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IL PRESUPPOSTO DELLA CONVIVENZA

Presupposto della responsabilità del genitore è che il minore sia con lui convivente.

Il minore convive col genitore presso il quale dimora abitualmente. La convivenza non viene

meno, quindi, nei periodi in cui il genitore o il minore soggiornano altrove per contingenti

ragioni di svago, di studio o di lavoro.

La convivenza è rilevante in quanto condizione di esercizio della sorveglianza:

il genitore non risponde del fatto del figlio non convivente perché non è in grado di sorvegliarlo.

Ne è però responsabile quando l’allontanamento del figlio è stato da lui causato.

Se si tratta di minore che abbia superato l’età della fanciullezza, la responsabilità del

genitore trova fondamento nella presunta carenza di educazione impartita al figlio.

La responsabilità può pertanto gravare anche sul genitore non affidatario, il quale è

comunque tenuto a provvedere all’educazione del figlio. Essendo però venuto meno

il presupposto richiesto dalla legge ai fini della presunzione di colpa (la convivenza),

occorre provare che il genitore non convivente abbia trascurato l’eduzione del figlio.

Nell’ipotesi di affidamento condiviso, la presunzione di responsabilità grava egualmente

sul genitore “non collocatario”.

È infine prospettabile la responsabilità dei genitori anche nel caso di danno che il figlio in

grado d’intendere e di volere arrechi a sé stesso (es. minore che faccia usa di stupefacenti).

RESPONSABILITÀ DI TUTORI E AFFIDATARI FAMILIARI

Il codice accomuna ai genitori i tutori, i quali rispondono del fatto del minore,

salva la prova di non averlo potuto impedire.

Ormai, la figura del tutore ha carattere eccezionale, in quanto l’ordinamento privilegia

l’adozione piena del minore orfano. L’adozione conferisce agli adottanti lo stato giuridico

di genitori a tutti gli effetti, quindi anche agli effetti della responsabilità verso i terzi.

Gli adottanti particolari rispondono in via analogica al pari dei genitori, assumendone gli

stessi obblighi nei confronti dell’adottato.

Anche gli affidatari familiari sono tenuti al mantenimento, educazione e istruzione dei

minori loro affidati, ma il carattere provvisorio dell’affidamento esclude che il fatto dannoso

del minore sia presuntivamente collegabile ad una carenza dell’educazione loro addebitabile,

pertanto gli affidatari non rispondono del fatto dannoso del minore se provano la mancanza

di una loro culpa in vigilando. Lo stesso vale per gli affidatari preadottivi.

Nei casi di adozione particolare e di affidamento familiare potrebbe accertarsi la responsabilità

dei genitori se il fatto dannoso sia addebitabile alla carente educazione da essi impartita.

66

RESPONSABILITÀ DEGLI INSEGNANTI (art 2048 c 2)

Art 2048. I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili

del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo

in cui sono sotto la loro vigilanza (c 2).

Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità

soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto (c 3).

Oltre ai genitori, anche gli insegnanti rispondono del fatto illecito del minore sottoposto alla

loro vigilanza. Al di là della formula angusta della norma, che parla di “precettori” e di “coloro

che insegnano un mestiere un’arte, essa va riferita a tutti coloro che per ufficio pubblico

o incarico privato impartiscono al minore un insegnamento (culturale, tecnico, sportivo,

artistico, ecc).

La norma non dice espressamente che deve trattarsi di allievi minori di età, e non è mancato

chi ne abbia desunto la possibile estensione al fatto illecito compiuto da allievi maggiorenni,

ma i doveri di vigilanza e di educazione dalla cui violazione si fa dipendere la responsabilità

degli insegnanti presuppongono la minore età dell’allievo.

Analogamente alla responsabilità dei genitori, quella degli insegnanti è una

responsabilità indiretta per colpa propria: essi rispondono per il fatto commesso da altri

(gli allievi), ma per aver violato il dovere di vigilanza.

La responsabilità degli insegnanti si basa su una colpa presunta, e cioè sulla presunzione

di negligente inadempimento dell’obbligo di sorveglianza degli allievi, vincibile con la prova

di aver esercitato la vigilanza mediante l’adozione di tutte le misure necessarie ed adeguate

in relazione all’età e al grado di maturazione dei giovani.

La colpa presunta degli inseganti concerne anche il danno che l’allievo arrechi a sé stesso,

in quanto l’obbligo di vigilanza è imposto in primo luogo a tutela dei minori loro affidatari.

Risulta quindi inoperante il principio del concorso di colpa.

La GIURISPRUDENZA prevalente esclude però la responsabilità speciale (extracontrattuale)

degli insegnanti nell’ipotesi di danni arrecati dall’alunno a sé stesso, configurando piuttosto una

responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligazione di protezione e sorveglianza

assunta dell’ente scolastico e dallo stesso insegnante per via del “contratto sociale”

instaurato con l’allievo a seguito dell’accoglimento della domanda di iscrizione.

Ne consegue l’applicazione del regime probatorio desumibile dall’art 1218, sicché, mentre

l’attore (alunno) deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del

rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato

determinato da causa non imputabile né alla scuola, né all’insegnante.

Se il fatto è commesso da un minore allievo di una scuola pubblica, la responsabilità

dell’insegnante si estende alla p.a. in virtù del rapporto organico o meglio del principio di

preposizione. 67

RESPONSABILITÀ DEL SORVEGLIANTE PER FATTO ILLECITO

DELL’INCAPACE (artt. 2046-2047)

Art 2046. Non risponde delle conseguenze del fatto dannoso che non aveva la

capacità d’intendere o di volere al momento in cui lo ha commesso,

a meno che lo stato d’incapacità derivi da sua colpa.

Art 2047. In caso di danno cagionato da persona incapace d’intendere o di volere,

il risarcimento è dovuto d chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace,

salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.

Nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento da

chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice, in considerazione delle condizioni

economiche delle parti, può condannar l’autore del danno a un’equa indennità.

L’incapace d’intendere o di volere è esonerato da responsabilità per il danno arrecato a

terzi, ma in luogo dell’incapace risponde chi era tenuto alla sua sorveglianza, salva la prova

di non avere potuto impedire il fatto.

PRESUPPOSTI DELLA RESPONSABILITÀ PER IL FATTO DELL’INCAPACE SONO:

1) Il fatto obbiettivamente antigiuridico, del quale il suo autore non risponde dunque in

ragione esclusiva della sua incapacità di intendere o di volere;

2) Il dovere di sorveglianza dell’incapace, che incombe legalmente sui genitori e sui tutori.

Questi soggetti hanno infatti la cura del minore e dell’interdetto, e la cura ricomprende in

primo luogo la sorveglianza, ossia l’adozione delle cautele ordinariamente necessarie per

evitare che la persona arrechi danni a sé e agli altri.

I genitori e i tutori possono peraltro assegnare la sorveglianza dei minori e degli interdetti a

persone o istituti competenti per fini di vigilanza, educazione, cura o istruzione (governanti,

scuole, cliniche, ecc): in tal caso il dovere di sorveglianza dei genitori rimane sospeso

per il tempo in cui le persone o istituzioni incaricate se ne assumono il computo.

Legalmente tenuti alla sorveglianza dei minori sono poi gli affidatari familiari e preadottivi.

Con riguardo alle persone incapaci d’intendere o di volere che non siano interdette,

il dovere di sorveglianza grava sulle strutture sanitarie in cui esse sono ospitate, le quali

sono peraltro obbligate a ricercare e sorvegliare gli infermi di mente che per le loro

condizioni siano pericolosi per sé e per gli altri: in tal caso, il rilascio del paziente non

esonerata da responsabilità l’unità sanitaria, la quale omette una sorveglianza alla quale

è legalmente tenuta (anche se ci sono sentenza che vanno in senso contrario).

Gli infermi di mente che non sono ricoverati nelle strutture sanitarie sono generalmente

accolti dai loro familiari o da istituzioni di assistenza: chi accoglie presso di sé un infermo

assume per ciò tesso il compito di curarlo e di sorvegliarlo, e pertanto risponderà

dell’illecito da egli compiuti, sempreché sia riscontrabile la culpa in vigilando.

La responsabilità del sorvegliante per il fatto dell’incapace è una responsabilità per fatto altrui,

in quanto attiene ai danni provocati da persona diversa dal responsabile.

Il sorvegliante risponde tuttavia per una colpa propria, ossia per non aver diligentemente

sorvegliato l’incapace, presunta, in quanto al sorvegliante è concesso provare “di non avere

potuto impedire il fatto”, avendo egli adottato tutte le cautele normalmente appropriate in

relazione allo stato e alle condizioni dell’incapace.

Il danneggiato che non ottiene dal sorvegliante il risarcimento del danno, o per

l’insolvenza o per la mancanza di colpa di quest’ultimo, può chiedere che il giudice

condanni l’incapace a corrispondere un equo indennizzo (2047 c 2).

68

RESPONSABILITÀ PER L’ESERCIZIO DI ATTIVITÀ PERICOLOSE (art 2050)

Art 2050. Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa,

per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento,

se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.

Chi svolge un’attività pericolosa per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è

tenuto a risarcire il danno causato, salvo che provi di aver adottato tutte le misure

idonee ad evitare il danno.

La responsabilità per attività pericolose è una moderna figura di responsabilità, ignota al

codice del 1865 e priva di riscontro nei codici francese e tedesco.

Attività tipicamente e manifestamente pericolose sono quelle previste come tali

dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. (fabbriche, depositi e trasporti di

sostanze che presentano pericolo di scoppio o idi incendio, ecc). Non deve trattarsi

necessariamente di attività d’impresa. Al di fuori del quadro tipico delle attività

Dettagli
A.A. 2015-2016
86 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giuliabertaiola di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto civile 2 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Troiano Stefano.