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SONTAG
"Sulla fotografia"
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L'inventario della fotografia inizia nel 1839. Da allora è stato fotografato quasi tutto, e l'umanità,
imprigionata nella "grotta di Platone", ha potuto modificare le condizioni di questa prigionia. Le
fotografie, infatti, ampliano e alterano le nostre nozioni di ciò che val la pena di guardare e di ciò che
abbiamo il diritto di osservare. Collezionare fotografie è come collezionare il mondo: visioni,
esperienze, momenti acquisiti con un oggetto leggero, poco costoso, facile da portare, accumulare,
conservare. La fotografia è esperienza catturata, e la macchina fotografica è l'arma.
Le fotografie forniscono testimonianze. Una prova di ciò si ha a Parigi nel 1871, quando la polizia
parigina se ne servi per il sanguinoso rallestramento dei comunardi. Negli ultimi tempi, invece, la
fotografia è diventata un fenomeno di divertimento, oltre che rito sociale e strumento di potere.
Conservare il ricordo delle gesta di individui, in particolare familiari e amici, è la più antica utilizzazione
popolare della fotografia. Scopo è quello di perpetuare nel tempo l'albero genealogico della famiglia.
Le fotografie sono strettamente collegate al turismo. Con esse un individuo che non conosce un
territorio può impadronirsi di uno spazio nel quale vive insicuro. Esse dimostreranno in maniera
indiscutibile che il viaggio è stato fatto, il programma è stato attuato e il divertimento raggiunto.
Ogni fotografia non è solo un punto di incontro tra un evento e un fotografo, ma anche un evento in
se. Ciò è provato dal fatto che quando l'evento è finito, continuerà a esistere la sua immagine,
conferendo all'evento stesso una sorta di immortalità.
Come le pistole, una macchina fotografica viene venduta come arma predatrice, pronta a scattare. I
venditori garantiscono che il suo uso sia semplice, come premere un grilletto. Tuttavia essa non
uccide, cattura ma non uccide. L'atto di fotografare qualcuno o qualcosa ha sempre qualcosa di
predatorio. Fotografare una persona equivale a violarla, vedendola come essa non si vede, la
trasforma in un oggetto che può essere simbolicamente posseduto. La fotografia è memento mori.
Isola e attesta l'inevitabile scorrere del tempo.
Una fotografia sconvolge nella misura in cui mostra qualcosa di nuovo, ma troppe fotografie e
testimonianze di un evento negativo posso assuefare un individuo. Lo anestetizzano. Una cosa è
soffrire, l'altro vivere con immagini della sofferenza. Il trauma delle atrocità fotografate svanisce
vedendole ripetutamente.
L'industrializzazione della fotografia ne ha permesso un rapido assorbimento nei modi burocratici della
società (la famiglia e la polizia le utilizzano come materiali d'informazione). Le fotografie sono prezione
perchè danno informazioni. Dicono cosa c'è, fanno un inventario. Per le spie, i meteorologi, i
conduttori, gli archeologi, esse hanno un valore incalcolabile. Attraverso le fotografie il mondo si
trasforma in una serie di momenti, particelle a se stanti. E' una visione del mondo che nega la
connessione e la continuità, ma che garantisce a ogni momento il carattere di mistero. Essa è la forma
più irresistibile di contaminazione mentale. Mallarmè diceva che al mondo tutto esiste per finire in un
libro. Oggi invece tutto esiste per finire in fotografia.
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