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Per entrambi, l’intelligenza nasce nel rapporto attivo tra individuo e ambiente.
Per Piaget, la cooperazione è uno dei quattro fattori principali dello sviluppo intellettivo.
Per Dewey, la cooperazione è il mezzo e il fine di ogni azione educativa.
Per entrambi, il pensiero astratto e riflessivo è la caratteristica principale di un’esperienza in
grado di favorire lo sviluppo cognitivo.
Ma esistono anche delle differenze tra i due pensieri dei due autori.
Dewey elabora un’idea in parte statica dello sviluppo psicologico infantile.
Piaget elabora un percorso di sviluppo dinamico del pensiero infantile.
Entrambi credono al potere emancipante dell’educazione.
Per spiegare la nascita del pensiero attivo e riflessivo che si perfeziona a partire da relazioni
istintive, Dewey ricorre alla logica dell’indagine, mentre Piaget pone la logica già all’inizio dello
sviluppo cognitivo.
Quindi, tra l’attivismo e le riflessioni di Piaget esiste una certa continuità, poiché in entrambi i
casi viene esaltato il soggetto attivo che apprende e le relazioni sociali. Tuttavia Piaget chiarisce
meglio come l’azione e la cooperazione generino apprendimento ed elabora una didattica
psicologica fondata sui risultati dell’epistemologia genetica. 13
Aebli è stato uno degli interpreti delle ricerche di Piaget. Esso chiarì la psicologia e le
applicazioni didattiche dell’epistemologia genetica di Piaget:
- si verifica un apprendimento ogni volta che un’azione viene interiorizzata;
- un’azione interiorizzata si trasforma in un’operazione mentale solo quando è reversibile,
ovvero quando il soggetto è in grado di rappresentarsi l’azione e il suo inverso, le sue
conseguenze;
- le operazioni mentali interiorizzate e reversibili tendono gradualmente a diventare
sistemi di operazioni più complessi;
- l’organizzazione del pensiero favorisce la cooperazione tra alunni e, viceversa,
l’operazione mentale è un prodotto della cooperazione intellettuale;
- l’insegnamento parte dall’attività degli alunni;
- la didattica consiste nel passaggio dall’azione effettiva all’interiorizzazione delle
operazioni mentali.
Aebli propone una didattica psicologica che comprende attività di costruzione attiva delle
conoscenze e percorsi di rielaborazione e di applicazione degli apprendimenti.
La didattica psicologica di Aebli è sintetizzabile in 4 fasi:
1. una fase iniziale, dove gli alunni sono impegnati nell’apprendimento di nuove
conoscenze;
2. l’esercizio operatorio, cioè delle attività didattiche che consentono agli alunni di
sperimentare quanto hanno già appreso;
3. l’impegno degli alunni in attività didattiche dove possono sperimentare la reversibilità e
l’associatività di quanto appreso;
4. mettere in relazione le operazioni simili fra loro seppur distinguendole. Bisogna poi
insistere sugli errori come occasione di apprendimento.
A partire dalle ricerche di Piaget, Trisciuzzi riesce ad elaborare una pedagogia scolastica.
Trisciuzzi declina l’epistemologia genetica ai vari ordini di scuola (infanzia, primaria e
secondaria). Inoltre dedica molto spazio alla psicopedagogia speciale per l’integrazione degli
alunni disabili.
Piaget assegna molta importanza anche agli aspetti cognitivi e relazionali: entrambi sono il
carburante delle nostre azioni. Attività ed intelletto sono comportamenti indissociabili di ogni
condotta.
Piaget evidenzia anche un aspetto morale: inizialmente il bambino non comprende il valore
morale delle regole, ma obbedisce alla volontà generale dei genitori (morale eteronoma). Solo
verso i 6-7 anni, i bambini cominciano a coordinare le proprie azioni in base a delle proprie
decisioni e in base alla loro volontà (morale autonoma). Il passaggio da morale autonoma a
morale eteronoma è legato all’uso del linguaggio.
I giochi hanno la facoltà di far abbandonare il pensiero egocentrico perché ci sono delle regole
da seguire: chi non le rispetta non si diverte e viene escluso dagli altri.
Il vero e proprio rispetto reciproco è collocabile verso i 7-12 anni ed è fondato sul
riconoscimento dei diversi punti di vista nelle interazioni sociali. Qui compare l’equilibrio tra
morale eteronoma ed autonoma: infatti nascono abitudini, concetti e regole condivisibili con
altri soggetti (lealtà, giustizia, uguaglianza). Sono regole che non vengono imposte da nessuno,
ma nascono da un accordo sociale. L’equilibrio consente nell’adolescente la formazione di una
personalità individuale e l’inserimento nella vita sociale adulta.
Nel volume Dove va l’educazione, Piaget sostiene che l’educazione deve essere garantita a tutti
per consentire un pieno sviluppo intellettuale ed affettivo. Solo determinate condizioni, come
un ambiente che sostenga, stimoli e provochi l’individuo, sviluppano le potenzialità cognitive e
sociali. L’educazione morale e intellettuale si insegna indirettamente: le regole non si imparano
con lezioni di morale, ma tramite la loro condivisione (giochi, lavori di gruppo).
Riguardo ai rapporti internazionali, Piaget sostiene l’importanza di orientare le singole
educazioni nazionali verso un’educazione internazionale, che favorisce e sostiene la
cooperazione tra i popoli, il mantenimento della pace e il superamento dei conflitti.
Bruner prende le distanze dall’attivismo di Dewey e dal comportamentismo, in direzione del
cognitivismo.
Secondo Bruner, ogni disciplina è contraddistinta da una propria struttura (strutturalismo
didattico). Le strutture delle discipline sono:
- i concetti di base;
- il linguaggio specialistico;
- i metodi di ricerca; 14
- i problemi aperti: i saperi disciplinari che sono segnati da continue e nuove questioni da
risolvere;
- il rapporto con le altre discipline: non esistono saperi completamente separati l’uno
dall’altro, ma i saperi sono un reticolo di conoscenze. Alcuni saperi sono particolarmente
affini, altri possono essere distanti.
Siccome non è possibile insegnare tutte le discipline, i maestri devono insegnare le strutture
delle discipline. L’insegnamento delle strutture rende gli alunni più favorevoli ad apprendere.
Secondo Bruner, tutti possiamo imparare tutto a qualsiasi età.
Gli elementi che caratterizzano il cognitivismo vanno a sviluppare le teorie del curricolo, le
quali stabiliscono i principi base utili a costruire curricoli per favorire l’istruzione e
l’educazione.
Il curricolo è la costruzione di ambienti educativi di apprendimento.
L’ambiente educativo, organizzato in base agli spazi e ai tempi, è in grado di favorire la
socializzazione e l’inclusione. Il tutto è finalizzato ad istruire il bambino.
Il curricolo è il riconoscimento della pari dignità a tutti i tempi, gli spazi e le relazioni
dell’ambiente scolastico. In particolare si riconosce l’importanza sia dei momenti formali, sia
dei momenti informali.
E’ possibile identificare 3 tipi di curricolo:
1. i curricoli centrati sulle funzioni psicologiche, che vogliono sviluppare precise
competenze del funzionamento cognitivo di chi apprende;
2. i curricoli centrati sugli apprendimenti disciplinari, che vogliono favorire un
apprendimento graduale dei vari ambiti disciplinari;
3. i curricoli costruiti per i vari ordini di scuola (infanzia, primaria, secondaria, università),
che pongono molta attenzione agli aspetti cognitivi di base e agli apprendimenti
disciplinari.
Aspetto fondamentale del curricolo è la giornata tipo. La giornata tipo comprende l’ingresso (o
accoglienza), le attività formali, i momenti ricreativi (o momenti informali) e la conclusione (o
commiato). Molti di questi sono azioni di routine, cioè azioni ritualmente ricorrenti. Le routine
aiutano nell’organizzazione spazio-temporale e possono essere un’occasione di apprendimento
se vengono modificate lentamente nel corso dell’anno.
Il fine ultimo dell’insegnamento è la competenza. La competenza è il saper fare, saper risolvere
i problemi utilizzando conoscenze e abilità apprese. Mentre un’abilità riguarda una capacità
ristretta e isolata, la competenza riguarda la capacità di risolvere problemi più complessi. Le
competenze sono trasversali, cioè, nella maggior parte dei casi, interessano più discipline di
studio e si formano e si sviluppano in tempi lunghi, ad esempio al termine di un anno e/o di un
ciclo scolastico.
La progettazione curricolare si occupa di costruire un contesto in grado di favorire lo sviluppo
degli apprendimenti in competenze e di indicare le metodologie per favorire gli apprendimenti
scolastici.
Per far ciò, la progettazione curricolare si serve di due livelli di intervento:
1. la progettazione didattica, utile a costruire percorsi didattici per l’apprendimento di
conoscenze;
2. la progettazione organizzativa, utile ad organizzare l’ambiente di apprendimento.
Nell’incontro tra progettazione didattica e organizzativa prende vita un ambiente educativo,
ovvero un sistema dove vengono condivise regole, tempi, spazi e relazioni al fine
dell’apprendimento e della socializzazione.
Secondo Vygotskij e la sua teoria della costruzione sociale dell’intelligenza, lo sviluppo
cognitivo è il risultato delle interazioni sociali grazie all’uso del linguaggio: il linguaggio prima è
uno strumento di interazione sociale, poi di riflessione interna. Le interazioni sociali sono un
importante fattore di sviluppo perché l’ individuo apprende nel rapporto con gli altri.
Secondo Vygotskij, ciò che il bambino può fare oggi in cooperazione sarà in grado di farlo da
solo domani.
Vygotskij è un sostenitore della didattica costruttivista socio-culturale, intesa come la
costruzione sociale della conoscenza e dell’influenza del contesto culturale.
In contrasto all’idea cognitivista che li aveva ridotti ad aspetti secondari, gli affetti e le
relazioni sociali vengono riconosciuti come elementi costitutivi dell’educazione del bambino
perché la scuola non è solo un ambiente dove si trasmettono conoscenze, ma è anche un luogo
dove si imparano a costruire le relazioni con gli altri. Inoltre, nella scuola contemporanea, è
necessario un forte bisogno di formazione riguardo alla gestione delle relazioni al fine di evitare
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un ambiente conflittuale. E’ essenziale anche la prevenzione di qualsiasi tipo di conflitto, come
quello tra insegnanti, tra alunni (bullismo), tra insegnante e alunno, tra insegnante e genitore.
Per la soluzione delle situazioni problematiche è necessario l’ascolto attivo e la sintonia
empatica