vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
TRASFORMATE!
La cosa importante era capire cosa era passato dal ceppo S a quello R
causando la trasformazione. Quindi Griffith scopre il cosiddetto “principio
trasformante”.
Esperimento Avery, MacLeod, Mc Carty:
Questo gruppo di scienziati cercano di capire la natura di questo principio
trasformante. Essi sapevano che i componenti in una cellula erano lipidi,
proteine, polisaccaridi e acidi nucleici. Ripetettero l’esperimento in vitro,
ovvero invece di usare l’intero ceppo, cercano di mettere insieme al
ceppo R vivo, uno per volta in provette diverse, ognuno di questi
componenti purificati. Quindi ripetettero l’ultimo passaggio
dell’esperimento di prima, ma invece di farlo con il ceppo intero S
inattivato al calore aggiunto al ceppo R, al ceppo R aggiunsero in una
provetta proteine, in una Rna, in una Dna, in una lipidi ed in una
polisaccaridi estratti ovviamente dal ceppo S. Quindi hanno solo diviso i
vari componenti, li aggiunsero in una provetta dove c’erano i batteri
pneumococchi del tipo R e li piastrarono. (Loro fanno questo passaggio
prima in liquido e poi in solido, questo perché in liquido possiamo
crescere quantità enormi, però dopo si piastrano per riconoscerli, in
genere si dice che “si piastrano non a saturazione” poiché i cloni batterici
sono sparsi e separati, in quanto in futuro noi potremmo prelevare
ognuno di loro ed analizzarlo. Quindi si passa sempre attraverso il
passaggio in liquido e piastramento su solido!)
In questo modo essi osservarono la tipologia dei cloni batterici, poiché
all’inizio c’erano tutti R, successivamente si nota una piastra in cui essi si
sono trasformanti in S. Quindi il principio trasformante ha lavorato,
ovvero ha trasformato R in S. Questo corrisponde alla provetta in cui ai
pneumococchi è stato aggiunto il Dna purificato.
Il controllo è fondamentale, infatti, l’esperimento viene poi ripetuto
facendo un esperimento al contrario, ovvero ora noi sappiamo che il
fattore trasformante è il Dna, ma prima che non si sapeva bisognava
verificarlo. Così essi utilizzarono l’estratto totale del ceppo S, dove
aggiunsero enzimi che distruggono selettivamente ognuno di questi
componenti. Tutto questo perché si potrebbe pensare che il Dna possa
avere qualche contaminante non conosciuto. Allora fecero un
esperimento al contrario: aggiunsero Dnasi all’estratto totale, se
quest’ultimo corrisponde al Dna viene persa la sua capacità, se invece
c’è un contaminante di questo Dna la Dnasi non svolge la sua azione.
All’epoca si ebbe la conferma della presenza del Dna, grazie all’aggiunta
di proteasi (enzimi che distruggono le proteine), in quanto in questo
modo il ceppo R subì trasformazione, ovvero non ci fu perdita di funzione
di trasformazione. L’unico momento in cui la perde è quando le Dnasi
attaccano specificamente il Dna, si perde la capacità del principio
trasformante. Quindi significa che il principio trasformante è il Dna.
La professoressa ci fa notare che in tutti gli esperimenti c’è sempre il
cosiddetto “controllo”, sia positivo che negativo. Un dato non è un dato
se non c’è controllo positivo e negativo, poiché bisogna dimostrare che
non è un errore sperimentale o una contaminazione.
In questo caso c’è il controllo positivo, cioè piastrare lasciando il ceppo
non trasformato.
Questo esperimento fu chiamato la bomba di Avery, poiché in quel
periodo così particolare in cui si pensava che forse erano le proteine le
responsabili di tutto, si incominciò a focalizzarsi sul Dna.
Esperimento di Chargaff:
Egli ha enunciato due leggi -> in termini molari abbiamo tante purine,
quante pirimidine e che la somma delle coppie A-T e C-G è diversa in
ogni molecola.
Egli estrasse il Dna da batteri e organismi superiori, lo idrolizzò
totalmente, ed andò a misurare in termini molari quante A, quante T,
quante C e quante G c’erano.
Nella tabella sono a confronto organismi superiori e batteri. Osservando
la A, in una parte abbiamo in termini molari 15,1 che non è pari a G e C,
ma a T. Invece si trovano tante C quante G. Quindi analizzando la tabella
possiamo vedere che il rapporto è quello enunciato da Chargaff, ovvero
A=T (il rapporto è circa 1) e G=C (il rapporto è circa 1).
Guardando l’ultima parte si ricava che il numero di purine e quello delle
pirimidine è equivalente. Questo fa capire che nel Dna ad ogni purina
corrisponde una pirimidina. Però, osservando l’ultima colonna, si verifica
che non è vera la seconda legge, ovvero che il rapporto di A+T rispetto a
quello di G+C è diverso da 1. Infatti si vede che i valori sono o superiori o
inferiori. Questo rapporto è tipico della specie.
Esperimento di Hershey e Chase:
Essi dimostrano che il Dna nei virus è il responsabile dell’infezione.
All’epoca si sapeva che i virus contenevano come costituenti
fondamentali proteine ed acidi nucleici, in particolare Dna. (Oggi
sappiamo che i virus possono essere a Dna, a Rna, a doppio filamento, a
singolo filamento). I virus sono composti da un capside esterno costituito
da proteine e dal Dna presente all’interno. Le proteine e il Dna furono
marcano con due isotopi diversi. In particolare, le proteine furono
marcate con S35 e il Dna con P32. In questo modo si può isolare il Dna
dalle proteine. Egli fece avvenire l’infezione batterica, poi utilizzando una
sorta di frullatore staccò ciò che è entrato nella cellula batterica da quello
che resta fuori da essa. Infine, vide cosa c’era dentro e trovò P32, mentre
l’S35 resta all’esterno. Quindi è chiaro che ad entrare nella cellula è il
Dna, ovvero ciò che poi causerà la trasformazione del ceppo batterico
infettato.
Oggi sappiamo che ci sono virus a Rna che penetrano nelle cellule (come
il virus del HIV) portandosi anche l’enzima, la trascrittasi inversa, perché
il Rna del virus viene trasformato in double stenting Dna, che si integra
nella cellula.
Tutti questi esperimenti confermano che il Dna è il materiale
genetico!
Osserviamo ora la struttura: nucleotidi.
Sappiamo che il Dna è composto da unità che si ripetono, i
Questi sono formati da una base azotata, da uno zucchero pentoso e di
nucleoside.
un fosfato. Se allontaniamo il P, il componente è detto
I precursori della sintesi del Dna sono desossiribonucleosidi 5’ trifosfati (il
P che a noi interezza si trova in posizione 5’, ma in realtà lo possiamo
trovare anche in altre posizioni).
Osserviamo le posizioni nello zucchero, se si parla di 3’,5’ e così via ci si
riferisce alle posizioni dello zucchero. Se invece si parla di 5 allora ci si
riferisce alle posizioni delle base.
Si nota che la posizione 5’ di questi precursori è un trifosfato. Quindi
quando diciamo che quella molecola è un 3’, 5’ intendiamo che
nell’estremità 5’ libera vi è un tri fosfato, mentre in quella 3’ libera vi è
un –OH (gruppo fondamentale per la duplicazione).
Il P più vicino allo zucchero è detto P alfa, poi segue quello beta e
gamma.
Una cosa utile da sapere per particolari tecniche è che quando considero
un desossiribonucleoside 5’ triP marcato nel P in alfa, significa che ho
sostituito P con P32. Se dico che in quella tecnica ho usato un precursore
con gamma marcato sono due cose diverse, perché normalmente
durante la duplicazione il beta e il gamma li perdo. Quindi se voglio
marcare una catena all’interno non potrò mai usare un
desossiribonucleoside 5’ triP marcato in gamma o beta, ma per forza in
alfa.
Quando voglio marcare nella catena nascente devo per forza usare dei
precursori marcati in alfa, se invece voglio fare una marcatura terminale
mi va bene il gamma poiché questo si trasferisce sul gamma dell’altra
molecola.
Questa è la forma di Haworth: (manca la slide sul libro, sarebbe la
struttura dello zucchero ciclico)
Quando disegniamo lo zucchero, dobbiamo disegnarlo con la parte in
grassetto!
Normalmente nel Dna, lo zucchero è perpendicolare al piano delle basi.
Quindi se immaginiamo di avere le basi schiacciate sulla lavagna, lo
zucchero dev’essere perpendicolare alle basi, ovvero deve stare o con gli
–OH in grassetto, quindi con le posizioni 2’ e 3’ rivolte verso di noi, o con
l’O dell’anello in grassetto, ovvero con l’O rivolto verso di noi e le
posizioni 2’ e 3’ lontane da noi.
In questo modo possiamo immaginarci la molecola di Dna nello spazio.
Osservando un singolo filamento di Dna, vediamo che esso è dato dalla
successione di nucleotidi legati tra di loro da un legame fosfodiestere tra
la posizione 3’ e quella 5’.
Questo è il cosiddetto scheletro zuccheri-fosfati.
In realtà qualche volta potrebbe essere utile per qualche esperimento
non dover disegnare tutta quella struttura, per questo i ricercatori hanno
schematizzato il singolo filamento di Dna in un modo molto semplice,
ovvero in questo modo:
Dove lo zucchero viene rappresentato con un asta, a cui in posizione 1’ è
legata la base, in posizione 3’ vi è il legame con il P 5’. Questo è un
filamento detto 5’, 3’ di Rna. Se era un Dna in posizione 2’ vi era un -H e
non un –OH.
Le basi vengono distinte in puriniche e pirimidiniche (lei vuole sapere
almeno le 4 basi presenti nel Dna, quindi senza l’uracile. La prima
domanda dell’esame è disegnare due coppie di casi in un Dna di tipo B).
Osserviamo che gli anelli delle pirimidine uguali tra di loro così come gli
anelli delle purine sono uguali tra di loro.
Osservare anche la numerazione: nelle pirimidine l’N1 è implicato nel
legame N-glicosidico, mentre nelle purine è l’N9 che si lega allo zucchero.
Quando disegniamo le basi, se l’N è fuori dall’anello specificarlo con una
stanghetta.
I nomi cambiano se parliamo di basi legate agli zuccheri (adenosina…)
Se parliamo di ATP parliamo di ribo, se parliamo di dATP ci riferiamo ad
un desossi. Poi possono essere difosfati e monofosfati.
Negli acidi nucleici possono esserci delle basi modificate, per esempio
attraverso metilazioni. Questo avviene soprattutto nei tRna e negli rRna.
COME SI FORMA L’ANELLO PURINICO E PIRIMIDINICO?
Nella sintesi dei precursori degli acidi nucleici è molto importante una
fosforibosilpirofosfato.
molecola, detta PRPP ovvero Essa è uno zucchero
legato i