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Come nel gioco, anche nel raccontare è presente una dimensione individuale e una dimensione
generale o universale. La ludicità nella narrazione è al tempo stesso allegra e triste, reale e non
vera, individuale e universale, fuori e dentro le regole consuete. Il narratore ludico che parla di sé
compie una narrazione ludiobiografica, cioè che parla della vita (“bio”), che attiene alle gioie, alle
perplessità, ai timori propri del vivere in sé e con gli altri, che si mostra giocosa, fresca e divertente
(“ludo”) e che comunica utilizzando la parla, lo scritto o altre forme di grafie (“grafica”). La
ludiobiografia è un’attività composita, apparentemente semplice, che si pratica in una continua
ricerca di equilibrio fra sicurezza e insicurezza, dove c’è implicazione e distacco, dove si prova 5
piacere ma anche dolore e dove si percepisce sia la solitudine che la condivisione. Nella
narrazione ludiobiografia è il contesto che conta: in uno spazio, luogo o tempo che favorisce
l’ascolto e la disponibilità è possibile raccontarsi senza ferire o ferirsi. In situazioni non rispettose,
frettolose o stressanti non si può narrare.
I primissimi mesi sembrano quelli nei quali i bambini non comprendono il parlare degli adulti, ma
ogni madre è consapevole di quanto siano immediatamente comprensibili e decifrabili per un
bambino piccolo la tonalità, il timbro e l’intensità della voce e quanta comunicazione non verbale
passi. La narrazione tra madre e bambino non è un travaso di contenuti, ma un fluttuare di
memorie, un susseguirsi di percezioni, una sollecitazione di affetti e tanti altri elementi che non
sono riducibili a “cose” da trasmettere. La profondità di pensiero e di affetti rappresenta la forma
più elevata di costruzione della conoscenza. Più un contenuto viene elaborato in profondità, tanto
più esso viene meglio memorizzato. Una comunicazione affettiva consente un’elaborazione più
intensa ed un apprendimento migliore. In questi casi, il cervello mette in moto più impulsi che
vengono trasmessi da più sinapsi, le quali si modificano e sviluppano la mente. La costruzione
della memoria a lungo termine è anche un processo “lento” che non viene favorito da informazioni
veloci ed incalzanti. Per questa ragione molti studi hanno provato a dimostrare come l’uso delle
tecnologie non aiuti l’apprendimento e abbassi il rendimento scolastico. Il sovrapporsi di immagini
e il susseguirsi rapido di narrazioni rendono i bambini piccoli più irrequieti anziché più calmi. La
narrazione e la lettura non consentono velocizzazioni: ascoltare una storia o leggere un libro
funziona bene se c’è calma, se non c’è strumentalizzazione didattica e se c’è relazione. Le
narrazioni scritte per i bambini piccoli hanno avuto un notevole sviluppo negli ultimi anni: la
letteratura per l’infanzia si è arricchita di autori e di illustratori che hanno ridato valore e dignità
artistica ad una forma di letteratura considerata, per molto tempo, “minore”.
Capitolo3: Una rete… di storie. Narrazioni digitali
Negli ultimi anni, all’albero dei racconti e delle narrazioni negli ultimi anni si sono aggiunte nuove
forme di narrazione digitale e virtuale che sono emersi grazie allo sviluppo della tecnologia
informatica e soprattutto allo sviluppo del web. Nuove reti narrative si intrecciano, si influenzano e
si annodano in una specie di flusso che non si ferma mai. L’epoca narrativa che stiamo oggi
vivendo è fatta di contaminazioni tra studenti e linguaggi diversi (parole, immagini, suoni…), di un
intreccio costante tra forme di realtà diverse (tra reali e virtuali) e dalla voglia di condividere
continuamente la propria storia di vita. La narrazione dei ricordi di vita trovano spazio nella rete
digitale che si è fatta “contenitore” della storia di vita dei soggetti i quali lasciano una traccia
digitale sul web. Il nuovo mondo è sempre più in bilico tra reale e virtuale che stiamo oggi vivendo.
Le nuove forme di narrazioni digitali devono la loro nascita e il loro successo alla rivoluzione
tecnologica e ad alcuni fenomeni che si sono sviluppati nel corso del Novecento: le forme di
contaminazione tra linguaggi estetici diversi, le nuove forme di creazione narrativa che gioca con le
parole e i suoni e la nascita del role play e dei libri game. A questi fenomeni si legano lo sviluppo
delle tecnologie informatiche, le quali hanno modificato il nostro modo di scrivere, leggere e
comunicare, e la nascita e la diffusione del web. Le caratteristiche del web sono l’interattività, che
rende il soggetto un attivo partecipante, e la possibilità dell’utente di proiettare una parte di sé
senza correre grossi rischi e, se vuole, mantenendo anche un alto livello di anonimato. In questo
modo cade la paura di essere giudicati o di sentirsi rifiutati “dal pubblico”. La narrazione del
computer può dunque essere libera e liberante. Lo sviluppo di nuove forme mediali conducono i
soggetti a ripensare i modi di ideare e creare le proprie storie e modificano i modi di “leggere” e
fruire le storie stesse. Tutto ciò ha dato vita a processi di cross-medialità che consistono nel creare
narrazioni e contenuti specifici per ciascun mezzo di comunicazione coinvolto all’interno di un
progetto che utilizzi più media simultaneamente. Le nuove forme di narrazione digitale sono
particolari proprio perché hanno origine dal “basso”, dove al centro e costruttori di “cultura” sono
proprio gli utenti. Al centro dell’esperienza di ogni forma di narrazione digitale c’è sempre il lettore/
fruitore che può interagire costantemente con il narratore/autore e spesso anche con il racconto
stesso, di cui può essere un personaggio attivo. Le nuove narrazioni si caratterizzano spesso per
la loro fluidità dovuta all’incroci letterari e alle contaminazioni con altri tipi di media. Le nuove
narrazioni sono fatte di parole, farsi, video, immagini, suoni e musiche e danno vita a narrazioni-
mosaico. Il web è un laboratorio costante di scrittura creativa sempre più collaborativo e
connettivo, un luogo di scrittura, sperimentazione ed espressione di sé. 6
I fenomeni predittivi delle contemporanee forme di espressione narrativa nel mondo del
cyberspazio si intrecciano e si sviluppano per tutto l’arco del Novecento. Le sperimentazioni
narrative tra la fine dell’Ottocento e il Novecento sono legate alla creazione di romanzi
strutturalmente non lineari e alle sperimentazioni letterarie surrealiste di cui l’esempio più luminoso
rimane l’OULIPO di Queneau. Queneau inserisce i caratteri del ludico in tutta la sua
sperimentazione letteraria in modo tale che conierà neologismi, navigherà tra associazioni e
contaminazioni fonetiche e darà vita a giochi linguistici. La sperimentazione letteraria dell’OULIPO
si è diffusa e sviluppata anche in Italia. Due importanti fenomeni ludico-narrativi sono il role playing
game e il librogame. I role play o giochi di ruolo sono l’evoluzione dei wargame, cioè delle
simulazioni di battaglie e conflitti svolte su mappe militari. In realtà i wargame erano strumenti
utilizzati per l’addestramento militare già in tempi antichi ma le sue origini si possono rintracciare
già nel gioco dei soldatini. La data di nascita ufficiale dei giochi di ruoli è il 1974 come alternativa ai
classici giochi di simulazione di guerra. Un gioco di ruolo è un’avventura immersiva dove il
giocatore deve calarsi in un altro diverso da sé e interpretare, facendolo “vivere”, un personaggio
le cui caratteristiche trovano posto in una scheda-personaggio. La costruzione del personaggio è
una delle parti più importanti dei giochi di ruolo: è il soggetto infatti che sceglie chi e cosa
interpretare mentre i punteggi delle caratteristiche vengono a determinarsi dall’incrocio delle regole
presenti sui regolamenti di gioco con tiri specifici dei dadi. Il personaggio, insieme agli altri del
gruppo, intraprende e vive un’avventura guidata da un narratore compiendo azioni, facendo scelte
personali e di gruppo che contribuiscono allo svolgersi e al crearsi della storia. I giocatori di ruolo
creano e condividono uno spazio immaginario fantastico nel quale si muovono e agiscono grazie
alle regole a cui devono attenersi, alla tipologia di personaggio scelto e alla guida del master.
Un’evoluzione strutturata, regolata e “adulta” del gioco simbolico che tutti fin da bambini fanno con
al centro la narrazione. Ormai le tipologie del gioco di ruolo e le sue ambientazioni sono molteplici
e si sono negli anni diffuse in tutto il mondo. Più o meno negli stessi anni in cui si sviluppa e cresce
il gioco di ruolo si diffondono anche i librogame. Essi rappresentano una forma di narrazione
interattiva che mette al centro il lettore dandogli il “potere” di creare e vivere la “propria” storia
all’interno di un sistema di rimandi, bivi e incroci tra cui può scegliere. Il librogame ha la struttura
tipica dell’iperteso, cioè la non linearità della lettura e della scrittura. Fondamentalmente si tratta di
un libro contenente un racconto spezzato da scelte che rimandano a diversi paragrafi con differenti
sviluppi della storia. La vicenda ha tanti possibili finali: se il lettore non è soddisfatto o vuole
scoprire sviluppi alternativi, può ricominciare da capo. Negli stessi anni in cui prendevano vita e si
sviluppavano tali forme di narrazione e di racconto crescevano le tecnologie informatiche, in
particolare l’ipertesto e il web. La parole ipertesto fu coniata da Nelson, il quale voleva trovare e
sperimentare nuovi modi per condividere informazioni e nuovi percorsi di lettura e di scrittura che
non fossero caratterizzati dalla sola struttura lineare e sequenziale e che permettessero lo sviluppo
di percorsi personali di lettura. L’ipertesto è una serie di brani di testo tra cui sono definiti legami
che consentono al lettore scelte per costruire il proprio sapere. La rete nella sua forma
“primordiale” nacque per scopi militari e poi si diffuse in ambiti accademici. L’invenzione del web
voleva risolvere il problema della condivisione di informazioni. Non solo il web ha reso, almeno in
parte, possibile il sogno umano di condividere conoscenza, ma si può considerare anche come
l’impresa enciclopedica dei nostri tempi, il cui autore è il pubblico. Gli ipertesti non servono solo per
fare ricerca o navigare alla scoperta di informazioni, ma per creare forme narrative digitali
ipertestuali, come nel caso del software Storyspace di Joyce. L’esperienza d