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STORIA DEL TEATRO E DELLO SPETTACOLO

PER UNA DEFINIZIONE PRELIMINARE – 1

Come si definisce un attore? <<Chi recita, interpreta una parte in uno spettacolo>>, stabilisce lo

Zingarelli. Oppure <<Chi recita interpretando la parte di un personaggio in uno spettacolo>>.

L’immagine che ne esce sembra corrispondere perfettamente alla nostra esperienza concreta di

spettatori. Da un “attore” ci aspettiamo infatti che reciti, che faccia spettacoli, che abbia un bel

portamento, che parli con voce sonora. Poiché poi l’abilità di cui riteniamo depositario l’attore è

principalmente quella di saper esprimere emozioni e sentimenti non suoi, di fingere una

personalità che non gli appartiene, di produrre gesti parole passioni atteggiamenti “finti” che

sembrano “ veri”.

Il secondo dizionario citato avverte infatti che il termine può indicare, un individuo che finge, che

nasconde i proprio stati d’animo per farne apparire altri. Questo nella cultura di oggi. Nella cultura

meno recente il Dizionario della lingua italiana di Niccolò Tommaseo, definisce l’attore chi

rappresenta in scena azione drammatica. Non c’è dunque traccia di personaggio o di parte,e a

definire l’attore basta l’azione drammatica. E differenze ancora più profonde si rintracceranno

naturalmente quanto più ci si allontanerà dal comune sentire di oggi.

La definizione dei dizionari contemporanei da cui siamo partiti riflettono ancora con tutta evidenza

solo una delle concezioni possibili dell’attore, che è un lascito della cultura teatrale ottocentesca

occidentale ma che non appartiene ad altre culture storiche dell’occidente, o ad altre civiltà non

occidentali.

Assumiamo come punto di partenza sia la nozione di “teatro” che la nozione di “attore”. Per

intendere questi processi occorrerà partire allora da una definizione minimale, da una sorta di

minimo comun denominatore, e da li rintracciare le diverse declinazioni. Perché il teatro è il luogo,

fisico ma soprattutto simbolico, in cui ogni società ha codificato i propri miti, è il luogo in cui ogni

cultura ha rappresentato a se stessa i propri valori. E l’attore è il fulcro e lo strumento di questa

grandiosa macchina antropologica, prima ancora che artistica e ludica.

Dunque chi è e cosa è un attore prima di ogni specializzazione che lo qualifichi interprete di

personaggi o danzatore, clown o interprete? Attore lo si collega dunque alla sua funzione primaria

di “soggetto che agisce”, che compie azioni.

La vita quotidiana è tuttavia piena di azioni, tutti nei ne compiamo senza per questo essere degli

attori: e allora l’azione dell’attore deve avere caratteristiche particolari. Proviamo ancora a partire

dai dizionari. In italiano l’azione dell’attore è il “recitare” o il “rappresentare”, verbi che portano in

se il senso di ripetizione. L’agire dell’attore è to act in inglese in si dice anche to play. Se le

strutture del linguaggio dicono qualcosa, l’azione dell’attore ha dunque parentele con l’azione di

chi gioca.

Gli studi antropologici, del resto, ci dicono che, così come non esistono società senza una qualche

forma di gioco, non esistono società con una qualche forma di teatro, a testimonianza del fatto

che queste attività rappresentano la risposta a un bisogno che può assumere forme diverse, di 1

STORIA DEL TEATRO E DELLO SPETTACOLO

maggiore o minore intensità, ma resta ineliminabile. Quel bisogno si chiamerà gioco, o

fantasticheria, o evasione dalla realtà, ma comunque la sua caratteristica principale sarà la

diversità dalla realtà vera. L’attore sa che l’azione nella quale si sta impegnando non è comunque

da prendere sul serio.

Il campo di azione dell’attore, così come il campo o il tavolo del gioco, deve dunque avere confini

precisi, un perimetro che definisca con nettezza un “dentro” e un “fuori”.

Naturalmente l’effetto di soglia è ancora più forte nel luoghi di spettacolo istituzionalizzati come i

teatri o le arene,e dunque trasgressiva è o dovrebbe essere la violazione dello spazio di chi dalla

platea pretende di salire sul palcoscenico o dalle tribune scende sul campo di gioco. Un po’ meno

pacifica è l’invasione di campo di segno opposto, quando sono gli attori a sconfinare nel luogo

destinato agli spettatori, perché da li viene come uno spaesamento, una sorta di sottile

inquietudine.

Al fondo di tutto questo sta il fatto che lo spazio scenico sia pure in forme attenuate o degradate ,

ha in se le connotazioni del sacro. Per questo la contiguità con l’attore che invade il nostro

territorio è vagamente inquietante , perché l’attore giunge sempre da un altrove popolato da

queste presenze che non appartengono al nostro mondo: divinità, spiriti inquietanti,demoni.

Non solo lo spazio ma anche il tempo deve essere perimetrato. I segnali di inizio o di fine di una

performance sono codificati nelle forme istituzionali di spettacolo (aprirsi e chiudersi del sipario,

accendersi o spegnersi delle luci) ma sono di solito percepibili.

L’attore si qualifica dunque per il fatto di occupare uno spazio con un’azione. Ma questa azione

deve essere dotata di caratteristiche particolari, tali da qualificare in modo diverso rispetto alla

quotidianità anche il tempo e lo spazio in cui si colloca. Una prima approssimazione potrebbe

offrircela quella che nella teoria del linguaggio di Roman Jakobson viene definita funzione poetica,

ossia una modalità di usare il linguaggio in cui la parola è allo stesso tempo “autoriflessiva” e

“ambigua”, dunque attenta soprattutto alla propria forma.

Tradotta la funzione poetica in funzione teatrale, non è forse di questa natura anche l’azione

dell’attore? Non è il suo gesto autoriflessivo, attento soprattutto alla propria forma, e dunque un

gesto “colto”, “finto” e costruito anche quando è analogo o addirittura identico a uno “vero”, della

quotidianità?

Se come si tramanda sulle scene dell’antica Roma, un povero schiavo o un condannato veniva

davvero ucciso nel corso di uno spettacolo, quel gesto era drammaticamente “vero” per le

conseguenze ma non dimeno teatrale perché il fine era uccidere lo schiavo ma provocare con quel

gesto un’emozione nello spettatore.

L’ATTORE GRECO TRA RITUALITA’ E RAPPRESENTAZIONE – 2 2

STORIA DEL TEATRO E DELLO SPETTACOLO

All’inizio non ci sono attori e non ci sono spettatori c’è solo la festa rituale. Un inizio non

cronologico ma puramente funzionale, di organizzazione del discorso. Perché sempre il teatro

nasce dalla festa rituale.

Da un dialogo di Platone, lo Ione si estrae la prima fondamentale definizione dell’arte dell’attore,

delle sue caratteristiche e delle sue potenzialità. Socrate, dialogando con Ione, un rapsodo di

Efesto, si pone con chiarezza sia il problema della fascinazione che esercita l’attore sugli spettatori

sia quello del rapporto di comprensione e quasi di comunione che lega l’interprete alla parola del

poeta. E ciò che è realmente interessante è la dimensione fascinatoria,il potere seduttivo

esercitato dall’attore sullo spettatore, la sua capacità di indurgli emozioni e di trascinarlo in un

universo diverso da quello della quotidianità.

Dal rapsodo all’attore tragico ci sono le evoluzioni e il canto.

La tradizione assegna a Tespi l’introduzione dell’attore che interagisce con il coro e permette lo

sviluppo dell’azione. Quell’attore viene indicato con il nome di hypokritès. Comunque nella cultura

greca questo termine non possiede quelle connotazioni negative che, soprattutto ad opera della

tradizione cristiana gli saranno poi attribuite, per cui il derivato ipocrita è colui che mente

coscientemente e con dolo.

L’attore greco invece possiede connotazioni elevate e gli vengono riconosciuto particolari privilegi

come l’esenzione dal servizio militare. E proprio per questo la funzione dell’attore è proprio

inaccessibile alle donne. Sono attori nelle loro tragedie gli autori stessi specie nel primo periodo

Tespi, Eschilo, lo è anche Sofocle. Ed è da qui. o comunque dalla metà del V secolo che le due

funzioni di drammaturgo e di attore, si scindono, con una progressiva professionalizzazione

dell’attore e la parallela istituzione di concorsi e premi per gli intepreti.

Nella seconda metà del V secolo, dunque la struttura della tragedia è definitivamente fissata. Le

rappresentazioni hanno luogo nel contesto delle feste ateniesi denominate Grandi Dionisie o

Dionisie cittadine. La scelta dei tragediografi, tra i candidati che si offrono, è operata dall’arconte

sulla base di anticipazioni che i poeti sono tenuti a sottoporgli. Gli spettatori pagano un biglietto di

ingresso, che serve per rifondare le spese dell’impresario che ha in gestione l’edificio, ma lo Stato

paga i biglietti ai cittadini meno abbienti e successivamente, forse, a tutti. Alla fine dell’agone una

giuria composta dal popolo ateniese proclama i vincitori tra i poeti e gli attori. A conclusione si

organizza un’assemblea dove si esprimono sia pareri negativi che positivi.

Gli eventi spettacolari si inseriscono in un complesso sistema festivo che comporta anche la

sospensione di gran parte della attività civili nella città. Le feste dedicate a Dionisio Eleuterio, si

aprono con un corteo di traslazione della statua del dio e successivamente, o forse prima, con il

proagon (una sorta di prossimamente). Il giorno successivo si tiene poi il corte con una sfilata di

falli enormi, simbolo di fertilità, verso il tempo di Dioniso. Nel corso della giornata hanno luogo gli

agoni ditirambici , in cui si affrontano cori formati ciascuno da 10 persone, e alla sera forse, il

komos, una festa liberatoria e all’insegna della trasgressione. 3

STORIA DEL TEATRO E DELLO SPETTACOLO

Sicura è comunque la dimensiona sacrale e festiva in cui si inseriscono gli spettacoli che iniziano il

giorno dopo delle cerimonie. La tetratologia di ogni autore viene rappresentata in un’unica

giornata, dalla’alba al tramonto. Alla fine delle tre giornate dedicate alla tragedia, in un’univa

giornata vengono rappresentate cinque commedie di altrettanti autori. Si sa tuttavia che in alcuni

particolari momenti di crisi il periodo per gli spettacoli viene accorciato.

Lo spettacolo avviene dapprima nell’agorà, la piazza civile, e solo successivamente in un edificio

specifico, che tuttavia ma

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Publisher
A.A. 2012-2013
36 pagine
21 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher georgiana05 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del teatro e dello spettacolo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Parma o del prof Allegri Luigi.