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IL PARADOSSO DELLA DETERRENZA:
Il paradosso della deterrenza si può enunciare come segue: ‘’Mano a mano che la semplice deterrenza si
trasforma in MAD, ci avvicina sempre di più al modello dell’equivalenza del delitto e del castigo, e la guerra
nucleare diventa sempre più improbabile e sempre più impensabile. Ma allora può essere credibile una minaccia
basata su qualcosa di virtualmente impossibile? Possiamo essere certi che l’avversario sia dissuaso da una
rappresaglia che, sebbene tecnicamente fattibile, nessuno probabilmente avrà mai il coraggio di ordinare? O
non sarà piuttosto l’avversario spinto a ‘’vedere’’ il nostro bluff, realizzando così il modello definito dell’impunità
dell’aggressore?’’. Anche Bonanate si è occupato di questo paradosso e lo descrive in questi termini ‘’è
possibile evitare la guerra termonucleare solo se questa è possibile, credibile, se tutti fossimo convinti che non
è possibile non potremmo temerla e quindi essa ridiventerebbe possibile.’’
Questo è il paradosso, cioè la MAD configura uno scenario talmente assurdo, quello della comune distruzione
dei belligeranti, del mondo intero, da apparire uno scenario impensabile per degli attori razionali; ma quando
quel tipo di guerra diventa impensabile, perché uno dei due attori dovrebbe essere dissuaso dall’attaccare
l’altro? uno dice perché farebbe una rappresaglia, ma siamo sicuri che lo farebbe?
Facciamo un esempio: A attacca B in una situazione di potenziale equivalenza del delitto e del castigo, io
attacco B, e so che in teoria il mio attacco non impedirà a B di fare una rappresaglia, il risultato della
rappresaglia sarà la distruzione di entrambi. Ma uno dei due attori potrebbe pensare se questo è un bluff? Se
questo è un gioco in cui vince chi attacca per primo per la semplice ragione che l’altro, pur tecnicamente in
grado di effettuare una rappresaglia, non lo farà perché sa che si andrebbe in contro alla distruzione di
entrambi.
Altro caso che si verificò alla fine degli anni 50 che portò al passaggio dalla dottrina della rappresaglia massiccia
alla dottrina della risposta flessibile. La dottrina della rappresaglia massiccia fu attuata nel 54 in una situazione
in cui non c’era ancora l’equilibrio del terrore, la rappresaglia massiccia appariva così: qualunque attacco
dell’URSS sferri contro l’America o i suoi alleati, quale che sia la natura dell’attacco, l’USA avrebbero reagito
colpendo con armi nucleari -> rappresaglia perché rispondo all’attacco, massiccia perché la risposta non è
commisurata all’entità dell’attacco, anche contro una semplice invasione territoriale, gli usa rispondono con
l’arma nucleare.
Alla fine degli anni 50 questa dottrina non appare più credibile: perché intanto ci si è avvicinati alla situazione
di MAD cioè anche l’URSS aveva acquisito la capacità di colpire con armi nucleari il territorio americano. Quindi
sarebbe ancora possibile che un presidente Americano, a fronte di una invasione dell’URSS fatta con i carri
armati, secondo la dottrina della rappresaglia massiccia risponde con armi nucleari, sapendo che in quello
stesso momento l’URSS effettuino a loro volta una rappresagli che colpisce il territorio americano. Non è
possibile che un presidente per difendere l’alleato europeo da un attacco convenzionale dell’URSS contro
l’Europa, l’America attacchi nuclearmente l’URSS decretando a sua volta la distruzione dell’USA? Non è più
credibile una minaccia di questo tipo. Non è plausibile che faccia scoppiare la 3GM per rispondere a un attacco
convenzionale sovietico contro l’alleato europeo. Ed ecco che la dottrina entra in crisi: perchè se i sovietici si
rendono conto che a un attacco convenzionale sovietico contro l’EU, l’America avrebbe solo due possibili
risposte: o non fare niente, o reagire nuclearmente e si arriva all’olocausto nucleare e i sovietici potrebbero
anche ritenere che un attore razionale non arriva a un olocausto nucleare per difendere gli alleati europei,
pensano ‘’figurati se lo fanno’’; è questo il paradosso della deterrenza: se la minaccia dissuasiva configura uno
scenario talmente terribile da risultare impensabile, la dissuasione non è più credibile e uno dei due può essere
tentato dal vedere il bluff, dall’agire per primo contado sul fatto che si realizzerà il modello dell’immunità
dell’aggressore.
ALTRO ESEMPIO: l’America ha sempre garantito l’indipendenza e la sicurezza dell’isola di Taiwan rispetto a
eventuali ambizioni di ricongiunzione dell’isola ai cinesi. Poniamo che domani le truppe Cinesi hanno invaso
Taiwan. Si tratta di un attacco convenzionale, però l’America garantendo la sicurezza dell’isola, sempre
dichiarata contraria alla riannessione alla Cina. Dopo un’invasione del genere, cosa fa l’America? Usa armi
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nucleari contro la Cina? L’America non farà assolutamente niente, perché qualunque reazione scatenerebbe
una escalation incontrollabile che porterebbe alla distruzione per entrambi, e quindi chi vuole morire per
Taiwan. Questo è il paradosso della deterrenza: come facciamo ad evitare che il nemico veda il bluff? Ci metta
alla prova? Ci metta nelle condizioni di dover scegliere tra il dover non fare nulla, e così facendo perdere la
faccia, oppure fare qualcosa che ci porta alla 3° guerra nucleare?
Alcuni teorici e strateghi dell’epoca si chiederanno ‘possibile che non ci sia una via di mezzo? Che l’unica scelta
che ci lascia la dottrina della rappresaglia massiccia è la resa all’olocausto? Da qui nasce la dottrina della
risposta flessibile : ovvero è il tentativo di trovare una soluzione al paradosso della deterrenza.
Minacciare una reazione che potrebbe scatenare una terza guerra mondiale nucleare, a fronte di un attacco
limitato sovietico contro l’America o un alleato dell’America non è credibile, e allora cosa potrebbe essere
invece credibile? Una dottrina, come quella che poi sarà della risposta flessibile, che preveda una risposta a
un eventuale attacco sovietico che però sia commisurata alla natura ed entità dell’attacco subito. Questo poi
introdurrà il concetto di escalation e di guerra nucleare limitata.
A questo riguardo tutte le dottrine strategiche che passeremo in rassegna, oscillano tra due poli, modi di
guardare la realtà della Guerra Fredda, che sono stati definite: le teorie del conflitto stabile e le teorie del war
Fighting. Che differenza c’è tra questi due modi di ragionare intorno alla Guerra Fredda, deterrenza,
all’avvento dell’arma atomica etc.. ?
Ci sono una serie di differenze che passiamo in rassegna:
1° La prima differenza è che mentre per i teorici del conflitto stabile l’arma atomica rappresenta un mutamento
qualitativo nel modo di pensare e fare la guerra, per i teorici del War Fighting il mutamento non è qualitativo,
ma è solo quantitativo, i teorici del WF non pensano che l’arma atomica abbia sconvolto il modo di pensare e
fare la guerra, pensano solo che l’arma atomica sia un’arma atomica più potente delle altre. Ma questo punto
è un mutamento quantitativo e non qualitativo.
Ne discende da questo diverso modo di guardare alla novità presentata dall’arma atomica, l’idea che i teorici
del conflitto stabile hanno, circa il fatto che se mai scoppierà una guerra nucleare, questa condurrà dritti
all’olocausto. Ovvero l’idea che una guerra nucleare limitata, da cui qualcuno possa uscire vincitore a fronte
di un altro che ne esca sconfitto, è una idea che non sta in piedi. L’idea dei teorici del CS è che uno scenario
del genere è uno scenario da cui non solo i due belligeranti, ma il mondo interno ne uscirebbe distrutto. L’idea
dei teorici del CS è che non si può immaginare di mantenere limitata una guerra che implichi l’impiego delle
armi nucleari e che inevitabilmente una guerra del genere condurrebbe alla distruzione del mondo. I teorici
del WF credono invece nella possibilità di condurre una guerra nucleare limitata, ovvero credono nella
possibilità di controllare razionalmente l’escalation, cioè immagino che possa scoppiare una guerra dove ci si
limiti ad esempio all’impiego di armi nucleari tattiche contro obiettivi militari e che questo tipo di guerra possa
mantenersi entro questi limiti, senza necessariamente scalare a uno scambio termonucleare generalizzato che
colpisca i centri abitati e la popolazione civile delle potenze o del mondo interno. è la conseguenza del primo
modo di pensare: se io penso che sia una novità qualitativa, ne deriva il fatto che da una guerra del genere
nessuno può pensare di uscirne vittorioso, se invece penso sia una novità quantitativa penso che la guerra
possa essere mantenuta, anche nucleare, entro certi limiti e a quel punto che qualcuno la possa vincere. Ma
allora mi domanderò, cosa devo fare per vincere una guerra del genere? Mentre per un teorico del CS, porsi
la domanda su come vincere una guerra vincere? È assurdo, perché una guerra nucleare non potendo
mantenersi limitata è una guerra che non può vincere nessuno che porta alla distruzione di tutti. Il che
comporta anche un diverso modo di guardare a Clausewitz, poiché Clausewitz ci insegna cosa bisogna fare per
vincere le guerre, quale è la strategia più efficace etc.. allora per un teorico del CS; la prospettiva dell’olocausto
nucleare rende Clausewitz completamente superato, obsoleto, Clausewitz non ha più niente da dirci, perché
qua il problema non è come vincere ma di evitare che la guerra scoppi. I teorici del WF invece in qualche modo
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considerano Clausewitz per certi versi ancora attuale perché credono sia possibile condure una guerra anche
nucleare in forma limitata (limitata-assoluta di CL.), e quindi Clausewitz ha ancora qualcosa da dire. È come se
i teorici del CS dicessero ‘ la guerra nucleare è l’imperamento(?) della guerra assoluta di cui parla Clausewitz,
ma una guerra assoluta vera in cui non ci si limita all’annientamento delle forze armate dell’avversario,
all’occupazione del territorio’. Per i teorici del WF invece no. E allora porsi la domanda su come vincere una
guerra nucleare limitata è sensato per loro.
Lo scopo di entrambe le dottrine è sempre quello di rendere efficace la deterrenza, solo che i teorici del WF si
domandano ‘e se la deterrenza fallisce? E la guerra scoppia? Cosa p