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MEZZI AGRONOMICI

STRATEGIE:

• rendere la coltura difficilmente localizzabile da parte del fitofago

• rendere la coltura o l’habitat inaccettabili al fitofago

• rendere la coltura non disponibile nello spazio o nel tempo al fitofago

• ridurre la sopravvivenza del fitofago nella coltura mediante varie pratiche

Resistenza vegetale

La resistenza è l’effetto di un processo di selezione naturale spesso operato dallo

stesso fitofago che elimina le piante suscettibili e consente l’affermazione di quelle

munite di geni di resistenza. Nei confronti di queste ultime, e soprattutto se la

resistenza è molto energica e fondata su pochi geni (R. verticale) lo stesso fitofago

risponde spesso con la differenziazione di biotipi dotati di geni di anti-resistenza (gene-

for-gene resistance) che possono addirittura consentire l’utilizzazione di sostanza

tossiche/repellenti come stimolanti dell’appetibilità della pianta. La R. poligenica o

orizzontale, al contrario, no impegna biotipi e non è facilmente superabile anche se è

meno energica.

Mezzi di resistenza

Una pianta può risultare geneticamente inadatta alla colonizzazione distruttiva da

(resistenza ante portas)

parte di parassiti o impedendo loro l’attacco per azione

chimica (inappetibilità) o morfologico/fisica (sclerificazione, suberificazione e

lignificazione dei tessuti, spinosità e pubescenza), oppure opponendosi ad essi in corso

(antibiosi).

di attacco L’antibiosi si conclude con la morte o con la parziale inibizione

metabolica e riproduttiva del fitofago per:

-presenza di metaboliti tossici (alcaloidi, glucosidi, tannini);

-produzione di sostanze devianti lo sviluppo (fitoecdisoni e juvenoidi);

-presenza di anti-enzimi digestivi;

-carenza e sbilancio di sostanze nutritive.

Tolleranza è la

La capacità di sopportare l’attacco dei fitofagi senza subirne danno. È

anch’essa geneticamente fissata ed è dovuta soprattutto a capacità congenite di

cicatrizzazione e ricrescita di parti danneggiate. La tolleranza, non esercitando una

vera e propria azione inibitrice evita o riduce la selezione di biotipi aggressivi da parte

dei fitofagi. Essa, inoltre, presenta il vantaggio di consentire la presenza di popolazioni

di fitofagi aldi sotto della soglia della dannosità, permettendo ai loro nemici naturali di

sopravvivere.

Le barriere fisiche e chimiche vengono designate come “costitutive”. Tuttavia, poiché il

costo metabolico dei meccanismi di difesa è alto, svariate difese chimiche vengono

messe in atto o significativamente incrementate solo in caso di attacco, e pertanto

definite “indotte”, induzione messa in atto con complessi meccanismi di

comunicazione molecolare fra divere vie metaboliche della pianta. Un esempio

conclamato è la reazione di ipersensibilità, che consiste in una rapida risposta

dell’ospite all’infezione in genere risultante dalla morte del tessuto invaso con

obiettivo preventivo alla diffusione del patogeno. Dipende da caratteri di estrema

sensibilità dell’organismo agli stimoli del patogeno. La morte di poche cellule, seppur

trascurabile per l’intera pianta, diventa funzionale alla sopravvivenza della pianta

stessa. L’imbrunimento e la necrosi in genere seguono alterazioni biochimiche e

morfologiche della pianta (deposito di lignina, sughero, accumulo di fitoalessine) che si

verificano nelle aree immediatamente circostanti. In questo modo i parassiti vengono

uccisi o almeno bloccati. Tutto ciò porta all’attivazione di specifici geni, il cui prodotto

primario può essere responsabile dell’azione insetticida o regolare la sintesi di

metaboliti secondari, a loro volta tossici o coinvolti nella modulazione delle relazioni

con i livelli trofici superiori. Le molecole che sortiscono un effetto negativo sul fitofago

rientrano nelle cosiddette “difese dirette”. Per difese indirette. Invece, si intendono

quelle risposte delle piante che tendono a richiamare e trattenere i nemici naturali dei

fitofagi, sia attraverso la produzione di sostanze volatili attrattive sia attraverso la

produzione di sostanze nutrizionali ad essi appetite, potenziando il loro ruolo di

contenimento naturale.

Nel pomodoro e in altre specie di solanacee coltivate, i prodotti genici ad attività

insetticida espressi, in grado di interferire con il processo digestivo e l’assorbimento

dei nutrienti, sono gli inibitori delle proteasi, le polifenolossidasi e alcune deaminasi

che degradano aminoacidi essenziali presenti nel lume intestinale dei fitofagi.

Cos’ è un enzima? Si definisce enzima un catalizzatore dei processi biologici. La

 maggioranza degli enzimi è costituita da proteine globulari idrosolubili. In ogni

caso, la differenza principale degli enzimi dagli altri catalizzatori chimici è la loro

estrema specificità di substrato. Essi infatti sono in grado di catalizzare solo una

reazione o pochissime reazioni simili, poiché il sito attivo interagisce con i

reagenti in modo stereospecifico (è sensibile anche a piccolissime differenze

della struttura tridimensionale).

Il semplice danno da ferita meccanica e quello indotto dall’attività alimentare, pur

innescando riposte simili, si differenziano, per l’intensità e le modalità di tali risposte.

Inoltre, L’ospite vegetale sembra avere meccanismi specifici di riconoscimento

molecolare nei confronti dei suoi fitofagi naturali più abituali, e solo verso essi

incrementa le sue risposte di difesa in caso di attacco.

Nel caso dei fitomizi, gli stiletti boccali che penetrano fino a raggiungere i tessuti

vascolari interni, con la contemporanea iniezione di una saliva che, tra le altre,

contiene una componente acquosa ricca di enzimi (fenolossidasi, perossidasi, pectinasi

ecc.) che oltre ad indurre processi di idrolisi di importanza nutrizionale per l’insetto,

sono necessari per facilitare il movimento degli stiletti, intaccando le pareti cellulari e

prevenendo il blocco degli elementi vascolari da deposizioni di callosio. Tali modalità di

alimentazione riducono le risposte da danno da ferita. Le piante pertanto rispondono

all’attacco da parte di questi insetti con reazioni normalmente indotte da patogeni. I

fitomizi quindi mimerebbero l’effetto dei patogeni per poter dirottare le energie

metaboliche della pianta verso risposte a cui loro non sono sensibili.

Le piante producono volatili (che tendono quindi a sublimare o evaporare) che

svolgono un importante ruolo nella regolazione delle loro interazioni con gli insetti.

Alcune di queste sostanze sono precostituite e possono avere un effetto deterrente e/o

tossico, alla stregua di altre difese dirette costitutive. Molte altre, invece, sono

specificamente indotte dai danni inflitti dagli insetti. I volatili agiscono sia sui fitofagi

che sui loro nemici naturali. In quest’ultimo caso, essendo queste sostanze sia utili a

chi le emette (la pianta) sia a chi li riceve (il nemico naturale), vengono definiti

sinomoni indotti.

Analogamente a quanto descritto per le piante, anche negli insetti possiamo

distinguere meccanismi di detossificazione dei composti di diesa delle piante in due

categorie: costitutivi e indotti.

Tale dicotomia funzionale, simile a quella osservata alle difese messe in atto dalle

piante e generata da analoghe esigenze di economia metabolica, è fortemente

correlata al livello di specializzazione alimentare. Contrariamente alle specie

generaliste, nei fitofagi specializzati si manifesta una maggiore tendenza allo sviluppo

di meccanismi di detossificazione costitutivi. Da un punto di vista strategico la

capacità di disporre di un ‘ampia serie di meccanismi inducibili di detossificazione del

substrato trofico vegetale è certamente più vantaggioso in quei contesti in cui si

rendono disponibili nicchie ecologiche instabili nello spazio e nel tempo. Al contrario,

laddove vi sono nicchie caratterizzate da un elevato livello di stabilità, risulterà

vantaggioso per le popolazioni radianti sviluppare un più alto grado di

specializzazione, sacrificando una parte della variabilità genetica e favorendo alleli che

conferiscono maggiore fitness nelle stabili condizioni della nicchia colonizzata; ciò,

oltre a conferire un vantaggio notevole nella competizione interspecifica, spesso offre

anche protezione nei confronti di nemici naturali non specializzati.

In conclusione, possiamo affermare che negli ecosistemi naturali la lotta fra piante e

insetti è un confronto basato su strategie di difesa e meccanismi di aggressione

finalizzati al loro superamento che, complessivamente, non consentono mai la totale

sopraffazione di una delle parti, ma generalmente, un parziale successo di entrambi.

Le produzioni agricole, spesso non possono contare solo su questi equilibri naturali, sia

per la marcata instabilità di questi ecosistemi, sia per le finalità produttive perseguite,

che vanno ben oltre il soddisfacimento delle esigenze riproduttive delle piante

coltivate. Pertanto, le difese dirette e indirette delle piante devono essere

necessariamente potenziate e integrate con altre metodologie di controllo delle

popolazioni di insetti fitofagi.

Altri mezzi agronomici

1) ARATURA: forte azione limitatrice nei confronti di insetti dannosi, sia

praticata a suolo nudo, sia accompagnata con il sovescio. Limita molti insetti

rizofagi come la Grillotalpa, larve di Lepidotteri Nottuidi, Coleotteri Scarabeidi

ed Elateridi, aumentandone il tasso di mortalità naturale;

2) SEMINA: notevole influenza sull’andamento delle infestazioni possono

avere la profondità, la disposizione e l’epoca di semina

3) CONCIMAZIONI: un eccesso di concimazioni azotate determina un rapido

aumento della quantità di aminoacidi nei germogli e favorisce gli insetti fitomizi.

4) IRRIGAZIONE: se fatte in eccesso, effetto paragonabile a quello delle

concimazioni. Un effetto benefico dovuto al dilavamento si ottiene grazie ai

danni su specie piccole e delicate (neanidi di Tisanotteri e Coccidi). Lo stress

idrico tuttavia, può attirare sull’ olivo e negli ecosistemi forestali gli scolitidi.

5) ROTAZIONI e CONSOCIAZIONI: la pratica di associare o intercalare alla

specie agraria principale una seconda essenza, anch’ essa produttiva o meno, si

pone l’obiettivo di creare una copertura vegetale per ostacolare una rapida

colonizzazione delle superfici vegetali. Le rotazioni esplicano la massima

efficacia sui nematodi.

6) SCELTA DELLA CULTIVAR: molte cultivar usate in frutticoltura a

maturazione precoce sfuggono ad attacchi di specie chiave di insetti carpofagi.

7) POTATURA: potature razionali sono decisive per contrastare lo sviluppo

delle popolazioni fitofaghe; la contrario chiome fitte e ombreggiate determinano

condizioni

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
15 pagine
SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/11 Entomologia generale e applicata

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gugo96.gm di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Entomologia agraria applicata e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Pennacchio Francesco.