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Locus of control interno : le cause del comportamento sono dovute a qualità interne l’attore,
quindi a scelte individuali o caratteristiche della persona
Locus of control esterno : le cause sono da ricercare nell’ambiente circostante l’attore,
quindi il comportamento si attribuisce a caratteristiche dell’ambiente o del contesto
Jonas e Davis vogliono però scoprire se il comportamento messo in atto è dovuto a caratteristiche
stabili del soggetto ecco perché stabiliscono una serie di elementi fondamentali:
libera scelta: se non è presente non possiamo sapere se un comportamento è dovuto a fattori
esterni o interni
effetti non comuni: scelte effettuate che non rientrano nella norma e sono scelte insolite
desiderabilità sociale: le scelte non sono mirate a ottenere il consenso degli altri
Ma un altro elemento fondamentale è la covarianza proposta da Kelley secondo cui nel processo
di attribuzione causale vengono considerati congiuntamente molti fattori e si attribuisce un locus
interno o esterno in funzione della covariazione tra essi. Per identificare il comportamento secondo
questo modello si pongono 3 domande:
distintività del soggetto: succede solo con questo o con tutte le cose?
coerenza in situazioni diverse da parte del soggetto: sempre o solo oggi?
consenso da parte degli altri: anche gli altri o solo io?
A questo punto compaiono bias ed euristiche:
→ Self serving bias: attribuire successi a fattori interni e fallimenti a fattori esterni
→ Ingroup e outgroup: sovrastimare i fattori disposizionali e sottostimare i fattori situazionali
Riguardo la riflessione sul Sé abbiamo differenti ideologie tra queste distinguiamo:
-Una prima direzione è stata intrapresa da Asch, Koffka e Lewin che hanno formulato la Teoria del
Campo (Gestalt) in cui si sottolinea il fattore d’interdipendenza tra i fattori ambientali e quelli
interni (C= (P, A)). Tra le due parti si situa la zona di frontiera dove si trovano percezione,
appropriazione dell’ambiente fisico e sociale da parte dello spazio di vita personale. A sua volta lo
spazio di vita comprende l’esperienza personale dell’individuo ed elementi della persona. Lewin
afferma che l’emergere di conflitti non è solo nel campo interpersonale, ma anche in quello
intrapersonale. Questa teoria propone una visione dinamica della persona che è caratterizzata da
riflessività quindi della capacità di interrogarsi su sé stessa. L’individuo si distingue quindi in Io
reale che comprende il mondo fisico e Io fenomenico che è ciò di cui l’attore è consapevole.
-Un altro approccio è quello cognitivista che predilige l’aspetto conoscitivo del sé piuttosto che
l’aspetto motivazionale e della personalità. Quello che per la Gestalt era l’Io fenomenico viene
diviso in Sé ecologico e Sé interpersonale. Il primo include le percezioni individuali in relazione
all’ambiente, il secondo riguarda la consapevolezza delle proprie azioni in relazione alle altre
persone. Il Sé conosce sé stesso e nel corso del tempo determina una scala gerarchica di
conoscenze e preferenze più o meno specifiche. Markus propone un esperimento in due fasi in cui
si distinguono le persone in schematiche, quindi che si definiscono attraverso degli attributi e in a
schematiche, ovvero che non si ritrovano in una lista di aggettivi. Vengono trasmessi su uno
schermo degli aggettivi a cui ogni soggetto deve rispondere in base alla maggiore o minore
consonanza della propria persona. Alla fine si giunge alla conclusione che gli schematici sono più
pronti a definirsi attraverso degli attributi a differenza degli a-schematici che impiegavano molto più
tempo.
Il Sé è quindi costituito da:
→ Maggiore accessibilità
→ Organizzazione intorno a stati interni
→ Maggiore intensità emotiva
Negli ultimi quarant’anni Markus e Nurius hanno introdotto una nuova concezione del Sé che
comprende non solo gli aspetti del presente, ma anche quelli del futuro e i Sé possibili. Perciò
troviamo il Sé reale, come effettivamente appare; il Sé ideale, come un individuo vorrebbe essere;
il Sé normativo, ciò che un individuo dovrebbe essere. Le discrepanze tra questi vari Sé
potrebbero determinare alcuni problemi, ansie ed angosce. Inoltre lo stesso Markus introduce un
ulteriore concetto di Sé che è il working Self che consiste in alcuni aspetti del Sé che variano in
funzione dell’ambiente. Altri studi di Markus e Kitayama hanno portato a distinguere il Sé
interdipendente, che è connesso al contesto sociale e il Sé indipendente, che è distinto dal
contesto sociale e vuole esprimere sé stesso. Kitayama più recentemente ha voluto sottolineare la
differenza tra Sé e modo di essere. Infatti quest’ultimo includerebbe credenze sociali, tendenze ad
agire e modalità di pensiero.
Negli anni 70 del Novecento la critica principale della social cognition è stata quella di non aver
tenuto conto dell’ambiente sociale in cui il Sé si sviluppa. Una diversa concezione del Sé è quella
sviluppata dall’ interazionismo simbolico tra cui troviamo come padri fondatori William James e
George Hebert Mead. James affronta il tema del Sé come fatto psicologico, cioè come inerente
alla consapevolezza dell’individuo infatti la coscienza non è fatta a pezzi, ma è un flusso che
continua a scorrere. I feelings sono forme di senso calde fondate sul contatto tra corpo e
ambiente e il Sé è costituito da due componenti:
→ L’Io consapevole che conosce il mondo ed è cosciente di sé stesso
→ Il me conosciuto che è tutto ciò che esso può chiamare come suo o proprio
James inoltre distingue tra Sé materiale, spirituale e sociale: il primo raccoglie i feelings legati al
corpo e alla materia; il secondo raccoglie l’autoconsapevolezza; il terzo raccoglie la
consapevolezza di come gli altri ci riconoscono. Perciò esistono tanti sé sociali quante sono le
immagini che gli altri hanno di noi; questo concetto si ritrova anche nel pensiero di Cooley che
elabora il looking glass Self ovvero il Sé riflesso.
Anche Mead elabora il suo pensiero sul Sé affermando che il pensiero stesso è di per sé parte del
sé sociale e che quest’ultimo non è innato ma si manifesta solo dopo che l’individuo ha acquisito
capacità simbolica e la capacità di fare propri degli atteggiamenti altrui. Dopo che un Sé è sorto
questo dà aiuto all’ Altro da sé che costituisce il gruppo sociale a cui ognuno di noi fa riferimento.
La nascita dell’Altro generalizzato è fondamentale per il Sé che per Mead coincide con il dialogo
tra Io e Me. Per Mead il Me è il modo con cui rispondiamo ai gruppi a cui apparteniamo, mentre l’Io
è la parte costruttiva, la componente d’autonomia.
Le riflessioni di James e Mead pongono le basi per delle altre. L’approccio socio-costruzionista
che determina una decostruzione del concetto d’individuo in cui non sono gli individui, ma le
relazioni a creare la società. Infatti Kenneth Gergen parla di “Sé mediante l’Altro” per indicare
come il Sé sia direttamente inserito in un reticolo di relazioni, sentimenti ecc. Una seconda
caratteristica del Sé è la sua instabilità. Il costruzionismo pone uno sguardo al Sé come fluido e
multiforme e sul piano metodologico si rivolge al modo in cui i soggetti parlano di Sé come nelle
autobiografie. La svolta narrativa viene attuata da Bruner che si sofferma sulla folk psychology e
sulle narratives. La psicologia popolare comprende quell’insieme di nozioni e credenze che vanno
a fondare il senso comune. Anche la narrativa individuale per Bruner è sociale poiché si sviluppa
dalla negoziazione con le narrative degli altri. Il Sé diventa culturale e storico perché nasce dai
significati che con gli altri attribuiamo a noi e anche narratore poiché narra delle storie in cui esso
è protagonista.
3.Dagli atteggiamenti alle rappresentazioni sociali
In questo capitolo si introduce il concetto di atteggiamento che si distingue dal comportamento e
rappresenta un “costrutto”, ovvero un oggetto ipotetico introdotto per spiegare dei processi non
osservabili. Sono stati identificate circa 500 definizioni di atteggiamento, ma in sintesi un
atteggiamento si può identificare in un insieme di stati mentali, predisposizioni legate all’individuo
singolo.
La prima definizione importante di atteggiamento è quella di Thomas e Znaniecki che distinguono i
valori sociali dagli atteggiamenti. I primi sono qualsiasi dato di contenuto empirico accessibile al
gruppo, mentre gli atteggiamenti sono dei processi della coscienza individuale che determinano le
attività possibili o reali di un individuo. Qui viene sottolineata la distinzione tra dimensione sociale
collettiva e quella individuale; inoltre si può notare una corrispondenza tra atteggiamento e azione
in quanto legati da legame causale e diretto anche se l’azione è definita in termini attuali cioè come
atto che si manifesta solo con l’avvenimento di azioni precedenti. L’azione collega la dimensione
sociale con quella individuale di conseguenza l’atteggiamento è fondamentale per congiungere
dimensione psicologica sociale e individuale.
Una seconda definizione fu quella di Allport risalente agli anni 30 del Novecento in cui imperava
ancora il comportamentismo. Secondo Allport un atteggiamento è “uno stato di prontezza
mentale e neurologica che si crea con l’esperienza ed è in grado di dare delle risposte verso tutti
gli oggetti e situazioni con cui è in relazione”. In questa definizione troviamo una visione
individualista del costrutto, l’idea che esso si basi sull’esperienza ed infine che influenzi le risposte
individuali. Successivamente dai suoi studi si svilupperà il modello tripartito degli atteggiamenti in
cui un atteggiamento è costituito da una componente: cognitiva, affettiva, comportamentale.
Per la social cognition invece un atteggiamento è:” una valutazione connotata da valenza
(positiva o negativa) e intensità (grado di coinvolgimento riguardo un evento). Una prima direzione
si sofferma sulla forza dell’associazione tra oggetto e valutazione e sulla salienza legata a specifici
fattori situazionali. Una seconda direzione si concentra sull’immagazzinamento in memoria delle
informazioni che costituiscono un atteggiamento. Secondo alcuni autori sono organizzati in
memoria in maniera bi