Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 19
Riassunto esame Linguistica italiana, prof.ssa Raffaella Setti, libro consigliato "Breve storia della lingua italiana", Marazzini Claudio Pag. 1 Riassunto esame Linguistica italiana, prof.ssa Raffaella Setti, libro consigliato "Breve storia della lingua italiana", Marazzini Claudio Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 19.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Linguistica italiana, prof.ssa Raffaella Setti, libro consigliato "Breve storia della lingua italiana", Marazzini Claudio Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 19.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Linguistica italiana, prof.ssa Raffaella Setti, libro consigliato "Breve storia della lingua italiana", Marazzini Claudio Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 19.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto esame Linguistica italiana, prof.ssa Raffaella Setti, libro consigliato "Breve storia della lingua italiana", Marazzini Claudio Pag. 16
1 su 19
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

B REVE STORIA DELLA LINGUA ITALIANA

Introduzione. Storia di chi, storia di che cosa

La storia linguistica italiana si caratterizza per un costante rapporto tra centro e periferia, cioè tra

la Toscana, da cui ha avuto origine l’idioma nazionale, e le altre regioni, il luogo in cui l’idioma

nazionale si è espanso. Nella sua espansione, il toscano ha incontrato le parlate locali, le quali

avevano in certi casi una certa tradizione di cultura. Il confronto non si è risolto quasi mai in

un’imposizione autoritaria, ma vi è stato piuttosto un libero consenso da parte delle altre regioni.

Per il periodo dalle origini al Quattrocento, non ha ancora senso parlare di “dialetti”. Si parla di

“dialetto” solo una volta che si è affermata la lingua. “Dialetto” senza contrapposizione a “lingua” è

un concetto inapplicabile, tanto che gli studiosi, per i secoli XIII-XV parlano genericamente di

“volgari italiani”.

La lingua è esposta al contatto con altre lingue, oltre che con i dialetti. Gli scambi con l’estero sono

frequenti e si svolgono attraverso i confini nazionali, i libri, le invasioni militari, i viaggi, i commerci.

Le lingue di maggior prestigio influenzano le altre, esercitando dei prestiti “adattati” o “non adattati”,

a seconda che il forestierismo venga modificato o accolto nella forma originale. Il rapporto con

una lingua diversa produce anche i “calchi” che possono essere di due tipi: il “calco traduzione”,

cioè quando si traduce alla lettera la parola straniera (grattacielo traduce skyscraper, composto da

sky, cioè cielo, e scraper, cioè che gratta), e il “calco semantico”, cioè quando una parola italiana

assume un nuovo significato traendolo da una parola straniera (autorizzare prima significava

rendere autorevole e per influsso del francese ha preso il significato di permettere). E’ possibile

inoltre distinguere tra “prestiti di necessità”, che si hanno quando la parola giunge assieme ad un

referente nuovo, privo di nome nella lingua che lo riceve (caffè, patata, canoa furono introdotte in

italiano per disegnare oggetti o prodotti prima sconosciuti), e “prestiti di lusso”, che potrebbero

essere evitati perché la lingua possiede già un’alternativa alla parola forestiera. Durante il

Fascismo, il Purismo implicò una difesa dai termini stranieri perché la lingua veniva sentita come

un segno dell’unità nazionale che differenziava un popolo da un altro ed era quindi necessario

tutelarla da influssi esterni. Tra le lingue con cui l’italiano è stato maggiormente in relazione ci sono

quelle europee, in particolare il provenzale e il francese, poi lo spagnolo e l’inglese. Bisogna tener

conto dei contatti anche con il latino e il greco nell’introduzione di prestiti di matrice colta.

Gli scrittori sono tra i protagonisti privilegiati della storia linguistica. La lingua si identifica sia nella

letteratura, sia nella lingua comune e d’uso, legata alla comunicazione quotidiana.

Il mistilinguismo è la mescolanza di elementi linguistici diversi, nello scritto o nel parlato, ed è

tipico della condizione dello scrivente italiano nel passato, il quale si è trovato spesso al centro di

campi di forza divergenti: è stato attirato dal toscano, condizionato dal suo dialetto di origine ed

influenzato dagli studenti libreschi di cui disponeva.

Nella fase iniziale della nostra storia linguistica troviamo il notaio del Medioevo. I notai scrissero

molti dei primi documenti usando il volgare al posto del latino. Così accadde persino nel Placito

Capuano, il cosiddetto “atto di nascita” della nostra lingua. Il mercante medievale era meno istruito

del notaio e generalmente non sapeva il latino, ma imparava a leggere, scrivere e contare. Il

mercante leggeva per proprio divertimento, ma scriveva per professione: era necessario tenere i

conti, annotare i movimenti delle merci, intrattenere rapporti epistolari con corrispondenti lontani.

Oltre alle lettere missive, le “pratiche di mercatura” erano quaderni dove si trovano problemi

matematici, tariffe commerciali, notizie gastronomiche, scongiuri, proverbi, ricette mediche, notizie

di cronaca…. I “libri di famiglia”, invece, sono quaderni in cui uno o più membri della famiglia

annotavano avvenimenti familiari e cittadini, memorie, considerazioni personali, dati di interesse

patrimoniale.

Lo strumento della lingua scientifica fu per lungo tempo solo il latino, fino al Rinascimento. Il

latino era adoperato nella teologia, nella filosofia, nella matematica, nell’astronomia, nella

geometria e nella medicina. Ci volle tempo perché il volgare potesse competere con il latino

strappandogli il monopolio della cultura e lo scienziato diventasse uno dei protagonisti della storia

linguistica italiana. Già Dante previde una simile trasformazione e scrisse in volgare il Convivio.

Galileo Galilei fu il protagonista della svolta che promosse al più alto livello scientifico l’uso del

volgare toscano. Il linguaggio scientifico si differenzia per la sua funzione da quello letterario e

poetico: mentre la poesia è vaga e suggestiva, il linguaggio scientifico è rigorosamente univoco e

chiaro. 1

Una lingua, ovviamente, esiste anche prima che i grammatici ne abbiano fissato le regole.

L’italiano vantava già un’eccellente tradizione letteraria quando, tra Quattrocento e Cinquecento, si

avviarono i primi esperimenti di stabilizzazione della norma. La prima breve grammatica italiana è

la Grammatichetta vaticana di Leon Battista Alberti, composta nel Quattrocento. Nel 1525,

uscirono le Prose della volgar lingua di Pietro Bembo. Le norme fissate dai grammatici dei

Cinquecento erano ricavate dagli scrittori che avevano reso grande la lingua: Dante, Petrarca e

Boccaccio. La grammatica, dunque, si sviluppò dopo che fu disponibile una ricca tradizione

letteraria. Fino ad allora, in assenza di strumenti normativi, chi usava la lingua doveva farsi

grammatico egli stesso, ricavando da solo regole, a partire dai tre autori letti e ammirati. Le

grammatiche del Cinquecento furono soprattutto strumento di consultazione per i letterati e, dal

Settecento, la grammatica divenne strumento fondamentale della pedagogia scolastica.

Accanto alle grammatiche, l’altro grande prestigio della norma linguistica è rappresentato dai

dizionari. Oggi, il vocabolario “dell’uso” è considerato prima di tutto un testimone della lingua viva

ed è aperto alle innovazioni. I più antichi vocabolari a stampa dell’italiano furono realizzati a

Venezia, mentre in Toscana, alla fine del Cinquecento, du fondata l’Accademia della Crusca, che

pubblicò nel 1612 un vocabolario molto più ampio di tutti quelli realizzati fino ad allora.

Non è stato un potere politico accentratorio, ma sono stati la letteratura e la cultura i canali più

importanti per la diffusione dell’italiano. Inoltre l’unificazione politica italiana si è realizzata quando

la lingua aveva già raggiunto da sé un assetto sicuro. In Toscana, la lingua parlata era vicina a

quella scritta e letteraria e si aveva quindi un’omogeneità altrove impossibile tra lingua letteraria e

lingua parlata. Nel resto d’Italia, invece, si ebbero casi di adozione precoce del volgare toscano al

posto del latino. Il volgare, già nel Quattrocento, fece la sua comparsa in alcune cancellerie

signorili, cioè delle segreterie addette al disbrigo degli affari di stato, anche se nel capo giuridico-

amministrativo il latino era considerata la lingua del diritto e della giurisprudenza. Per uno stato, la

scelta di una lingua ufficiale è una scelta di grande portata storica. Ma quando una lingua viene

sentita come valore nazionale, allora si possono manifestare degenerazioni. Tra queste, vi è il

rischio di un sentimento di rifiuto per quanto si presenta come linguisticamente diverso. Emerge

allora il problema delle minoranze, le quale a volte si sono trovate in conflitto con politiche

linguistiche centralistiche, come è accaduto dopo l’Unità e soprattutto durante il Fascismo. Anche i

dialetti esprimono una diversità regionale. Uno degli strumenti della politica linguistica è la

scuola. Fino al Settecento, però, la scuola superiore era in lingua latina e il volgare non era

insegnato, almeno ufficialmente. Con le riforme del Settecento, il toscano entrò nella scuola

superiore e all’università.

La stampa a caratteri mobili fu un’invenzione tedesca: il primo libro composto con questa tecnica

fu la Bibbia di Gutenberg del 1456. In breve tempo la tipografia si diffuse anche in altre nazioni e

con ottimi risultati in Italia, concentrandosi in particolare a Venezia, capitale della stampa già dal

Quattrocento. La circolazione dei testi scritti influenzò l’evoluzione della lingua e regolarizzò la

scrittura. L’incunabolo è il libro quattrocentesco appartenente al primo periodo dell’arte tipografica

appena nata. Nel primo secolo della stampa, la produzione in latino ebbe il primo posto: furono

stampati in latino la Bibbia di Gutenberg e i primi stampati in Italia. I libri in volgare furono per tutto

il Quattrocento una minoranza, tra i quali il Decameron di Boccaccio, il Canzoniere di Petrarca e la

Commedia di Dante.

I mass-media sono i mezzi della comunicazione di massa, cioè giornali, radio, cinema, televisione.

Il termine mass-media è del nostro secolo e si riferisce alla cultura prodotta in forma industriale,

destinati ad una pluralità di utenti. I new media sono invece gli strumenti dell’era informatica. Nel

Settecento, accanto al libro, acquista importanza il giornale. Riviste come Il Caffè si collocano ad

un livello alto, per un pubblico esperto. Con l’Ottocento si diffondono i giornali popolari e quotidiani

rivolti ad un pubblico più largo, favoriti dalla crescita dell’alfabetismo e e dalla maggiore

alfabetizzazione. Il giornale, oltre che motore del cambiamento e della promozione culturale, è

anche un ottimo testimone del suo tempo: ci troviamo le prime attestazioni di neologismi e

forestierismi perché il giornalista si confronta con l’attualità. Ma non sempre i neologismi che

compaiono sui giornali mettono radici nella lingua: a volte scompaiono in breve tempo. Tullio De

Mauro è stato tra i primi ad attribuire grande peso all’influenza linguistica di radio, cinema e

televisione, oltre alla stampa. Già prima della seconda guerra mondiale, la radio era già diventata

un canale per raggiungere le masse popolari. La televisione, nata nel dopoguerra, ebbe

un’importanza ancora maggiore perché si poteva portare un’immagine del mondo esterno nelle 2

zone

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
19 pagine
4 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher likelikelike di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Setti Raffaella.