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Non si creda che dopo Lazarsfeld tutte le inchieste sociologiche abbiano ritrovato il modello degli

effetti limitati. Alcuni autori hanno proposto di ritornare al concetto dei media potenti, rifiutando la

teoria di effetti globali e concentrandosi invece su problematiche particolari quali la violenza, la

formazione dell’opinione pubblica e la diffusione del sapere.

Il caso della violenza: teorie di medio raggio contraddittorie: nella società americana cominciano

molto preso una lunga serie di studi sui rapporti tra violenza e media, che si protrae fino ai giorni

nostri. All’inizio il campo d’indagine è quello del cinema d’anteguerra, la cui influenza è più forte

dove sono indebolite le istituzioni culturali tradizionali (scuola, chiesa, famiglia). Subentrata al

cinema, fu la televisione a dare spunto alla maggior parte dei lavori. Alla luce di cinquant’anni di

ricerca non è possibile trarre una conclusione definitiva, ma nel tentativo di rispondere alla

domanda sull’influenza della televisione rispetto alla violenza sono state avanzate diverse ipotesi.

Tre sono assai prossime alla psicologia sociale e basate su una visione atomizzata del pubblico: la

catarsi (spettatori resi meno violenti grazie al fatto di far vivere la propria aggressività in maniera

indiretta e “purificante”), la stimolazione (spettatori resi più violenti per imitazione),

l’apprendimento (spettatori messi allo stesso tempo in grado imparare tecniche di violenza e

prendere ad esempio, come norma, eroi violienti).

Ad esse rispondono due teorie sociologiche che si contraddicono a vicenda: la teoria del rinforzo,

che presuppone che lo spettacolo di situazioni violente sia interpretato in funzione delle norme

sociali preesistenti, e la teoria della coltivazione, che si concentra specialmente sui telespettatori

assidui, per cui la visione del mondo reale, più violento e pericoloso, si conformerebbe a quella

offerta dal mondo televisivo: la televisione trasmetterebbe in questo senso agli spettatori più assidui

dei “campioni” dominanti di rappresentazione del mondo sociale.

La funzione d’agenda: in tale tradizione sta la seguente ipotesi di base: i media non ci dicono ciò

che occorre pensare, ma a cosa pensare. Essi mettono all’ordine del giorno eventi, fatti, situazioni

valutati poi dal pubblico, senza necessariamente dettare una valutazione. La funzione d’agenda

inciampa però in una difficoltà, ovvero quella riguardante la distinzione fra “fatti” e “opinioni”, su

cui non vi è una base oggettiva generale.

La spirale del silenzio: sviluppatasi in Germania, la teoria della “spirale del silenzio” torna più

direttamente all’idea di media potenti in grado di imporre non solo temi, ma anche opinioni,

secondo il principio per cui un individuo che si accorga che le sue convinzioni perdono terreno è

portato a sottacerle se non a cambiarle. Secondo questa idea, i media sarebbero perciò veri e propri

“creatori d’opinione pubblica”.

Divario di conoscenza: formulata nel 1970 anche questa tesi caldeggia l’idea di un effetto dei

media, ma si interessa soprattutto alle differenze fra individui riguardo a certe informazioni. Gli

sforzi di democratizzazione culturale giovano spesso ai privilegiati perché nutrono coloro che sono

già preparati, aumentando dunque il divario. In generale l’ipotesi che pare confermata è che i media

non riescano da soli a colmare il divario che c’è fra le differenze sociali; a volte le mantengono tali

e quali, altre volte possono perfino peggiorarle.

Analisi di contenuto, semiologia, analisi del discorso

Dalla rappresentazione all’influenza?: gli specialisti che si interessano ai media praticano

preferibilmente ciò che possiamo definire come studio di rappresentazione, di tipo “immagine di X

in Y”, come ad esempio potrebbe essere l’immagine dell’Africa nella televisione italiana. Quando si

tratta di trasmissioni televisive massicciamente diffuse, vi è la tentazione di passare senza

precauzioni dalle immagini all’influenza, tale per cui queste immagini si trasporterebbero tali e

quali nella testa dei telespettatori. In realtà è molto difficile procedere a questo tipo di inferenza.

Globalmente l’idea che i media siano potenti si è imposta con un’evidenza tale che gli effetti sono

stati dedotti dal contenuto senza tante precauzioni, anche quando si facevano inchieste per collegare

effetti e contenuti. Invece, i ricercatori si sono scontrati sui metodi di analisi del documento. Ci

sono due grandi teorie che si oppongono, una riguardante l’analisi del contenuto e una riguardante

l’analisi strutturale che, dopo essere state a lungo contrapposte, vengono oggi utilizzate

congiuntamente dalla ricerca.

L’analisi del contenuto: si parte da un presupposto notevole, ovvero che vi sia sempre uno e un

unico contenuto nelle comunicazioni di massa, ovvero un messaggio ricevuto da tutti, in modo

univoco e distinto dal contenente che sarebbe il supporto materiale.

Semiologia, analisi strutturale: dal punto di vista del semiologo, la società è un sistema di segni,

sistema guidato da leggi di combinazioni, associazioni e differenze. La semiologia critica il

semplicismo dell’analisi del contenuto e punta ad una organizzazione implicita e non a ricorrenze

statistiche nel contenuto esplicito. La semiologia si interessa non tanto alla denotazione quanto alla

connotazione: la denotazione è il primo livello di senso, condiviso da tutti i locutori; le connotazioni

sono tutti i sensi supplementari, accessibili soltanto in alcuni contesti o a certe comunità di utenti.

I mass media diventano territorio prediletto della semiologia.

La semiologia come ausilio della politica?: la semiologia ha goduto di notevole popolarità grazie ad

un imperialismo metodologico che vorrebbe affermare il primato della linguistica come modello di

comprensione di tutti i fenomeno sociali, specialmente di quelli politici.

Edgar Morin e L’Esprit du temps : una sintesi ambivalente : con quest’opera Morin opera una sintesi

ambiziosa delle ricerche sui media allora disponibili. Partendo dai messaggi, egli cerca la specificità

dei media nel carattere massivo della diffusione, che trascenderebbe le antiche divisioni tra classi,

nazioni, ecc., e creerebbe un rapporto nuovo. Avvicinandosi talvolta alla corrente profetica, Morin

afferma la propria simpatia per la cultura di massa e offre una panoramica sulle tematiche dei media

(i miti della felicità e del consumo, l’esternazione multiforme e massiccia della violenza, l’erotismo,

ecc.); Morin propone infine concetti presi liberamente dalla psicoanalisi per spiegare i meccanismi

fondamentali della ricezione, ovvero la proiezione e l’identificazione. Egli si rifiuta infine di fare

una scelta sulla somma degli effetti, poiché secondo lui ad esempio lo spettacolo della violenza

inciterebbe e calmerebbe allo stesso tempo.

Christian Metz, o il film come linguaggio: altri ricercatori si interrogano invece su alcuni media

cercando di ridurli ad un sistema di segni autonomi, cioè indipendente dal contesto storico e sociale

e necessariamente capito da tutti allo stesso modo. Il tentativo più completo di tutto ciò è collegato

al nome di Christian Metz ed è relativo al cinema: Metz scompone il film in una serie di unità

elementari che, combinate, producono certi significati. I suoi tentativi, che successivamente

esploreranno anche il campo della psicanalisi freudiana si scontrano però con l’impossibilità di

affermare che il film venga capito o percepito nel modo in cui lo descrive il ricercatore, suggerendo

invece che si ha a che fare, più che con un senso univoco e chiaro, con un potenziale di significati

all’interno del quale il recettore attinge.

L’informazione televisiva: il telegiornale merita un approfondimento, configurandosi come genere

politico per eccellenza, narrativo e ripetitivo. L’informazione è un genere rigorosamente codificato:

la gerarchia e la presentazione sono ampiamente prevedibili e la concorrenza fra reti televisive

produce sempre e comunque telegiornali simili (scioperi presentati con relativa ostilità, incidenti sul

lavoro trascurati, poteri forti rappresentati in modo più favorevole dei poteri deboli, ecc.). Le notizie

sono un accostamento di eventi non collegati fra loro, profondamente prevedibili e vincolati al

presupposto interesse del pubblico; le notizie adoperano non tanto la forma della spiegazione

quanto quella del racconto, con una sequenza di eventi, di personaggi principali e secondari, di

intrighi, un inizio e una fine.

Analisi del discorso e lessicologia: prendiamo alcuni esempi: quando si parla di “problema

dell’immigrazione” o si discute sulla “colpevolezza di X”, si parte già dal presupposto che

l’immigrazione sia un problema e che X sia colpevole. L’analisi del discorso ha dato luogo ad un

numero notevole di lavori e si è concentrata sul vocabolario, più facile da cogliere, piuttosto che

sulle frasi (da qui il particolare sviluppo della lessicologia al suo interno). Il senso delle parole

nasce dal loro uso nel contesto, e l’oggetto dello studio sono perciò una rete di associazioni.

Gli studi sulla ricezione

Gli anni Ottanta sono stati segnati, in contesti molto differenti, da una diversificazione dei metodi,

delle procedure e dei risultati, ma la parte più visibile delle ricerche mette il proprio accento sulla

ricezione.

Che cosa intendiamo per ricezione? Gli studi che la riguardano hanno alcuni tratti in comune. In

primo luogo le influenze subite dai ricercatori (problematiche degli “usi e gratificazione”), in

secondo luogo dal metodo, in terzo luogo la preoccupazione di collegare il contesto con il “testo”,

ovvero con il documento.

Il contributo dei “cultural studies”: la tradizione di ricerca detta dei cultural studies si interessa da

molto tempo ai pubblici propriamente detti: i ricercatori dei cultural studies si preoccupano infatti

della penetrazione della cultura mediatica negli ambienti popolari. I tre tipi di lettura che vengono

distinti sono: lettura dominante (accettazione del messaggio), negoziata (miscela di accettazione e

di opposizione), oppositiva (rottura con il significato concepito).

Evoluzioni della semiologia: la semiologia stessa si evolve e supera il primato del testo sul principio

nuovo che il testo non sia per forza un universo chiuso: si comincia a parlare di “contratti” proposti

dai diversi generi allo spettatore e di “potenziali” di lettura.

La fiction, territorio di predilezione: gli studi sulla ricezione si sono concentrati principalmente sulla

fiction. Mentre l’informazione sembrava appropriata ad uno studio politico collegato alla

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
17 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher viola_fr di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia sociale dello spettacolo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Scarpellini Emanuela.