà quotidiana? Due approcci a
riguardo: (1) la psicologia sociale detta di mainstream risponde attraverso i modelli degli atteggiamenti, i
quali affrontano i processi individuali per dar conto di come valutiamo (positivamente o negativamente) gli
oggetti e i temi sociali per noi importanti e di come le nostre valutazioni influenzino i comportamenti (come
ci comportiamo); (2) l’approccio delle rappresentazioni sociali afferma che non sono gli oggetti, ma siamo
noi stessi a costruire socialmente la realtà.
Rappresentazioni in-azione
Cattolica di Lovanio. Il governo raddoppia la quota di iscrizione all’università all’interno
Belgio, Università
di una legge anti-crisi. mobilitazione studentesca nazionale con ampio seguito, che da qui si propaga a
si richiede di passare all’azione, non pagando la prima
tutte le università dello stato. Quando dal sostegno
rata, scarsa adesione fallimento. Perché questa discrepanza tra sostegno iniziale e mancata
partecipazione? È la domanda che si pone Di Giacomo in una ricerca, a partire dalla quale introduciamo i
e l’approccio delle rappresentazioni sociali e il legame fra cognizioni-
costrutti di atteggiamento
rappresentazioni e comportamento.
Atteggiamenti e rappresentazioni sociali sono vicini, ma non la stessa cosa. (1) La ricerca sui primi è stata
svolta in una prospettiva di mainstream, per scoprire in modo almeno approssimativo i processi cognitivi
individuali; si usano procedure di controllo, per attenuare l’influenza di variabili di disturbo dovute alla
strumentazione e alle caratteristiche dei partecipanti e per garantire la validità dei risultati ottenuti. (2) Per lo
studio delle rappresentazioni sociali si propone invece una prospettiva teorica di tipo socio-costruttivista, che
mette in primo piano la dimensione sociale della conoscenza, pur non rinnegando i processi cognitivi
individuali. Le ricerche si propongono di fornire interpretazioni significative, di approfondire i processi di
co-costruzione e le conoscenze condivise che definiscono i confini degli universi consensuali in cui trova
significato l’azione. 18
Gli atteggiamenti, tra processi cognitivi e pratiche discorsive
♦ Gli atteggiamenti, un costrutto centrale e sfaccettato
Riprendiamo la ricerca di Di Giacomo sulla mobilitazione studentesca: svolta in due fasi, la prima sottopone
agli studenti della mobilitazione un questionario (due volte, a distanza di 15 giorni), per raccogliere la
conoscenza dei partecipanti sulle tematiche della protesta e il loro accordo con esse. Ne emerge
un’approfondita conoscenza dei temi, un sostanziale accordo e anche una disponibilità ad agire, ma una
scarsa efficacia percepita: se ne trae che per passare all’azione non basta avere un atteggiamento favorevole
verso un certo oggetto, né basta l’intenzione, ma bisogna anche prevedere un certo grado di efficacia della
stessa. A livello teorico: in psicologia si attribuisce un significato specifico al termine atteggiamento e, a
differenza dell’uso comune della parola, gli atteggiamenti sono distinti dai comportamenti.
Atteggiamento: costrutto, ovvero “oggetto ipotetico” introdotto per descrivere e spiegare processi non
osservabili. Lo studio degli atteggiamenti è rimasto centrale per la psicologia sociale nel Novecento, ma
proprio questo fatto l’ha reso un costrutto sfuggente, per il quale tanti studiosi hanno dato definizioni diverse
o hanno attribuito caratteristiche e funzioni differenti. Nonostante questo, le varie impostazioni fanno
comunque riferimento all’idea, fondamentale per la prospettiva di mainstream, che sia possibile identificare
dei processi che appartengono all’individuo e che sono in quale
degli stati mentali, delle predisposizioni,
misura legati all’azione del singolo.
Di recente, data la difficoltà della definizione del costrutto, voci critiche di stampo costruzionista, discorsivo
l’abbandono, in favore di una reinterpretazione del rapporto tra
e culturale ne hanno sollecitato
interpretazione della realtà, valutazione e azione.
Ricostruiamo tramite tre voci classiche le tappe seguite dall’approccio mainstream per gli atteggiamenti.
– primo uso del termine “atteggiamento” risalente alla ricerca sul contadino polacco di Thomas e
1
Znaniecki (1918). Gli autori distinguono fra valori sociali e atteggiamenti: “con valori sociali intendiamo
qualsiasi dato che abbia un contenuto empirico accessibile ai membri di un qualsiasi gruppo e un significato
per cui esso è o può essere oggetto di attività. Con atteggiamento intendiamo un processo della coscienza
individuale che determina le attività reali o possibili dell’individuo nel mondo sociale. L’atteggiamento è
controparte individuale del valore sociale; l’attività è il legame fra i due.”
quindi la
Temi che ritorneranno: distinzione fra dimensione sociale del significato, per gli autori appartenente al
dominio dei valori, e dimensione individuale, cui fanno riferimento gli atteggiamenti. Questi ultimi vengono
già definiti nel 1918 come processo individuale.
Notare: corrispondenza tra atteggiamento e azione, con un legame fra i due causale e diretto (il primo
determina la seconda), ma l’azione definita in termini attuali o potenziali (come atto manifesto o come
predisposizione c