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Proporre che la storia debba essere scritta in base a spiegazioni fondante sulle intenzioni individuali o alle

motivazioni che gli individui attribuiscono alle proprie azioni, ai perché, secondo loro, essi agirono come

agirono è per lui palesemente assurdo. Fa questo discorso in relazione a quello che ha scritto Wedgwood

nell’introduzione di un suo libro: “il comportamento degli uomini in quanto individui-ella scrive- mi

interessa di più del loro comportamento in quanto gruppi o classi sociali è […] Questo libro è un tentativo

di comprendere come questi uomini sentivano e perché, secondo loro, agivano come agivano”.

Molti avevano questa concezione: es il dottor Rowse ci dice che il regime elisabettiano crollò per la scarsa

intelligenza di Giacomo I e che la Rivoluzione inglese del Seicento fu un evento accidentale dovuto alla

stupidità dei due primi Stuart. È più facile vedere nelle due guerre mondiali il frutto della malvagità

individuale di Guglielmo II e di Hitler anziché l’effetto di una profonda incrinatura nel sistema dei rapporti

internazionali.

Inoltre, l’affermazione di miss Wedgwood consiste di due proposizioni diverse:

1. La prima è che il comportamento degli uomini in quanto individui è diverso dal loro

comportamento in quanto membri di gruppi o di classi, e che lo storico ha il diritto di soffermarsi

sull’uno anziché sull’altro. Ciò che è fonte di errore secondo Carr è quello di creare una linea di

separazione fra l’individuo e il gruppo sociale. L’individuo è per definizione membro di una società

o, meglio, di più società (gruppo, classe, tribì, nazione…)

2. La seconda è che lo studio del comportamento degli uomini in quanto individui consiste nello

studio delle motivazioni consapevoli delle loro azioni. Oggi tutti sanno che gli esseri umani non

agiscono sempre per motivi di cui siano pienamente consapevole o che siano pronti a confessare;

Cosicché prescindere dall’analisi delle motivazioni inconsce o inconfessate è senza dubbio un modo

di mettersi al lavoro chiudendo deliberamento un occhio..

Certo, i fatti storici riguardano sempre degli individui, e non hanno nulla a che fare con le motivazioni,

reali o fantastiche, che secondo gli individui sono state alla base delle loro azioni. I fatti storici riguardano i

rapporti che legano gli uni agli altri gli individui viventi in società, e le forze sociali che, dalle varie azioni

individuali, sviluppano effetti spesso diversi, e non di rado opposti, ai risultati che gli individui si

proponevano di raggiungere.

Uno dei maggiori difetti della concezione della storia di Collingwood era quello di supporre che il pensiero

che si trova al di là degli atti, pensiero che lo storico avrebbe il compito di ricostruire, fosse il pensiero dei

singoli attori della storia, si tratta di una supposizione errata. Ciò che lo storico ha il compito di ricostruire è

ciò che si trova al di là dei vari atti: a questo scopo il pensiero e le motivazioni consce dei singoli attori della

storia possono essere del tutto inutili.

Funzione del ribelle o dell’anticonformista: Nessuna società è assolutamente omogenea. Ogni società è

un’arena di conflitti sociali, e gli individui che si contrappongono all’autorità esistente sono un prodotto e

un riflesso della società non meno di coloro che l’appoggiano.

Un'altra importante conseguenza è che non bisogna considerare i grandi uomini come individui in grado di

dominare la società. Essi, al contrario, ne sono figli, sia perché sono elevati al rango di «grandi» dalle

moltitudini (senza le quali non si può scrivere la storia), sia perché il loro essere grandi non è assoluto, ma

dipende dalle circostanze e, pertanto, dal contesto socio-culturale in cui agiscono.

In conclusione, Carr precisa che «il processo di interazione reciproca tra lo storico e i fatti, ciò che ho

definito dialogo tra presente e passato, è un dialogo non tra individui astrattamente isolati, bensì tra la

società odierna e la società di ieri». Il passato è comprensibile per noi soltanto alla luce del presente, e

posiamo comprendere il presente pienamente unicamente alla luce del passato. Far sì che l’uomo possa

comprendere la società del passato e accrescere il proprio dominio sulla società presente: questa è la

duplice funzione della storia.

Lez. 3: Storia, scienza e giudizi morali

Nella terza lezione affronta il problema del metodo scientifico della storia.

La storia è una scienza? Questo problema terminologico è una particolarità dell’inglese. In tutte le altre

lingue europee, la parola corrispondente a science si applica senza discussioni anche alla storia. Ma nella

cultura anglosassone questo problema ha una lunga storia.

Le concezioni delle scienze sociali, ivi compreso la storia, si sviluppò gradualmente nel corso dell’Ottocento,

e si applicò allo studio delle cose umane il metodo con cui la scienza studiava il mondo della natura. Per

tutto il Settecento e Ottocento gli scienziati pensarono che le leggi naturali- leggi del moto di Newton-

fossero state scoperte e formulate in modo assoluto e definitivo e pertanto il compito degli scienziati fosse

quello di scoprire e formulare altre leggi analoghe, mediante un processo induttivo dall’osservazione dei

fatti. Gli studiosi della società, desiderando più o meno consapevolmente di sottolineare il carattere

scientifico delle loro ricerche, adottarono la stessa terminologia e credettero di seguire un identico

procedimento.

Più che legge sarebbe meglio parlare di ipotesi. Gli scienziati fanno scoperte e ampliano il campo della

conoscenza non mediante la formulazione di leggi ampie e precise, ma mediante l’enunciazione di ipotesi

che aprano la strada a ulteriori ricerche.

Questioni periodizzazione: la suddivisone della storia in periodi non è un fatto, ma un’ipotesi necessaria,

uno strumento conoscitivo, valido nella misura in cui aita la ricerca, e la cui validità dipende

dall’interpretazione adottata. Gli storici che discordano tra loro sul problema della fine del Medioevo

discordano nell’interpretazione di determinati eventi. Analogamente, la suddivisione della storia in settori

geografici non è un dato di fatto, ma un’ipotesi; parlare di storia europea può essere un’ipotesi valida e

feconda, in certi contesti, e sviante ed errata in altri. La maggior parte degli storici suppongono che la Russia

faccia parte dell’Europa, tranne alcuni che lo negano vigorosamente.

Senza pretendere di formulare leggi assolute (del resto improponibili per la stessa fisica), lo storico deve

porsi l'obiettivo di passare da un'ipotesi parziale a un'altra più completa, attraverso la reciproca relazione

che intercorre tra fatti e interpretazione. In tal modo egli si avvicina alla scienza, con cui condivide obiettivi

e metodi. Una tale pretesa incontra alcune obiezioni, che Carr intende confutare:

1. La storia ha a che fare esclusivamente con l'individuale, la scienza con il generale.

Per la storia la generalizzazione è imprescindibile. Lo storico si serve continuamente di

generalizzazioni per saggiare i fatti di cui dispone. Se non è accertato che Riccardo abbia

assassinato i bambini nella Torre di Londra, lo storico si chiederà-forse più inconsapevolmente che

consapevolmente- se i governanti di quel periodo usavano liberarsi dei potenziali rivali al trono; e il

suo giudizio sarà influenzato, non a torto, da questa generalizzazione. L’uso stesso del linguaggio

obbliga lo storico alla generalizzazione (come lo scienziato): la guerra del Peloponneso e la Seconda

guerra mondiale sono moto diverse e entrambe uniche e irripetibili: eppure lo storico parla in

entrambi i casi di guerre. In realtà lo storico non ha a che fare con ciò che è irripetibile, ma con ciò

che, nell’irripetibile, ha un carattere generale. Affermare che le generalizzazioni sono estranee

all’attività storico, è una sciocchezza: la storia si nutre di generalizzazioni. Come afferma Elton: “ciò

che distingue lo storico dal mero raccoglitore di fatti storici, è l’uso di generalizzazioni”. Tuttavia, non

bisogna suppore che la generalizzazione consenta di costruire grandi schemi storiografici in cui sia

possibile inserire i singoli eventi. Questo però non implica che l'indagine storica non sia rigorosa.

«La storia studia la relazione che intercorre tra l'individuale e irripetibile e il generale».

2. Dalla storia non si traggono insegnamenti.

Che gli uomini traggano ispirazione dalla storia è provato dall'esperienza. La storia guarda il

passato con gli occhi del presente e cerca di comprendere il presente alla luce del passato.

Imparare dalla storia non è mai un processo unilaterale. Nell’ottocento la nuova classe dirigente

inglese ebbe una forte impronta di cultura classica. Grote pose Atene a modello della nuova

democrazia, Gli autori della Rivoluzione russa furono profondamente influenzati dalla lezioni della

Rivoluzione francese, delle Rivoluzione del 1848 e della Comune di Parigi del 1871.

3. La storia è incapace di fare previsioni.

Lo storico non riesce a fare previsioni per i casi individuali e particolari, ma può esprimersi con

valide argomentazioni per quanto riguarda il probabile sviluppo nel futuro di fatti generali. La

previsione può diventare realtà soltanto qualora si verifichino eventi particolari, intrinsecamente

imprevedibili. La gente non si aspetta che lo storico preveda che una rivoluzione scoppierà in

Ruritania il mese prossimo.Lo storico può dire: la situazione della Ruritania è tale che è probabile

che nell’immediato futuro vi scoppi una rivoluzione, a meno che qualcuno non riesca a risolvere la

situazione o che il governo faccia qualcosa per arrestare la rivoluzione stessa.

4. La storia è soggettiva, in quanto l'uomo osserva se stesso.

Il punto di vista dello storico condiziona inevitabilmente le osservazioni, così come queste ultime

possono influenzare ciò che si osserva. L'importante è essere consapevoli di questo rapporto che

unisce saldamente lo storico ai fatti presi in esame. La storia è una scienza relativa. Le scienze sociali

nel loro complesso, dal momento che coinvolgano l’uomo sia come soggetto che come oggetto, sia

come ricercatore che come oggetto della ricerca, sono incompatibili con ogni teoria gnoseologica

che ponga una rigida separazione tra soggetto e oggetto.

5. La storia implica problemi religiosi e morali.

Per quanto lo riguarda, gli riesce difficile conciliare l’autonomia della storia con l

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
15 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giorgib01 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Cadeddu Davide.