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Tutto era pronto perché l'arte della commedia si affiancasse, almeno nelle intenzioni degli attori, alla

mercatura cristiana e all'arte delle armi come simbolo di ciò che è onorevole, magnifico, degno di lode.

Perché questo si avverasse era necessario che mutasse l'atteggiamento di quelli che governano le città. Nel

corso del '500, il crescente urbanesimo e le relative resistenze opposte dalle città all'ingresso di flussi

migratori soverchianti ostacolarono dapprima la libertà del viaggio comico. Maledettamente economici,

distinguendosi dei ciarlatani volgari, riuscirono a trovare un posto nelle città, a rosicchiare un po' delle

ricchezze altrui senza entrare in conflitto con la società costituita. Gli attori che operarono tra '5-'600

tentarono di sanare la lacerazione che essi avevano prodotto nel tessuto sociale all'inizio del loro viaggio,

quando si erano distaccati nei campi. Come avvenne per i banditi, non ci fu nessun gruppo organizzato di

comici che non avesse alle spalle un signore che lo proteggesse o una città che fungesse da porto principale.

Così i comici, che si erano dati al nomadismo per fuggire la sudditanza, e che quel nomadismo avevano reso

possibile con un mestiere itinerante, arrivarono piano piano a riscoprire l'obbedienza. E non si capisce se la

sottomissione alle corti fosse dovuta al bisogno di trovare lavoro o alla necessità di procurarsi le patenti di

libera circolazione. In ogni caso quella strategia era l'indice di una crescente incapacità di mantenere

l'autonomia del proprio stato con i soli strumenti del mestiere.

Si portava così a compimento il modello sociale che il Capitano spavento aveva progettato. Dopo avere eletto

lo status symbol della rispettabilità civica nella mercatura dei cristiani e nella milizia, quest'ultima veniva

identificata nelle nobili gesta dei corsari della fede, e grazie all'exemplum di Andreini, direttamente

equiparata alla professione comica, a sua volta contrapposta alla vile buffoneria dei ciarlatani. Attori,

mercanti, corsari diventano così gli esponenti più alti di un corpo sociale che aveva posto nella mobilità

professionale il fondamento della sua esistenza al servizio della civitas cristiana. Il definirsi più esatto degli

statuti del mestiere coincise con l'assunzione sempre più consapevole di un lessico militare all'interno delle

troupes. Più diffuso ancora è il ricorso alle metafore marinaresche. Si tratta di una navigazione in tono minore

che produce facili metafore del mestiere comico. Una più estesa campionatura dei comportamenti delle

compagnie teatrali rivela infatti analogie tra strutture comiche e strutture militari marinaresche. In particolare

i modi tenuti dai comici di inizio '600 nell'aggregarsi e disaggregarsi da una stagione all'altra, con scissioni di

minoranze insubordinate, successive conciliazioni e fusioni, rinviano alla genesi di molti equipaggi corsari.

Come le navi anche le compagnie avevano infatti un perimetro invalicabile, fissato dal numero e

dall'equilibrio delle parti; una ciurma in soprannumero doveva per forza scindersi per evitare di dover

suddividere troppo il guadagno. L'economia marinara e di viaggio impone di avere tempi ridotti e un

personale eclettico, capace di prestazioni multiple. Per questo si preferiscono gli attori che sanno e possono

fare parti doppie. La bravura di un capocomico consiste nella capacità di regolare gli arruolamenti degli attori

a seconda delle possibilità di guadagno della compagnia, anche resistendo alle pressanti richieste dei

committenti illustri o declinato l'offerta di nuovi comici da parte di protettori zelanti. Gran parte dei dissensi

interni erano dovuti al conflitto di interessi che si generava, in compagnie troppo numerose, per chi voleva

ridurre l'organico (capocomico) e chi temeva di essere lasciato per strada. Ma i dissensi non erano tollerabili a

lungo in compagini che avevano nel viaggio la loro ragione di vita. Quanto più gravi erano le difficoltà del

percorso, tanto maggiori dovevano essere l'armonia e l'efficienza dei viaggiatori. La ricerca del personale di

bordo avveniva in genere durante la sospensione dell'attività vera e propria, così come quella tra i comici si

svolgeva in periodo di Quaresima. Analogie esistevano ancora nella ripartizione dei guadagni che doveva

comunque obbedire a criteri rigorosamente stabiliti a priori con equità. Consueta era la pratica di anticipare

denari ai membri dell'equipaggio fin dalla fase antecedente la partenza; spesso l'anticipo serviva a liberare

qualche futuro membro della troupe dai debiti contratti in lunghi soggiorni forzosi.

4. Il viaggio si apriva al movimento e alla libertà, ma anche al buio dell'ignoto. Sulla strada si poteva morire,

cadere ammalati, essere rapinati dei briganti. I comici però cercavano di fare il possibile e chiedevano due

cose ai loro protettori prima di cominciare un viaggio: le lettere patenti che dovevano autorizzare la loro

corsa in terra straniera, e il denaro con cui pagare le locande, i vetturini e le barche per il trasporto delle

persone e delle robbe. Passando dalle trattative singole ai più complessi negoziati che interessavano intere

compagnie, l'anticipazione delle spese di viaggio diventava ancor più determinante per le sorti della

spedizione. L'armatore era chiamato ad anticipare il denaro necessario ai viaggi di andata e ritorno, mediante

ufficiali pagatori. Tali investimenti furono una prerogativa esclusiva dei grandi e piccoli sovrani. La buona

volontà dell'armatore poteva essere disturbata anche dai funzionari o banchieri incaricati del pagamento –

l'insicurezza era permanente. Senza contare che poteva succedere che le lettere di cambio, una volta spedite,

venissero rubate mettendo nei quali l'intera missione.

Quando si trovavano improvvisamente abbandonati dai denari reali e ducali, gli attori più intraprendenti

erano costretti a farsi armatori di se stessi: diventando cioè impresari. Lo stato affidava loro una ragione

sociale che si dovevano sostenere con il lavoro. Per quanto autorizzati a sfoggiare la bandiera di case

regnanti, dovevano essere autonomi sul piano finanziario. Erano costosi i trasporti, le locande, la spedizione e

la paga da distribuire agli attori e ai servitori della compagnia; ancora più costosi erano gli esborsi che

dovevano essere fatti per reclutare attori che si trovavano lontani; altrettanto onerosi erano i viaggi con cui si

faceva la ricognizione dei luoghi teatrali o si intavolavano trattative per future tournées. Per tutto questo

occorrevano somme che il capocomico doveva avere o doveva farsi prestare. Gli anticipi erano dunque la

regola fissa del sistema economico in cui vivevano le compagnie. Gli attori stavano generalmente dalla parte

dei debiti. Solo alcuni riuscirono a fatica a innalzarsi alla condizione di finanziatori, guadagnandosi il diritto

di essere chiamati capocomici. Armatori che spesero il proprio denaro e avanzarono diritti di comando e

strategia furono: G. B. Andreini, P. M. Cecchini, T. Martinelli, F. Scala. Abili inventori di canovacci,

dimostrarono un'uguale bravura nell'organizzazione. Un'organizzazione che aveva prima di tutto funzione

cautelativa, conservativa, rispetto ai rischi rappresentati dal viaggio, che quindi venne a costituirsi come un

sistema di protezioni, prevenzione e norme. Prima di tutto per dare una struttura regolare agli itinerari

mediante programmi di spostamenti e di soste predisposti con molti mesi di anticipo.

Furono i più modesti istrioni della commedia dell'arte a fissare, in una tradizione orale solo in parte riflessa

nei documenti d'archivio, le abitudini, le regole, i diritti e infine le leggi che rendevano possibile un buon

orchestrato anno comico, con i ritmi scanditi a seconda delle costumanze cittadine e regionali, con le pause

rese obbligate dalle stagioni e dai tempi di spostamento. Tutte le sicurezze crescevano insieme ai vincoli che

gli attori si imponevano e imponevano i loro committenti. A primavera e in quaresima ci si preoccupava di

programmare l'autunno e il carnevale seguenti, pagando a precedere nella richiesta delle licenze altre

compagnie e badando anche non replicare in maniera ravvicinata i passaggi nelle stesse città per evitare di

annoiare e stancare i pubblici paganti. Ma facendo soprattutto attenzione a distribuire le prenotazioni in modo

da disporre di piazze consecutive non lontane tra loro.

Firenze e Mantova furono i centri fondatori del nuovo diritto dello spettacolo viaggiante. Ed è naturale che

anche le altre corti, imparentate tra loro e tutte soggette allo schiacciante modello teatrale esibito nello

spettacolo alto dai Medici, rispettassero il sistema gravitazionale esistente anche nel più modesto campo del

teatro d'attori. Fiorente ai margini dello spettacolo festivo maggiore e ospitato nei palazzi signorili, aveva il

vantaggio di essere tutelato dalla cura di funzionari ordinari e di articolarsi in cicli di rappresentazioni anche

di lunga durata. Esso era remunerato con stipendi eccezionali. Ogni attore poi, a seconda del suo valore,

stabilito dall'arbitrio del principe, riceveva donativi personali che potevano essere in denaro o in materie

prime e una mancia finale che poteva essere elargita a discrezione del committente. Pur esposto agli umori

variabili della stirpe regnante, oltre che agli sbalzi d'umore dei mecenati assoluti, questo mercato costituì

tuttavia la colonna portante su cui i capocomici edificarono il loro sistema di previdenze. Era dal consorzio

delle corti che essi riuscivano a ottenere le famose lettere patenti che li dichiaravano corsari e mercanti

legittimi; e a quel consorzio cercarono di obbedire. Lo spettacolo dell'arte diventava la ripetizione di uno

scarto collaudato, e per questo sempre più svincolato dai riferimenti ai riti partenza.

Intanto un secondo mercato, di più recente costituzione, si era venuto formando, in particolare a Venezia e

Napoli, ma anche in altre città, grazie all'apertura di stanze destinate al pubblico pagante. Erano queste le

fonti di guadagno che gli attori giudicavano migliori, perché godevano della protezione del controllo delle

autorità, essendo però svincolate dall'obbedienza rigida al calendario fissato dal protocollo principesco e

potendo aspirare a un numero teoricamente illimitato di compratori. La prudenza delle corti italiane volle che

quei luoghi fossero situati nel perimetro dell'area controllata dal potere, ma in una zona marginale di esso. La

stanza degli istrioni era insomma il porto franco semiufficiale in cui i corsari potevano esercitare la loro

pirateria legalizzata. È in queste stanze che si rigenera e si evolve la forma teatrale chiamata commedia

dell'arte. Le differenze, gli ostacoli, le difficoltà, la frammentazione del tempo e dello spazio nella vita dei

comici, insie

Dettagli
A.A. 2014-2015
27 pagine
12 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francesca.serani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del teatro e dello spettacolo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Simoncini Francesca.