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MODELLI DI SISTEMA

Gli esiti disgregativi introdotti dalla competitività globale non hanno favorito la costituzione della libertà e questo incide tanto sulla comunicazione quanto sull'educazione. Così Dahrendorf suggerisce piccole strategie di comportamento per permettere alle società attuali di combinare tanto il benessere economico quanto la coesione sociale e la libertà politica, prendendo le distanze dall'analisi di Beck e fondendo in un' unica istanza gli insegnamenti del proprio maestro Giddens dell'economista e del politologo Spybey Amin.

Questi ultimi due autori sono convinti che la globalizzazione economica-finanziaria offra comunque più possibilità per le conoscenze, più possibilità di sviluppare negoziazioni di interdipendenza, laddove però essa non detti comportamenti prestabiliti, non spersonalizzi l'individuo, e non si imponga come puro fatto economico. Affinché quindi, i...

governi, partiti politici e alle organizzazioni sindacali. Queste istituzioni dovrebbero comprendere i mutamenti in atto e investire nella formazione ed educazione. Tuttavia, secondo Dahrendorf, c'è il rischio che cercare di conciliare crescita economica, società civile e libertà politica porti alla trasformazione della libertà in arbitrio dei gruppi più influenti e forti, escludendo così le persone svantaggiate che non rappresentano una forza produttiva. Inoltre, c'è il pericolo che la flessibilità che la globalizzazione comporta diventi un'opportunità per includere o escludere le persone dalla protezione sociale. È importante prevedere e affrontare questi rischi. Secondo Bauman, per affrontare razionalmente i processi globali è necessario migliorare il progetto formativo. Molte delle cause delle esclusioni infatti non sono solo imputabili ai governi, ma anche alle altre istituzioni menzionate.sistemi educativi, rimasti indietro rispetto alle minacce del mondo in rete. Le modifiche da apportare ai sistemi formativi partono da un suggerimento: il passaggio da forme adattive di proto-apprendimento, irrigidite in programmi e contenuti prefissati e gestiti dall'alto, a forme di deutero-apprendimento, ossia "l'apprendere ad apprendere" in cui il soggetto partecipa al processo formativo acquisendo non solo informazioni ma anche le competenze per modificare ciò che ha appreso. I modelli di sistema si presentavano e si presentano ancora con molte differenziazioni: per esempio il sistema formativo statunitense, diversamente da quello europeo, era ed è altamente decentralizzato e informale; offre maggiore autonomia per ciò che concerne gli investimenti in formazione. Ancora diversamente nel modello anglosassone, la strategia è quella di un sistema di crediti e standard qualitativi fissati dai governi secondo un modello accentratore. Il modello mira a fornire competenze omogenee per tutti, quello italiano è quello meno propenso a stabilire rapporti col mercato. Non mancano neanche i sostenitori di un'ipotesi di descolarizzazione: ossia di un'educazione che possa fare a meno dei costosi sistemi scolastici, un'educazione in cui la separazione tra aula e mondo esterno diviene meno rigida, dove gli insegnanti prolungano l'insegnamento in luoghi esterni alla scuola collegandola alla vita. Questo tipo di educazione consentirebbe a ciascuno di autorientarsi attingendo appunto le conoscenze nei luoghi dove esse si producono e generano azioni. L'obiettivo è quello di fare dell'ambiente una situazione significativa per la costruzione personale di meta competenze, cioè di competenze decisionali di autoanalisi e di interazione dinamica nel sistema Io-Mondo. MA L'EDUCAZIONE NON VA SCIUPATA Geertz Due possono essere i modi di lettura che riguardano i progetti formativi: autori come consideranoche attraverso una buona formazione si possa uscire dai conflitti e dalle emarginazioni, altri autori, come Delors, puntano sulla lifelong education, intesa come formazione continua, come intersezione di studio, ricerca e autocontrollo non continui. E perché tutto questo possa comportare crescita della persona, la formazione può prescindere dal suo bisogno di relazionalità. Delors nel LIBRO BIANCO scrive che l'educazione, come formazione e processo continuo, deve consentire all'individuo di diventare consapevole di se stesso e del proprio ambiente, deve mettere ciascuno in grado di trovare il proprio posto nella comunità di appartenenza e nello stesso tempo deve avere a disposizione i mezzi che gli diano accesso alle altre comunità; Delors insisteva che bisognasse stabilire una forma di educazione interculturale come strumento di controllo della propria vita e come partecipazione agli scenari globali. Affinchéquindi, l'esigenze degli individui dell'apprendere a conoscere, dell'imparare a fare, ad agire e più in generale, dell'imparare ad essere, possano tradursi in abilità, bisognerebbe investire in RICERCA; essa infatti, è un metodo di apprendimento fondamentale, che si coltiva già dalla nascita; costituisce quella mappa di orientamento per avanzare nella conoscenza, in quanto mette continuamente in crisi ciò che crediamo di sapere e lentamente ci modifica anche nel nostro modo di essere ed agire, smaschera le simulazioni e mette indiscussione tutte le conoscenze a cui ci eravamo affidati. Se perciò i contesti di studio e di lavoro venissero tarati sui bisogni umani di apprendere, conoscere, imparare e stimolassero la ricerca, i pregiudizi e le ostilità degli ambienti e delle persone che vi coabitano lascerebbero spazio a una cooperazione serena. Una antica tradizione pedagogica recitava: "l'educazione non va"

La cultura, nel mondo contemporaneo, sembra essere "sciupata"; nel senso che essa non può essere affidata a chi potrebbe distorcere i suoi valori, né lasciata in mano alle istituzioni o alle famiglie, ma andrebbe restituita al libero sviluppo degli individui, sorretti però da guide autorevoli che ci possano far avanzare nella conoscenza.

Tuttavia, l'ultimo quarto di secolo ha registrato il trionfo incondizionato della "mediacrazia", come veicolazione dei messaggi attraverso canali mediatici, e essa si è sostituita al criterio classico della rilevanza culturale. Le scuole, le università entrano in crisi perché rifiutano di riconoscere il cambiamento in atto come NUOVO rispetto al passato.

Si è davanti a una sorta di "assenza d'identità", a una difficoltà nel fissare l'io, a differenza di come avveniva nel passato, causata dalla molteplicità di ruoli e funzioni che ciascuno svolge nella vita quotidiana; l'identità si

sfaccettadi una serie di maschere costruite a seconda delle circostanze e dei luoghi. L'identità, comunque, ha una radice, che è lo stato di persistenza, il nucleo essenziale di ognuno di noi, che rimane stabile durante i cambiamenti continui nell'individuo: ciò che è mio proprio costitutivo e mi fa originale distinguendomi da tutti gli altri è una sorta di dimensione locativa dell'identità fuori dalla quale c'è l'estraneo, il diverso con le sue lusinghe e minacce. Eppure l'altro chiede integrazione nella mia costituzione identitaria; lo si può usare come specchio, come polo dialettico della mia individualizzazione; L'ALTERITÀ È COSTITUTIVA DEL SE': da qui la sua natura relazionale e profondamente comunicativa posta in evidenza da Ricoeur. Tutto ciò per dire che nelle comunità anche l'altro, il diverso che minaccia proprio a ragione delle sua.
diversità, trovava una sua collocazione all'interno dello spazio comune; comunicare con sé a se stessi attraverso l'altro esterno.
MEMORIA E OBLIO
Si sa che la storia è la dimora di un passato concluso, distante ed è solo attraverso la memoria che si può riattualizzare ciò che è stato; attraverso essa il passato viene continuamente riformulato sulla base delle nostre esigenze che cambiano.
E per poter cogliere tutto il peso che il passato e le circostanze esterne hanno sulle nostre vite quotidiane si deve tentare di PEDAGOGIZZARE il passato in modo da impossessarsi delle sue interpretazioni. Perché la storia possa servire alla vita occorre che chi la consegna alle più giovani generazioni si liberi dai propri "risentimenti": è un problema quindi, che riguarda la comunicazione tra generazioni. Tuttavia tale liberazione è risultata alquanto improbabile, si crede che alla storia si possa accedere in

alternativa attraverso la ricerca personale. Ricoeur e Augè sembrano valutare positivamente anche l' OBLIO, per evitare di rinchiuderci nel passato. L' oblio ci riconduce al presente x vivere l' istante; al passato, per vivere il ritorno, in ogni caso per non ripetere. Ci aiuta a tollerare la frammentazione rendendoci più adattabili e tollerabili.

CULTURE INQUIETE

Per cultura si intende il modo in cui una società complessivamente si esprime, si intende l' insieme di comportamenti apprese dalle generazioni che ci hanno preceduto, l' insieme di modelli espliciti ed impliciti che ci influenzano. Per l' antropologa Ruth Benedict, ha si carattere e valori universali ma, ogni cultura è sempre un prodotto particolare di ogni società, etnia, gruppo, ceto sociale e in quanto tale possono combattersi e sopraffarsi l' un l' altra, oppure apprendere a coesistere. Quindi: è un compromesso.

delle influenze tra l'ambiente originario, di cui conserva il calco e gli altri ambienti con cui entra in contatto. Così come fornisce materiali che l'individuo e le comunità selezionano a seconda dei loro interessi e bisogni è allo stesso tempo un campo di resistenze che i soggetti oppongono al cambiamento. Uno dei più grandi antropologi contemporanei, Clifford, attento ad indagare incroci di tradizioni e innovazioni, mescolanze di culture ed etnie, ha posto nel topos del un paradigma della nuova modernità. Secondo l'autore le culture non stanno più ferme, le persone si trovano ad abitare insieme, uno stesso spazio mossi da una stessa motivazione di fondo, costringendoli ad interagire o più passivamente a notarsi, guardarsi, parlarsi. La domanda è come riuscire a forgiare una comunicazione globalizzata che non prescinda dal viaggiatore, che dalla cultura di appartenenza ma che allo stesso tempo la travalichi. Sepreservare o abbandonare le radici. Clifford, nella figura del per sua stessa condizione è cultura trans locale; leportato alla curiosità dei luoghi, alla predisposizione all'incontro, alla contaminazione, vede la possibilità di una culture sono storie in viaggio e attraversano frontiere che sono zone di contatti. Strade e frontiere sono metafore delle identità in trasformazione, di mescolanze di etnie e culture. CAPITOLO 5 I LUOGHI DEL POSSIBILE Il problema di come le persone possano
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
13 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher cecilialll di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università del Salento o del prof Pesare Mimmo.