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ROGETTARE PER UNITÀ DI COMPETENZA NELLA SCUOLA PRIMARIA
Parte prima: Progettazione curricolare e innovazione didattica: «le unità di competenza»
Capitolo1: Dalle Indicazioni nazionali alla didattica nella scuola primaria
Le Indicazioni nazionali rappresentano un testo complesso di natura normativa, pedagogica e
didattica e sostituiscono i Programmi didattici per la scuola primaria e gli Orientamenti per le
attività educative nella scuola dell’infanzia, che si sono susseguiti dall'istituzione della scuola
pubblica e statale nel 1859 fino alla fine del Novecento, regolando il funzionamento del sistema
formativo italiano. Il sistema formativo italiano è suddiviso in scuola dell'infanzia, primo ciclo di
istruzione, comprendente la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, obbligatoria nel
primo biennio e articolata in licei, istituti tecnici e professionali. Le Indicazioni nazionali per il
curricolo nella scuola dell’infanzia e nella scuola del primo ciclo d’istruzione del 2012 prevedono
molti atti prescrittivi e altri di natura orientativa sono in parte descrittivi, che indicano dei possibili
comportamenti ai soggetti a cui si rivolgono. Il carattere orientativo delle Indicazioni ha una ragione
politica, poiché l’istruzione scolastica è un fenomeno sociale complesso che prevede diritti e doveri
appartenenti a più soggetti, e pedagogica, poiché ogni classe scolastica è un gruppo sociale unico
e irripetibile composto da singolarità individuali. Il carattere orientativo delle Indicazioni richiede agli
insegnanti un atteggiamento attivo, interpretativo e costruttivo. Le prospettive di studio adottate al
fine di utilizzare le Indicazioni sono:
1. una prospettica storico-culturale, necessaria a cogliere le relazioni tra la cultura
contemporanea e le scelte pedagogiche operate dagli estensori delle Indicazioni;
2. una prospettiva pedagogica e filosofico-educativa, utile ad individuare la visione generale, il
ruolo e le funzioni della scuola, il rapporto tra la formazione scolastica e l'ambiente sociale nel
quale essa si realizza e il significato dell’educazione scolastica nella formazione individuale e
sociale;
3. una prospettiva didattica, finalizzata a cogliere gli orientamenti metodologici delle attività
didattiche.
Lo scopo delle Indicazioni è facilitare una lettura e uno studio di tipo:
- metacognitivo, poiché si tratta di leggere il testo con delle strategie di lettura in grado di rivelarne
l’organizzazione e i rapporti tra i concetti fondamentali espliciti e impliciti;
- costruttivo, perché è necessario collegare il testo in questione con conoscenze e concetti extra e
intertestuali;
- critico, per evitare una semplice memorizzazione e consentire la trasformazione delle Indicazioni
in uno strumento didattico utile a interpretare la realtà scolastica e applicabile in modo
consapevole per l’organizzazione dei contesti educativi.
È necessario comprendere come elementi del sapere possano trasformarsi in strumenti di lavoro
per gli insegnanti e se tale processo sia favorevole all’individuo e alla comunità. È possibile
leggere le Indicazioni attraverso la didattica generale, ovvero quella disciplina che si occupa, in
termini storici, critici e metodologici, dell'analisi dei contesti educativi, con particolare attenzione
agli aspetti e agli elementi di fondo dell'evento didattico. I 3 dispositivi metodologici utilizzati per
l'analisi del testo sono:
1. la metacognizione. Il concetto di metacognizione ha avuto origine nell'ambito della ricerca sullo
sviluppo delle strategie di memoria. Nelle metacognizione è possibile distinguere la
conoscenza che l'individuo ha dei propri processi cognitivi dal controllo con cui si progetta,
verifica e valuta un'attività cognitiva;
2. il costruttivismo. Nella logica costruttivistica il sapere è una soggettiva costruzione di
significato, a partire da una complessa rielaborazione interna di un insieme di sensazioni;
3. la critica. L'obiettivo è sapere quali sono i legami e le connessioni che possono essere
segnalati tra degli elementi di conoscenza.
Il testo delle Indicazioni ha una logica argomentativa che evidenza i concetti centrali e quelli
periferici e usa un lessico specialistico con particolare attenzione alle parole chiave del discorso.
Le Indicazioni sono organizzate in due sezioni: una prima parte nella quale vengono presentati i
riferimenti sociali, culturali, pedagogici e didattici di fondo e una seconda sezione, distinta per
ordini di scuola (dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado), nella quale vengono indicati in
modo più dettagliato i Traguardi formativi per lo sviluppo delle competenze, gli Obiettivi di
apprendimento e le indicazioni metodologiche necessarie a raggiungerli. La successione degli
argomenti nell'indice delle Indicazioni lascia intravedere una logica argomentativa deduttiva. Come
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si evince dall'indice e dalla struttura, le Indicazioni nazionali propongono al lettore un percorso di
studio molto complesso. Siccome il testo è articolato in brevi sintesi dense di concetti e
informazioni afferenti ai più diversi ambiti delle scienze della formazione, uno dei limiti più evidenti
delle Indicazioni è il fatto che esse siano una sintesi spesso forzata e al limite della
semplificazione, che rischia di ridurre l'importanza di argomenti invece cruciali per l'educazione
scolastica. Nei Progetti per la scuola primaria del 1985 e negli Orientamenti per le attività
educative nella scuola dell’infanzia del 1991, invece, le argomentazioni pedagogiche e didattiche
erano trattate in modo molto più esteso e analitico.
La prima domanda posta dalle Indicazioni si interroga sul rapporto esistente tra cultura, scuola e
persona. Nella prima parte della storia della scuola italiana, cioè dalla sua istituzione nel 1859 con
la Legge Casati fino alla fine della dittatura fascista, ha predominato una visione autoritaria e
paternalistica dell'istruzione scolastica che ha caratterizzato il periodo liberale e fascista fino alla
prima metà degli anni Settanta. La scuola italiana nasce già come scuola europea, perché i modelli
ai quali si rivolge per organizzarsi sono di natura continentale: le scuole prussiane, le scuola
austro-ungariche e il modello scolastico francese. Le prime scuole nazionali europee ben
rappresentano il contraddittorio spirito rivoluzionario borghese. Nel lento processo di formazione
degli Stati nazionali europei, la scuola statale assume un’importanza decisiva: l'istruzione di base
viene sottratta al predominio religioso, annessa al nascente sistema amministrativo statale
burocratico e organizzata in modo centralizzato e capillare. Solo quando il sistema produttivo
industriale e agricolo rinuncia al lavoro minorile, si creano le condizioni per il decollo dell'istruzione
di massa che si completerà dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La cultura liberale e
borghese ottocentesca mantiene comunque un atteggiamento contraddittorio nei confronti
dell’istruzione: da un lato si rende conto che il successo economico dipende dalla cultura e
dall'altro è consapevole che un popolo istruito è sempre meno incline ad accettare ingiustizie e
diseguaglianze. Il rapporto tra istituzione ed educazione viene interpretato in maniera diversa dai
regimi politici liberali e autoritari e dagli stati democratici. Nei regimi politici liberali e autoritari
troviamo l’atteggiamento contraddittorio già espresso che genera un sistema formativo classicista
e selettivo, eliminando gli alunni in difficoltà. L'istruzione completa è riservata alla formazione di
pochi privilegiati, appartenenti alla classe sociale dominante e destinati a governare lo stato. Tutto
ciò che si insegna viene piegato agli interessi nazionali e a quelli delle classi dominanti. Il
fascismo, con la riforma del 1923, ha imposto un libro di testo unico per tutte le scuole, riaffermato
il primato della cultura umanistica, imposto l'obbligo di iscrizione al partito nazionale fascista a tutti
docenti e reintrodotto la religione cattolica come centro e coronamento dell'istruzione pubblica.
Queste scelte influenzarono il funzionamento del sistema scolastico italiano almeno fino agli anni
Settanta. Nello scenario liberale e fascista, dunque, la cultura è il sistema di credenze necessarie a
governare il popolo, la scuola è lo strumento per trasferire la cultura alle nuove generazioni e la
persona è un oggetto da plasmare in base alle esigenze del regime politico di turno.
Dopo la Seconda guerra mondiale, l’Europa inizia un percorso di ridimensionamento del ruolo
dell'educazione e dei diritti dei bambini. Nello scenario democratico, cultura, scuola e persona
non sono più termini separabili nettamente: la cultura entra nella scuola in tutte le sue forme per
essere conosciuta dagli alunni, ogni alunno la porta in classe e lì viene costruita. La cultura è uno
strumento dinamico in grado di realizzare le potenzialità di ogni individuo e di incoraggiare la
partecipazione al funzionamento del sistema politico democratico. Lo stato democratico è fondato
sulla cultura intesa in senso educativo. Secondo Gramsci, la cultura è organizzazione, disciplina
del proprio io interiore, presa di possesso della propria personalità e conquista di conoscenza
superiore. All'interno di uno stato democratico, la scuola forma cittadini liberi, consapevoli e
responsabili. La scuola democratica emancipa mentre educa e istruisce, combatte le
diseguaglianze e si rivolge a tutti senza alcuna distinzione. In uno stato democratico la scuola
diventa un'agenzia di verità, ovvero un luogo dove si ricerca continuamente la verità su base
scientifica, si studiano dei contenuti, nozioni e conoscenze per favorire atteggiamenti,
comportamenti e competenze in grado di consentire al singolo individuo di orientarsi
autonomamente nell'universo della conoscenza. Gli ingredienti di una scuola intesa come una
comunità democratica in grado di formare individui autonomi sono l’autonomia, la verità e la
giustizia. Nella democrazia, l’educazione è la formazione di atteggiamenti e comportamenti
razionali e giusti e l’istruzione è l'apprendimento di conoscenze vere e lo sviluppo di competenze
autentiche. 2
Il modello di scuola democratica delle Indicazioni nazionali è direttamente ripreso dalla
Costituzione italiana del 1946. L’Articolo 3 è il più intenso dal punto di vista pedagogico e
didattico, sebbene non vengano mai citati esplicitamente la scuola, l'educazione e istruzione. Tutti
gli alunni devono essere considerati uguali in termini di diritto all'accesso all'istruzione e al
successo formativo. La scuola ha il ruolo sociale di rimuovere gli