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3D PRINTED CHEMICALLY CROSSLINKED GELATIN HYDROGELS

Vediamo lo sviluppo di un progetto simile alla tesi magistrale. Esso riguarda la stampa 3D di idrogeli di

gelatine reticolati chimicamente. Con il processo della stampa 3D quelloche voglio ottenere è unoscaffold

che abbia una forma macroscopica che decido io, ma ancora più importante una

microstrutturazioneall’interno decisa da me. Quindi con la stampa 3D posso raggiungere due obiettivi, il

primo è quello di ottenere un oggetto con una forma macroscopica che decido io e il secondo è quello di

andare a microstrutturare la superficie interna per definire la distribuzione dei pori, la porosità, la forma e

dimensione dei pori. Andiamo quindi a decidere la forma che vogliamo stampare e la disegniamo con i

software appositi, poi otteniamo un file STL, poi fa tutto il software e otteniamo delle superfici chiuse

triangolate. Andiamo poi a decidere come strutturare le mie superfici interne, è necessario il processo di

slicing, quindi una volta ottenuto l’oggetto dobbiamo definire come la stampante 3D stamperà ogni slice

per ottenere l’oggetto finale. Se voglio stampare un bicchiere non mi interessa troppo com’è riempito, se

voglio stampare uno scaffold è fondamentale decidere come stampare l’interno perché questo andrà a

definire il flusso di nutrienti all’interno e la distribuzione cellulare nello scaffold.

Per quanto riguarda la stampa di idrogeli, in letteratura gli idrogeli che vengono stampati di più sono due.Il

primo è l’alginato. Nel momento in cui vogliamo stampare un materiale, soprattutto per gli idrogeli, la cosa

più importante è definire la strategia di stampa, processo che mi porterà ad avere un materiale stabile una

volta che questo è stato stampato. Se stampassi l’alginato o un altro idrogelo potrei ottenere la mia

struttura, ma questa, una volta messa a 37°C in acqua o nel mezzo di coltura o nel corpo, si scioglierebbe.

La strategia di stampa mi permette attraverso un processo, ad esempio, di reticolazione con gli idrogelidi

ottenere delle strutture stabili. L’alginato reticola con ioni bivalenti, quindi possiamo stampare la struttura

di alginato, spruzzarci sopra una soluzione di ioni bivalenti per ottenere una struttura reticolata. Possiamo

utilizzare una stampa coassiale in cui andiamo ad avere due aghi concentrici l’uno all’altro, all’interno

dell’ago abbiamo l’alginato, mentre all’esterno dell’ago estrudo una soluzione di calcio-cloruro con ioni di

calcio bivalentiper far sì che l’alginato possa reticolare nel momento stesso in cui fuoriesce dalla siringa.

Stampo l’alginato e contemporaneamente estrudo una soluzione di calcio-cloruro, nel momento stesso in

cui deposito il materiale, questo reticola e viene mantenuta la forma. Estrudo un cono e una piramide e ciò

non è banale con la stampa di idrogeli.

Il secondo materiale è la gelatinametacrilataGelMA, è una gelatina in cui vengono innescati dei gruppi

funzionaliche sono in grado di reticolare con la luce UV, generalmente l’innesto di questi gruppi funzionali è

biocompatibile e ciò mi permette di inglobare le cellule all’interno del materiale che ho stampato. In questo

caso la strategia è molto diversa da quella dell’alginato perché, unavolta stampato il materiale, irradio con

luce UV, i gruppi fotosensibili che ho innestato nella gelatina reticolano e ottengo una struttura stabile.

È stata utilizzata una tecnica di reticolazione della gelatina attraverso addizione di tipo Michael brevettata.

In verde ho le macromolecole della gelatina, sono delle catene proteiche, quindi all’interno hanno molte

lisine che espongono delle ammine. Se aggiungo MBA, ovvero il cross-linkante, i doppi legami dell’MBA

possono andare a reagire con le ammine cheha due doppi legami. I due doppi legami possono fare da

braccia per legare tra loro delle macromolecole di gelatina. Ottengo una gelatina cross-linkata che resiste

ed è stabile anche a 37°C. Una soluzione di gelatina da sola a 37°C si scioglie perché ha una T di transizione

sol-gel intorno ai 32°C. Abbiamo quindi questo metodo di cross-linkingdella gelatina che a differenza del

GelMAnon richiede l’irradiazione con raggi UV.

Per quanto riguarda il protocollo di sintesi, miscelo la gelatina con l’agente cross-linkante, li verso in un

contenitore o in uno stampo che voglio, aspetto 24 ore a 37°C e quello che ottengo è un idrogelo reticolato.

È nello stato disidratato, ma posso metterlo in acqua a 37°C per giorni, questo si gonfia ma rimane stabile.

Questo materiale è biocompatibile, permette l’adesione e la proliferazione cellulare. Il problema è che vado

ad ottenere un idrogelo compatto. Mi interesserebbe però come supporto tissutale una struttura porosa,

con una porosità controllata alla quale posso dare una forma macroscopica di mio interesse. Possiamo

stampare questo materiale? Per stampare questo materiale per prima cosa lo metto nella cartuccia della

stampante, quest’ultima estruderà il mio materiale. Come posso fare in modo che il mio materiale

mantenga la forma una volta che l’ho stampato? Devo stampare un materiale liquido o comunque nello

stato di sol, quindi la cartuccia sarà a una T relativamente elevata, maggiore della T di transizione della

gelatina. Se stampo un materiale a 37°C, quello che ottengo è la deposizione di un filamento che dopo 3

nanosecondi si squaglia e diventa un lago di gelatina. Come posso almeno temporaneamente mantenere la

forma dei filamenti stampati?Stampo la gelatina su un substrato freddo e non immediatamente ma

velocemente il filamento depositato mantiene la sua forma. A questo punto ho la gelatina su un substrato

freddo. L’agente cross-linkante è già all’interno e sta già reagendo. Una volta stampato il materiale devo

aspettare altre 24h perché la reazione chimica è la stessa. So che la gelatina si scioglie sotto i 30-32°C, se

metto il materiale a reticolare a 37 o 50°C, di nuovo i filamenti che ho stampato si sciolgono perdendo la

struttura che ho stampato, quindi devo verificare che il mio materiale sia in grado di reticolare anche a

temperature inferiori a 37°C.

Per quanto riguarda il processo di stampa, miscelo la gelatina con l’agente cross-linkante, carico la gelatina

all’interno di una cartuccia per stampa 3D, estrudo il materiale su di un substrato a 4°C o comunque ad una

temperatura inferiore ai 33°C. In questo modo, grazie alla T ditransizione sol-gel, i filamenti depositati

mantengono la forma. Essendo il cross-linker all’interno della soluzione di gelatina, esso sta reagendo, devo

solo mettere in condizioni controllate la mia struttura stampata reticolare. Di solito però la gelatina viene

fatta reticolare a 37 o 50°C, quindi devo anche verificare che effettivamente la gelatina possa reticolare

anche a T differenti, in questo caso a 4 e 18°C. Ho quindi un po’ di ipotesi da verificare. Dobbiamo fare un

planning sperimentale, dobbiamo dire quali sono le ipotesi che vogliamo andare a verificare. Ipotizziamo

che la gelatina non reticoli solo a T elevate, ma possa reticolare anche a 4 o 18°C, cioè a temperature

inferiori alla temperatura di transizione in modo che, una volta stampata, la gelatina mantenga la sua forma

grazie alla temperatura bassa, ma allo stesso tempo reticoli per poter essere sfruttata in applicazioni in

vivo. Dopodiché, se sono fortunato e ho verificato questa prima parte, posso andare ad utilizzare i

parametri di stampa.

Verifico che la gelatina non reticoli solo a 37°C, ma anche a T inferiori alla T di transizione sol-gel, quindi a 4

e 18°C. Per verificare che la gelatina reticolata a diverse T sia stabile produco i materiali, uno lo faccio

reticolare per 24h a 37°C, uno a 18°C e uno a 4°C. Ottengo dei campioncini di materiale compatto e la prova

più banale che si può fare per vedere sei materiali sono reticolati è quella di metterli in acqua a 37°C. Se in

acqua si sciolgono la mia reticolazione dipende dalla T e sono stato molto sfortunato perché non posso

andare avanti con la mia tesi in questa direzione. Se invece i materiali resistono in acqua a 37, 18 e 4°C sono

stato molto fortunato.

Nel grafico viene riportata la variazione ponderale di idrogeli stampati a diverse T. Dopo una fase di

rigonfiamento iniziale il peso degli idrogeli è stabile. Se avessi visto un crollo delle curve dopo qualche ora,

avrebbe voluto direche i miei idrogeli se ne sono andati.

Potrei fare un’analisi del gel fraction. Quando faccio reticolare un idrogelo, posso metterlo a rigonfiare e poi

vado a verificare che non abbia perso peso all’interno della soluzione, peso quindi l’idrogelo, lo faccio

rigonfiare, lo disidrato, lo peso e guardo se il peso è diminuito. Se il peso diminuisce vuol dire che ho perso

della frazione solida e in questo caso tutte le frazioni solide sono sopra il 90%, quindi ho verificato

ulteriormente.

Un’altra prova che posso fare è vedere le proprietà meccaniche dei miei idrogeli. Questo mi dà delle

indicazioni del fatto che la mia struttura sia degradata o meno. In questo caso vienefatta una prova di

compressione a carico e scarico ed osservo che i materiali reticolati a temperatura minore (4 e 18°C) hanno

proprietà meccaniche maggiori di quelli reticolati a temperatura maggiore e questo avviene perché

assorbono meno acqua. Se vado a vedere le curve di variazione ponderale, vedo che hanno una variazione

ponderale inferiore, quindi hanno assorbito meno acqua e le proprietà meccaniche sono maggiori. Sono

comunque reticolati.

A questo punto stampo il mio idrogelo di gelatina. Si usa la 3D bioplotter, una stampante al cui interno ho

una pompa che mi permette di applicare una pressione alla testina di stampo, ho quindi un pneumatico

dispensatore, ho 5 cartucce che posso caricare con 5 materiali diversi e che posso tenere a 5 T diverse. La

testa va a prendere la cartuccia e stampa ilmateriale caricato nella cartuccia. Lo stampa su un substrato su

cui è montata una cella che posso tenere a T diverse, in questo caso a T fredda perché voglio

ilmantenimento della forma dei filamenti stampati. Purtroppo, essendo un idrogelo che sta reticolando,

devo andare a verificare le proprietà reologiche del materiale.

Ho la mia soluzione di gelatina all’interno della quale

inserisco l’agente di cross-linkante, per reazione

normale nel tempo la gelatina reticola. Voglio

stampare la gelatina e questa da un certo punto in

poi non sarà più estrudibile. Voglio quindi andare a

vedere in che lasso di tempo il mio materiale ha della

proprietà opportune per la stampa. Che test

reologico faccio? Nei test reologici posso far variare

un solo parametro. Metto la gelatina in solu

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Publisher
A.A. 2017-2018
237 pagine
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SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-IND/34 Bioingegneria industriale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ing_bio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Strutture biomimetiche e bioartificiali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Milano o del prof Farè Silvia.