vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Dalla Normativa sia internazionale che scolastica-nazionale emerge che:
il gioco è riconosciuto come diritto del bambino (e solo del bambino) specialmente in età
• prescolare;
è visto poi come strumento utile per la didattica (disciplinare ma neppure di tutte le discipline);
• è una forma di ricreazione;
• gioco e sport si confondono e si fondano.
•
La scuola se da una parte deve e può accogliere il gioco dall’altra è il luogo dove si possono
trovare le maggiori ambiguità e le “cattive utilizzazioni” del ludico. A cosa è dovuto tutto questo?
Ad un’idea di scuola tradizionale che è fatica, sacrificio e impegno “serio”.
• L’atteggiamento degli educatori nei confronti del ludico sono:
• il gioco è solo una ricreazione necessaria a ritemprare le forze. Incoraggia l’idea del gioco
1. come futile ed improduttivo;
il gioco è solo uno strumento didattico per facilitare gli apprendimenti (un trucco, una pillola
2. magica…);
il gioco ha una valore importante nella crescita.
3.
Staccioli parla di Fiducia pedagogica nel valore del gioco: il gioco non solo è accolto ma
incoraggiato e valorizzato.
Visalberghi afferma che “l’attività ludica è impegnativa e continuativa, è progressiva e, se involge la
presenza di finalità consapevoli, queste son tali che il loro raggiungimento completo segna la fine
dell’attività senza che ne sia prevista un’ulteriore funzionalità”. L’attività ludica diventa ludiforme
quando non si esaurisce e quando non è completamente liberata e spesso viene valutata. L’attività
ludica spesso non appartiene ai bambini ma “cade dall’alto”!
La didattica ludica
Non si insegna a giocare, ma si insegnano i giochi. Ci si chiede poi com’è possibile apprendere
giocando. Innanzitutto, si apprende sempre giocando.
Come si deve giocare? Significa creare un ambiente adeguato dove si gioca bene e dove non si
obbliga nessuno. Giocare bene non significa sempre rispettare le regole, ma il bravo giocatore non
è solo rispettare le regole. Il bravo giocatore sa stare dentro la cornice ludico.
Con chI si deve giocare? Con tutti. Chi non vuole giocare più giocare, si sta a sedere a guardare
gli altri. Prima o poi verrà la voglia di mettersi in gioco. 7
Quando si deve giocare? La risposta perfetta sarebbe sempre. Questa risposta è legata a creare
uno spirito ludico, cioè un luogo dove ci sia benessere, dove non si possa essere valutati, dove si
tira fuori il meglio delle nostre capacità.
Gioco e apprendimento
Come contribuisce il gioco all’apprendimento? Innanzitutto si lega alla motivazione. Il gioco è usato
come strategia per apprendimento. Il gioco si apprende solo se si fa, anche perché è difficile
apprendere un gioco leggendolo e senza provarlo. Il gioco non prevede attori passivi, ma tutti sono
coinvolti nell’azione ludica. Il gioco è, per le sue caratteristiche, motivato e motivante: se ogni gioco
contiene degli apprendimenti, giocando, io sono motivato ad apprendere. Il gioco è anche
coinvolgente: ti fa stare dentro un’azione, coinvolge tutti e non esclude nessuno. Nell’attività ludica
non sono previsti attori passivi. Giocare è sempre un’avventura: non si sa mai cosa può
succedere, come va a finire, come si svilupperà e di che cosa si ha bisogno.
Il game based learning è l’attività ludica studiata applicandola alle nuove tecnologie per
l’apprendimento. La ricerca scientifica ci propone le evidenze, cioè una serie di strategie che, dopo
una serie di ricerche, ci dicono se qualcosa può funzionare o no.
Per far dì che il gioco svolga tutte le sue funzioni educative e formative, l’adulto-educatore deve
svolgere riflessioni e analisi sul gioco: deve preparare il terreno ludico. Il terreno ludico si prepara
attraverso riflessioni e azioni volte a creare una pedagogia ed una didattica ludica. Per costruire un
buon terreno ludico, bisogna tener presente questi 5 principi guida:
credere nel gioco, cioè non solo incoraggiarlo, ma anche credere nel potere pedagogico del
1. gioco e utilizzarlo quotidianamente per migliorare la qualità del gruppo classe e
dell’apprendimento;
conoscenza ludica, cioè una conoscenza approfondita dei giochi, delle tipologie ludiche e di
2. tutto ciò che compone un gioco. Ogni gioco ha una sua “grammatica” o “logica” interna ed
esterna. Quella interna è la struttura del gioco fatta da universali ludici, cioè fatta di regole,
punteggi, forme di comunicazione e relazione presenti nel gioco…. Quella esterna fa
riferimento al contesto socioculturale a cui il gioco appartiene, a come il contesto lo considera e
a come lo modifica. Un esempio di analisi ludica
Nome del gioco
• - Storia e geografia ludica (da dove viene? è antico o nuovo?…)
Struttura ludica (grammatica ludica)
• - Regole
- Spazi richiesti per giocare
- Tempi
- Punteggi (se presenti)
- Oggetti
- Ruoli
- Relazioni (collaborative, cooperative, oppositive, ambivalenti)
- Varianti possibili
Riflessioni educative
• - Perché giocarci?
- Per chi è adatto?
- Quando lo posso far giocare?;
progettazione e programmazione. Come ogni situazione didattico/educativa, anche l’attività
3. ludica va progettata e pensata. Ma programmare e progettare il gioco significa pensarlo
attraverso momenti mai rigidi, forzati ed azioni mai prescrittive. La progettazione ludica è
elastica, pronta al cambiamento, vive in situazione e si modifica in itinere. Possiamo pensare
due forme di progettazione:
una più legata al gioco come strumento per apprendere;
1. una rivolta ad una vera e propria educazione ludica.
2.
Forme che si intrecciano e si intersecano continuamente.
• Il gioco non si può improvvisare. L’educatore ludico deve continuamente riflettere sulle proprie
azioni (scopi, motivazioni), deve poter e saper modificare la propria azione anche secondo il
contesto nel quale opera. 8
pensare l’ambiente. L’ambiente ludico per far sì che svolga tutte le sue funzioni educative e
4. formative va pensato e progettato, legato al contesto nel quale si opera. L’ambiente è sempre
educativo, è di per sé uno strumento educativo. Pensare l’ambiente in senso ludico significa far
sì che il gioco e tutti i tipi di gioco possano essere messi in atto e chi gioca possa esprimete al
meglio se stesso;
flessibilità e rispetto. Il ruolo dell’adulto nel gioco è legato all’idea che ha l’adulto del gioco, a
5. come l’adulto/insegnante/educatore si pone nei confronti dei giocatori. Molto spesso l’adulto
tende a comandare il gioco, a imporlo. Ma il gioco è sempre libero e non è mai rigido (le regole
sono sempre modificabili). L’adulto deve farsi regista e mediatore ludico e deve essere
flessibile e rispettoso dei giocatori.
Videogames e educazione
Il Novecento ha visto la nascita e la creazione di molti nuovi giochi e giocattoli, che si fanno
specchio, metafora e simbolo della nuova cultura postmoderna. Al centro di questi cambiamenti
troviamo anche il videogame, il quale è oggi lo strumento di gioco e il gioco più diffuso, più
utilizzato e criticato degli ultimi 50 anni. Il videogames rende esplicito il legame tra gioco e
tecnologia.
La sua creazione sta tra leggenda e mito e una dose di casualità che ha alla base la sempre
presente pulsione ludica dell’uomo. Due sembrano essere i luoghi di nascita: il Brookhaven
National Laboratory di New York dove lavora Billy Higinbotham nel 1958, il quale collega un
oscilloscopio ad un monitor riuscendo a sviluppare una forma stilizzata di simulazione del gioco del
tennis (tennis for two che diventerà poi Pong) e il MIT dove tre giovani ricercatori studiano e
indagano le potenzialità delle prime macchine informatiche. Sviluppano una demo ad
ambientazione spaziale (Spacewar).
Il tempo dei videogiochi e della loro diffusione saranno gli anni ’70 quando nascono le console e le
sale giochi con la presenza dei “cabinati”. Nel 1971 nascerà ad esempio il primo videogame a
gettoni (Computerspace) messo a punto da Bushnell che nel 1972 fondere l’Atari. Nel 1980 esce
Pac-Man, nel 1986 Super Mario Bros, nel 1989 Tetris e nel 1991 Sonic. Alla fine degli anni ’80
nascono le console portatili. Le prime contenevano un videogioco solo.
Tra apocalittici e integrati è il titolo di un libro di Umberto Eco degli anni ’60. Spesso, dietro il
mondo dei videogiochi ci sono molti pregiudizi e stereotipi che rendono difficile una lettura
oggettiva dei videogiochi. Gl apocalittici vedono nello sviluppo dei videogame il male a
prescindere. Gli integrati vedono i videogame solo in termini positivi. Questi due schieramenti si
sono combattuti a lungo, ma la verità sta nel mezzo.
Nella società di oggi, i videogames hanno un ruolo importante perché sono uno dei giochi più
diffusi in assoluto e l’approccio informatico ai videogames avviene molto presto. Il videogame è
stato l’oggetto che ha fatto imparare alle nuove generazioni l’informatica. Oggi c’è tutta una ricerca
nella scuola primaria chiamata coding che riguarda le origini della programmazione informatica in
forma videoludica. Il coding sviluppa competenze matematiche di problem solving: i bambini
imparano a programmare creando ambienti narrativi e permettendo al bambino di esprimersi
liberamente.
I videogames, come tutti i giocattoli, hanno effetti educativi, nel male e nel bene.
Il videogame ha delle caratteristiche che lo rendono un medium unico e sono:
l’interattività, infatti garantisce lo stabilirsi del circolo magico ludico;
• la virtualità-simulazione, che porta a dire “quell’avatar sono io!”;
• il coinvolgimento, cioè la sperimentazione senza perdita di controllo;
• la coerenza, cioè il paradosso ludico che consiste in un intenso rapporto tra straordinario e
• ordinario.
Per comprendere il fenomeno videoludico oggi dobbiamo ricordarci che:
il gioco e il giocattolo hanno da sempre un rapporto stretto con la società;
1. il videogioco come il gioco è un media. McLuhan affermava a proposito del gioco come
2. medium: «I giochi sono situazioni artificiose e controllate, estensioni della consapevolezza
collettiva, che permettono una tregua dagli schemi consueti. Sono un modo attraverso il quale
l’eterna società parla a se stessa. I giochi sono situazioni escogitate per permettere la
partecipazione simultanea di molte persone a qualche schem