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William Wyler o il giansenista della messa in scena

I suoi film differiscono moltissimo tra di loro, tuttavia si nota una predilezione per i temi psicologici susfondo sociale. Non ha mai peccato che di debolezza, ma almeno non si è mai ripetuto.

The little foxes: tratto da un'opera teatrale, non è un adattamento, poiché rispecchia il testo quasi integralmente.

L'essenziale si svolge tutto nello stesso ambiente totalmente neutrale, il salone della villa. Anche la scenografia richiama quella del teatro: la scala in fondo al salone è un puro elemento di architettura drammatica che serve nella scena saliente a situare i personaggi nello spazio verticale.

Scena della morte del marito di Regina (Bette Davis): lei siede in secondo piano, frontale, sulla scala, al centro della scena in posizione privilegiata. Tutta la scena ruota attorno a lei. In primo piano il marito, quasi un'esca, di tre quarti. Il marito ha bisogno delle medicine ed è costretto

ad alzarsi per andare a prenderseleda solo, questo sforzo lo ucciderà. La forza drammatica è evidenziata dall’immobilità della scena,dell’inquadratura e della protagonista. Ma a dare ancora più rilievo a questa immobilità è la doppia uscita dicampo del marito morente (una volta in primo piano e una in terzo piano): la telecamera invece di seguirloresta immobile. Al momento della morte, che avviene in un terzo piano sfocato e leggermente coperto daBette Davis che gli da la schiena, si deve cercare di distinguere il personaggio da lontano sopra le spalledella protagonista, il che accresce il senso di inquietudine per l’esito di questo dramma che ci sfugge ametà.Il massimo di coefficiente cinematografico è ottenuto paradossalmente col minimo sforzo di messa in scenae anzi con una messa in scena che sarebbe caratteristicamente teatrale. E invece niente poteva megliomoltiplicare la drammaticità della scena

Dell'immobilità assoluta della telecamera. Anzi, è proprio la macchina da presa, che fa da cornice, ad organizzare l'azione. Wyler vuole permettere al suo spettatore:

  • di vedere tutto
  • di scegliere a suo gradimento su cosa focalizzare l'attenzione e che significati dare. (Volontà di onestà drammatica)

La profondità di campo di Wyler: perfetta neutralità e trasparenza dello stile, nessuna colorazione, proprio come l'illuminazione, i costumi, la fotografia. Sembra che la messa in scena di Wyler si definisca attraverso la sua assenza. La sua messa in scena propriamente detta è stata tutta concentrata sulla preparazione degli attori e del loro spettro drammatico. Anche la fotografia trovava le sue soluzioni direttamente sul set.

Per Orson Welles la profondità di campo è un fine estetico. Per Wyler è subordinata alle esigenze drammatiche.

PARTE SECONDA - IL CINEMA E LE ALTRE ARTI

PER UN CINEMA IMPURO

(Difesa dell'adattamento) I cineasti hanno sempre avuto la tentazione di fotografare il teatro, con risultati poco soddisfacenti. Per questo l'espressione "teatro filmato" ha assunto connotati negativi. Il cinema non si accontenta più di saccheggiare "sceneggiature" già pronte dai grandi classici della letteratura e del teatro, ma si ripropone di trascrivere sullo schermo in una quasi-identità un'opera di cui riconosce a priori la trascendenza. Subentra il problema dell'influenza reciproca delle arti e dell'adattamento in genere. Il cinema è giovane mentre la letteratura e il teatro sono millenari. L'evoluzione del cinema è influenzata per forza di cose dalle altre arti già evolute. Ma il cinema non si è sviluppato nelle condizioni sociologiche in cui sussistono le arti tradizionali. E la maggior parte di film primitivi derivano da forme d'arte minori e povere, spettacoli popolari.di ogni genere.E' quasi un luogo comune affermare che la letteratura recente (in particolare quella americana) ha subìto l'influenza del cinema: senza dubbio i nuovi modi di percezione imposti dallo schermo (come il primo piano, il montaggio, ecc) hanno rinnovato le tecniche narrative del romanzo.Se si intende per cinema un modo di espressione mediante rappresentazione realistica, registrazione di immagini e pura visione esteriore, non è necessariamente vero che esso sia votato alla dialettica sulle apparenze: può afferrare il suo oggetto solo dall'esterno, ma può agire sulle apparenze dell'oggetto per creare una sola realtà interna.Se si intende per cinema l'insieme delle tecniche di racconto imparentate col montaggio e il cambiamento d'inquadratura, il discorso resta lo stesso.Il vero dramma dell'adattamento è quello della volgarizzazione.Ma per quanto inferiore possa essere una trasposizione cinematografica,

essa non farà nessun torto: - alla minoranza che conosce e apprezza l'originale - agli ignoranti, che se non si accontenteranno del film (che vale quanto un altro), avranno voglia di conoscere il modello (e tanto di guadagnato per l'opera originale). Considerare l'adattamento un allenamento pigro è sbagliato: più le qualità dell'opera originale sono importanti, più l'adattamento ne sconvolge l'equilibrio, e più talento creatore esige per ricostruire l'opera secondo un equilibrio diverso dal vecchio ma equivalente. La conquista del repertorio teatrale è quindi segno di maturità da parte del cinema. Adattare=rispettare, non tradire.

TEATRO E CINEMA

Il teatro filmato, al contrario delle affinità tra cinema e romanzo, è ancora considerato negativamente. La critica condannava questa pratica e insisteva per un cinema puro, non accorgendosi che, per esempio, la commedia americana non usava

nessun artificio propriamente cinematografico, ambientandosi principalmente in interni e accontentandosi dello schema campo-controcampo per valorizzare i dialoghi. Ma in America non c'era quasi alcun pregiudizio verso il teatro filmato, e Wyler infatti non esitò a trasporre Piccole Volpi sullo schermo in una scenografia quasi teatrale. Il teatro filmato non comincia con il parlato, era presente già, ad esempio, in Méliès. Egli vedeva in fondo nel cinema solo un perfezionamento del meraviglioso teatrale.

IL TESTO

Il dramma è l'anima del teatro: esso è la sua arte specifica. La ragione più comune di portare sullo schermo un'opera drammatica contemporanea è il successo che essa ha riportato sulla scena. Maggiore è la qualità di un'opera drammatica, più difficile è la dissociazione del drammatico dal teatrale di cui il testo realizza la sintesi. Si vedono tentativi di adattamento di romanzi per la scena,

maestria degli attori attraverso l'uso delle riprese e del montaggio. In questo modo, il cinema riesce a trasmettere al pubblico l'intensità e l'emozione dell'opera teatrale in modo ancora più coinvolgente. Tuttavia, è importante sottolineare che l'adattamento cinematografico di un'opera teatrale non deve limitarsi a una mera riproduzione visiva. È necessario adattare la storia e la struttura dell'opera teatrale al linguaggio cinematografico, sfruttando al meglio le potenzialità della macchina da presa e del montaggio per creare un'esperienza unica per lo spettatore. In conclusione, l'adattamento cinematografico di un'opera teatrale è un processo complesso che richiede una profonda comprensione delle due forme d'arte e la capacità di trasporre l'essenza dell'opera teatrale nel linguaggio cinematografico. Solo così si può ottenere un risultato di successo che rispetti e valorizzi entrambe le forme d'arte.

recitazione dell'attore col cambiamento di inquadratura. Il peggior errore del teatro filmato: il voler fare cinema.

Le parents terribile (J. Cocteau): il regista capisce che nella trasposizione non bisogna aggiungere niente alla scenografia, e che il cinema non deve servire a moltiplicarla ma ad intensificarla. Nel caso di questo film, l'essenziale era il fatto drammatico della segregazione e della coabitazione. Il cinema restituisce a pieno il senso di claustrofobia. Per quanto riguarda il decoupage, la nozione di piano sparisce e rimane solo l'inquadratura. Lo spettatore sente una presenza totale dell'avvenimento grazie alla rapidità dello sguardo che sposa il ritmo puro dell'attenzione.

Il decoupage di solito è il compromesso tra 3 sistemi di analisi della realtà possibili:

  • un'analisi puramente logica e descrittiva
  • un'analisi psicologica interna al film (conforme con il punto di vista di uno dei personaggi)
  • un'analisi

psicologica in funzione dell'interesse dello spettatore. In questo film invece le prime due analisi sono assenti, mentre resta il punto di vista del testimone (la macchina da presa) che guida l'attenzione dello spettatore.

LA NOZIONE DI PRESENZA

Si dice che nel cinema si accolgono tutte le realtà, tranne quella della presenza fisica dell'attore, e che la presenza fisica dell'attore sia imprescindibile per il teatro, ne è l'essenza. Fino all'apparizione della pellicola, le arti plastiche erano il solo intermediario fra la presenza concreta e l'assenza. Ma sulla pellicola non resta solamente un'immagine: su di essa è impresso un calco, un'impronta. Porta con sé una specie di identità, non solo semplice rassomiglianza. L'impronta sulla pellicola è la prova della presenza che è stata. Il cinema prende l'impronta della durata delle cose e delle persone. Perciò è falso dire

Che il cinema non ci può mettere in presenza dell'attore, perché lo fa alla maniera di uno specchio che trattiene l'immagine.

OPPOSIZIONE E IDENTIFICAZIONE

Se mettiamo a confronto lo stato d'animo che segue la chiusura del sipario e quello che segue la fine di un film, ci accorgiamo che i sentimenti che ci lascia il teatro sono molto più tonici e "nobili" di quelli che seguono un buon film.

Si può ricercare il motivo del disincantamento che segue il film nel processo di spersonalizzazione dello spettatore.

Lo spettatore del cinema tende ad identificarsi col protagonista del film per un processo psicologico che ha per conseguenza di costituire l'insieme degli spettatori in "folla" e di uniformare le emozioni. Il teatro invece, anche quando fa appello agli istinti più bassi, impedisce la formazione di una mentalità di folla, ostacola l'identificazione nei personaggi e la rappresentazione collettiva.

ì emozioni diverse nel pubblico. Il teatro, con la sua natura dal vivo, permette una connessione più diretta tra attori e spettatori, creando un'esperienza più immediata e coinvolgente. Al contrario, il cinema offre una prospettiva più distante e contemplativa, permettendo al pubblico di osservare la storia da una prospettiva più oggettiva. Nel teatro, gli attori si esibiscono di fronte al pubblico in tempo reale, senza possibilità di correzioni o ritocchi. Questo crea un senso di autenticità e spontaneità che può essere molto potente. Inoltre, il teatro richiede una partecipazione attiva da parte dello spettatore, che deve interpretare e dare significato a ciò che vede sul palco. Al contrario, il cinema offre una narrazione più controllata e manipolata. Gli attori possono essere ripresi più volte e le scene possono essere modificate in fase di montaggio. Questo permette una maggiore precisione e perfezione tecnica, ma può anche creare una certa distanza emotiva tra lo spettatore e ciò che viene mostrato sullo schermo. In conclusione, il teatro e il cinema offrono esperienze diverse al pubblico. Il teatro è più immediato e coinvolgente, richiedendo una partecipazione attiva da parte dello spettatore. Il cinema, d'altra parte, offre una prospettiva più distante e contemplativa, permettendo al pubblico di osservare la storia da una prospettiva più oggettiva. Entrambi i medium hanno il potere di emozionare e far riflettere, ma in modi diversi.
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
10 pagine
18 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher skunkworks di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia e teorie del cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Dall'asta Monica.