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IL GIORNALISMO IMPEGNATO DEGLI ANNI SESSANTA E SETTANTA
Il trionfo della televisione
Nel 1964 il sociologo canadese Marshall McLuhan coniava l’espressione villaggio globale, legata prima di tutto al
perfezionamento del mezzo televisivo, grazie all’uso delle trasmissioni via satellite avviate nel 1962. Negli anni 60-70 la
tv si diffuse in modo capillare, imponendosi definitivamente come il più importante e influente fra tutti i mass media. Nel
1955 c’erano già 36 milioni di televisori nel mondo, di cui 30 negli USA e 4 in GB. Alla fine degli anni 60 erano diventati
centinaia di milioni.
Nel settore della stampa si imposero nuove tecniche di stampa a freddo (offset) che non necessitavano più di linotype e
della fusione a caldo dei caratteri di piombo. Ciò aumentava ulteriormente velocità e precisione di stampa, ampliava le
possibilità grafiche e modificava il processo produttivo, ridimensionando fortemente il ruolo di linotipisti e tipografi. La
macchina del quotidiano diventava sempre più complessa e sofisticata, con elevati costi per prodotto unitario.
Molte testate entrarono in una irreversibile crisi finanziaria. In molti paesi si verificò una contrazione delle tirature, specie
dei quotidiani; in GB nel 1960 si vendevano 30 milioni di copie, trent’anni dopo 16 milioni.
I giornali risposero alla sfida lanciata dalla televisione accentuando le trasformazioni già avviate negli anni 50.
- Intensificarono gli sforzi di entrare in sinergia con il nuovo medium, riproducendone la vivacità e gli stereotipi
- Puntarono sulla valorizzazione delle specificità dell’informazione scritta: approfondimento, riflesso critica,
spiegazione delle notizie che i telegiornali davano per primi, ma solo superficialmente.
- La settimizzazione dei quotidiani: furono più impostati in una chiave di complementarietà con la tv, mantenendo
superiori capacità di inchiesta e uno spettro politico-ideologico più ampio e variegato.
- La stampa di qualità risultò essere una quota sempre più minoritaria nel mare di mass media votati prima di
tutto all’intrattenimento.
Anni turbolenti
Tra gli anni 60 e 70 molti paesi occidentali furono investiti da crisi profonde e da conflitti interni.
La stampa fu accusata di essere voce dei poteri forti, canale di trasmissione dell’ideologia borghese.
Alcuni giornali e riviste si spostarono a sx come “Le Monde” in Francia e “Corriere della Sera” in Italia. Negli Stati Uniti il
giornalismo attraversò una fase di forte impegno civile e assunse un atteggiamento complessivamente più polemico nei
confronti del potere costituito.
- Nuovi fogli di controinformazione, che si contrapponevano dichiaratamente ai giornali tradizionali per proporre
un’informazione alternativa fortemente politicizzata e di sx. “Il Manifesto”, “Lotta Continua”, “Quotidiano dei
Lavoratori”, in Italia furono in prima fila in questa tendenza, che ebbe carattere effimero, ma contribuirono a
svecchiare il giornalismo e a forgiare una nuova generazione di giornalisti.
- Informazione alternativa via radio: le radio libere italiane, le radio di movimento americane, le emittenti vicine ai
Verdi in Germania dimostrarono come la radio fsse uno strumento dai costi contenuti, dalla grande
immediatezza e flessibilità, capace di dar voce a una comunicazione dal basso che poteva trovare un suo
pubblico consistente, soprattutto tra i giovani.
Concentrazione delle agenzie di informazione: l’inglese “Reuter’s”, le americane “Associated Press” e “United Press
International” e la francese “France Presse” conquistarono un monopolio mondiale delle notizie.
Il giornalismo televisivo
Nel 1960 Nixon, candidato repubblicano alla Casa Bianca si era presentato con a barba malfatta, era apparso legnoso e antipatico a confronto
dell’affascinante John F. Kennedy. Il candidato democratico aveva contro l’80% dei giornali, ma vinse il duello televisivo e le elezioni.
Esistono due tipi di informazione televisiva:
- Una costituita dalla trasmissione degli eventi senza filtro, specialmente in diretta
- La seconda costituita da programmi che rappresentano il corrispettivo dei quotidiani (i telegiornali) e delle riviste
(approfondimenti televisivi).
L’informazione televisiva tende ad avere un forte impatto emotivo, può mostrare gli eventi con efficacia superiore alla
carta stampata, è più rapida, ma tende a essere superficiale e può facilmente diventare mistificatorio. Tende a
privilegiare episodi di cronaca, immagini belle e spettacolari. Anche l’informazione politica in tv tende a focalizzarsi
sull’aspetto fisico dei personaggi e su slogan brevi e efficaci, compatibili con il tipo di attenzione offerto da un
telespettatore.
Il giornalismo televisivo fa parte di un flusso mediatico che risponde ad ampie logiche di mercato, si rivolge a un pubblico
di massa e mira a raccogliere proventi pubblicitari. Tende a collocarsi su una linea politica moderata, di consenso
ideologico di fondo alla società dei consumi, a non essere apertamente provocatorio, a non stridere rispetto al resto della
programmazione.
Inoltre possiede anche una potenziale carica dirompente, può alimentare il dissenso, favorire o penalizzare fortemente
partiti e candidati.
Negli USA: il giornalismo del dissenso, Vietnam e Watergate
Lotte per i diritti civili, contestazione giovanile, Guerra del Vietnam, declino economico; gli USA vissero tra anni 60-70
una delle fasi più travagliate della loro storia. Il giornalismo rispecchiò le contraddizioni di un paese che attraversava una
profonda crisi di identità.
Gli anni 60 videro sorgere negli USA una stagione di giornalismo liberal e impegnato, fu indicato come advocacy
journalism, un giornalismo che chiedeva, sosteneva, rivendicava e denunciava, un giornalismo di sx, polemico verso il
potere. Nelle redazioni ci fu un cambio generazionale, ci furono nuovi giovani giornalisti formatisi nelle università, di idee
più aperte e combattive, ma anche da progressi nella pratica professionale.
Si sviluppò l’idea di un giornalismo investigativo come filone specifico dell’informazione. I nuovi investigative reporters
non avevano più una specifica agenda riformista da portare avanti, si limitavano a operare in base a un nuovo, compiuto
senso della responsabilità sociale dell’informazione.
In occasione della Guerra del Vietnam giornali e telegiornali aderirono scrupolosamente alla linea della Casa Bianca;
gradualmente la distanza tra le dichiarazioni ufficiali e la realtà delle condizioni sul terreno, divenne semplicemente
impossibile da nascondere. Alcuni corrispondenti di quotidiani e di agenzie denunciarono precocemente le difficoltà, gli
abusi e le menzogne della guerra. Ma solo nella seconda metà degli anni 60 la copertura del conflitto si fece
decisamente critica.
- Entrò in gioco la forza dirompente dell’immagine, riviste fotografiche come “Life”, pubblicarono foto che
diventarono vere e proprie icone conosciute in tutto il mondo
- Più decisiva fu la televisione. I reporter delle emittenti americane erano rimasti relativamente liberi di visitare il
fronte, riprendere i combattimenti, mostrare gli effetti della guerra, parlare con i soldati.
Famoso rimase il servizio della CBS in cui si vedevano gli abitanti fuggire sconvolti da un villaggio in fiamme
mentre un marine indifferente appiccava il fuoco a una capanna con un accendino.
- Anche la carta stampata fece la sua parte. Il “New York Times” pubblicò i Pentagon Papers, documenti che
rivelavano come le autorità americane avessero mentito sistematicamente al pubblico sull’andamento della
guerra. Il sensazionale scoop fece nascere un contenzioso politico-giuridico; quando la magistratura, su
sollecitazione del governo, proibì al “Times” di continuare a pubblicare i papers, il “Washington Post” proseguì
l’iniziativa. La Corte Suprema finì con il ripristinare il diritto del “Times” a pubblicare le sue rivelazioni, nel nome
del primo emendamento costituzionale che riconosceva e tutelava la libertà di stampa.
i giornali denunciarono numerose violenze compiute da reparti americani e, in assenza di censura televisiva
sufficientemente attenta, la realtà finì con l’imporsi attraverso immagini capaci di incidere profondamente sulla
psicologia collettiva.
Nel caso Watergate fu il vecchio giornalismo scritto ad avere il ruolo di protagonista. L’irruzione notturna di alcune
persone negli uffici del Partito Democratico, ospitati dal complesso residenziale Watergate a Washington, sembrava un
banale caso di criminalità comune. Ma il giovane cronista del “Washington Post” Bob Woodward si accorse che una delle
persone era riconducibile ai servizi segreti; ne nacque una lunga inchiesta, in cui fu affiancato da un altro giovane
reporter, Carl Bernstein. Essenziale fu un informatore segreto, che poi si dimostro essere il vicedirettore dell’ FBI,
W.Mark Felt.
L’inchiesta dimostrò che il tentativo di penetrare negli uffici del Watergate rientrava in attività di spionaggio dei
democratici messe in atto da ambienti repubblicani ricollegabili alla Casa Bianca. Si scoprì che i repubblicani utilizzavano
fondi pubblici e servizi segreti anche per organizzare campagne di diffamazione ai danni dei rivali politici. Il presidente
Nixon tentò di negare e di ostacolare il procedimento giudiziario, si impantanò tra menzogne, smentite, e parziali
ammissioni; consegnò le dimissioni nel 1974.
Decisive furono le inchieste giudiziarie condotte con polso fermo dai giudici federali. Il caso Watergate è prova lampante
di come la stampa libera riesca a essere efficace soprattutto se e quando entra in sinergia con istituzioni di controllo
autonome e determinate.
S apriva la strada a un’informazione politica concentrata sulla vita personale e privata dei leader politici, sulle
loro integrità, ma anche sulla loro fedeltà coniugale, i loro vizi segreti; un’informazione che poteva scadere nel
pettegolezzo e nell’attacco moralistico.
New journalism e vecchie concentrazioni
Nasce il new journalism , principale promotore di questa corrente fu Tom Wolfe, giornalista dell’”Herald Tribune”. Un
articolo non poteva o doveva più limitarsi a riferire fatti in modo obiettivo e dall’esterno; l’autore doveva ricrearli
dall’interno, riportando pensieri e dialoghi dei protagonisti, descrivendo luoghi e situazioni. Il risultato era una fusione tra
giornalismo e narrativa. I new journalist dovevano comunque documentarsi scrupolosamente, ma descrivevano poi in
modo non strettamente referenziale, nello sforzo di afferrare una verità più profonda e significativa di quella esteriore.
Si sviluppava anche un filone d