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Il regista demiurgo il regista pedagogo sono due modi profondamente diversi di intendere
la messinscena il processo creativo che porta alla sua composizione. Per capire queste
due visioni della regia, è interessante leggere le parole di Stanislavskij, relative ai profondi
cambiamenti intervenuti nel corso del tempo nel suo modo di concepire e di praticare la
messa in scena.
“ Nel periodo in cui il regista era un despota (periodo iniziato con i Meininger), egli costruiva tutto il progetto dello
spettacolo, indicava lo schema generale delle parti. Io stesso fino a pochi anni fa seguivo questo metodo. Ma ora sono
giunto alla convinzione che il lavoro creativo del regista deve procedere al unisono con quello degli attori e non ricordarlo
né reprimerlo: egli deve agevolare la creatività degli attori, sorvegliarla e integrarla, vigilando che si sviluppi naturalmente
”.
e solo dal vero nucleo artistico del dramma
La prima conseguenza dell'avvento della regia è che le prove cominciano ad allungarsi,
soprattutto nel caso del regista pedagogo, che costruisce lo spettacolo avvalendosi di tutti
i collaboratori, a cominciare dagli attori. Su queste basi, nel Novecento si fa largo l'idea che
il processo creativo, ovvero le prove, siano un momento di ricerca, di sperimentazione,
un'esperienza non soltanto artistica, ma anche umana, basata sulla relazione regista-
attore, ma anche su quella attore-attore (diventa fondamentale il concetto di Stanislavsky
del lavoro dell'attore su di sé). Questa concezione delle prove si è imposta defnitivamente
con Grotwski.
La seconda rivoluzione del Novecento sta nel modo in cui la scuola, la formazione, gli
esercizi attoriali vengono intesi ed entrano in rapporto con il laboro teatrale nel suo
complesso. Fino all'Ottocento, la scuola di teatro ha rappresentato un momento
preparatorio alla professione attorica, non indispensabile né obbligatoria. Nel Novecento,
tende a diventare una dimensione permanente e costitutiva del lavoro teatrale. Si aferma
l'idea che l'attore debba tenersi sempre in allenamento, come il musicista, il danzatore, lo
sportivo. La scuola non è più custode di un sapere codifcato e noto ma è un luogo di
ricerca, di sperimentazione di qualcosa di non ancora noto. Questa radicale trasformazione
viene segnalata già dalle denominazioni: laboratorio, atelier, studio.
La stessa trasformazione la subiscono gli esercizi: Fino agli inizi del secolo, l'attore faceva
esercizi solo per acquisire specifche abilità, in relazione alle parti che avrebbe dovuto
sostenere nello spettacolo. Nel corso del nuovo secolo, l'allenamento dell'attore diventa
qualcosa di sistematico ed indipendente dalle esigenze di un dato spettacolo: Più che a
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fargli acquisire specifche abilità fsiche, gli esercizi tendono a forgiare la personalità e la
creatività dell'attore. Nelle nuove scuole teatrali, per iniziativa dei grandi registi pedagoghi,
troviamo essenzialmente le discipline fsiche: acrobazia, ginnastica svedese, atletica
leggera,Yoga, danza, scherma, mimo, talvolta tennis e vela. L'intenzione è quella di far
prendere coscienza all'attore delle possibilità espressive a sua disposizione e metterlo
nelle condizioni di trasformarsi da esecutore a creatore, un artista in grado di rigenerare
scenicamente la parte scritta. Per arrivare a questo, si cominciò a costringere l'attore ad
esprimersi da solo, senza parole, o almeno con parole sue. Da qui l'espediente della
sottrazione temporanea del testo e il ricorso all'espressione corporea (es. Stanislavskij al
tempo del metodo delle azioni fsiche, proibisce assolutamente che, nella fase iniziale delle
prove, l'attore si serva del testo). L'esercizio diventa una parte integrante di un lavoro su di
sé, di cui 900 scopre l'importanza fondamentale. E' proprio Stanislavskij ad aprire la strada
alla rigenerazione di un attore nuovo, la cui rifondazione non potrà essere solo estetica, ma
anche etica.
La terza rivoluzione è la cultura del corpo, Korperkultur, ovvero l'insieme delle esperienze
che concorrono a mettere il corpo al centro dell'attenzione della cultura occidentale. È
prima di tutto la danza a recepire le nuove istanze, come rivelano i fenomeni della danza
libera e della cosiddetta danza moderna che cerca una maggiore indipendenza dalla
musica (Isadora Duncan mette all'Europa di fronte alla rivelazione di un corpo umano
liberato dai vincoli delle convenzioni e delle inibizioni, ad un'immagine della bellezza del
movimento puro). Anche il mimo, insieme alla danza, entra nelle scuole di teatro. Alla fne
degli anni Venti, nella Scuola del Vieaux-Colombier di Copeau, nasce, ad opera di un suo
ex allievo, Etienne Decroux, il nuovo mimo, detto mimo corporeo. Il mimo Non è più
soltanto un insieme di esercizi, un mezzo per rigenerare il teatro drammatico ma diventa
anche un fne, un'arte autonoma, anzi, l'arte dell'attore per eccellenza. Secondo Decroux,
se il teatro è nella sua assenza attore e se l'attore è prima di tutto presenza in scena, cioè
un corpo, allora questo corpo dovrebbe bastare per dare vita ad un'arte teatrale
essenziale, depurata da ogni intrusione estraneo. Per fare questo era indispensabile per
Decroux che l'attore-mimo ricreasse la propria arte su basi completamente diverse della
pantomima tradizionale che:
a) Non usava tutto il corpo, ma solamente il volto e le mani; il mimo corporeo si
chiamerà così proprio perché elegge il tronco a mezzo espressivo principale;
b) Si esprimeva per stereotipi, illustrazioni; al mimo corporeo si vieterà quindi di imitare
e riprodurre;
c) Dipendeva strettamente dal linguaggio verbale, poiché traduceva le espressioni
attraverso i cosiddetti gesti-parole.
Il mimo corporeo non nasce per rinnovare la tradizione pantomimica ma per rivoluzionare
il teatro. Esso rappresenta, nel 900, l'utopia di un teatro puro, ricondotto alla sua originaria
essenza attoriale, con al centro un attore creatore provvisto sia di una coscienza che di
una conoscenza corporee. Dietro a questa riscoperta del corpo c'era sicuramente la
volontà di liberare l'attore dalla tirannia del testo, per metterlo nella condizione di
esprimersi e di creare autonomamente, oltre il testo, senza il testo o fra gli spazi del testo;
c'era anche una certa sfducia nel linguaggio verbale: soltanto il gesto ha la capacità di
esprimere l'inefabile, il profondo, l'essenziale.
I l rifuto del testocentrismo è la quarta rivoluzione del 900 e si rivela proprio nella
rivalutazione della centralità del nuovo attore, rifondato nelle scuole teatrali e la
valorizzazione del corpo dell'attore. Si potrebbe defnire scenocentrismo, per intendere un
processo creativo che sposta il suo baricentro del testo scritto alla scena e ai suoi
linguaggi. Chi ha teorizzato per primo un teatro scenocentrico è stato Antonin Artaud. Un
importante e più recente contributo viene invece da Eugenio Barba, che distingue tra
“teatro del testo” e “teatro con il testo”: Pagina 95
“ Il contesto narrativo di uno spettacolo può essere dato contesto prevalentemente scritto e numerosi sono i modi per
svilupparlo. Possono tutti però essere raccolti in due tendenze: lavorare per il testo e lavorare con il testo. Lavorare per il
testo significa assumere l'opera letteraria come valore principale dello spettacolo. Attori, regia, organizzazione dello spazio,
musica e disegno di luci si impegnano a far brillare la qualità dell'opera, è possibile sotto intesi, i suoi legami con il
contesto d'origine e quello attuale. Amo il teatro che segue questa via fino in fondo. Ma l'ho praticato raramente. Lavorare
con il testo vuol dire scegliere uno o più scritti, non per mettersi al loro servizio ma per estrarre una sostanza che alimenti
un nuovo organismo: lo spettacolo. Il testo letterario viene usato come una delle componenti nella vita reale della finzione
”. Gran parte del teatro più innovativo dagli anni 60 in avanti può essere classifcato
scenica
con "teatro con il testo”. Come già accennato, nel metodo delle azioni fsiche di
Stanislavskij, le parole all'inizio non erano vietate ma era assolutamente proibito servirsi di
quelle dell'autore. Agli attori veniva richiesto di ricostruire di loro iniziativa, aggiungendo
eventualmente parole proprie, la linea delle azioni fsiche del personaggio che dovevano
interpretare. Solo in una fase molto avanzata del lavoro era consentito ritornare la parte
scritta, prima imparata a memoria e pronunciata solo interiormente e, infne, detta ad alta
voce. Negli anni sessanta, Grotowski parte dal lavoro di Stanislavskij e cerca di portare fno
in fondo le conseguenze implicite del metodo: una volta sganciate dal personaggio, le
azioni fsiche ponevano le premesse tecniche per la totale autonomizzazione creativa
dell'attore. Questo processo di liberazione dell'attore contemporaneo dal personaggio
rappresentato dal lavoro di Ryszard Cieslak, guidato da Grotowski, per il Principe Costante.
L'emancipazione dell'attore dal personaggio nel teatro degli anni 60-70 va di pari passo
con la defnitiva fuoriuscita dal testo centrismo che nuovo teatro con te in quel periodo,
dando vita a spettacoli teatrali che per la prima volta rinunciano completamente ad un
testo teatrale di partenza, prospettando una modalità ancora nuova per il processo di
creazione teatrale ( Mysteries and Smaller Pieces, 1964 e Paradise Now, 1968, del Living
Theatre; Apocalypsis cum fguris, 1969, di Grotowski; US, 1966, di Peter Brook; Min Fars Hus,
1972, dell'Odin Teatret; Einstein on the Beach, 1972, di Bob Wilson). Il processo creativo non
deve più rifarsi ad un modello unico ma poi essere ogni volta diverso e irripetibile.
L'ultima rivoluzione del 900 riguarda lo spazio scenico, il suo radicale ripensamento.
Viene rimesso in discussione la struttura tradizionale dell'edifcio teatrale e quindi la
relazione spettacolo-spettatore. Nella loro multiforme varietà, i tentativi di superamento
possono essere ricondotti a tre diverse soluzioni:
1. Progettazione di nuovi edifci teatrali, con un'organizzazione interna degli spazi
diversa da quella italiana o con possibilità di organizzazioni multiple, includenti, oltre
al tradizionale assetto frontale, anche assetti alternativi, come la scena centrale
(con il pubblico che attornia lo spettacolo) e la scena anulare ( dove invece è lo
spettacolo ad avvolgere gli spettatori). In questo caso si parla di Teatri Totali.
L'esempio più celebre è il Thotaltheatre dell'Arch. Walter Gropius, progettato in
collaborazione con Edwin Piscator nel 1927 ma mai realizzato.
2. Ristrutturazione di vecchi edifci teatrali, in modo da consentire