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L’invenzione del teatro: la tragedia

Non sappiamo molto sulla nascita del teatro (per convenzione VI sec a.C.) così come per i primi autori.

Teatro tragico e comico ruolo fondamentale soprattutto ad Atene, durante V e IV sec a.C. stagione unica nella storia, nell’integrazione completa fra teatro e società. Affluenza di masse cittadine, informazioni contrastanti le abbiamo solo per la presenza o meno della donna.

Spettacoli teatrali allestiti in onore di Dioniso (dio del vino), a lui venivano dedicate molte feste:

  • Le Antesterìe (festa del vino nuovo, feb-marz)
  • Le Dionisie divine in Grandi Dionisie (le più solenni, marz-apr) e Dionisie rurali (dic-gen)

Il culto di Dioniso, dopo un periodo di crisi, riprese nel VII sec proprio nel momento in cui dal ditirambo (inno in suo onore) i componenti del coro vestiti da capri avrebbe cominciato a dialogare con un singolo cantore, probabilmente il capo coro.

Le tragedie venivano rappresentate nel teatro di Dioniso, delle 31 tragedie pervenute intere, ad eccezione delle Baccanti di Euripide, il ruolo protagonistico è svolto da eroi delle cultura greca o da divinità lontane dalla figura di Dioniso.

A Tespi vengono rivendicate le invenzioni della maschera e dell’introduzione del dialogo fra coro e autore.

Gli autori che volevano gareggiare nelle Grandi Dionisie presentavano il loro testo all’aronte eponimo, che si occupava della festa, assegnava a loro un coro, a spese del corago. Prima della festa ci faceva una selezione tra i cittadini per formare una giuria di dieci persone. Alla premiazione l’arconte poneva una corona d’edera sul capo del vincitore.

Il periodo in cui la tragedia fiorì è compreso fra il periodo delle guerre persiane(490-80a.c.) e la fine della guerra del Peloponneso (404a.c.) che contrappone Atene a Sparta con la sconfitta della prima, quindi tutto il V sec. Nel V sec troviamo 3 autori tragici principali:

  • Eschilo
  • Sofocle
  • Euripide

Eschilo: è l’ultima espressione della cultura arcaica con il suo rigido sistema di lavoro. L’eroe eschileo è preda del giudizio divino, teso a punire tutti coloro che sbagliano. Frigido rapporto fra attore e coro.

Sofocle: è l’interprete dei dubbi dell’uomo nei confronti di un dio che non viene messo in discussione solo perché fortemente presente nel patrimonio genetico della civiltà greca. Edipo re, forma perfetta di tragedia tra agnizione (riconoscimento realtà sconosciuta) e peripezia (rivolgimento improvviso di una situazione).

Euripide: è il porta voce della parte di Atene che desidera avere un rapporto diverso con la divinità e non si accontenta del rapporto formale instaurato con gli dei da Sofocle. La linea dell’ultimo Euripide, propensa ad esaltare gli aspetti patetici e romantici della mitologia, sarà la più amata e imitata.

Elemento fondamentale è che le tragedie a noi rimaste non presentano l’ossessiva obbedienza alle così dette regole di unità di tempo e di luogo che i commentatori del ‘500 credono di trovare.

Gli edifici che ci sono rimasti sono del IV sec come nel caso del teatro di Epidauro considerato nell’antichità il più bello e armonioso di tutti, molto simile a quello di Dioniso ad Atene.

Vi erano 3 parti distinte: orchestra, cavea e scena. La scena (skènè) era un piccolo ambiente chiuso in cui possibile cambiare le maschere e i costumi. Lo sfondo creava l’ambientazione adatta ad ogni singolo dramma. Vi è anche un proscenio, spazio di fronte alla scena. Quando gli dei dovevano parlare raggiungevano un alte maggiore con un macchinario (mechǎnē) simile ad una.

Sia nel V che nel IV sec la scena si sviluppava ancora tutta su un piano. Dopo il IV sec ci si servì di un edificio dove la skènè era imponente e fissa, tutta in pietra e con pannelli in legno dipinti, un palco stretto sorretto da un colonnato.

Attore è sempre di sesso maschile, mai adolescente per i ruoli femminili. Dei tre attori (protagonista, deuteragonista, tritagonista) solo il primo svolgeva le mansioni del nostro “mattatore”, il coro aveva un forte valore a tratti di portavoce dell’autore, composto da 15 elementi nella tragedia, 24 nella commedia, che cantano si muovono e danzano nell’orchestra al suono del flauto, sotto la guida del corifeo.

Per il costume, ricordiamo il chitone (tunica lunga) per i personaggi maschili; il suo colore indicava il ruolo del paesaggio nel dramma.

La maschera era fondamentale in una scena che prevedeva solo la presenza di uomini. Fatte di lino, sughero, legno mettevano in rilievo lo stato d’animo, rispetto alla mimica facciale, con copertura totale della testa con i soli fori per gli occhi.

Le macchine, una piattaforma girevole (ekkuklēma) poteva mostrare qualcosa che era successo nel retroscena, dato che ciò che avveniva negli interni non poteva essere visto ma solo raccontato (es.omicidio). Macchine per effetti speciali per riprodurre tuoni, lampi e suoni sinistri.

La musica, la sua perdita quasi totale è la più grave lacuna che impedisce oggi rappresentazioni classiche credibili in un teatro di parole e suoni.

Vi è una certa rigidità della struttura interna del dramma:

  • Il prologo informava il pubblico sugli antefatti
  • La parodo rendeva ufficiale il canto di ingresso del coro che si esprimeva con gli stasmi alternati agli episodi (simili agli atti)
  • L’esodo era la parte conclusiva dopo l’ultimo stasmo, tutti abbandonavano il teatro.

La commedia

la mancanza di documenti ci può solo far avanzare delle ipotesi sull’esistenza di un secondo libro della Poetica di Aristotele in cui si parla di teatro comico.

Il legame fra sessualità e abbondanza è facilmente percepito dalla comunità primitiva, la comunità crede di influire sul ciclo naturale con rituali che esaltano il fallo, simbolo della fertilità, accompagnati da scherzi.

Qui, finzione e artificialità spingono verso il teatro in senso pieno: la presenza di oggetti, come la croce che serve a significare Cristo, l’indicazione dei gesti da compiere, l’uso dei parametri diversi che equivalgono a costumi ma soprattutto gli atteggiamenti che possiamo definire espedienti scenici. Tuttavia siamo ancora al di fuori dell’evento teatrale perché manca ogni forma di “pubblico”. Per quegli monaci si tratta di una particolare declinazione della cerimonia, ma pur sempre di una cerimonia e non di un’azione che abbia alcun che di “teatrale”.

Queste forme di cerimonie drammatizzate trovano una larghissima diffusione in tutta Europa ma senza che ne venga rilevata l’intrinseca “teatralità”, pratiche che hanno certamente a che fare col teatro senza riconoscerle.

Dall’inizio del XI sec la cerimonia si spettacolarizza, trasformando i fedeli in spettatori. Via via i brevi nuclei drammatici si fanno sempre più complessi e articolati, senza tuttavia diventare teatro in senso pieno e moderno. Nella prima metà del ‘400 interviene come ingegnere Filippo Brunelleschi (1377-1446) che costruisce straordinari “ingegni” per un’Ascensione e un’Annunciazione. (Sacra Rappresentazione fiorentina del XV sec confraternite di giovani).

Il teatro religioso in volgare

La difficoltà di comunicazione della Chiesa deriva dal fatto che la parola usata era quel latino sempre meno inteso dai fedeli. Si diffonde, soprattutto fuori dall’Italia, la pratica della cosiddetta “farcitura”, cioè l’introduzione di parti in volgare dentro ad un impianto linguistico che è ancora in latino. Per la prima volta, in Jeu d’Adam, la struttura del testo è direttamente comunicativa spettacolore, destinatario esplicito è il pubblico che vi assiste. Dialoghi in volgare perché il messaggio giunga più chiaro possibile agli spettatori illetterati, didascalie in latino per gli organizzatori dello spettacolo con ogni probabilità ecclesiastici.

In Italia sono pochissimi gli esempi di “farcitura”, una Passione con 3 versi di un canto della Madonna in volgare.

La nuova drammaturgia riesce a spingere nella direzione del “realismo” molto più di quanto era consentito alla irrigidità cerimonialità del dramma liturgico. La figura della Madonna acquisita come assoluta centralità e potenza drammaturgica.

Fra XIII e XIV la lauda drammatica si articola prevedendo spesso specifici apparati di “messa in scena”. La dilatazione e lo spazio di rappresentazione sono un carattere costitutivo di questo testo, che prevede molti gruppi di quelle che oggi chiamiamo “comparse”.

Il grande spettacolo alla fine del Medioevo

Alla fine del Medioevo, cominciano a prendere sempre più piede forme di spettacolo di contenuto non religioso, ma comico, da un lato discendendo dalle pratiche dei giullari e dall’altro si inseriscono nella dimensione della festa popolare. I personaggi sono di fantasia e provengono da una tradizione non religiosa. A partire dalla seconda metà del ‘500, con la Commedia dell’Arte, vedremo le donne sul palcoscenico.

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
35 pagine
2 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ricky5 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del teatro e dello spettacolo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof De Marinis Marco.