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Lezione n°3 - Storia, scienza e giudizi morali

Alla fine del ‘700, in un periodo in cui la scienza aveva portato un contributo meraviglioso alla conoscenza

del mondo, ci si cominciò a chiedere se la scienza non fosse in grado di far progredire anche la conoscenza

della società. Si applicò il metodo con cui la scienza studiava il mondo della natura alle cose umane.

Qualche tempo dopo, Darwin compì un’altra rivoluzione: introduceva nella scienza la dimensione storica.

La scienza non aveva più per oggetto qualcosa di statico ed atemporale, come un fenomeno da laboratorio,

bensì un processo di trasformazione e di sviluppo. L’idea di evoluzione della scienza conferma quella di

progresso nella storia.

Allo stesso modo, oggi gli scienziati non parlano di leggi così come le intendevano nel ‘700-‘800, sono

invece le ipotesi ad aprire la strada ad ulteriori ricerche. Nel campo storico, ad esempio, suddividere la storia

secondo settori geografici non si basa su un dato oggettivo, ma su un’ipotesi. In questo modo è lecito per

alcuni chiedersi se includere nel quadro europeo la storia della Russia, o fino a che punto la storia europea

può essere capita tralasciando la storia del resto del mondo. Si impara dalla storia non nel senso che si

debbano ripetere i fatti, ma nel senso che nel nuovo svolgersi degli eventi si tiene conto di ciò che è

successo nel passato: i fondatori dell’impero britannico trassero insegnamento dalla storia dell’impero

romano. Non si tratta di un insegnamento unilaterale: imparare ad intendere il presente alla luce del passato

significa anche imparare ad intendere il passato alla luce del presente. Come gli scienziati con la

formulazione di leggi non pretendono di dire con precisione cosa avverrà nei casi concreti, perché multiple

ed imprevedibili sono le variabili che intercorrono, anche la storia può fare delle generalizzazioni ed

ipotizzare, alla presenza di alcune variabili, ed in base alle esperienze passate, cosa potrebbe accadere.

Una particolarità che distingue come oggetto di studio l’essere umano è che , a differenza degli altri oggetti,

esso è destinato ad essere studiato da altri essere umani, e non da un soggetto neutrale. Il processo di

osservazione influisce e modifica ciò che viene osservato. Gli esseri umani possono essere avvisati

anticipatamente da previsioni di conseguenze sfavorevoli, ed essere indotti pertanto a modificare

adeguatamente il loro comportamento, cosicché la previsione, per quanto basata su un’analisi corretta, si

smentisce da sé.

Allo storico non si chiede di esprimere giudizi morali, il comportamento di un individuo o di un gruppo

interessa solo nella misura in cui ha influito sugli eventi storici. Se Einstein, uomo esemplare, fosse stato

marito infedele, padre spietato e privo di scrupoli, l’importanza delle sue scoperte sarebbe stata sminuita?

Gli storici assolvono le condizioni degli operai ammassati in fabbriche malsane e lo sfruttamento di fanciulli

a favore dell’industrializzazione inglese; gli storici assolvono la colonizzazione dell’Asia e dell’Africa

compiuta nell’ottocento dalle nazioni occidentali a favore dello sviluppo dell’economia mondiale. Lo

storico serio riconosce il carattere storicamente condizionato di ogni valore, non pretendendo di assegnare ai

propri valori un’oggettività extrastorica. Le nostre credenze ed i nostri criteri di giudizio sono parte della

storia e sono anche essi oggetto di indagine storica. Gli scienziati, gli studiosi di scienze sociali e gli storici

studiano tutti, in branche diverse, l’uomo e l’ambiente che lo circonda, l’azione dell’uomo sull’ambiente e,

viceversa, l’azione dell’ambiente sull’uomo.

Lezione n°4 - La causalità storica

Lo storico si pone continuamente la domanda: <<Perché?>>, e risponde sempre in connessione a problemi e

a contesti nuovi. Oggi noi non parliamo di leggi, tantomeno utilizziamo la parola <<causa>>. Si preferisce

utilizzare i termini <<spiegazioni>>, <<interpretazioni>>, <<logica degli avvenimenti>>, ovvero si

sostituisce l’impostazione causale (perché una data cosa accadde) con quella funzionale (come una data cosa

accadde).

Vi è sempre più di una causa nella spiegazione di un evento. Inoltre per penetrare lo svolgersi di un evento è

necessario porre una gerarchia tra le varie cause stabilendo i rapporti che le legano, e decretando

eventualmente quale causa, o quale tipo di cause, debba essere considerata la causa decisiva, la causa delle

cause. Tenendo sempre presente che la storia non si fa con i “se”, d’altra parte non possiamo neanche

affermare che le cose potevano andare solo in un’unica direzione: si tratta di capire perché di fatto si optò

per un’alternativa anziché per un’altra. In un gruppo o in un paese che si trovi nel cavo anziché sulla cresta

dell’onda degli eventi storici, si vedranno prevalere le concezioni che sottolineano la funzione del caso o

dell’accidentale nella storia, così l’ascesa di Hitler, ad esempio, è giudicata da alcuni come una parentesi

casuale nella storia della Germania. D'altra parte non dobbiamo dimenticare che i grandi uomini sono coloro

che sanno domare e cavalcare lo spirito del proprio tempo, ed Hitler, senza dubbio, lo era.

Per Marx la storia universale avrebbe un carattere davvero mistico se essa escludesse il caso. Anche il caso

diventa parte del generale processo di sviluppo della storia ed è compensato da altre forme di casualità. Il

caso potrebbe accelerare o ritardare il corso degli eventi, ma non modificarlo radicalmente.

Non tutti i fatti del passato naturalmente sono fatti storici. Gli eventi accidentali non rientrano in

un’interpretazione razionale della storia o nella gerarchia delle cause determinanti stabilite dallo storico. Se

un ubriaco travolge con la propria auto un signore che stava andando a comprare le sigarette, la colpa è

dell’uomo che aveva fatto abuso di sostanze alcoliche o della voglia di sigarette del secondo uomo? Il morso

di scimmia del re Alessandro (il re Alessandro di Grecia mori nel 1920, morso da una scimmia; dopo la sua

morte il padre, il re Costantino tornò e supporto la guerra con la Turchia che acertò la sconfitta della

Grecia), la morte di Lenin, il naso di Cleopatra, o la voglia di sigarette del nostro uomo, hanno avuto senza

dubbio degli effetti, ma non ha senso affermare che i generali perdono le battaglie perché s’innamorano

delle belle regine o che le guerre scoppiano perché i re allevano delle scimmiette, o che il vizio del fumo

causa incidenti nelle strade! Bisogna fare distinzione tra spiegazioni che servono e spiegazioni che non

servono ad uno scopo. Ha un senso supporre che la diminuzione della propensione all’alcolismo da parte dei

guidatori contribuirebbe a ridurre il numero degli incidenti stradali. Ma supporre che il numero degli

incidenti stradali risulterebbe minore se si impedisse alla gente di fumare, sarebbe del tutto assurdo. Lo

stesso ragionamento vale per le cause storiche.

Le cause razionali, dal momento che sono applicabili ad altri paesi, altri periodi e altre condizioni storiche,

portano a generalizzazioni e a conclusioni che approfondiscono le nostre conoscenze e possono servire da

insegnamento. Le cause accidentali non possono essere generalizzate, sono irripetibili e non forniscono

alcun insegnamento.

Lezione n°5 - La storia come progresso

Gli autori classici dell’antica Grecia e dell’antica Roma si preoccupavano poco sia del futuro che del

passato. Lucrezio dedusse l’indifferenza dell’uomo per il proprio futuro dall’indifferenza che esso ha per il

proprio passato. Furono gli ebrei, e dopo di loro i cristiani, che introdussero un elemento del tutto nuovo,

postulando un fine verso cui si dirigerebbe l’intero processo storico: nasceva, così, la concezione teleologica

della storia. Questa fu la concezione della storia nel Medioevo. Tuttavia, se da una parte, essa acquistava un

significato ed un fine, dall’altra perdeva il suo carattere mondano. E' stato il Rinascimento a restaurare la

concezione antropocentrica e il primato della ragione, non escludendo la visione ottimistica derivata dalla

tradizione ebraico-cristiana. Gli illuministi, modificando questa concezione teologica, trasformarono il fine

da trascendente in mondano. La storia fu concepita allora sotto forma di evoluzione progressiva avente

come fine la miglior condizione possibile dell’uomo sulla terra. L’ipotesi del progresso diventò un postulato

di tutta la nostra cultura. Si era davvero sicuri che non vi sarebbe stato alcun limite all’incremento della

capacità umana di disporre delle risorse naturali.

Oggi si vuole intendere che la storia è progresso in quanto le capacità acquisite da una generazione vengono

trasmesse ad un’altra e non si concepisce questo progresso come avente un inizio e una fine determinati. Ma

il progresso ebbe inizio forse con la nascita della civiltà? E la civiltà fu inventata nella valle del Nilo nel

quarto millennio prima di Cristo? Oggi non ci affatichiamo sul problema dell’inizio del progresso o della

civiltà: si trattò di uno sviluppo estremamente lento non collocabile in un punto preciso della storia. Non si

può credere ad un tipo di progresso che avanzi in linea retta, senza ritorni, deviazioni, cosicché anche il

ritorno più accentuato non mina necessariamente la fede nel progresso.

Spesso un gruppo, sia esso una classe, una nazione, che ha una funzione di guida nel progresso della civiltà

in un periodo, difficilmente avrà una funzione analoga nel periodo successivo in quanto sarà troppo

profondamente imbevuto delle tradizioni, degli interessi, e delle ideologie del periodo precedente, per essere

in grado di adattarsi alle necessità ed alle condizioni del periodo successivo. Quello che ad un gruppo

sembra un periodo di decadenza può apparire ad un altro come l’inizio di un nuovo progresso. Progresso

non significa progresso uguale e simultaneo per tutti.

Coloro che lottano per estendere a tutti i diritti civili, o per abolire le ineguaglianze razziali o economiche, si

propongono di attuare delle riforme ma non hanno davanti a loro l’obiettivo guida del progresso. E’ lo

storico ad applicare alle azioni di un gruppo l’ipotesi di progresso. Credere nel progresso non significa

credere ad un processo automatico ed inevitabile, bensì allo sviluppo progressivo delle potenzialità umane.

Progresso è un termine astratto: i fini concreti perseguiti dall’umanità nascono di volta in volta dal corso

della storia.

Carr certamente non crede ad un futuro paradiso sulla terra ma aderisce alla possibilità di progre

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A.A. 2009-2010
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher cristina.luiza di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Papi Massimo.