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UNA PROPOSTA DI INTERVENTO
La qualità dell’attaccamento nei bambini inseriti in comunità
I bambini che hanno subito una precoce separazione dalle figure di attaccamento presentano, di
frequente, uno sviluppo affettivo disfunzionale. È questo, spesso, il caso dei bambini inseriti nelle
comunità per minori, che sono in attesa di potersi ricongiungere ai propri genitori naturali, oppure
di essere adottati o trasferiti presso una famiglia affidataria. Le famiglie di origine di questi
bambini, infatti, sono solitamente famiglie multiproblematiche, incapaci di assicurare un’adeguata
cura ai figli e di assumere il ruolo genitoriale. Nei bambini istituzionalizzati, si osserva una forte
incidenza di modelli relazionali di tipo disorganizzato. Tali modelli, tipici dei bambini esposti
all’imprevedibilità, all’incostanza e alla minacciosità delle figure di accudimento, riflettono le
esperienze relazionali che i piccoli hanno avuto modo di fare con i loro genitori. Si tratta di piccoli
che hanno esperito una figura di riferimento che è fonte stesso del pericolo. In questi casi, il 13
bambino mostra dei comportamenti disorganizzati e conflittuali, in presenza del genitore,
manifestando anche delle espressioni di trance e un sentimento di paura nei confronti del
caregiver. Di frequente i bambini che vivono in comunità mostrano il persistere di questi modelli di
attaccamento anche dopo qualche anno dal loro inserimento; la maggior parte delle comunità per
minori non soddisfa i requisiti necessari affinché sia possibile, per il bambino, ristrutturare i propri
modelli operativi interni: il continuo turn-over dei caregiver, la necessità per questi ultimi di
prendersi cura contemporaneamente di più bambini, la mancanza di una figura di riferimento
costante, e l’enfasi posta sulla funzione “educativa” della comunità in senso stress sembrano
essere i fattori maggiormente responsabili della presenza di modelli di attaccamento di tipo
insicuro fra i bambini istituzionalizzati.
Gli interventi per promuovere legami di attaccamento sicuri nei bambini “separati” dai genitori
La comunità dovrebbe essere un contesto in cui costruire nuove relazioni capaci di riorganizzare i
meccanismi relazionali disfunzionali sviluppati nel contesto familiare. È necessario pensare alla
comunità come risorsa: non solo come esperienza di “passaggio” da una famiglia a un’altra o di
“attesa” di ricongiungimento della famiglia di origine, ma anche, piuttosto, come fattore
protettivo capace di offrire ai bambini una base sicura ben funzionante, che li aiuti ad affrontare
con successo il rientro nel nucleo familiare d’origine o l’essere accolti in una nuova famiglia.
Questo diventa possibile, se l’educatore si propone, all’interno della comunità, come una figura di
attaccamento, lasciandosi coinvolgere emotivamente nella relazione con i minori, garantendo una
presenza assidua e costante nella vita quotidiana del bambino, assicurandogli il sostegno fisico ed
emotivo di cui ha bisogno. Se queste condizioni sono soddisfatte, è probabile che il minore possa
stabilire una relazione di attaccamento sicura con una figura esterna alla famiglia, ma per lui, e in
quel preciso contesto, estremamente significativa. Come sottolinea il modello proposto da van
IJzendoorn e Juffer, al fattore di rischio iniziale che questi bambini portano con sé, ovvero la
separazione dalle figure genitoriali e l’istituzionalizzazione, si può ovviare offrendo al bambino
l’occasione di sperimentare cure familiari stabili e continuative, attraverso l’istituto dell’adozione.
L’esperienza in comunità e l’eventuale successiva adozione possono promuovere un recupero
nell’area fisica, cognitiva e affettiva; progressi in tali aree avranno poi effetti sull’autostima
dell’individuo e sulla riduzione di difficoltà nell’adattamento (ad es. sull’incidenza di problemi
comportamentali).
L’utilità di un intervento basato sull’attaccamento nelle comunità per minori
La comunità può costituire un contesto privilegiato per attuare dei programmi di intervento basati
sull’attaccamento; questi, infatti, consentono di agire proprio sulle dimensioni critiche della
costruzione delle relazione affettiva tra il bambino e l’educatore; da un lato, mirano a sostenere la
costruzione di una buona relazione affettiva tra educatore e bambino, così da consentire a
quest’ultimo di ristrutturare la propria organizzazione affettiva verso una maggiore sicurezza;
dall’altro, gli interventi basati sull’attaccamento offrono l’opportunità di promuovere un
cambiamento nelle rappresentazioni dell’educatore offrendogli una riflessione sulle sue 14
esperienze passate e presenti di attaccamento , al fine di potenziare le risorse emotive su ci
contare nella costruzione di nuove relazioni di accudimento.
Il Videofeedback to promote Positive Parenting (VIPP): caratteristiche generali dell’intervento
Il protocollo VIPP è stato sviluppato da un gruppo di esperti nell’area dell’attaccamento in Olanda.
La tecnica del video feedback è la tecnica principale utilizzata dall’intervento, in cui si
ripropongono al caregiver delle sequenze videoregistrate dell’interazione con il bambino:
partendo dalle informazioni videoregistrate, vengono forniti al caregiver dei feedback relativi alla
qualità del suo comportamento interattivo. Negli ultimi anni, dal protocollo VIPP sono state
sviluppate alcune varianti che si adattano al trattamento di varie situazioni di rischio per la
sicurezza dell’attaccamento infantile; due varianti sono quelle utili in questa sede. La prima
prevede, oltre al lavoro sulla relazione tra caregiver e bambino, anche la discussione sulle
rappresentazioni mentali del caregiver relative alle proprie esperienze passate di attaccamento;
questa variante prende il nome di VIPP-R per indicare le discussioni sulle rappresentazioni mentali.
L’altra variante, nota come VIPP-SD, prevede, oltre al lavoro sulla relazione, un approccio
psicoeducativo volto a promuovere l’utilizzo di alcune tecniche di disciplina sensibile.
L’intervento sulla relazione tra educatore e bambino: l’uso del biofeedback
La tecnica del video feedback può essere utilizzata, in comunità, con un duplice obiettivo:
promuovere la sensibilità del comportamento dell’educatore e aiutare quest’ultimo ad adottare
delle tecniche di disciplina sensibile. La sensibilità è intesa come la capacità di percepire
adeguatamente i segnali del bambino, nonché di rispondervi in maniera adeguata e contingente.
Promuovere la sensibilità: durante ogni incontro, l’intervenor realizza un filmato dell’interazione
tra la figura di riferimento (in questo caso, l’educatore) e il bambino; all’educatore viene chiesto di
comportarsi come è solito interagire con il bambino. Il video raccolto viene quindi analizzato
dall’intervenor che prenderà una serie di appunti relativamente ai feedback che intende fornire
all’educatore e ai frammenti di video che intende riproporre. Durante le prime sessioni di video
feedback, il focus dell’attenzione è rivolto ai segnali del bambino. Per sensibilizzare l’adulto a
comprendere il significato dei comportamenti del bambino, si usa la tecnica dello speaking for the
baby che consiste nel verbalizzare il significato del comportamento infantile (piacere di
esplorazione, ricerca di attaccamento). Nel corso delle sessioni di intervento previste, il focus
dell’attenzione si sposta progressivamente dal bambino alla relazione tra questi e l’adulto. così i
feedback non riguarderanno esclusivamente il significato del comportamento infantile, ma anche
l’adeguatezza delle risposte dell’educatore. L’intervenor, durante la visione del filmato in
compagnia dell’educatore identifica le cosiddette sensitivity chains, ossia le sequenze interattive
caratterizzate da un segnale del bambino, seguito da una risposta dell’adulto a sua volta seguita da
una reazione del bambino. L’obiettivo è quello di far si che l’educatore sia capace di adattare il
proprio comportamento alle esigenze del bambino.
Adottare tecniche di disciplina sensibile: il video feedback viene utilizzato anche per promuovere
strategie di disciplina sensibile. Dal momento che i bambini che vivono in comunità presentano,
spesso, problemi comportamentali sul versante dell’esternalizzazione, o comunque, difficoltà a 15
rispettare le regole, può essere molto utile, promuovere nell’educatore l’utilizzo di tecniche di
disciplina sensibile. Anche in questo caso, si realizzano dei filmati dell’interazione educatore-
bambino, in cui si chiede all’adulto di imporre delle regole e al bambino di ubbidirvi. Riproponendo
il filmato all’operatore e usando la tecnica dello speaking for the baby, l’intervenor può chiarire le
motivazioni e i desideri del bambino, allo scopo di sollecitare empatia da parte dell’adulto. La
riflessione con l’intervenor ha lo scopo di ridurre le attribuzioni negative al bambino e di
promuovere una comprensione del comportamento infantile alla luce delle conoscenze sullo
sviluppo. L’intervento, prevede, inoltre, che si illustrino all’educatore nuove strategie per
promuovere la disciplina : tra queste, vi sono l’induzione, che consiste nell’imporre una regola o
un divieto spiegando al bambino l’utilità di questa, chiarendo il motivo per cui si impone una
regola. Altre tecniche utilizzate sono l’uso dei complimenti, anche per piccoli sforzi fatti dal
bambino che hanno avuto esiti positivi; l’uso del time-out dove al bambino viene imposta una
pausa di riflessione, che consenta a entrambi i partner di recuperare la calma (consente di
interrompere i cicli negativi tra il caregiver e il bambino).
L’intervento sulle rappresentazioni mentali dell’educatore attraverso la discussione sulle
esperienze passate
Le rappresentazioni mentali rispetto all’attaccamento hanno origine dalle passate esperienze
d’attaccamento dell’individuo e assolvono un’importante funzione nel suo adattamento socio
affettivo. Diversi studi hanno dimostrato che la qualità delle rappresentazioni mentali del
caregiver costituisce il principale antecedente dell’accudimento sensibile, e , di conseguenza, della
qualità dell’attaccamento infantile. Gli adulti cosiddetti sicuri hanno conquistato un’autonomia
affettiva che li rende in grado di dedicarsi pienamente all’accudimento del bambino. Al contrario,
gli adulti insicuri, a causa di esperienze di attaccamento sfavorevoli, presentano rappresentazioni
mentali del loro passato poco integrate, che si manifestano