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GLI ALTRI FATTORI CHE IMPATTANO SULLA CREAZIONE DI VALORE
Indipendentemente da chi persegue la massimizzazione del valore e con quali obiettivi, la
regola d’oro così come l’abbia definita e la definizione di una strategia per perseguirla è
influenzata in maniera molto rilevante dalla strategia finanziaria dell’impresa.
La creazione di valore e la strategia per perseguirla sono condizionate dalla disponibilità
istante per istante delle risorse necessarie per finanziare le operazioni: operazioni
straordinarie (quotazioni, aumenti di capitale, convertendo ecc.) possono risultare vitali per
imprese che hanno le potenzialità ma non le risorse economiche per crescere.
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Sempre nell’ambito della strategia finanziaria rientra la capacità dell’impresa di finanziarsi sul
mercato e di far rendere più del costo del capitale il denaro preso a prestito incrementando la
redditività e quindi il valore; analogamente, la scelta di adottare determinati sistemi di
governance che proteggano l’impresa da conflitti d’interesse o fenomeni di corruzione e
violazione delle leggi ambientali permette all’impresa di risultare meno rischiosa sui mercati
e accedere più facilmente a nuovi capitali.
Non è solo la strategia finanziaria ad impattare sulla creazione di valore sostenibile di
un’impresa. Spesso ad influenzare le scelte e la loro attuazione è il
trade off tra valore e
profitto corrente: l’ottenimento di risultati di breve implica la rinuncia a investimenti
orientati al lungo periodo (in ricerca e sviluppo, in acquisizioni che necessitano restructuring,
in comunicazione, che rappresentano nel breve solo costi che influenzano le prestazioni
correnti). Per le imprese quotate si aggiunge lo shorterismo caratteristico dei mercati
borsistici che induce i CEOs a privilegiare i risultati di breve per massimizzare la propria
remunerazione e la propria immagine sul mercato dei manager e/o allontanare la possibilità
di scalate ostili.
Un altro fattore che impatta sulla creazione di valore sostenibile è sicuramente il rischio.
La propensione o meno al rischio ha un peso molto forte nelle scelte delle strategie e, in
particolare, un peso tanto maggiore quanto più è critica la situazione finanziaria dell’impresa
e quanto più le singole iniziative possono minacciarne la sopravvivenza in caso di insuccesso.
Non è solo il pericolo di insuccessi che porta ad essere prudenti: nel caso di imprese ad
azionariato diffuso, il top management può portare avanti scelte prudenti per evitare che un
insuccesso legato ad una scelta rischiosa gli costi il posto. Ci sono situazioni in cui il top
management o gli azionisti di controllo sono convinti di far parte di un’impresa troppo grande
per fallire e, allora, portano avanti scelte molto azzardate e rischiose (mutui subprime e crisi
del 2007-‐2008). In questi casi si parla di moral hazard, di scelte scorrette portate avanti per
massimizzare i propri scopi, scaricando sulla collettività eventuali riflessi negativi.
Abbiamo nominato il moral hazard, infatti, un altro fattore che impatta sulla creazione di
valore sostenibile è la possibilità di
comportamenti al limite del lecito. Abbiamo già visto
descrivendo Apple come l’ottimizzazione fiscale e lo sfruttamento delle leggi di alcuni Paesi
per risparmiare sul costo del lavoro possano essere aspetti fondamentali di una strategia,
anche se possono intaccare l’immagine dell’impresa e farla risultare poco sensibile ai temi
sociali. Non è infrequente lo sconfinamento nell’illecito: solo pensando all’Italia sono molti i
casi di evasione fiscale, utilizzo di discariche abusive, il non rispetto delle norme di sicurezza.
Il valore conseguibile da questi comportamenti è sicuramente elevato ma, tralasciando la
questione etica, aumenta per l’impresa il rischio di sanzioni salate che possono portarla al
fallimento (mancate bonifiche delle acciaierie dell’Ilva di Taranto).
Nei settori regolamentati (telecomunicazioni, trasporti, energia), nei settori dove hanno un
peso rilevante i brevetti e, in generale, nei settori caratterizzati dalla presenza di imprese
monopolistiche, il contenzioso legale diventa sempre più un aspetto chiave della
competizione e, quindi, una leva che intacca la creazione di valore.
Il contenzioso non riguarda solo scontri con i competitors, per la violazione dei brevetti
(Apple-‐Samsung) o per lo sfruttamento di una posizione dominante nell’utilizzo di una rete
distributiva (Telecom-‐altre compagnie entrate dopo; NTV e Italo-‐Trenitalia), ma anche scontri
con le authority, e in particolare l’Antitrust che agisce al fine di limitare la presenza di
monopoli attraverso il monitoraggio e l’analisi di tutte le operazioni di acquisizione e fusione
che avvengono sul mercato.
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L’ultimo aspetto che influenza la creazione di valore sostenibile è la cosi detta
Corporate
Social Responsibility, secondo cui l’impresa deve:
a) Essere corretta nei confronti dei partner economici rispettando i vincoli contrattuali
con clienti e fornitori, pagando le tasse, rispettando le normative locali sull’uso del
territorio e delle risorse naturali;
b) Svolgere azioni addizionali a favore dei dipendenti (L