Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
P C
D =
In caso di canale distributivo indiretto, se intervengono più intermediari, il margine di distribuzione è uguale
alla somma dei margini dei singoli intermediari.
4.1 I margini di distribuzione
Di solito, il margine di distribuzione si esprime, non in valore assoluto, ma in termini percentuali, cioè in
rapporto al prezzo di vendita al cliente oppure in rapporto al prezzo di acquisto:
nel primo caso, si parla di ”margine commerciale” (MC) o ”margine di sconto” (discount margin):
1. –
P C
MC = * 100
P
nel secondo caso, si parla di ”margine di ricarico” (MR) o ”mark-up margin”:
2. –
P C
MR = * 100
C
Le regole di equivalenza tra il ”margine commerciale” (MC) ed il ”margine di ricarico” sono:
MR
MC = * 100
(1 + MR)
MC
MR = * 100
–
(1 MC)
Se un dettagliante acquista un prodotto a 100€ e lo rivende a 200€, il suo margine di distribuzione sarà pari a
100€; qual è, in termini percentuali, il margine del dettagliante?
– 200€ – 100€ 100€
P C
MC = = = = 0,5 = 50%
200€ 200€
P
– 200€ – 100€ 100€
P C
MR = = = = 1 = 100%
100€ 100€
C
MR 1 1
MC = = = = 0,5 = 50%
(1 + MR) (1 + 1) 2
MC 0,5 0,5
MR = = = = 1 = 100%
– –
(1 MC) (1 0,5) 0,5
Bibliografia
R. Sbrana, A. Gandolfo, ”Contemporary retailing – Il governo dell’impresa commerciale moderna”, G. Giappichelli
- –
editore Torino, 2007
Lezione del 13 Aprile 2011 (3 ore)
In questa lezione abbiamo trattato sette argomenti:
1. il brand (o marca);
2. il marchio;
3. le strategie delle marche dei produttori;
l’identità della
4. marca (brand identity);
5. gli elementi identificativi della marca (identity elements of brand);
6. il brand come paniere di attributi;
7. il capitale di marca (brand equity).
1. Il brand
Il brand è ”un nome, un termine, un segno, un simbolo, un progetto o una combinazione di questi elementi, che
ha lo scopo di identificare i beni o i servizi di un venditore o di un gruppo di venditori, per differenziarli da
quelli dei concorrenti” (American Marketing Association, AMA).
Le componenti della struttura del brand sono:
la ”componente
1. identificativa”, rappresentata dai segni di riconoscimento del brand (ad esempio, il logo,
il nome, il simbolo, il colore ed il marchio), che sono chiamati a svolgere un ruolo di identificazione e di
dell’impresa
distinzione della specifica offerta rispetto alla concorrenza: connesso a tale componente è il
”identità di marca” (brand
concetto di identity);
la ”componente
2. valutativa”, che riguarda le associazioni mentali che il cliente collega stabilmente al
brand (ad esempio, i vantaggi tecnico-funzionali e i benefici psico-sociali): connesso a tale componente
”immagine di marca” (brand
è il concetto di image);
la ”componente che
3. fiduciaria”, riguarda il consolidamento, nella mente del cliente, di una positiva
valutazione del brand, in termini di affidabilità (brand trust).
1.1 Le finalità strategiche del brand
Il brand è un assett che persegue finalità strategiche, tra cui:
1. la conquista della preferenza e della fedeltà del cliente;
2. la costruzione, nel medio-lungo termine, di un clima di fiducia nella business comunity;
3. il riconoscimento all’impresa di un suo ruolo sociale.
1.2 I vantaggi del brand
I vantaggi del brand riguardano il cliente, il produttore ed il venditore:
1. con riferimento al cliente, il brand gli consente di:
riconoscere facilmente il prodotto;
apprezzare le caratteristiche e i benefici del prodotto;
ridurre i rischi nell’acquisto;
collocare il prodotto tra le varie offerte;
sviluppare interesse per alcune caratteristiche del prodotto.
2. con riferimento al produttore, il brand gli consente di:
creare fedeltà nel cliente;
aumentare le difese dalla concorrenza;
creare vantaggi differenziali;
raggiungere un posizionamento più efficace, grazie alla semplificazione della segmentazione del
mercato;
aumentare il potere nei confronti della distribuzione.
3. con riferimento al venditore, il brand gli consente di:
attirare le preferenze del cliente;
aumentare le vendite;
identificare i fornitori;
accelerare i tempi di rotazione dei prodotti, perché il brand favorisce un maggior controllo della
programmazione del marketing-mix;
trascinare brand generici e brand commerciali.
2. Il marchio
Dal brand si differenzia il marchio (brand mark), inteso come il segno identificativo e distintivo della marca
(rappresentabile graficamente), che può consistere in parole (compresi i nomi di persone), disegni, lettere, cifre,
suoni, forme dei prodotti, forme delle confezioni dei prodotti, combinazioni o tonalità cromatiche.
Il marchio è lo strumento con il quale le imprese tutelano giuridicamente il proprio brand, per cui non può essere
all’ordine pubblico e al buon costume ”en.wikipedia.org”
contrario alla legge, (ad esempio, nelle pagine di è
”Wikipedia®
riportata la scritta è un marchio registrato di proprietà della Wikimedia Foundation”).
Il marchio diventa brand solo se si trasforma in un significato astratto, cioè in una percezione soggettiva legata
o del servizio, in grado di rendere l’offerta
alla combinazione di aspetti materiali e immateriali del prodotto
distinta nella mente dell’acquirente.
3. Le strategie delle marche dei produttori
Il brand può svolgere la funzione di nome o di cognome:
1. nel primo caso, serve a distinguere i prodotti gli uni dagli altri;
2. nel secondo caso, vuole indicare la provenienza del prodotto.
Tra la funzione di distinzione e la funzione di indicazione della provenienza sono possibili diverse scelte
strategiche (Kapferer, 1998):
1. la personalizzazione del prodotto;
del prodotto in un insieme;
2. l’inserimento dell’origine del prodotto.
3. l’autenticazione
3.1 La personalizzazione del prodotto utilizza la ”marca-prodotto”
Con riferimento alla personalizzazione del prodotto, si (individual brand), la quale
attribuisce, in modo esclusivo, un nome al singolo prodotto, consentendo un posizionamento chiaro e univoco
nel mercato: in questo modo, si evidenziano le differenze con gli altri mercati vicini, si dà un riferimento
un’innovazione, ”marca-prodotto”
nominale ad si protegge la specifica in caso di insuccesso o di crisi e si
aumentano i canali di vendita nel caso in cui le corsie siano suddivise per brand.
Ad esempio, la catena Nestlè dà un nome diverso ai suoi prodotti (Maggi, Buitoni, Nescafè, Nesquick, Nestèa,
KitKat, Smarties, ecc.), allo scopo di evitare inquinamenti a livello di immagine e di posizionamento: questa
politica, però, richiede elevati investimenti pubblicitari, perchè ogni brand parte da una notorietà nulla e da un
posizionamento non definito che va costruito interamente.
3.2 L’inserimento del prodotto in un insieme
all’inserimento
Con riferimento del prodotto in un insieme, si possono utilizzare due politiche di denominazione
cioè la ”marca-linea” e la ”marca-gamma”:
di brand, ”marca-linea”
1. la propone un mix di prodotti complementari molto vicini (ad esempio, la maggior parte
delle marche di abbigliamento di moda come Zara), dando una grande forza alla proposta e mantenendo
un’immagine coerente per tutti i prodotti offerti:
la ”marca-linea” consente una riduzione dei costi di lancio ed una distribuzione rapida delle
nuove estensioni, perché ha il beneficio di sfruttare una notorietà ed un posizionamento già
avanzati dell’insieme in cui viene introdotta;
la ”marca-linea”, però, è obbligata ad adattarsi al posizionamento che prende a prestito e, quindi,
deve restare in un universo limitato di prodotti molto vicini.
”marca-gamma” (ad esempio, la marca ”Dixan” è
2. la propone un mix di prodotti relativamente diversi
utilizzata per individuare detersivi liquidi, detersivi in polvere e detersivi in pastiglie):
anche la ”marca-gamma” sfrutta una notorietà ed un posizionamento già avanzati dell’insieme in
cui viene introdotta, ma lascia una maggiore libertà di innovazione;
per contro, però, la ”marca-gamma” presenta il rischio della banalizzazione del nome.
Successi e fallimenti di alcune estensioni di gamma
Categoria di partenza
Marca Risultato
Nuova categoria
Kodak Film Macchine fotografiche Successo
Woolite Detergenti Detersivi per tappeti Successo
Barbie Bambole Mobili e abbigliamento Successo
Minolta Macchine fotografiche Fotocopiatrici Successo
Fisher Price Giocattoli Abbigliamento Successo
Harley Davidson Moto Sigarette Fallimento
Levi’s ”Business wear”
Jeans Fallimento
Fonte: Czinkota e altri, 2000
3.3 L’autenticazione dell’origine del prodotto
riferimento all’autenticazione dell’origine
Con del prodotto, si possono utilizzare tre politiche di denominazione
del brand, cioè la ”marca-ombrello”, la ”marca-fonte” e la ”marca-garanzia”:
la ”marca-ombrello”
1. utilizza un nome unico per prodotti-mercati diversi, con una comunicazione ed un
impegno differenti (ad esempio, Philips vende lampadine, rasoi, televisori ed impianti hi-fi sotto lo
stesso nome di marca): in questo modo, è possibile capitalizzare una notorietà internazionale, ma non si
garantisce un posizionamento chiaro ed univoco nel mercato;
la ”marca-fonte” è identica alla ”marca-ombrello”, ma consente al prodotto di avere un nome proprio
2. (ad esempio, Nescafè, Nesquick o Crunch di Nestlè);
la ”marca
3. garanzia” (corporate brand) fornisce semplicemente la sua firma al prodotto, garantendogli
una base ed una garanzia di qualità (pur lasciando una certa libertà di posizionamento), allo scopo di
creare una sorta di riconoscimento della marca (brand recognition) e di facilitare l’approvazione del
”Walt
nuovo prodotto da parte dei potenziali clienti (ad esempio, la società Disney” include la parola
”Disney” come ”Disneyland”, ”Disney e ”Walt
nel nome di molti suoi prodotti, Channel” Disney
Studios”).
4. La brand identity
L’identità di marca (brand identity) è tutto ciò che l’i