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La netta determinazione dei connotati italiani ribadisce il forte legame dei committenti e degli attori alla propria tradizione.
Tutta la strategia drammaturgica della Commedia dell’Arte consiste nell’adeguamento dei nostri attori alle esigenze dei
committenti.
La Commedia dell’Arte nasce da questo negoziato di una tradizione con le ragioni della sua migrazione. Senza questa
migrazione non ci sarebbe mai stata la Commedia dell’Arte, un genere teatrale che non ha patrie, né in Italia né all’estero, ma
solo nel viaggio.
Il comico e l’osceno.
Andiamo ora al Museo nazionale di Stoccolma dov’è conservata una celebre raccolta di stampe. Altri critici hanno tentato di
legare le 26 xilografie che costituiscono il nucleo più interessante di questa raccolta ad un unico intreccio comico come se si
trattasse della documentazione di un preciso spettacolo. E questo nell’ipotesi, probabilmente fondata, che tali immagini
venissero vendute all’ingresso e all’interno del teatro dell’Hotel de Bourgogne.
Queste figurine potevano servire a seguire le vicende che i nostri comici raccontavano soprattutto per mezzo di gesti, ma
anche con parole che gli spettatori francesi non sempre riuscivano ad afferrare: a tale scopo le scene teatrali sono
accompagnate da didascalie in lingua francese.
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E’ una scena di sesso. Esplicita come voleva il pubblico, anche se non è escluso che quella Franceschina fra le mani di
Arlecchino sia nient’altro che un travestito: condizione frequente nel teatro del tempo che le parti femminili più vili fossero
affidate ad un uomo.
A Londra i predicatori anticattolici se la prendevano con gli attori italiani : “se non siete nessuno perderete voi stessi, irretiti da
questa scuola del vizio, rifugio dei ladri e teatro di tutte le oscenità”. La Commedia dell’Arte costruì il suo successo, sfidando il
comune senso del pudore, anzi facendo della trasgressione un veicolo pubblicitario capace di suscitare curiosità e passioni.
Pantalone, padrone e amante di Franceschina, voyeur situato dentro un sipario ha la funzione di raddoppiare lo sguardo
degli spettatori. Ma non saranno mai queste le ragioni che giustificheranno persecuzioni o espulsioni dei comici italiani. Non
dal sesso che essi simulano sulla scena ma dal sesso praticato dalla corte saranno condannati, quando la Francia si sentirà
toccata dalle allusioni impertinenti dei comici all’amante del Re Sole nel 1697.
Il comico e il sacro.
Se la francese raccolta Fossard ci è servita per esemplificare il versante “basso” della drammaturgia dell’Arte, un documento
iconografico fiorentino ci permette invece di rappresentarne l’interpretazione “alta”.
Nel chiostro Grande della chiesa della Santissima Annunziata in Firenze in una delle lunette affrescate sono raffigurati sotto le
spoglie di personaggi non teatrali, 3 famosi attori non appartenenti alla famiglia degli Andreini: Francesco, interprete del
personaggio del Capitan spavento, Isabella, sua moglie, celebre amorosa e Giovan battista, loro figlio, attore specializzato
come innamorato.
I 2 attori sono in primo piano, a destra e a sinistra della scena principale che è un po’ slontanata sullo sfondo. Il più giovane
cerca con gli occhi il padre, il quale a sua volta, si perde con lo sguardo oltre il margine della lunetta. Tra le dame sulla destra
colpisce la presenza di una figura, anch’essa malinconica che ricorda la moglie e la madre dei due uomini, la celebre attrice
Isabella Andreini.
Eroi della dinastia medicea e sconosciute comparse della vita quotidiana erano accumunati dall’esposizione permanente al
culto dei fiorentini e dei viaggiatori. Qui le compagnie della Commedia dell’Arte erano solite recarsi prima di intraprendere
lunghi viaggi per impetrare, con preghiere la protezione degli dei cristiani.
Osservate dal punto di vista “ideologico”, le vite di questi tre attori si possono considerare gli atti della definitiva
legittimazione della Commedia dell’Arte e del professionismo attorico a livello europeo. Se osservate dal punto di vista
imprenditoriale, possono essere considerate il sinonimo di un’impresa artistica che da familiare tende a trasformarsi in
società d’interesse pubblico, quasi una premessa dei futuri teatri nazionali.
Professionisti e dilettanti.
E’ stato recentemente portato all’attenzione un olio su tela La Répetition ou Scéne de la Commedia dell’Arte attribuito al
romano Michelangelo Cerquozzi.
Qui siamo invece nel retropalco di un teatro che non riusciamo a capire se sia privato o pubblico. Siamo dunque in un
retropalco che, ricoperto da un vasto tappeto e posto al riparo di un grande sipario, ospita le prove di una compagnia di
attori. Osservando attentamente si possono ricavare utili indicazioni circa il metodo di composizione dello spettacolo.
Ritroviamo qui alcune figure: prima di tutto i 2 vecchi, il Magnifico (o Pantalone) e il Dottore. Il primo segnala all’attore che
si trova al suo fianco un foglietto appeso al muro. Potrebbe essere il